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Rimane il dubbio: adesso Treccagne?
Fraudolente wrote: Rimane il dubbio: adesso Treccagne?
dyskolos wrote: A parte tutto, per me avvocata, sindaca e ministra sono parole normali.Per me no, proprio non digerisco la ministra. E aborrrrrro la sindaca e l'avvocata.
Marcello wrote: a essere sinceri mi trovo più a mio agio con la minestra.
Fraudolente wrote: Ma io sono un ignoranto...
ivalibri wrote: Dico solo che il simpatico giornalista che ha intitolato il suo articolo "Treccagne" (il giornale forse era Libero) è stato querelato.Non leggo "Libero" (o forse dovrei?). La mia era solo una battutaccia da vecchio collegiale, e nulla sapevo in merito all'articolo del "simpatico" giornalista querelato. Comunque sia, ritengo la battutaccia spiritosa e inoffensiva. E in tal senso speravo fosse intesa...
ivalibri wrote: ivalibri Chi invece pensa di abbandonare uno dei migliori dizionari italiani solo per questo è libero di farlo. Fa un dispetto solo a sé stesso.Leggo tra le righe una vena polemica: non era mia intenzione provocare e mi spiace se così è stato. Per ora ho ripetutamente fatto ricorso alla dotta consulenza della Treccani, ma sono rimasto sconcertato dalle recenti novità. Vedremo come evolve la faccenda.
ivalibri wrote: sé stesso.Questa storia del se stesso o sé stesso l'abbiamo già discussa, non ricordo con che esito e se qui o altrove.
Fraudolente wrote: Per ora ho ripetutamente fatto ricorso alla dotta consulenza della Treccani, ma sono rimasto sconcertato dalle recenti novitàIdem, e a parte l'indignazione, più che sconcerto nel mio caso, non abbandonerò Treccani per questo motivo; presumo che non spariranno i contenuti che ho sempre ammirato.
Fraudolente wrote: Non leggo "Libero" (o forse dovrei?). La mia era solo una battutaccia da vecchio collegiale, e nulla sapevo in merito all'articolo del "simpatico" giornalista querelato. Comunque sia, ritengo la battutaccia spiritosa e inoffensiva. E in tal senso speravo fosse intesa..Fai bene a non leggerlo! E nemmeno io lo faccio. Ho letto della polemica e l'ho riferita, tutto qui. C'è una bella differenza tra fare una battuta da collegiale su un forum e titolare un articolo di giornale con evidente intento denigratorio. Non era mia intenzione paragonarti al giornalista.
Fraudolente wrote: Leggo tra le righe una vena polemica: non era mia intenzione provocare e mi spiace se così è stato. Per ora ho ripetutamente fatto ricorso alla dotta consulenza della Treccani, ma sono rimasto sconcertato dalle recenti novità. Vedremo come evolve la faccenda.No, figurati, non mi sono sentita provocata. Se vai a recuperare la vecchia discussione sull'argomento potrai leggere come la penso. In realtà Treccani non è il primo dizionario a declinare al femminile le professioni che un tempo erano precluse alle donne, lo hanno già fatto altri dizionari prestigiosi ed era solo questione di tempo perché il glorioso Treccani si adeguasse. Seguendo tra l'altro le indicazioni date in merito dall'Accademia della Crusca.
Fraudolente wrote: Questa storia del se stesso o sé stesso l'abbiamo già discussa, non ricordo con che esito e se qui o altrove.Sono accettate entrambe le forme. In realtà mentre scrivevo il correttore automatico si ostinava a mettere l'accento sul se e allora l'ho lasciato così...
ivalibri wrote: Questa discussione riprende il tema del topic sul femminile delle professioni. Non starò a ripetere il mio pensiero. Dico solo che il simpatico giornalista che ha intitolato il suo articolo "Treccagne" (il giornale forse era Libero) è stato querelato.In effetti il titolo era di pessimo gusto, su questo ti do pienamente ragione. Poi abbiamo discusso anche in altre sedi sulla questione. Il mio pensiero l'ho riportato più sopra, ma ribadisco che non sono antifemminista. La parità di genere, come tutti i diritti umani, mi sta molto a cuore.
