[MI176] Per un pugno di coltan

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Traccia 1 (anche un po' della 2)


Le notti erano normalmente fredde in quei lunghi inverni, anzi glaciali; ma quella notte c'era un caldo irreale. Un tepore che poteva essere considerato un miracolo per chi viveva in un villaggio con ancora case di legno e paglia, ai margini della foresta, se non fosse per il fatto che intorno divampavano fiamme e forti boati che rompevano il silenzio e il buio.
Misero in un fardello alcuni vestiti di ricambio, qualcosa da mangiare e scapparono, istintivamente, cercando di allontanarsi. Ma la sofferenza era doppia: il gelo che puntava al petto e, alle spalle, il calore intenso delle fiamme che sembravano avvicinarsi.
“Mamma, ho paura! Cosa sta succedendo?”
“Non lo so piccolo, stammi vicino e vedrai che andrà tutto bene”.
“Presto, correte da quella parte!” partì una voce disperata, indicando la direzione più sicura.
Presi dal panico, seguirono i consigli di quel grido. Dopo un tempo indefinito, sfiancati da una corsa affannosa, il fuoco sembrava finalmente rimasto indietro.
Si presero una pausa.
Nei silenzi intervallati dai boati, il piccolo Yuri sentì un mugolio; andò a vedere e scoprì tra le foglie un lupo, che giaceva ferito.
“Mamma! Vieni a vedere!”
La madre, per un attimo assopita si ridestò di colpo: “Cosa c'è!”
“Vieni! C'è un lupo ferito!”
“Un lupo?” si precipitò dal figlio.
“È ferito a una zampa”.
Si fermarono a guardarlo e lo stesso fece il lupo nei loro confronti.
“Mamma, dobbiamo portarlo via se no morirà”.
“Cosa possiamo fare? Non abbiamo i mezzi.  La guerra non risparmia nessuno”.
“Va bene, ci penso io” il bambino provò a prendere in braccio l'animale e con sorpresa questi aveva la leggerezza di un peluche, con la differenza che il canide iniziò a leccare ogni parte del corpo del bambino.
Avanzarono tra le sterpaglie infreddoliti e affamati.
Dopo ore si addentrarono nella foresta e stremati prepararono un giaciglio per un po' di tregua in quella lunga notte. La madre tirò fuori della carne secca e ne diede un po' al figlio e un po' al lupo.
Ma non fu una notte tranquilla: i boati si ripetevano senza tregua intervallati da sibili mentre sagome oscure si muovevano intorno.
Ripresero lentamente il cammino. Il lupo si rimise in forza e piano piano riuscì a muoversi da solo. Mentre proseguivano la marcia ebbero una strana sensazione, come se qualcuno li stesse seguendo: una grossa macchia scura si spostava da albero a albero.
“Mamma, hai visto anche tu?”
“Sì amore, fai finta di niente, come se nulla fosse. Saranno gli spiriti, che cercano anche loro di scappare da questo inferno.
Quando però quell'ombra si trovò davanti ai loro corpi, si resero conto che non era affatto uno spirito.
Un grande orso si alzò in piedi su due zampe con tutta la sua possanza. Poi ritornò nella sua posizione naturale e iniziò a tremare tutto. Era terrorizzato. Prese coraggio ed esordì: “Posso venire con voi?”
Madre, figlio e il lupo rimasero esterrefatti. Dopo una breve e allo stesso tempo interminabile pausa Yuri esclamò: “Certo che puoi venire! Vero mamma?”
Il freddo era sempre più pungente e l'orso si offrì di scaldarli: “Venite qua, appoggiatevi sulla mia pancia.” Così il terzetto si avvinghiò all'orso; in un abbraccio li tenne stretti nel suo caldo e morbido pelo.
Dopo questo breve momento, edificante per il morale, il nuovo gruppo, più unito che mai, proseguì per quella interminabile notte. Superarono un corso d'acqua attraverso un ponticello semidistrutto, lasciandosi definitivamente alle spalle le fiamme.
Nel mezzo di un ritrovato silenzio, udirono un verso alquanto familiare sia a Yuri che alla mamma, ma soprattutto al lupo: “Coccodè, coccodè”.
Si guardarono intorno tra il buio delle fronde e una mezza luna crescente che dava un po' di chiarore, ma non riuscirono a percepire la presenza che emetteva quei suoni.
“Coccodè, coccodè” ripeté.
Il verso era come se rimbombasse intorno, non riuscivano a focalizzarne il punto di partenza.
“Sono qui, in alto” rispose.
“Eccola!” esclamò Yuri, puntando il dito verso la chioma di un albero.
La sagoma in controluce era netta: una splendida gallina era appollaiata su un ramo alto a osservare la scena.
“Cosa fai lassù! Vieni con noi. È pericoloso star qui. Dobbiamo andare via” le si rivolse Yuri.
La gallina ascoltò le parole del bambino ma vedendo i due animali sotto le venne un dubbio su che cosa potesse essere più pericoloso. Poi, notando lo stato psicologico alterato del canide e del plantigrado, ebbe l'impressione che potessero essere più terrorizzati di lei. Non ci pensò più e svolazzò atterrando sulla spalla di Yuri.
“Ben arrivata” le diede il benvenuto il bambino.
“Grazie, anche se per il momento preferisco stare qui. Stare sollevata mi da un poco più di sicurezza”.
“Puoi stare tranquilla. Questa situazione mi ha fatto perdere l'istinto per cui sono nato. Dobbiamo stare insieme per affrontare un male e un pericolo che vanno oltre la natura” rispose il lupo cercando di tranquillizzare la gallina.
“A proposito” chiese Yuri spinto da curiosità “Come sei finita in mezzo alla foresta?”
“Fino a prima del vostro incontro non avrei detto che sarebbe stata una storia a lieto fine. Vi racconto com'è andata.”

