[MI178] La caletta

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 Traccia n. 1: L'attesa.

 
Un ultimo raggio di sole morente s’infiltrava nella caletta degli innamorati, cosiddetta per via di un’antica leggenda che Davide aveva sentito raccontare un giorno da un paio di pescatori e poi aveva subito rimosso. Di un colore ferroso con screziature aranciate, l’acqua penetrava dalla stretta apertura tra le rocce e arrivava a lambire la riva ghiaiosa; pareva disegnare un sentiero luminoso che dal mare aperto si protendeva fino ai piedi dei tre ragazzi. Ai lati di quella striscia di luce la sera aveva già preso il sopravvento e si faticavano a distinguere i contorni dei rari oggetti sparsi sulla spiaggetta: uno scarpone sfondato, una coppia di remi scrostati e qualche bottiglia di plastica abbandonata sulla battigia.
Lui e Sandro si erano rivestiti già da un po’; come sempre, Mario era stato l’ultimo a uscire dall’acqua. Davide lo osservò calarsi gli slip bagnati e asciugarsi alla meno peggio con un telo da bagno. Gli dava le spalle e lui non poté fare a meno di notare la peluria abbondante che ricopriva le natiche dell’amico; le sue erano lisce come quelle di un neonato.
«Allora, Dave» gli chiese Mario, «te la sei scopata la Franci?»
«Ma no, figurati...»
«L’hai già portata al cinema un paio di volte, no?» insistette l’altro mentre indossava un paio di calzoncini bianchi con una banda rossa.
«Tre» rispose lui d’istinto e subito si diede dell’idiota.
«E allora, cosa aspetti?» Mario adesso lo guardava negli occhi.
«Domenica pomeriggio l’ho baciata» rispose.
«Con la lingua, spero.»
«Ovvio» disse Davide e distolse lo sguardo. Un bacetto sulla guancia, in realtà, e solo lui sapeva quanto gli ci era voluto per trovare il coraggio. Perché agli altri viene tutto così semplice e a me no? si chiese.
«Io la prima volta che ho portato Lauretta al cinema, poi la sera abbiamo trombato subito. Vero, Einstein?»
«Sì, vero. Verissimo» rispose Sandro con un risolino ebete.
Dentoni radi tra cui si aprivano dei canyon, un accenno di labbro leporino e l’espressione vacua di certi bovini, Sandro era stato soprannominato in quel modo fin dalla prima elementare.
I tre risalirono in silenzio la corta gradinata che conduceva al lungomare; fuori da quell’antro buio la luce del giorno non si era ancora spenta del tutto e le casupole del piccolo villaggio di pescatori erano investite in pieno da bagliori rossastri.
«Figo!» esclamò Sandro.
Mario si girò verso di lui. «Che cosa?»
«Il sole, questa luce rossa...»
«Einstein ha scoperto il tramonto, ragazzi!» disse e scoppiò a ridere. «To’, è tornato il vecchio scemo» aggiunse poi, indicando con il mento un anziano seduto su una roccia piatta, qualche metro sotto il livello della strada.
«Perché dici che è scemo?» gli chiese Davide.
«Uno che da anni passa le giornate a guardare l’orizzonte, tu come lo chiami? Mia mamma dice che faceva già così quando lei era bambina.»
«Dove vive?»
«Nell’ultima casa del paese, quella mezzo diroccata. Sta con una ancora più vecchia di lui, credo sia la sorella. Ogni tanto se lo viene a riprendere e lo porta a casa; li vedo dalla terrazza della mia camera.»
«L’ho notato spesso anch’io» disse Davide, «seduto dov’è ora o accanto a un moscone decrepito, giù verso il porticciolo. Gli hai mai parlato?»
«Chi, io? Figurati se sto a perdere tempo con uno a cui manca qualche rotella.»
Mario si accinse ad attraversare la strada. «Ragazzi, io vado a cena. Mamma fa la pizza stasera e se tardo s’incazza come una iena. A domani.»
Dopo qualche passo anche Sandro prese congedo e si avviò verso le case del borgo. Rimasto solo, Davide si fermò a osservare il vecchio che continuava a fissare l’orizzonte, dove il sole stava ormai scomparendo del tutto. Non aveva fretta di rientrare, la nonna a quell’ora era di certo davanti alla tv come ogni sera e, presa dalle vicende della soap opera, non si sarebbe accorta che era in ritardo. In forno avrebbe trovato la cena pronta, molto probabilmente lo spezzatino avanzato dalla sera precedente.
Fu la decisione di un attimo, scavalcò il basso guard rail e scese il sentiero ripido che portava alla spiaggia. Il pietrisco gli si sfaldava sotto i piedi.
Insaccato dentro a una sahariana lurida, in testa un cappello di paglia che aveva conosciuto giorni migliori, il vecchio non si mosse. Se lo aveva sentito arrivare non se ne diede per inteso.
Mosso dalla curiosità, ma frenato dalla timidezza, Davide faceva due passi avanti e uno indietro. Quando arrivò ad affiancarlo era ormai sera; i lampioni sulla statale erano accesi e proiettavano coni di luce che non arrivano a sfiorarli.
«Posso?» chiese.
