Personaggio intersex, questione di lingua

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Ciao a tutti e a tutte,

mi scuso già a priori per i termini impropri che impiegherò e spero di non offendere nessuno; non è mancanza di rispetto, è ignoranza.

Venendo subito al sodo: vorrei inserire in un racconto fantasy un personaggio secondario dal genere non definito, che non si identifica né come uomo né come donna. Credo che in inglese si identificherebbe col pronome "they". Ma in italiano, come si gestiscono gli aggettivi, che sono molto più orientati sul genere? Li declinereste al maschie o al femminile o... come? Ammetto di non essere molto tentata dal linguaggio inclusivo con *, @ e via dicendo in un contesto letterario.

Avete qualche suggerimento in materia?

Re: Personaggio intersex, questione di lingua

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Ciao, @Yaxara
premetto che le mie conoscenze si limitano a quello che ho letto, sentito, discussioni vere o virtuali. Credo che in Italia ancora non ci sia un consenso comune su un equivalente del "they" inglese, ci sono le scuole di pensiero dell'asterisco, la @, la u eccetera, ma credo che il processo di adattamento della lingua sarà lungo. So che un consiglio diffuso è quello di usare formulazioni che non richiedano l'utilizzo del genere: tipo "personale infermieristico" invece di infermieri o infermiere. "era divertente?" invece di "ti sei divertito, divertita?" eccetera.
Questo però riguarda il quotidiano, se devi scrivere un romanzo intero con un personaggio ricorrente non binario, la cosa si fa complicata, non credo tu possa sempre usare frasi neutre.
Secondo me però, puoi rivolgerti a associazioni o portaparola o anche influencer (il termine fa schifo ma non me ne vengono altri) che si occupino della cosa, su Instagram, Twitter o che so io. Normalmente i membri di una "minoranza" (altro termine che vabbè) apprezzano che si chieda loro quali termini considerino corretti e rispettosi e quali no, quali sono più adatti. non credo che sarà difficile interagirci per chiedere come sarebbe meglio, ammesso che un linguaggio "meglio" esista :)
Non sono sicura d’essere stata d'aiuto, ma c'ho provato. Ciao :)
I intend to live forever, or die trying.
(Groucho Marx)

Re: Personaggio intersex, questione di lingua

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@Yaxara , molto dipende dalla voce narrante. Se il narratore è esterno le cose si fanno complesse, ma se il narratore è interno puoi focalizzarti sul pensiero dei personaggi e sul modo in cui si approcciano a tale tematica di genere. Adottando il loro punto di vista, qualsiasi errore di linguaggio potrai attribuirlo a loro, alla loro cultura e al loro modo di vedere le cose.
Spero che questo possa esserti utile
Si finisce col non pensare nel momento in cui si smette di dubitare di tutto ciò in cui si trova il minimo sospetto di incertezza.

Re: Personaggio intersex, questione di lingua

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Yaxara ha scritto: mar feb 02, 2021 8:26 am Ho pensato di evitare al massimo l'uso di aggettivi di genere, ma la domanda in sé restava. Certo non è semplicissimo, però è una bella "sfida"!

Volevo rassicurarti :)
Io ho scritto un intero romanzo senza svelare mai il genere di un personaggio, se non all'ultima pagina. Certo, questo nascondimento rappresenta una "sfida" soprattutto dal punto di vista lessicale. In certi punti ho dovuto fare i salti mortali, però si può fare. Poi io dico sempre che, se una cosa la faccio io, la possono fare tutti perché io non sono mica un'arca di scienza e nemmeno ho poteri sovrannaturali ;)
In bocca al lupo!
Il Sommo Misantropo

Re: Personaggio intersex, questione di lingua

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@Yaxara, la mia opinione è che, secondo quelle che sono ancora consuetudini nel linguaggio scritto e parlato, riferendosi ad una pluralità di soggetti, se sono tutti maschi si usa il maschile, se sono tutte femmine il femminile, se sono misti ancora il maschile. Se invece ci si riferisce ad un solo soggetto di sesso indefinito o indefinibile, sarà bene usare il genere che lui/lei usa quando parla di se stesso/stessa. Mi sembra semplice buonsenso.
Mario Izzi
2025 - Sopravvissuti
(in)giustizia & dintorni
Dea
[/De gustibus non est sputazzellam (Antonio de Curtis, in arte Totò)]

Re: Personaggio intersex, questione di lingua

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Creepshow ha scritto: Mettere il * a fine frase, non mi ci trovo...