“Facevo parte di una bella fattoria, eravamo più di venti galline, due asinelli, un bel gruppo di pecore, tre maialini, un cane pastore e migliaia di mosche. Era un paradiso (tranne che per le mosche) ammirato da tutti. Venivano da ogni parte a passare le vacanze, famiglie coi bambini, viaggiatori solitari. Trovavano un ambiente immerso nella natura con cibo buonissimo. Per fortuna,  non rientravo fra quelli.
Poi arrivò all'improvviso, come un fulmine a ciel sereno, quello che immagino avete provato anche voi”.
“Già” disse la mamma con segno di rassegnazione.
“Quindi? Poi cos'è successo?”  chiese Yuri come se già sapesse la risposta.
“Un boato e sono sbalzata con una tale potenza che pensavo di atterrare in un altro pianeta”.
“E di tutti gli altri che ne è stato?”
“Non ho più saputo niente. Non so neanche a che distanza sono finita”.
“Te lo dico io!” partì una voce tra il fogliame “Un chilometro in direzione est, partita proprio da quella parte. Si scorge ancora il fumo”.
Un maialino un po' bruciacchiato sbucò fuori all'improvviso
“Terry!” esclamò la gallina. “È meraviglioso rivederti. E tutti gli altri? Dove sono finiti?
“Non so nulla. Mi sono sentita sparare come un siluro e ho perso conoscenza. Al mio risveglio temevo che una parte di me fosse diventata un prosciutto: non sentivo più la zampa posteriore”.
“Ma questa è la fattoria di Telma e Ludmilla” disse la madre ricordando quel grande posto, dove anche lei aveva passato delle splendide giornate.
“Ma perché sta succedendo tutto questo? Stavamo così bene senza fare del male a nessuno” continuò Terry.
“Ho il timore che tutto questo stia succedendo perché siamo su una linea di confine” disse la mamma.
“Ma non vedo nessun confine mamma, solo una grande foresta che condividiamo” rispose il bambino.
“È proprio vero. Purtroppo hanno scoperto che sotto questi alberi è presente una pietra che fa gola a molti”.
“Se ci tengono tanto, gliene posso tirare in testa quante ne vogliono” si fece sentire l'orso.
“Una pietra che vale così tanto? Ci sono dei diamanti per caso?”
“No caro, una stupida pietra scura che serve a far funzionare i cellulari. Dicono che così anche noi possiamo far parte del mondo globale. Solo che all'inizio se la sono contesa due famiglie. Poi ognuna ha chiamato rinforzi, ed ora è scoppiato questo putiferio.”
“E poi prendono in giro me dicendo che ho un cervello da gallina!” rispose la chioccia.
“Ma sei proprio simpatica, come ti chiami?”
“Carlotta”.
“Piacere Yuri”.
Degli spari improvvisi misero di nuovo in allarme il gruppo.
“Dobbiamo andare via, il più lontano possibile” disse la mamma.
Così, il nuovo gruppo si rimise in cammino in fila indiana.
“Io preferisco rimanere sulla spalla  di questo gentile bambino, se non ti dispiace” gli si rivolse la gallina “Non si sa mai...”
“Certo Carlotta, se me lo avesse chiesto Orso avrei avuto qualche dubbio. A proposito non ci hai ancora detto il tuo nome, come ti chiami?”
“Orso! Come vuoi che mi chiami.”
“Avrai anche un vero nome, immagino, non so: Giovanni, Andrea, Bruno...”
“Cosa ti fa supporre che sia un maschio?”
“Se no ti saresti chiamato Orsa.”
“Giusta osservazione. Sì, sono un maschio e non ricordo di avere un nome. Sono sempre stato un solitario e quindi nessuno ha mai avuto la possibilità di chiamarmi. Fino ad ora niente in natura mi aveva spaventato, ma quel boato... mi è entrato dentro e lo risento ogni volta che c'è un rumore.”
“A chi lo dici... e tu lupo cosa ci racconti. A proposito sei un maschio o una femmina?” chiese sempre curioso Yuri.
“Mi chiamo Nora e, a differenza di orso, facevo parte di un grande branco. Ci aiutavamo a vicenda, il più forte si prendeva cura del più debole. Eravamo una grande famiglia. Poi... scusate, non mi va di parlarne.”
Proseguirono, uniti più che mai, senza una meta, ma con il calore che solo gli esseri viventi possono trasmettersi fra di loro.

