Labocontest nr 8: Documentazione
Tema: Ricchezze
Tema: Ricchezze
Titolo: Un fantastico viaggio anacronistico
Una carrozza di un treno senza tempo, su binari di spazi paralleli, con due personaggi uno davanti all’altro: una donna dei nostri giorni, appassionata di poesia e letteratura, e un uomo di due secoli fa, Giacomo Leopardi, dal grande spirito libero e introverso, intramontabile famoso poeta e filosofo. Entrambi pensano sui generis, lei formulando domande come se facesse un’intervista, mentre le risposte di lui sono espresse in forma di sintesi dalla raccolta “I Pensieri”, 111 affermazioni filosofiche e sociali sul mondo e sulla natura umana.
Una carrozza di un treno senza tempo, su binari di spazi paralleli, con due personaggi uno davanti all’altro: una donna dei nostri giorni, appassionata di poesia e letteratura, e un uomo di due secoli fa, Giacomo Leopardi, dal grande spirito libero e introverso, intramontabile famoso poeta e filosofo. Entrambi pensano sui generis, lei formulando domande come se facesse un’intervista, mentre le risposte di lui sono espresse in forma di sintesi dalla raccolta “I Pensieri”, 111 affermazioni filosofiche e sociali sul mondo e sulla natura umana.
I Pensieri scelti sono preceduti dal numero romano che li contraddistingue nel compendio.
Personaggi: Zaza e Giacomo Leopardi (Z. e G.L.)
Z: Sono davanti a Giacomo Leopardi, su questo treno che viaggia verso Recanati, nel bel paesaggio marchigiano, e non so come ci sia salita; me lo sono trovato, da subito, seduto davanti a me; ne riconosco il viso malinconico dai miei ricordi di antologie scolastiche, il corpo brevilineo ingobbito, fasciato in una redingote, la camicia col collo alto e inamidato, il farfallino scuro, intento a leggere un libro su carta pergamena in ottimo stato. Sembra un uomo d’altri tempi, anzi, lo è. Sembra uno che voglia piegarsi su se stesso, come un introverso dentro e fuori, ma lo scintillio dei suoi occhi mentre legge rivela la passione di uno spirito libero e appagato.
Personaggi: Zaza e Giacomo Leopardi (Z. e G.L.)
Z: Sono davanti a Giacomo Leopardi, su questo treno che viaggia verso Recanati, nel bel paesaggio marchigiano, e non so come ci sia salita; me lo sono trovato, da subito, seduto davanti a me; ne riconosco il viso malinconico dai miei ricordi di antologie scolastiche, il corpo brevilineo ingobbito, fasciato in una redingote, la camicia col collo alto e inamidato, il farfallino scuro, intento a leggere un libro su carta pergamena in ottimo stato. Sembra un uomo d’altri tempi, anzi, lo è. Sembra uno che voglia piegarsi su se stesso, come un introverso dentro e fuori, ma lo scintillio dei suoi occhi mentre legge rivela la passione di uno spirito libero e appagato.
Ai suoi tempi, non c’ero né io né il treno, ma pare a suo agio come se fosse una sua abitudine e come se fosse solo; per me, i suoi versi e i suoi Pensieri non sono anacronistici, e mi ritrovo a guardarlo come un illustre coetaneo che ammiro.
Per quanto capisco, forse lui non si accorge neppure di avere davanti qualcuno. Nel mentre, mi avvedo di avere tra le mani una copia "postuma - futuribile" dei suoi 111 Pensieri.
Il mio animo giornalistico prende vita a sé stante e mi sorprendo a formulare le domande che il mio inarrivabile interlocutore si aspetta, rivolgendole al poeta, al filosofo e al sociologo che sono nell’uomo Giacomo Leopardi. Mi chiedo se appellarlo Messere o Signore, e mi risolvo a utilizzare la seconda opzione.
Mi decido di saltare i convenevoli per mantenere l’armonica distanza che si è creata spontanea tra noi.
Comincio:
Z. — Sono onorata di rivolgermi a lei, Signor Leopardi.
(La sua presenza mi ispira per prima la seguente domanda, cui lui risponderà con pronta naturalezza.)
Qual è il suo parere sulla semplicità dei grandi?