Nemmeno io. Il * nemmeno si può leggere :-)


Creepshow ha scritto: Uno dei miei personaggi, e Intersex, mentre un altro e un NoGender.
Quale forma usare?

Personaggi ordinari no, eh? Una cosa tipo Maria e Vincenzo?
No, perché io oggi mi sento BetullaGender e mio fratello InterDogSex, invece ieri mi sentivo FaggioAndPioppoGender ( ;) ) e mio fratello MoganoIntersexTendenteAlDonkeyGenderButNotSoMuch. Un mio amico si sente ABitOliveTtreeSexAndABitNoBunnyGenderButSaladInterGender, e magari fra due giorni ci sentiremo altro ;)
Comunque io userei la forma che usano per definire sé stessi.
:-D
Il Sommo Misantropo

Re: Personaggio intersex, questione di lingua

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Creepshow ha scritto: Mi trovo con un problema quasi simile.
Uno dei miei personaggi, e Intersex, mentre un altro e un NoGender.
Quale forma usare? 
Mettere il * a fine frase, non mi ci trovo...
In tutta sincerità credo che l'unica soluzione, e anche la più semplice, sia quella consigliata da @Cheguevara
Cheguevara ha scritto: Se invece ci si riferisce ad un solo soggetto di sesso indefinito o indefinibile, sarà bene usare il genere che lui/lei usa quando parla di se stesso/stessa
La lingua italiana ha soltanto due generi e non ce ne possiamo inventare altri: in inglese diciamo "I've been" e vale per tutti, in italiano dobbiamo scegliere tra "sono andato" o "sono andata". 
Alternative non ce ne sono.
Come ho già avuto modo di scrivere in altro luogo, l'asterisco o lo schwa sono emerite idiozie: l'italiano è una lingua viva e come tale va parlata; cosa me ne faccio di un segno della lingua scritta che poi non posso pronunciare?
Del resto la soluzione è intuitiva e viene dalla pratica.
Qualche mese mi sono imbattuto in una giovane che mi ha chiesto un'indicazione stradale; senza voler indagare sul suo sesso, mi sono trovato in difficoltà perché non riuscivo a capire se avessi di fronte un ragazzo o una ragazza: la voce era acuta, ma non troppo, i lineamenti del viso non mi davano certezze, mentre cappotto, sciarpa e berretto di lana nascondevano altri particolari fisici che avrebbero potuto aiutarmi.  Mi sono limitato quindi a dire: «Devi andare avanti tre o quattrocento metri, poi giri a destra e ti trovi davanti un supermercato della Coop...»
«Ah, ho capito: ci sono passata ieri» mi ha detto e lì i miei problemi sono terminati.
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Re: Personaggio intersex, questione di lingua

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Marcello ha scritto: «Ah, ho capito: ci sono passata ieri» mi ha detto e lì i miei problemi sono terminati.

Ahahaah, bell'aneddoto :D
Il problema è che nel caso del nostro amico @Creepshow non funziona in quanto un suo personaggio è NoGender, cioè uno che non si sente né uomo né uoma. Allora si può fare come diciamo io e Cheguevara (e anche tu ;-) ). Alla fine però vale ciò che dice Yasmina Pani, una linguista sarda, i cui video ho postato in un filone "gemello" di questo. Cioè noi ci incartiamo in questi problemi perché ci ostiniamo a usare termini come "maschile" e "femminile" per riferirci al genere grammaticale. Se invece usassimo parole generiche (mi scuso per il gioco di parole ;) ) come "A", "B" e "C", eviteremmo queste "pare", che infine portano a trasformare in problema linguistico qualcosa che di linguistico non ha nulla. I Romani antichi, tra l'altro, non usavano "maschile", "femminile" e "neutro" per indicare i generi. Usavano i generi e basta. Non li definivano. Quelle parole sono state introdotte dai grammatici molto dopo.
Il Sommo Misantropo