L’uomo non rispose e lui lo prese per un sì. Si lasciò cadere sulla pietra viscida e sentì l’umidità penetrare nei pantaloni di tela, che portava rimboccati alle caviglie. Ora Davide poteva scorgere il profilo del vecchio: il naso, adunco e imponente, dominava un volto segnato da rughe, vere e proprie grinze che gli solcavano la guancia. I sopraccigli cespugliosi erano candidi, come i baffetti appena accennati. Davide si sentì stranamente a suo agio. Passarono alcuni minuti prima che l’uomo aprisse la bocca.
«Sei venuto a controllare se sono matto o scemo?» gli chiese continuando a fissare l’orizzonte, dove cielo e mare non si distinguevano più.
La voce era legnosa, antica. Pronunciò quelle poche parole lentamente, scandendole con cura, come se ognuna contenesse una propria intensità che andava sottolineata.
«No» rispose lui, «sono venuto perché... a dire il vero non lo so. Sentivo che dovevo farlo, ecco. Ma se le do fastidio me ne vado.»
Le labbra dell’uomo si scollarono per un istante, poi tornarono a combaciare, ma non erano più chiuse a riccio. Per un attimo lui pensò che fosse una specie di sorriso. «Mi chiamo Davide» disse.
«Io sono Antonio» rispose il vecchio.
Passarono altri minuti. Si era alzata una brezza leggera che portava l’odore di salmastro fin dentro le narici; era una sensazione inebriante, come respirare direttamente il mare. Davide socchiuse gli occhi, da un pezzo non si sentiva così bene, in pace con se stesso.
«Vuoi sapere perché me ne sto qui a fissare il mare, vero?»
«Sì» rispose lui. «Forse è proprio per quello che sono venuto, ma ora non so più se è così importante.»
Il vecchio sorrise, questa volta Davide ne era sicuro. Poi iniziò a parlare; frasi brevi, cadenzate.
«La prima volta che mi sono seduto su questa pietra avevo otto anni. Ero venuto ad aspettare mio padre. Lui era un pescatore, come tutti qui in paese a quei tempi. Uscivano in quattro di notte, su un barchino. Tornarono soltanto in tre quella volta. C’era stata tormenta, la barca si era capovolta al largo. La corrente era forte, gli altri riuscirono ad aggrapparsi al piccolo natante. Papà no, lui scomparve tra le onde. Riaffiorò due giorni dopo, qualche chilometro a valle.»
«Mi dispiace» disse Davide.
«Era sempre tornato, io lo vedevo russare nella branda quando mi alzavo per fare colazione. Quella notte mi sentivo grande; mamma non voleva, ma io insistetti tanto. Desideravo vederlo tornare con i miei occhi, abbracciarlo, aiutarlo a scaricare il pesce. E proprio quella notte lui non è tornato, capisci?»
«Sì, ma non è mica colpa tua» disse Davide, senza nemmeno rendersi conto di essere passato al tu.
«Dici? Io credo di sì, invece: sono stato superbo e il Signore mi ha punito. Se fossi rimasto ad attenderlo lui sarebbe tornato come sempre.»
Detta così, la frase sembrava avere una sua logica. Davide appoggiò il mento sulle ginocchia puntute e si abbracciò le caviglie. «Quindi il Signore sarebbe vendicativo?» si azzardò a domandare, dopo averci riflettuto a lungo.
Antonio rise e lui poté notare che gli rimanevano ben pochi denti della chiostra superiore. «Oh, sì: ti auguro di non scoprire mai quanto può esserlo.»
«Perché hai continuato a venire in questo posto? Speravi forse che il mare ti riportasse tuo padre?»
«No, che stupidaggine: ti ho detto che il corpo riaffiorò dopo un paio di giorni, non sono mica scemo. Anche se la gente in paese lo pensa» aggiunse sputando nell’acqua.
«E allora perché torni?» chiese Davide. Si sentiva coraggioso, sfrontato addirittura. Era una sensazione del tutto nuova.
«È difficile da spiegare... Forse perché devo ancora fare pace con Dio. O forse perché aspetto che il mare mi dia qualcosa in cambio per ciò che mi ha portato via. Ma c’è un altro motivo, in realtà.»
«Quale?» gli chiese dopo un po’, quando intuì che l’altro non aveva intenzione di rivelarglielo.
Il silenzio si protrasse a lungo questa volta.
«Il mio tempo sta finendo» disse il vecchio, quando Davide ormai si era convinto che non gli avrebbe risposto. «In quel momento vorrei che la morte mi trovasse qui ad attenderla. Ho viaggiato molto e ho vissuto in luoghi dai nomi strani, esotici. Ascochinga, San Clemente del Tuyú, La Guaira e altri che non ricordo più nemmeno io. Tutte località di mare. Migliaia di chilometri lontano da qui, eppure anche là dovevo stare per forza in un posto da cui osservare il mare. Era come se un filo invisibile mi tenesse sempre legato a questa spiaggia. È qui che tornavo, ogni volta che potevo. Riesci a capirmi?»
Davide annuì. Sentì di avere le guance umide, di certo colpa degli schizzi dell’acqua contro le rocce. Il tempo sembrava essersi fermato; era scesa la notte, ormai, e nessuno dei due osava più aprire bocca.
«Tu che ci fai da queste parti?» chiese il vecchio all’improvviso. «Non vivi in paese.»
«Ci vengo per le vacanze, appena finita la scuola. I miei hanno da fare in città e mi mandano qui dalla nonna, per farle compagnia. Anche se lei non si accorge nemmeno se sono in casa o fuori, è sempre davanti alla tv. Le parla anche, ogni tanto.»