G.L. — LXIV
Quasi tutti gli uomini grandi sono modesti: perché si paragonano continuamente, non cogli altri, ma con quell'idea del perfetto che hanno dinanzi allo spirito, infinitamente più chiara e maggiore di quella che ha il volgo; e considerano quanto siano lontani dal conseguirla.
CX
È curioso vedere che quasi tutti gli uomini, che valgono molto, hanno le maniere semplici; e che, quasi sempre, le maniere semplici sono prese per indizio di poco valore.
Z. — Come farsi notare in un contesto estraneo?
G.L. — LXXVIII
Due o più persone in un luogo pubblico o in un'adunanza, che stiano ridendo tra loro in modo osservabile, né sappiano gli altri di che, generano in tutti i presenti tale apprensione, che ogni discorso tra questi divien serio, molti ammutoliscono, alcuni si partono, i più intrepidi si accostano a quelli che ridono, procurando di essere accettati a ridere in compagnia loro...
Il ridere concilia stima e rispetto anche dagl'ignoti, tira a sé l'attenzione di tutti i circostanti, e dà fra questi una sorte di superiorità. E se, come accade, tu ti ritrovassi in qualche luogo alle volte o non curato o trattato con alterigia o scortesemente, tu non hai a far altro che scegliere tra i presenti uno che ti paia a proposito, e con quello ridere franco e aperto e con perseveranza, mostrando più che puoi che il riso ti venga dal cuore: e se forse vi sono alcuni che ti deridano, ridere con voce più chiara e con più costanza che i derisori. Tu devi essere assai sfortunato se, avvedutisi del tuo ridere, i più orgogliosi e i più petulanti della compagnia, e quelli che più torcevano da te il viso, fatta brevissima resistenza, o non si danno alla fuga, o non vengono spontanei a chieder pace, ricercando la tua favella, e forse profferendotisi per amici. Grande tra gli uomini e di gran terrore è la potenza del riso: contro il quale nessuno nella sua coscienza trova sé munito da ogni parte.
Chi ha coraggio di ridere è padrone del mondo, quasi come chi è preparato a morire.
Z. — Come evitare di far conoscere la nostra ignoranza?
G.L. — LXXXVI
Il più certo modo di celare agli altri i confini del proprio sapere è di non trapassarli.
Z. — Su una vera esperienza di vita, cosa ci può dire?
Z. — Su una vera esperienza di vita, cosa ci può dire?
G.L. — LXXXII
Nessuno diventa uomo innanzi di aver fatto una grande esperienza di sé, la quale rivelando lui a lui medesimo, e determinando l'opinione sua intorno a se stesso, determina in qualche modo la fortuna e lo stato suo nella vita. .
Agli altri il conoscimento e il possesso di se medesimi suole venire o da bisogni e infortuni, o da qualche passione grande, cioè forte; e per lo più dall'amore; quando l'amore è gran passione; cosa che non accade in tutti come l'amare.
Ma, accaduta che sia, certo all'uscire di un amor grande e appassionato, l'uomo conosce già mediocremente i suoi simili, conosce ab esperto la natura delle passioni, poiché una di loro che arda, infiamma tutte l'altre; conosce la natura e il temperamento proprio, sa la misura delle proprie facoltà e delle proprie forze; e oramai può far giudizio se e quanto gli convenga sperare o disperare di sé, e, per quello che si può intendere del futuro, qual luogo gli sia destinato nel mondo. In fine la vita a' suoi occhi ha un aspetto nuovo, già mutata per lui di cosa udita in veduta, e d'immaginata in reale; ed egli si sente in mezzo ad essa, forse non più felice, ma per dir così, più potente di prima, cioè più atto a far uso di sé e degli altri.
Z. — Quale riflessione le ispira l'intolleranza?
Nessuno diventa uomo innanzi di aver fatto una grande esperienza di sé, la quale rivelando lui a lui medesimo, e determinando l'opinione sua intorno a se stesso, determina in qualche modo la fortuna e lo stato suo nella vita. .
Agli altri il conoscimento e il possesso di se medesimi suole venire o da bisogni e infortuni, o da qualche passione grande, cioè forte; e per lo più dall'amore; quando l'amore è gran passione; cosa che non accade in tutti come l'amare.