Silverwillow wrote: Abbiamo diritto alla parità perché siamo alla pari, non perché qualcuno su un dizionario qualsiasi ce lo concede mettendo prima "gatta" di "gatto".Questo è sacrosanto e per me è il cuore della questione: il rispetto e la dignità non si ottengono violentando una lingua e non si misurano sulle concordanze grammaticali. Una donna chiamata a fare il ministro non gode di maggiore fiducia se la chiami "ministra" (anzi, se fossi donna sospetterei sempre che dietro ci fosse una larvata presa per il culo nel sentirmi chiamare così).
Marcello wrote: . Una donna chiamata a fare il ministro non gode di maggiore fiducia se la chiami "ministra" (anzi, se fossi donna sospetterei sempre che dietro ci fosse una larvata presa per il culo nel sentirmi chiamare così).Non sono d'accordo. Perché dovrei sentirmi da meno se mi chiamano al femminile? Perché presa per il culo? Non lo capisco proprio.
Marcello wrote: le classi erano piccole e gli studenti avevano dai quindici ai diciotto anni in genere. Io frequentavo l'università e ne avevo pochi più di loro; c'era chi mi dava del lei e mi chiamava "professore" e chi mi si rivolgeva con un semplice "scusa, Marcello, qui come si fa a capire se...". Non ho mai chiesto né agli uni né agli altri di cambiare atteggiamento, ma ho sempre cercato di trattarli tutti nello stesso modo, profondamente convinto che il rispetto per la mia persona (e per l'istituzione che rappresentavo) non fosse legato al pronome con cui i ragazzi mi si rivolgevano.Dissento del tutto anche su questo. Probabilmente questa tua esperienza è circoscritta a una situazione particolare. Io insegno nelle scuole superiori da quindici anni e non mi sognerei mai di farmi dare del tu. Mi devono dare del lei e non sono autorizzati a chiamarmi per nome. Sono d'accordo sul fatto che il rispetto non si debba limitare a questo, ma anche la forma è sostanza. È probabile che se non facessi caso a certe formalità mi ritroverei i miei alunni a saltarmi sulla testa.
ivalibri wrote: Probabilmente questa tua esperienza è circoscritta a una situazione particolareCerto, l'ho precisato: ai primi tempi avevo vent'anni e avevo degli allievi di diciotto, non ci trovavo proprio nulla di sbagliato nel fatto che mi dessero del tu. Anzi, mi hai fatto proprio venire in mente uno (anche nome e cognome, nonostante siano passati quarantacinque anni) che ne aveva diciassette o diciotto e mi chiamava professore, mi dava del lei e aveva sempre un sorrisino stampato sulle labbra... era il peggior figlio di buona donna che abbia mai avuto e non appena gli giravo le spalle ne combinava di tutti i colori...
ivalibri wrote: Sun Sep 18, 2022 12:05 pmPerché presa per il culo? Non lo capisco proprio.Non pensi che qualcuno lo dica con il tono "ti faccio sentire importante chiamandoti ministra, ma tanto per me sei..."?
Marcello wrote: Non pensi che qualcuno lo dica con il tono "ti faccio sentire importante chiamandoti ministra, ma tanto per me sei..."?Può darsi, caro @Marcello, che qualcuno abbia quel retro-pensiero ma io in quanto donna non credo sia giusto assecondare questo tipo di mentalità. Io sono una donna, sono orgogliosa di esserlo, e mi pare corretto declinare il mio mestiere o la mia posizione al femminile. Per me nella declinazione non è insito il fatto che quel mestiere o posizione non sia adatta a me. Sono consapevole dei tanti pregiudizi in merito da parte di tante persone ma credo fermamente che non si debbano combattere dando per scontato che la maschilizzazione della professione o del ruolo apicale sia la soluzione migliore. Altrimenti avvalliamo l'idea che il maschile sia di per sé più dignitoso, meritevole, in sintesi migliore. Se fossi una ministra mi farei chiamare così e se qualcuno usasse un tono ironico o denigratorio gli farei notare che nel suo pensiero è insita l'idea che io in quanto donna valga di meno.