Toccò ad Antonio annuire.
«Noi vecchi a volte lo facciamo. Ci chiudiamo in noi stessi, persi nei ricordi. A volte nei rimpianti di ciò che poteva essere e non è stato. Non ci accorgiamo che il mondo attorno a noi va avanti. Oppure non ce ne frega nulla di dove va il mondo» concluse sputando ancora in acqua.
Davide si sentì rabbrividire; i pantaloni erano fradici ormai, ma non aveva il coraggio di alzarsi. Fu il vecchio a farlo.
Portava un paio di calzoni informi che gli cadevano addosso come una sorta di tunica e delle scarpe da ginnastica logore senza laccetti. Ed era alto, molto più di quanto Davide si aspettasse. Scattò in piedi anche lui; per la prima volta si guardavano negli occhi.
«Devo andare» disse Antonio, «altrimenti manderanno qualcuno a cercare il vecchio scemo.»
«È meglio che vada anch’io. Nonna potrebbe accorgersi che non sono tornato» disse lui, senza crederci più di tanto.
Si avviarono in silenzio.
Quando furono all’altezza delle ultime case del borgo, Davide si decise ad attraversare. Il vecchio proseguì lungo la statale.
«Ciao» gli disse.
Antonio sollevò una mano, senza voltarsi.
.
Nei giorni che seguirono Davide ripassò più volte sul lungomare, ma la spiaggetta era sempre deserta. Non aveva raccontato a nessuno di quella strana serata passata a conversare con il vecchio e non poteva certo andare in giro a chiedere se qualcuno lo avesse visto. Fu solo la sera del sabato che ebbe sue notizie.
Nella piazzetta del borgo un complessino si esibiva suonando alcuni dei pezzi più in voga. Era la festa di fine estate e i giovani del paese ballavano, rossi in viso più per la birra che per le evoluzioni sull’acciottolato sconnesso. Davide scorse Francesca che si dimenava assieme al figlio del barista: di certo lui non avrebbe avuto problemi a baciarla come si deve.
«Mi sa che te la sei giocata, amico!» gli urlò Mario in un orecchio. Aveva un boccale enorme in mano e non doveva essere il primo, a giudicare dallo sguardo febbricitante. Davide si strinse nelle spalle. «Pazienza» rispose rassegnato.
«Di’» continuò l’altro, «hai sentito del vecchio?»
«No, cosa?»
«Sta schiattando, mi ha detto mia madre. Era dal fornaio l’altro giorno ed è caduto come una pera cotta in mezzo al negozio. Il dottore voleva farlo portare all’ospedale in città, ma lui non ha voluto.»
«E dov’è adesso?»
«A casa sua, dove vuoi che sia? Mamma dice che non ne ha per molto, a quanto le ha confidato oggi la parrucchiera.»
Davide si allontanò.
Non è giusto, si disse, quel poveraccio aveva un unico desiderio, morire davanti al suo mare, e nemmeno quello gli riesce di vedere esaudito.
I passi lo portarono sul lungomare. Si fermò a osservare l’enorme pozza scura che aveva davanti a sé; sulla statale non passava nessuno e poteva udire lo sciabordio della risacca. Non è giusto, continuava a ripetersi. Poi ebbe un’idea. Si avventurò giù per la gradinata che portava alla caletta degli innamorati. Per fortuna la luna era quasi piena e riusciva a vedere dove metteva i piedi. Incurante della sabbia e dei ciottoli che gli entravano nelle scarpe, raccolse una delle bottiglie di plastica abbandonate, andò a riva e la riempì fino all’orlo. Risaliti i gradini, si ritrovò sulla statale e prese a camminare veloce.
Come gli aveva detto Mario, la casa di Antonio era l’ultima del borgo ma non era “mezzo diroccata”, soltanto un po’ segnata dall’incuria. C’era una luce al primo piano.
Davide bussò. Fu solo al terzo tentativo che finalmente udì uno scatenacciare e la porta si socchiuse. Il volto di una donna anziana apparve nello spiraglio. Lo sguardo era tetro, esausto per la stanchezza.
«Sì?» disse soltanto.
«Mi chiamo Davide, sono... un amico di Antonio. Avrei bisogno di vederlo.»
«Figliolo, mio fratello sta per addormentarsi nella braccia del Signore. Don Quintino è passato a dargli l’Estrema Unzione prima di cena.»
«La prego, è molto importante che io lo veda.»
La donna lo fissò meglio e si accorse che stava piangendo. Si strinse nelle spalle e spalancò la porta.
«Vieni» disse e gli fece strada lungo un corridoio di mattoni color rosso pompeiano. Spinse la porta di una stanza e gli fece segno di accomodarsi.
L’unica fonte di luce era quella dell’abat-jour sul comodino. Antonio riposava su due cuscini, il suo volto aveva già il pallore terreo della morte. Davide stentò a riconoscerlo.
Inclinò la bottiglia che teneva in mano e qualche goccia gli cadde sulla mano. Passò le dita bagnate sulle labbra del moribondo. Antonio spalancò gli occhi.
«È quella del tuo mare, l’ho presa giù alla caletta» disse lui e gli passò le dita sulla pelle avvizzita delle guance.
Antonio sorrise e finalmente si lasciò andare.
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Re: [MI178] La caletta