Ma, accaduta che sia, certo all'uscire di un amor grande e appassionato, l'uomo conosce già mediocremente i suoi simili, conosce ab esperto la natura delle passioni, poiché una di loro che arda, infiamma tutte l'altre; conosce la natura e il temperamento proprio, sa la misura delle proprie facoltà e delle proprie forze; e oramai può far giudizio se e quanto gli convenga sperare o disperare di sé, e, per quello che si può intendere del futuro, qual luogo gli sia destinato nel mondo. In fine la vita a' suoi occhi ha un aspetto nuovo, già mutata per lui di cosa udita in veduta, e d'immaginata in reale; ed egli si sente in mezzo ad essa, forse non più felice, ma per dir così, più potente di prima, cioè più atto a far uso di sé e degli altri.
Z. — Quale riflessione le ispira l'intolleranza?
G.L — XXXVII Nessuna qualità umana è più intollerabile nella vita ordinaria, né in fatti tollerata meno, che l'intolleranza.
Z. — Come fare per farsi perdonare la superiorità e battere il grande nemico dell’invidia?
Z. — Come fare per farsi perdonare la superiorità e battere il grande nemico dell’invidia?
G.L. — XV e CVI
Chilone, annoverato fra i sette sapienti della Grecia, ordinava che l’uomo forte di corpo fosse dolce di modi, a fine, diceva, d’ispirare agli altri più riverenza che timore. Non è mai soverchia l’affabilità, la soavità de’ modi, e quasi l’umiltà in quelli che di bellezza o d’ingegno o d’altra cosa molto desiderata nel mondo, sono manifestamente superiori alla generalità: perché troppo grave è la colpa della quale hanno a impetrar perdono, e troppo fiero e difficile il nemico che hanno a placare; l’una la superiorità, e l’altro l’invidia. La quale credevano gli antichi, quando si trovavano in grandezze e in prosperità, che convenisse placare negli stessi Dei, espiando con umiliazioni, con offerte e con penitenze volontarie il peccato appena espiabile della felicità o dell’eccellenza.
Il mondo, a quelle cose che altrimenti gli converrebbe ammirare, ride; e biasima, come la volpe d'Esopo, quelle che invidia. Una gran passione d'amore, con grandi consolazioni di grandi travagli, è invidiata universalmente; e perciò biasimata con più calore. Una consuetudine generosa, un'azione eroica, dovrebbe essere ammirata: ma gli uomini se ammirassero, specialmente negli uguali, si crederebbero umiliati; e perciò, in cambio d'ammirare, ridono. Questa cosa va tant'oltre, che nella vita comune è necessario dissimulare con più diligenza la nobiltà dell'operare, che la viltà: perché la viltà è di tutti, e però almeno è perdonata; la nobiltà è contro l'usanza, e pare che indichi presunzione, o che da sé richieda lode; la quale il pubblico, e massime i conoscenti, non amano di dare con sincerità.
Z — Cosa ci può dire lei sui libri di successo?
Chilone, annoverato fra i sette sapienti della Grecia, ordinava che l’uomo forte di corpo fosse dolce di modi, a fine, diceva, d’ispirare agli altri più riverenza che timore. Non è mai soverchia l’affabilità, la soavità de’ modi, e quasi l’umiltà in quelli che di bellezza o d’ingegno o d’altra cosa molto desiderata nel mondo, sono manifestamente superiori alla generalità: perché troppo grave è la colpa della quale hanno a impetrar perdono, e troppo fiero e difficile il nemico che hanno a placare; l’una la superiorità, e l’altro l’invidia. La quale credevano gli antichi, quando si trovavano in grandezze e in prosperità, che convenisse placare negli stessi Dei, espiando con umiliazioni, con offerte e con penitenze volontarie il peccato appena espiabile della felicità o dell’eccellenza.