“Mamma, guarda, nel cielo c'è un puntino più luminoso degli altri.”
“Si dice che sia Sirio, la stella più brillante.”
“Sta aumentando, sembra quasi che si stia avvicinando.”
“È vero.”
“Forse è una stella cadente”
“Allora dobbiamo esprimere un desiderio.”
Ma la lupa, dotata di istinto speciale, rizzò il pelo come se stesse avvertendo un brutto presentimento. Tutti gli animali si strinsero attorno al bambino quasi a volerlo proteggere e cercando al contempo protezione.
Quella che all'inizio sembrava una stella giunse sempre più vicina fino a distinguerne chiaramente i contorni.
Il gruppo si era raccolto come a formare un corpo unico, spaventati da quel bagliore che li stava per  investire.
Quando sembrava che stesse per impattare... rallentò improvvisamente. Era effettivamente una grande sfera luminosa che si adagiò dolcemente sul terreno.
Un piccolo rettangolo si staccò da quell'involucro luminoso come fosse l'apertura di una finestra e subito dei rami corredati da foglie fuoriuscirono dall'interno.
Poi la luminosità di quello strano oggetto non identificato svanì e ripiombò il buio.
“Scusate, ho dovuto spegnere la luce se no rischiavamo di essere bombardati. Presto, venite dentro.” si udì una voce che proveniva da quella specie di navicella.
Si materializzò una scala che conduceva dalla finestra al suolo. Gli animali tremavano tutti tranne la gallina che quasi prendeva in giro gli altri molto più grandi di lei.
“Che fifoni, dai un po' di spirito di avventura!” cercava di rincuorare il gruppo.
Uno alla volta salirono e si ritrovarono in una stanza circolare con al centro un albero.
“Mamma, non vedo nessuno. Chi ha parlato?”
“Non lo so caro, forse si è nascosto, anche lui timoroso.”
“Come sarebbe a dire che non vedete nessuno? E io chi sono?”
Madre e figlia si guardarono con un'espressione di stupore.
“Io continuo a non vedere nessuno, mamma”.
“Anch'io”.
“Ehi! Sono proprio qui di fronte a voi, nel mezzo” si udì di nuovo la voce mentre un ramo dell'albero si muoveva.
“Noo! Com'è possibile!” esclamò Yuri.
“Dai, esci da quell'albero chiunque tu sia” proseguì Katrina.
La madre provò a tastare la corteccia del tronco per cercare di scoprire un'apertura, una porta che conducesse all'interno.
“Hi, hi, hi, mi fai il solletico”.
“Sei veramente tu che parli?” ancora incredula la mamma.
“Se parlate voi tutti, non vedo perché non dovrei farlo anch'io. Sì, ero già sopravvissuto ad altre guerre ma questa sembra che stia prendendo una brutta piega. Magari qualcuno ha pensato di salvarmi”.
“Gli extraterrestri” si inserì Yuri.
“Può darsi. Di sicuro qualcuno che non ha nulla di umano, vista la violenza che adotta non solo verso i suoi simili, ma soprattutto verso la natura. E per che cosa? Per un pugno di coltan?”
“Sì, devono essere stati gli extraterrestri. Ho sentito dire che solo loro potrebbero salvare il mondo”.
“Per me è stata una puzzola” spiazzò tutti la quercia.
“Ehhhh!” risposero tutti all'unisono.
“Scherzavo, anche se la puzzola mi è molto simpatica. Non lo so chi sia stato. Ma è come se mi conoscesse bene. Come io conosco questa navicella.”
“Una reincarnazione!” sentenziò la gallina.
Intanto fumi e boati imperversavano dappertutto.
“Avendo una certa età, magari qualcuno ha pensato in un'opera pia, di salvaguardia verso gli anziani”.
“Tutti! Non solo gli anziani” commentò Yuri “Perché quanti anni hai?”
“Supero il millennio”.
“Ho capito, è l'Unesco che ha mandato una missione segreta per salvarti” si fece sentire ancora il figlio, fresco di studi in materia.
“Che bel pensiero!  E ha deciso di salvare anche voi, perché tutti siamo patrimonio dell'umanità. Ma sembra che non sia riuscito completamente nell'impresa” rispose il saggio albero. 
“A me piaceva anche l'idea degli extraterrestri” concluse Yuri.
La sfera partì a tutta velocità verso il cielo. Tutti guardarono dalla finestrella la terra che si stava allontanando. Boati e fiamme immerse in una coltre di fumo coprivano a macchia tutto il pianeta, fino a quando all'improvviso emersero contemporaneamente, nitide, diverse sagome di giganteschi funghi.
Il silenzio spettrale avvolse tutti i membri della navicella. Solo Yuri ebbe il coraggio di romperlo:
“Anche se avessimo avuto un cellulare ci sarebbe servito a poco, a meno che, per chiamare gli alieni. Ma non abbiamo il loro numero”.
“Già. Ora dormi un po', ti sveglierò quando saremo arrivati.”
Non si può dire che fosse lo stesso per la gallina che percepì nel lupo uno strano sguardo, e di dormire non ne aveva per niente voglia.
“Per me è giunta l'ora di andare in letargo, spero di risvegliarmi in una nuova primavera più tranquilla” chiuse l'orso.
Poi, uno dopo l'altro, si addormentarono tutti, con la stessa speranza.