3
@Marcello che dire? Racconto impeccabile. Mi piace la scelta dell'antefatto che delinea il carattere dei tre amici. Mi piace anche li fatto di assegnare a Davide l'attenzione per il vecchio; essendo il ragazzo forestiero ed essendo anche meno spavaldo rispetto agli amici, lo hai messo in condizione di avere meno pregiudizi nei confronti dell'uomo. L'antefatto che, inoltre, ci mostra Davide timido verso la ragazza, ci dice che lui è meno superficiale (e un po' chiuso a sua volta), ed è grazie a questa sua natura che si avvicina al "diverso" al "disadattato". 
Perfino il singolo dettaglio della casa giudicata "diroccata" dai ragazzi paesani ha il suo valore; Davide ne riconosce la semplice incuria; per tanto mi viene da pensare che in questo testo si evidenzia la differenza di valutazione, il diverso metro di giudizio (e quindi l'approccio) riguardo alle cose e alle persone.

Complimenti

 

Re: [MI178] La caletta

4
Adel J. Pellitteri ha scritto: Mi piace la scelta dell'antefatto che delinea il carattere dei tre amici. Mi piace anche li fatto di assegnare a Davide l'attenzione per il vecchio; essendo il ragazzo forestiero ed essendo anche meno spavaldo rispetto agli amici, lo hai messo in condizione di avere meno pregiudizi nei confronti dell'uomo. L'antefatto che, inoltre, ci mostra Davide timido verso la ragazza, ci dice che lui è meno superficiale (e un po' chiuso a sua volta), ed è grazie a questa sua natura che si avvicina al "diverso" al "disadattato". 
Grazie, carissima: le intenzioni dell'antefatto erano proprio quelle che hai evidenziato tu. 
In un MI normale non ci sarebbe stato spazio per un'introduzione così lunga, la formula extra long mi ha permesso di delineare certe caratteristiche psicologiche del ragazzo così da rendere più comprensibile il suo atteggiamento successivo.
Ti sono infinitamente grato per le tue note  :rosa:
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Re: [MI178] La caletta

5
Buongiorno  @Marcello. Un racconto interessante e delicato. Ci sono, però, alcuni elementi che non mi hanno convinto completamente.
La prima cosa (non so come chiamarla tecnicamente) è la costruzione del personaggio di Sandro. Ha uno scopo all'interno della storia? Perché creare un tipo ritardato:
Marcello ha scritto:
«Sì, vero. Verissimo» rispose Sandro con un risolino ebete.
Dentoni radi tra cui si aprivano dei canyon, un accenno di labbro leporino e l’espressione vacua di certi bovini,
se non per dire una battuta come questa:
Marcello ha scritto:
«Il sole, questa luce rossa...»
«Einstein ha scoperto il tramonto, ragazzi!» disse e scoppiò a ridere.
Forse sarebbe stato più funzionale al racconto se fosse stato un 'seguace' di Mario, pronto a rincarare le dosi di sfottò  verso Davide.