Il mondo, a quelle cose che altrimenti gli converrebbe ammirare, ride; e biasima, come la volpe d'Esopo, quelle che invidia. Una gran passione d'amore, con grandi consolazioni di grandi travagli, è invidiata universalmente; e perciò biasimata con più calore. Una consuetudine generosa, un'azione eroica, dovrebbe essere ammirata: ma gli uomini se ammirassero, specialmente negli uguali, si crederebbero umiliati; e perciò, in cambio d'ammirare, ridono. Questa cosa va tant'oltre, che nella vita comune è necessario dissimulare con più diligenza la nobiltà dell'operare, che la viltà: perché la viltà è di tutti, e però almeno è perdonata; la nobiltà è contro l'usanza, e pare che indichi presunzione, o che da sé richieda lode; la quale il pubblico, e massime i conoscenti, non amano di dare con sincerità.
Z — Cosa ci può dire lei sui libri di successo?
G.L. — LX
Dice il La Bruyère una cosa verissima, che è più facile ad un libro mediocre di acquistar grido per virtù di una riputazione già ottenuta dall'autore, che ad un autore di venire in riputazione per mezzo di un libro eccellente. A questo si può soggiungere, che la via forse più diritta di acquistar fama, è di affermare con sicurezza e pertinacia, e in quanti più modi è possibile, di averla acquistata.
Z. — Facciamo una digressione poetica… Come si spiega che la sua malinconica lirica “Il passero solitario” nasconda al suo interno un inno alla gioia? Mi spiego: ho estrapolato dal suo testo queste parole e ne ho fatto un’altra poesia, dedicandola: Al mio core
Su
vai
brilla
esulta
core libero
mille giri
il tempo miri
canti
così
di più
Z.— Leggo una risposta sibillina nel suo sguardo, ed è la seguente:
Dice il La Bruyère una cosa verissima, che è più facile ad un libro mediocre di acquistar grido per virtù di una riputazione già ottenuta dall'autore, che ad un autore di venire in riputazione per mezzo di un libro eccellente. A questo si può soggiungere, che la via forse più diritta di acquistar fama, è di affermare con sicurezza e pertinacia, e in quanti più modi è possibile, di averla acquistata.
Z. — Facciamo una digressione poetica… Come si spiega che la sua malinconica lirica “Il passero solitario” nasconda al suo interno un inno alla gioia? Mi spiego: ho estrapolato dal suo testo queste parole e ne ho fatto un’altra poesia, dedicandola: Al mio core
Su
vai
brilla
esulta
core libero
mille giri
il tempo miri
canti
così
di più
Z.— Leggo una risposta sibillina nel suo sguardo, ed è la seguente:
G.M.: — L’ho detto anche in chiaro: Il sommo bene è la felicità. Aggiungo qui che, se come meta naturale dell'uomo il bene è quello, il meglio è il viaggio.
Z. — Qual è uno dei maggiori segni di scarsa saggezza?
Z. — Qual è uno dei maggiori segni di scarsa saggezza?
G.L. — XXVII
Nessun maggior segno d'essere poco filosofo e poco savio, che volere savia e filosofica tutta la vita.
Z. — Cosa c’è di più raro al mondo?
Nessun maggior segno d'essere poco filosofo e poco savio, che volere savia e filosofica tutta la vita.
Z. — Cosa c’è di più raro al mondo?
G.L. — LXXVI
Nulla è più raro al mondo che una persona abitualmente sopportabile.
Z. — Per concludere, quale metafora o allegoria le ispira la presunzione?
Nulla è più raro al mondo che una persona abitualmente sopportabile.
Z. — Per concludere, quale metafora o allegoria le ispira la presunzione?
G.L. — XVIII
Io vidi in Firenze uno che strascinando, a modo di bestia da tiro, come colà è stile, un carro colmo di robe, andava con grandissima alterigia gridando e comandando alle persone di dar luogo; e mi parve figura di molti che vanno pieni d’orgoglio, insultando gli altri per ragioni non dissimili da quella che causava l’alterigia in colui, cioè tirare un carro.
Z. — La ringrazio, Signor Leopardi, per la ricchezza dei suoi pensieri condivisi, e mi permetto, dato l’ultimo argomento, quello sulla presunzione, di mettere in rima io il testo allegorico citato come esempio:
Un conducente andava trascinando
il suo carro di robe, comandando
a destra e manca di lasciar passare
e grande l’alterigia del suo fare.