Re: [MI176] Per un pugno di coltan

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Kasimiro ha scritto: Stare sollevata mi da un poco più di sicurezza”.

Kasimiro ha scritto: Questa situazione mi ha fatto perdere l'istinto per con cui sono nato
Kasimiro ha scritto: rispose il lupo cercando di tranquillizzare la gallina.
Ecco, perché il lupo parla solo adesso, e non sin dall'inizio della conoscenza di madre e bambino, come hanno fatto gli altri animali? @Kasimiro 
Kasimiro ha scritto: “Facevo parte di una bella fattoria, eravamo più di venti galline, due asinelli, un bel gruppo di pecore, tre maialini, un cane pastore e migliaia di mosche. Era un paradiso (tranne che per le mosche) ammirato da tutti. Venivano da ogni parte a passare le vacanze, famiglie coi bambini, viaggiatori solitari. Trovavano un ambiente immerso nella natura con cibo buonissimo. Per fortuna,  non rientravo fra quelli.
Simpaticissimo flash narrativo! 
Kasimiro ha scritto: “Piacere Yuri”.
metterei una virgola in mezzo
Kasimiro ha scritto: A proposito virgola non ci hai ancora detto il tuo nome, come ti chiami?”
Kasimiro ha scritto: Madre e figlia figlio si guardarono con un'espressione di stupore.
Yuri
Kasimiro ha scritto: “Anche se avessimo avuto un cellulare ci sarebbe servito a poco, a meno che, per chiamare gli alieni.
da sistemare

Caro @Kasimiro  :)

ti ringrazio per questa bella lettura, scritta con la penna delle favole che tu sai usare in modo magistrale.  :libro:

E grazie di essere qui. 
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [MI176] Per un pugno di coltan

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Grazie @Poeta Zaza per l'apprezzamento e le annotazioni.
Poeta Zaza ha scritto: Ecco, perché il lupo parla solo adesso, e non sin dall'inizio della conoscenza di madre e bambino, come hanno fatto gli altri animali? @Kasimiro 
Non c'è un vero motivo. Forse ho pensato di non dare subito l'impronta da favola facendo parlare il lupo per mantenere all'inizio un poco di più la drammaticità della situazione.

A presto.



Grazie @Almissima
Almissima ha scritto: L'unica cosa che mi lascia perplessa é il titolo, nomini i coltan che non compaiono piú...
Hai ragione. Forse dal mio punto di vista è solo un pretesto, purtroppo non distante dalla realtà, per sviluppare l'insensatezza legata alle azioni dell'uomo, spinte solo dal potere e denaro e da una pericolosa corsa verso il progresso. Una condizione avulsa e inspiegabile per chi vive seguendo le leggi della natura. Come gli animali che in questo caso cercano di darsi conforto per qualcosa che non riescono a comprendere. Solo il saggio e vecchio albero riesce a intuire qualcosa, avendone viste già tante di cose... 
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Alla prossima

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Re: [MI176] Per un pugno di coltan

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@Kasimiro ciao. Il tuo titolo mi ha fatto pensare che avresti rappresentato l'infelice situazione dei bambini africani sfruttati nelle miniere... Niente di tutto questo. Ma vedo che hai rappresentato la fine del nostri pianeta in chiave favolistica. La storia inizialmente appare condurre nella prima impressione, ma poi, tutti gli animali della foresta prendono vita e quella umanità perduta dagli stessi umani. Questo è l'elemento che ho individuato. nel viaggio verso la salvezza, essi si portano con sé anche la nostra umanità, o quello che rimarrebbe. Una bella favola secondo il tuo stile. Ciao.
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio
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