Il secondo punto di 'disturbo' è legato a questa frase:
Marcello ha scritto: vorrei che la morte mi trovasse qui ad attenderla
che è il nodo centrale di tutto il racconto, che viene ribadito dal pensiero di Daniele:
Marcello ha scritto: Non è giusto, si disse, quel poveraccio aveva un unico desiderio, morire davanti al suo mare, e nemmeno quello gli riesce di vedere esaudito.
 e viene surrogato da una bottiglia di plastica piena di acqua di mare? Avrei voluto uno sviluppo della storia che soddisfacesse completamente il desiderio di Antonio.

Per il resto, un racconto, come detto, delicato con il personaggio di Daniele disegnato bene sia nel rapporto con se stesso che con il vecchio.

Re: [MI178] La caletta

6
@maxgiglio grazie mille per il passaggio e per il commento.
maxgiglio ha scritto: la costruzione del personaggio di Sandro. Ha uno scopo all'interno della storia?
Lo scopo è quello di delineare il carattere di Davide, facendolo risaltare dal rapporto con gli altri due.
maxgiglio ha scritto: Perché creare un tipo ritardato:
anche qui per delineare il carattere di Mario, che è il classico ragazzino sbruffoncello: quello che si fa le ragazze, quello che non perde tempo con i vecchi, quello che deride gli sfigati: il futuro maschio alfa, insomma.
E in quel richiamo al soprannome che data dalla prima elementare ci voleva essere, lo confesso, anche un riferimento alla cattiveria dei bambini in gruppo nei confronti dello svantaggiato di turno.
maxgiglio ha scritto: se fosse stato un 'seguace' di Mario,
Be', lo era nei miei intenti: è lui che Mario chiama a testimone delle sue imprese amorose e Sandro si prodiga a confermarle. Quando poi Mario lascia la compagnia se ne va subito anche lui, perché è scomparso il suo "sole" e con Davide non c'è un vero rapporto. Io l'ho vista così...
maxgiglio ha scritto: Avrei voluto uno sviluppo della storia che soddisfacesse completamente il desiderio di Antonio.
Era stata la mia prima idea, in effetti, ma l'ho scartata sia perché la ritenevo un po' troppo scontata sia perché in questo modo il ruolo di Davide si fa attivo; nell'altro sarebbe stato soltanto uno spettatore passivo degli eventi.

Ancora grazie per il tuo passaggio e per gli spunti interessanti  :rosa:
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Re: [MI178] La caletta

7
Ti dicono di scrivere un racconto su uno che guarda sempre il mare ed è subito Dio, vero, @Marcello?
Forse perché, stupidi come siamo, il mare ci sembra sconfinato, e invece è un inezia dell'universo.
Mi sento quasi in imbarazzo a dirti che la scrittura è molto bella, sono meno competente dii te al riguardo.
Mi è piaciuto: la favola di un ragazzo che riesce ad andare oltre le convenzioni e comprendere un anziano anticonformista. Non particolarmente originale, però, ricondotta a questo schema.
Non mi ha convinto tanto il gergo che hai scelto per i dialoghi tra i ragazzi, l'ho trovato stereotipato.
Belle invece le descrizioni colorate delle calette e del mare. Sono vivide.
Ammetto che ho spiato i commenti precedenti, e sono d'accordo su una cosa: la bottiglietta di acqua di mare è davvero un misero contentino, che cacchio! Almeno un polpo all'insalata, suvvia  :P
Scrittore maledetto due volte

Re: [MI178] La caletta

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Ciao @Marcello,
ho letto il tuo racconto e l'ho trovato decisamente ben scritto, permette agevolmente di visualizzare i luoghi e i personaggi, molto ben scritto.
Bella anche l'interpretazione della traccia.