Io sono convinto che sia così.
«Signor ministro, perché sostiene la proposta di legge di Pinco Pallino?» è una domanda formale, perfetta al di là del sesso del ministro in questione. «Signora ministra, perché sostiene la proposta di legge di Pinco Pallino?» mi fa temere, nel caso di pseudogiornalisti di quotidiani o emittenti di professata fede opposta a quella della ministra in questione, che nella mente dell'intervistatore la domanda si completi con "e non sta a casa a preparare le tagliatelle al ragù?".
ivalibri wrote: Noi donne invece ci dobbiamo porre il problema: rideranno? Mi prenderanno sul serio? Per come la vedo io sarebbe il caso di smettere di avvallare questo tipo di mentalità.Posizione comprensibilissima e più che rispettabile
ivalibri wrote:Su questo sono d'accordo con Marcello. Non mi sentirei da meno se mi chiamassero al femminile ma, vista la diatriba in corso sui generi linguistici, mi verrebbe almeno il dubbio che quella desinenza femminile sia una concessione fasulla per fare bella figura e non un giusto e normale riconoscimento di ruolo. Non so se riesco a spiegarmi.
Non sono d'accordo. Perché dovrei sentirmi da meno se mi chiamano al femminile? Perché presa per il culo? Non lo capisco proprio.
ivalibri wrote: Tornando al Treccani vorrei proporre una riflessione. Il fatto che nel dizionario si metta prima la forma maschile e poi la femminile non è dovuto alla morfologia della lingua, né al suo uso o alle sue regole, ma a una convenzione.Certo, è una convenzione. Ma per cambiare l'ordine dei generi serve instaurare un'altra convenzione, e su cosa venga basata è tutto da stabilire, visto che non è un evento spontaneo. Non può essere una cosa imposta dall'alto (non si sa bene da chi) quindi deve avere un motivo. Il fatto che finora abbiamo avuto dizionari che privilegiavano la forma maschile non è un motivo valido. Sarebbe come dire: voi avete avuto troppo spazio fin qui, adesso tocca a noi. Per me non ha senso, è un modo ambiguo e confuso di porre la questione.
ivalibri wrote: Potrebbe sembrare un gesto autoritario e fuori moda, ma di questi tempi è meglio mantenere le distanze, e la forma, in un luogo difficile come la scuola.Sono d'accordo che la forma è importante, e serve a stabilire delle regole, ma non dovrebbe sfuggire di mano tanto da precedere o annullare la sostanza. Nel senso che se qualcuno rispetta la forma ma crea problemi (come nell'esempio di Marcello) bisogna prendere provvedimenti. La stessa cosa vale per chi magari chiama le donne ministra ma poi torna a casa e maltratta la compagna (è un esempio banale ed estremo, ma è per rendere l'idea sulla differenza tra realtà quotidiana e questioni linguistiche, che si intersecano solo fino a un certo punto).
ivalibri wrote: Io insegno nelle scuole superiori da quindici anni e non mi sognerei mai di farmi dare del tu. Mi devono dare del leiE perché no Sua Santità o Vostra Maestà?
dyskolos wrote: perché no Sua Santità o Vostra Maestà?Ma dai lo dico io!
Ma dai! A me quelli che la pensano così fanno proprio antipatia. Penso subito a persone con la puzza sotto il naso. Io detesto essere chiamato "dottore" o "professore". Per me anche un semplice "ahòò" va benissimo e… non mi salta nessuno sulla testa: te lo assicuro
Forse tutto deriva dalla mia naturale avversione verso le gerarchie.
ivalibri wrote: Ma dai lo dico io!
Farsi dare del lei è proprio il minimo sindacale.
ivalibri wrote: in che tipo di scuola insegni?
ivalibri wrote: Stabilire una gerarchia non significa mancare di rispetto o considerarsi superiori. Io rispetto i miei alunni e imparo molto da loro ma in classe, per potere lavorare e imparare, ci deve essere una situazione chiara e ordinata. Non sono un'alunna anch’io, altrimenti che mi pagano a fare? Per fare quattro chiacchiere in libertà?
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