Salve a tutti,
vorrei provare a cimentarmi nel romanzo storico. Ho un soggetto datato ma che ritengo valido da sviluppare, purtroppo mi sto rendendo conto documentandomi approfonditamente che lo sviluppo è poco aderente all'epoca in cui è ambientato (1250 circa). A grandi linee può ricordare "Il nome della rosa" (con rispetto parlando) virato al femminile, visto che si parla di monache. Vi chiedo quindi quanto può forzare la realtà storica uno scrittore? Se leggo Follett, ad esempio, non mi accorgo di essere nel Medioevo, è leggero nella trama e nei dialoghi. Invece temo che se seguissi quanto suggerisce la saggistica del periodo, la pesantezza diventi un fattore quasi inevitabile (per non citare il parlato!).
Re: Approccio al genere storico
2Brutus ha scritto: dom gen 31, 2021 2:31 pm Vi chiedo quindi quanto può forzare la realtà storica uno scrittore?
Pensavo anch'io di cimentarmi nello storico.
Come dico sempre, ma magari sbaglio, un romanzo non è un documentario e un romanziere non è un documentarista. Però una cosa mi dà fastidio: gli anacronismi. Tipo quelli che mangiano pasta al sugo di pomodoro nel Duecento. Una volta avevo fatto comparire un cellulare nel 1979. Per fortuna me ne sono accorto in extremis e ho corretto. Su questo tipo di forzature starei attento. Sul resto, bisognerebbe vedere caso per caso, ma senza mai perdere di vista che un romanzo è una interpretazione artistica. In fondo, si dovrebbe fare un bilancio tra arte e realtà, possibilmente evitando la pesantezza dovuta alla volontà di essere storicamente precisi perché la corsa del romanzo finisce generalmente in mano a un lettore, il quale certamente non vuole pesantezza.
Arte sì, è possibile, anche a scapito della ricostruzione pedante del reale; pesantezza certamente no, mai.
Sentirei anche l'esperto di storici, @Fraudolente.
Il Sommo Misantropo
Re: Approccio al genere storico
3La mia opinione da due soldi da non-esperta: a meno di voler fare una sorta di pastiche o esperimento linguistico, non vedo perché non si dovrebbe utilizzare un linguaggio moderno, nei limiti della logica. Non so cosa intendi per "trama leggera", ammetto di aver letto solo "I pilastri della terra" di Ken Follett e la trama mi è parsa tutt'altro che leggera, con sotterfugi, colpi di scena e via dicendo. Però resta plausibile per un contesto medievale.
La saggistica è utile per il contesto, l'ambientazione, la condizione femminile e via dicendo. Da lettrice di romanzi storici, personalmente mi dà molto più fastidio un'ambientazione approssimativa che non un dialogo leggero e con un linguaggio attuale.
La saggistica è utile per il contesto, l'ambientazione, la condizione femminile e via dicendo. Da lettrice di romanzi storici, personalmente mi dà molto più fastidio un'ambientazione approssimativa che non un dialogo leggero e con un linguaggio attuale.
Re: Approccio al genere storico
4@Brutus , io ritengo che uno scrittore che si cimenta nella scrittura di uno storico debba fare un lavoro approfondito per comprendere le leggi, gli usi e i costumi, gli indumenti, ecc. del tempo. Della lingua del tempo non mi preoccuperei molto, se non per alcune parole fortemente caratterizzanti l'idioma della popolazione che vai trattando. È fondamentale saperne la religione o le religioni e la politica.
Riguardo a non rendere troppo pesante la narrazione, credo conti tanto la fluidità degli eventi, non perdendone la coerenza con gli eventi storici. Se vuoi trattare della rivoluzione francese, per esempio, e vuoi raccontare la presa della Bastiglia puoi farlo romanzando sui personaggi (i carcerieri o i carcerati) o su dettagli storici poco certi (chi sta dietro i fomentatori della presa), senza cadere nell'irreale.
Al lettore interessa perdersi nel periodo storico e nei luoghi della narrazione come se vivesse in quelle pagine, come se anche a lui è stata data una chance di essere là con loro, coi personaggi.
Spero che ti sia utile.
Riguardo a non rendere troppo pesante la narrazione, credo conti tanto la fluidità degli eventi, non perdendone la coerenza con gli eventi storici. Se vuoi trattare della rivoluzione francese, per esempio, e vuoi raccontare la presa della Bastiglia puoi farlo romanzando sui personaggi (i carcerieri o i carcerati) o su dettagli storici poco certi (chi sta dietro i fomentatori della presa), senza cadere nell'irreale.
Al lettore interessa perdersi nel periodo storico e nei luoghi della narrazione come se vivesse in quelle pagine, come se anche a lui è stata data una chance di essere là con loro, coi personaggi.
Spero che ti sia utile.
Si finisce col non pensare nel momento in cui si smette di dubitare di tutto ciò in cui si trova il minimo sospetto di incertezza.