Ti scrivo cosa non mi convince

Non del tutto:
Marcello ha scritto: Ho viaggiato molto e ho vissuto in luoghi dai nomi strani, esotici. Ascochinga, San Clemente del Tuyú, La Guaira e altri che non ricordo più nemmeno io
Marcello ha scritto: Forse perché devo ancora fare pace con Dio. O forse perché aspetto che il mare mi dia qualcosa in cambio per ciò che mi ha portato via.
Marcello ha scritto: Il mio tempo sta finendo»
Secondo me una persona così ossessionata da un evento traumatico vissuto nell'infanzia, oltretutto con un senso di colpa che sembra non appartenere ad una mente aperta, stride con il personaggio che dice di avere tanto viaggiato.
Sempre sul tema delle motivazioni, cosa mai può aspettarsi dal mare in cambio della perdita e come potrebbe ottenerlo, scrutando l'orizzonte.
Infine, la motivazione finale, la consapevolezza della fine che si avvicina, ma ha detto che da sempre non ha potuto fare a meno di andare a fissare il mare.

Cosa non mi convince per nulla:
Marcello ha scritto: Passò le dita bagnate sulle labbra del moribondo.
No, non riesco proprio a giudicarlo plausibile. Mi ha rovinato sul finale un racconto che avevo reputato scritto benissimo.
Un ragazzo che va a toccare le labbra di un vecchio moribondo con cui non ha alcun rapporto. Non lo trovo credibile. A me l'idea della bottiglia piace. La trovo veramente azzeccata come scelta del giovane, è una soluzione creativa, ma al massimo poteva bagnargli le mani, oppure affidare il compito di bagnargli il viso alla sorella.

A parte questi dettagli, complimenti.
Alla prossima.
<3

Re: [MI178] La caletta

9
Edu ha scritto: Ti dicono di scrivere un racconto su uno che guarda sempre il mare ed è subito Dio, vero, @Marcello?
Forse perché, stupidi come siamo, il mare ci sembra sconfinato, e invece è un inezia dell'universo.
In effetti i nostri protagonisti avevano qualcosa in comune...  :asd:
Edu ha scritto: Almeno un polpo all'insalata, suvvia  :P
Ho l'impressione che il povero Antonio non sarebbe riuscito a gustarselo del tutto...

Grazie infinite per i tuoi commenti, sempre sinceri e preziosi: mi mancavano  :rosa:

P.S. Mi mancava scrivere un racconto, innanzitutto: il programma mi proponeva il prefisso [MI 148], dunque era l'ultimo a cui avevo partecipato :facepalm: 
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Re: [MI178] La caletta

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Marcello ha scritto:
Inclinò la bottiglia che teneva in mano e qualche goccia gli cadde sulla mano. Passò le dita bagnate sulle labbra del moribondo. Antonio spalancò gli occhi.
«È quella del tuo mare, l’ho presa giù alla caletta» disse lui e gli passò le dita sulla pelle avvizzita delle guance.
Antonio sorrise e finalmente si lasciò andare.
Come spesso mi accade per le storie tristi ma scritte benissimo, anche di questa sono arrivata a leggere il finale con le lacrime agli occhi.
Non per niente, ti chiamano "Magister".  (y)
Marcello ha scritto: Mi mancava scrivere un racconto, innanzitutto: il programma mi proponeva il prefisso [MI 148], dunque era l'ultimo a cui avevo partecipato :facepalm: 
Trenta MI dopo sei tornato! Ma adesso che ci sei rimani anche per i prossimi, vero? Tanto più che stai per andare in pensione!  :occhiali:
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [MI178] La caletta

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Modea72 ha scritto: stride con il personaggio che dice di avere tanto viaggiato.
Be', aspetta: non si viaggia solo per divertimento. 
Se controlli, si tratta di porti dell'America Latina (due dell'Argentina) dove tanti italiani emigrarono in passato in cerca di lavoro. 
Non ho fornito indicazioni temporali precise, però siamo chiaramente in un'epoca che precede di molto internet e i cellulari: basterebbe il riferimento a portare la ragazzina al cinema la domenica pomeriggio per collocare il racconto diverse decine di anni addietro. Considerando poi che Antonio è vecchio e racconta di quando era giovane, direi che ci siamo con i tempi, se pensi che solo nel primo decennio del Novecento quasi un milione di italiani emigrò in Argentina.
Modea72 ha scritto: cosa mai può aspettarsi dal mare in cambio della perdita e come potrebbe ottenerlo, scrutando l'orizzonte.
nulla, ovviamente. Però è vecchio e forse la mente è un po' appannata; non per niente tutti in paese lo considerano matto o scemo.
Modea72 ha scritto: ven set 22, 2023 1:44 amla consapevolezza della fine che si avvicina, ma ha detto che da sempre non ha potuto fare a meno di andare a fissare il mare.
Appunto, si sente legato da sempre a quel luogo e sentendo la fine vicina è lì che vorrebbe morire.
Modea72 ha scritto: ven set 22, 2023 1:44 amma al massimo poteva bagnargli le mani,
sì, magari poteva essere un'alternativa; non ci vedo però tutta questa differenza...