E mi parve, il suo stile e la figura,
uguali a quanti, orgoglio a dismisura,
insultan gli altri come a loro pare
per la ragion d'un "carro" da tirare.
Z.: Ho come l’impressione che Giacomo Leopardi mi guardi e mi sorrida.
https://it.wikisource.org/wiki/Pensieri_(Leopardi)
https://it.wikipedia.org/wiki/Pensieri_(Leopardi)
https://it.wikipedia.org/wiki/Opere_di_Giacomo_Leopardi
https://it.wikipedia.org/wiki/Giacomo_Leopardi
https://filosofiaquantistica.wordpress. ... -felicita/
https://www.giacomoleopardi.it/?page_id=6338
https://www.illibraio.it/news/storie/bl ... ry-906364/
Io vidi in Firenze uno che strascinando, a modo di bestia da tiro, come colà è stile, un carro colmo di robe, andava con grandissima alterigia gridando e comandando alle persone di dar luogo; e mi parve figura di molti che vanno pieni d’orgoglio, insultando gli altri per ragioni non dissimili da quella che causava l’alterigia in colui, cioè tirare un carro.
Z. — La ringrazio, Signor Leopardi, per la ricchezza dei suoi pensieri condivisi, e mi permetto, dato l’ultimo argomento, quello sulla presunzione, di mettere in rima io il testo allegorico citato come esempio:
Un conducente andava trascinando
il suo carro di robe, comandando
a destra e manca di lasciar passare
e grande l’alterigia del suo fare.
E mi parve, il suo stile e la figura,
uguali a quanti, orgoglio a dismisura,
insultan gli altri come a loro pare
per la ragion d'un "carro" da tirare.
Z.: Ho come l’impressione che Giacomo Leopardi mi guardi e mi sorrida.
Bibliografia
https://it.wikisource.org/wiki/Pensieri_(Leopardi)
https://it.wikipedia.org/wiki/Pensieri_(Leopardi)
https://it.wikipedia.org/wiki/Opere_di_Giacomo_Leopardi
https://it.wikipedia.org/wiki/Giacomo_Leopardi
https://filosofiaquantistica.wordpress. ... -felicita/
https://www.giacomoleopardi.it/?page_id=6338
https://www.illibraio.it/news/storie/bl ... ry-906364/
Blackout poetry
Il passero solitario di G. Leopardi
D'in su la vetta della torre antica,
passero solitario, alla campagna
cantando vai finché non more il giorno;
ed erra l'armonia per questa valle.
Primavera d'intorno
brilla nell'aria, e per li campi esulta,
sí ch'a mirarla intenerisce il core.
Odi greggi belar, muggire armenti;
gli altri augelli contenti, a gara insieme
per lo libero ciel fan mille giri,
pur festeggiando il lor tempo migliore:
tu pensoso in disparte il tutto miri;
non compagni, non voli,
non ti cal d'allegria, schivi gli spassi;
canti, e così trapassi
dell'anno e di tua vita il più bel fiore.
Al mio core (dalla tecnica Blackout poetry):
Su
vai
brilla
esulta
core libero
mille giri
il tempo miri
canti
così
di più
D'in su la vetta della torre antica,
passero solitario, alla campagna
cantando vai finché non more il giorno;
ed erra l'armonia per questa valle.
Primavera d'intorno
brilla nell'aria, e per li campi esulta,
sí ch'a mirarla intenerisce il core.
Odi greggi belar, muggire armenti;
gli altri augelli contenti, a gara insieme
per lo libero ciel fan mille giri,
pur festeggiando il lor tempo migliore:
tu pensoso in disparte il tutto miri;
non compagni, non voli,
non ti cal d'allegria, schivi gli spassi;
canti, e così trapassi
dell'anno e di tua vita il più bel fiore.
Al mio core (dalla tecnica Blackout poetry):
Su
vai
brilla
esulta
core libero
mille giri
il tempo miri
canti
così
di più
P.S.
P.S.: mi sono permessa di fare alcune correzioni ai Pensieri originali, necessarie a ritoccare alcune parole arcaiche, tipo maraviglia, sofferire, veggiamo, anco, veggono ecc. , ma ho lasciato "ab esperto" ad esempio; e gli ho tolto qualche virgola.