Re: Approccio al genere storico
5Yaxara ha scritto: lun feb 01, 2021 2:41 pm La mia opinione da due soldi da non-esperta: a meno di voler fare una sorta di pastiche o esperimento linguistico, non vedo perché non si dovrebbe utilizzare un linguaggio moderno, nei limiti della logica. Non so cosa intendi per "trama leggera", ammetto di aver letto solo "I pilastri della terra" di Ken Follett e la trama mi è parsa tutt'altro che leggera, con sotterfugi, colpi di scena e via dicendo. Però resta plausibile per un contesto medievale.Concordo, non è l'approssimazione che mi preoccupa ma proprio la possibilità di cadere nell'errore di creare personaggi e vicende poco aderenti al contesto. Con "trama leggera" non intendevo assolutamente svilire Follett, tutt'altro. Ho preso ad esempio proprio lui perché riesce a narrare di Medioevo senza risultare pesante, anche se alcune volte "tira la corda" con personaggi, soprattutto femminili, un filino troppo moderni nel pensare e agire. Il linguaggio è l'altro aspetto che mi preoccupa. Come risultare realistico senza finire per scimmiottare il volgare dell'epoca?
La saggistica è utile per il contesto, l'ambientazione, la condizione femminile e via dicendo. Da lettrice di romanzi storici, personalmente mi dà molto più fastidio un'ambientazione approssimativa che non un dialogo leggero e con un linguaggio attuale.
Re: Approccio al genere storico
6Brutus ha scritto: mar feb 02, 2021 11:53 am Concordo, non è l'approssimazione che mi preoccupa ma proprio la possibilità di cadere nell'errore di creare personaggi e vicende poco aderenti al contesto. Con "trama leggera" non intendevo assolutamente svilire Follett, tutt'altro. Ho preso ad esempio proprio lui perché riesce a narrare di Medioevo senza risultare pesante, anche se alcune volte "tira la corda" con personaggi, soprattutto femminili, un filino troppo moderni nel pensare e agire. Il linguaggio è l'altro aspetto che mi preoccupa. Come risultare realistico senza finire per scimmiottare il volgare dell'epoca?Sempre la mia opinione da non addetta ai lavori: piuttosto che scimmiottare il volgare, per le classi sociali basse e meno istruite io userei un linguaggio più povero, ad esempio con meno sinonimi, qualche termine volgare (anche se ci sarebbe da fare tutto un discorso sulle "parolacce" nel Medioevo -secondo l'epoca- che non sono qualificata a fare) e perché no, chiari errori di grammatica. Congiuntivi mancanti, "c'ho", "a lui glielo ho detto". Un linguaggio invece più ricercato e corretto sarebbe adatto ai chierici e ai religiosi. Per la nobiltà temo dipende molto da quale Medioevo vuoi trattare: per dire, ai tempi di Carlo Magno erano molto più "rozzi" che nel '300.
Il comportamento femminile si cura con la documentazione, tenendo presente che spesso le donne di cui ci sono giunte biografie dettagliate non sono proprio figure ordinarie. Poi ripeto, trattandosi di un romanzo ci sta qualche sbavatura leggera come "licenza d'autore"
Re: Approccio al genere storico
7dyskolos ha scritto:
Sentirei anche l'esperto di storici, @Fraudolente.
Chiedo scusa. Mi sono accorto adesso della "chiamata", e rispondo con grave ritardo.
Condivido assolutamente:
dyskolos ha scritto: Come dico sempre, ma magari sbaglio, un romanzo non è un documentario e un romanziere non è un documentarista. Però una cosa mi dà fastidio: gli anacronismi. Tipo quelli che mangiano pasta al sugo di pomodoro nel Duecento.Come lettore di romanzi storici detesto i pesantissimi spiegoni, gli sproloqui anticheggianti, talvolta esagerati nei dialoghi, e la costruzione di frasi arzigogolate.
Meglio qualche parola qua e là, tanto per rendere l'idea, anche perché chi legge un romanzo di solito non sta studiando una lingua "morta".
Come autore alle prime armi cerco di evitare di scrivere un saggio per pochi addetti ai lavori.
Le descrizioni eccessive di luoghi e di persone rischiano solo di appesantire: va a finire che se va bene il lettore le salta, e se va male abbandona la lettura.
Qualcuno potrebbe persino indispettirsi, del genere: "Questo pensa che io sia un ignorante!"
Gli anacronismi, poi, sono davvero un pastrocchio: un'acacia o un valzer in pieno medioevo ridicolizzano la trama. Il pericolo più grave sono le parole nei dialoghi: guai utilizzarne una che all'epoca non era ancora nata.
L'equilibrio tra l'epoca del romanzo e un linguaggio semplice e "accessibile" è un'arte. E non tutti gli scrittori sono artisti...
Ciao, @dyskolos!