Grazie mille per il tuo passaggio e il commento dettagliato  :rosa:
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Re: [MI178] La caletta

15
Modea72 ha scritto: il mio è un parere da lettrice,
È quello che conta davvero: quando pubblichi qualcosa automaticamente ti rimetti al giudizio di chi ti leggerà (sempre nella speranza che qualcuno lo faccia  :( ).
Modea72 ha scritto: senza esperienza di editing.
non conta nulla, conta solo come il racconto, o il romanzo, arrivano alla testa e al cuore di chi ti legge. 
Grazie  :rosa:
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Re: [MI178] La caletta

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Poeta Zaza ha scritto: Come spesso mi accade per le storie tristi... sono arrivata a leggere il finale con le lacrime agli occhi.
Confesso: mi sono commosso anch'io nello scrivere le ultime righe; penso che sia la cosa più stupida che può capitare a uno scribacchino, e però...
Poeta Zaza ha scritto: Ma adesso che ci sei rimani anche per i prossimi, vero?
Magari... Mi sono concesso una "vacanza" per la gran voglia che avevo di scrivere un racconto, ma il lavoro viene prima ovviamente e la sto pagando: stanotte sono andato a letto alle quattro e venticinque per recuperare un po' ...  :facepalm: 
Grazie infinite  :rosa:
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Re: [MI178] La caletta

18
Poeta Zaza ha scritto:
E noI del CdM e del MI aspetteremo pazienti la tua pensione.  (y)
:asd:  Al di là del vil denaro, non cambia nulla in realtà: è come se lo fossi dal 31 gennaio 2012. 
È da allora che mi devo arrangiare con la scrittura... Da gennaio mi arrangerò meglio :si: 
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Re: [MI178] La caletta

19
@Marcello
Ciao, bel racconto.
Marcello ha scritto:
Inclinò la bottiglia che teneva in mano e qualche goccia gli cadde sulla mano. Passò le dita bagnate sulle labbra del moribondo. Antonio spalancò gli occhi.
«È quella del tuo mare, l’ho presa giù alla caletta» disse lui e gli passò le dita sulla pelle avvizzita delle guance.
Antonio sorrise e finalmente si lasciò andare.
Mi piace il finale, è molto realistico e privo di fronzoli. So che al posto tuo avrei cercato mille scappatoie per far morire il mio protagonista in riva al mare, e realizzare il suo ultimo desiderio. Ma a volte non possiamo concedere ai nostri personaggi di averla vinta in tutto. E poi, ehi, se Maomatto non va alla montagna...la montagna diventa una bottiglietta d' acqua :P 

Comunque, unica cosa, avrei voluto che il protagonista diventasse un po' più audace dopo l'incontro con il vecchietto, almeno imparare qualcosa da questo incontro. Non mi è sembrato.

Comunque, bel racconto e a rileggerci. :)

Re: [MI178] La caletta

20
@Marcello , difficile aggiungere qualcosa in calce a tanti commenti.
Il tuo stile è impeccabile, la costruzione equilibrata e la sequenza degli eventi ben scandita.
Personalmente però, sento come se sul racconto vi sia uno strato patinato che ha anestetizzato un po' il mio coinvolgimento emotivo.
Scusa il commento non tecnico, ma mi ha colpito questa sensazione e ho voluto condividerla!

A presto!

Re: [MI178] La caletta

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Ciao @Marcello, è sempre un piacere leggere qualcosa di tuo  :D
Niente da dire dal punto di vista stilistico / formale, naturalmente. Gli ambienti e i personaggi che descrivi sono veri e vivi, è sempre una meraviglia vedere come metti su carta quelle che sembrano persone reali. Anche la trama mi è piaciuta, ma penso che manchi una direzione unica e coesa e una struttura narrativa "classica", con un movimento verso un obiettivo, e questo ha ripercussioni su tutto il racconto. Forse c'è ancora da lavorare per arrivare al nocciolo, al tema. Ad esempio, mi è piaciuta tutta la parte sulle difficoltà amorose di Davide, oltre ad averla trovata molto molto molto vicina a me (lasciamo stare  :facepalm: ), ma mi è sembrata un po' slegata dal resto. Come si lega dal punto di vista tematico alla morte di Antonio? È quasi fossero due storie in una. Certo, l'insicurezza di Davide ritorna e inizia anche un cambiamento, ma forse non mi sembra un legame abbastanza forte. Anche il finale l'ho apprezzato per il bel gesto che compie Davide e perché finalmente si decide ad agire, ma anche questo è meno potente di quanto potrebbe. Diverso sarebbe se, ad esempio, quella sera Davide e Antonio avessero parlato anche di questioni di cuore e dell'incapacità di agire di Davide, e magari il comportamento di Antonio fosse stato legato a una questione tematicamente simile, rendendolo una sorta di punto di incontro tra quanto espresso da Davide e da Mario.
È un dettaglio, ma personalmente penso che possa fare la differenza tra un'eccellente prova di scrittura, e un racconto che colpisce il lettore e gli rimane nel cuore. Per me un'ottima lettura, sempre molto bravo, ma che te lo dico a fare  :asd:
A presto!
PS: Mi si è cancellato il commento e ho dovuto riscriverlo e ovviamente le idee che volevo esprimere mi sembra di averle messe giù meglio la prima volta, ma pace  :asd:
Edu ha scritto: Ti dicono di scrivere un racconto su uno che guarda sempre il mare ed è subito Dio, vero, @Marcello?
È incredibile vedere i punti di contatto tra le storie che abbiamo pensato a partire dalla traccia di @Alberto Tosciri in effetti

Re: [MI178] La caletta

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Mina ha scritto: PS: Mi si è cancellato il commento e ho dovuto riscriverlo e ovviamente le idee che volevo esprimere mi sembra di averle messe giù meglio la prima volta, ma pace 
Sapessi quante volte mi è capitato...  :bash:
Dopo tanto tempo ho imparato a fare "editor completo e anteprima" e poi "salva bozza automatica"; così non dovrebbe capitare più.
Grazie mille per il commento ricco di spunti interessanti; sono di corsa come sempre, ma appena trovo una mezz'oretta passo a risponderti nel dettaglio.
Grazie di  <3 nel frattempo.
https://www.facebook.com/nucciarelli.ma ... scrittore/
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Re: [MI178] La caletta

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@Mina eccomi, scusa il ritardo.
Mina ha scritto: ad esempio, mi è piaciuta tutta la parte sulle difficoltà amorose di Davide, oltre ad averla trovata molto molto molto vicina a me (lasciamo stare  :facepalm: ), ma mi è sembrata un po' slegata dal resto. Come si lega dal punto di vista tematico alla morte di Antonio? È quasi fossero due storie in una.
Hai perfettamente ragione. 
La realtà è che io sono più uno scrittore di romanzi (a prescindere dal valore degli stessi) che di racconti. Qui la formula extra-long mi permetteva di allungarmi nella descrizione del ragazzo e me ne sono approfittato, fino a trasformarlo da comprimario in coprotagonista.    :comedicitu:   
Ho voluto far emergere la sua personalità ancora in formazione dal rapporto con gli altri, quasi come se Davide scoprisse se stesso a mano a mano che la storia procede; e così quella che in un romanzo sarebbe stata una sottotraccia ha finito per diventare una linea narrativa autonoma.
E, a ben guardare, ci sono altri temi appena accennati che avrebbero potuto essere sviluppati: il rapporto conflittuale di Antonio con Dio, i suoi trascorsi in America Latina, la solitudine della nonna che parla con il televisore, la "cattiveria ingenua" dei bambini piccoli (nel soprannome affibbiato a Sandro in prima elementare) e forse altri ancora. 
Non a caso, l'ultimo romanzo che ho pubblicato è lo sviluppo di un raccontino da ottomila caratteri scritto sul WD parecchi anni fa; magari tra qualche anno anche questo subirà la stessa sorte  :angelo: .
Ti sono particolarmente grato per il commento, che mi ha permesso di riflettere su elementi di cui in fondo ero consapevole ma che, come sempre, hanno più forza quando sono gli altri a farteli notare. E questa, ce ne fosse stato bisogno, è l'ennesima riprova del valore di questo forum e dell'importanza dei commenti.
:rosa:
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Re: [MI178] La caletta

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Ciao @Marcello, figurati! 
Marcello ha scritto: Non a caso, l'ultimo romanzo che ho pubblicato è lo sviluppo di un raccontino da ottomila caratteri scritto sul WD parecchi anni fa; magari tra qualche anno anche questo subirà la stessa sorte  :angelo: .
Non nego potrebbe essere parecchio interessante  :D dare ampio spazio a tutte queste sottotrame può essere un'ottima idea
Marcello ha scritto: Ti sono particolarmente grato per il commento, che mi ha permesso di riflettere su elementi di cui in fondo ero consapevole ma che, come sempre, hanno più forza quando sono gli altri a farteli notare. E questa, ce ne fosse stato bisogno, è l'ennesima riprova del valore di questo forum e dell'importanza dei commenti.
:rosa:
È un piacere! E concordo in pieno con la tua riflessione 
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