Re: Personaggio intersex, questione di lingua

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dyskolos ha scritto: nel caso del nostro amico @Creepshow non funziona in quanto un suo personaggio è NoGender, cioè uno che non si sente né uomo né uoma.
Io mi guardo bene dal voler indagare su come si senta, però non credo che in casa sua si svolgeranno scene del genere:
«Ciao Noname, dove sei stat?»
«Ciao mamma, sono andat in banca a fare un estratto conto.»
«Oh, che brav!»
... 
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Re: Personaggio intersex, questione di lingua

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Marcello ha scritto: Io mi guardo bene dal voler indagare su come si senta


È proprio questo il punto, giacché, quanto al sentirsi, uno può sentirsi come vuole. Quanto all'essere, invece, uno è ciò che è, anche a livello cromosomico e ormonale. Infatti chi nasce con il pisellino è maschio, indipendentemente da come si senta. Chi invece nasce con la vaginina è femmina, indipendentemente da come si senta. Si vede dai geni (dalla ventitreesima coppia, per la precisione) e dalle ecografie in gravidanza. Il sesso biologico, alla fine, è l'unica cosa su cui siamo tutti d'accordo, perché, in certi casi, il "come uno si sente" non è determinabile. Con ciò mi riferisco alle persone "gender fluid", ossia a coloro che cambiano il "come uno si sente" frequentemente. A questo punto le domanda dovrebbe essere non "che pronomi uso?" ma "mi conviene ambientare la storia in un luna park o in una comunità per malati psichiatrici?".
Faccio un paio di esempi.
Uno.
Quando mi trasferii a Palermo, nel lontano 2003, conobbi una vicina transgender. Era originariamente uomo, ma si sentiva donna. Era alto/alta 1,92 metri, poi si metteva i tacchi e superava i due metri. Aveva il pomo d'Adamo in gola e la voce maschile. Però usciva con la minigonna e le calze a rete. Alle 6,30 di mattina inforcava una bicicletta rosa da donna e si faceva tutta la via Roma. Aveva la zazzera bionda, un parrucca molto voluminosa, una biondona di due metri (e passa) in bicicletta, che io la guardava e dentro di me dicevo "Anvedi che stangona, ah boooona!". Era sposata con un uomo "normale" e li vedevo spesso andare a teatro nel pomeriggio. Usciva con il marito a braccetto: lei alta il doppio di lui, ma vabbè… Lui (il marito) timido e riservato, uomo di poche parole, mingherlino e con pochi capelli. Lei invece molto espansiva e appariscente (una biondona di oltre due metri :-) ). Davanti al marito la chiamavo "signora" e lui "signore". Poi come facesse un uomo "normale" a stare con un trans non l'ho mai capito :-D. Comunque, io l'ho sempre chiamata al femminile. Lei si sentiva donna e io così la chiamavo. Tutto bene.
Due. Lavoravo (si fa per dire ;-) ) in una comunità per schizofrenici, quando conobbi una paziente quarantenne, una ragazza "pazza", che cambiava genere spesso nell'arco di mezza giornata. La mattina era Maria, poi nel pomeriggio diventava Lorenzo, il giorno dopo Giovanna, dopo qualche ora si sentiva una betulla, poi una donna di nome Monica, poi l'indomani Giorgio, ecc… Oggi si definirebbe "gender fluid". Siccome cambiava genere di continuo, io la indicavo con il suo sesso biologico, femmina (aveva pure le tette grandi ;-) ), anche quando diceva di essere Lorenzo o Matteo o un abete, per dire. Ma quella aveva una diagnosi di "schizofrenia disorganizzata". Non mi sono mai chiesto con quale pronome chiamarla.
Ora Creepshow parla di personaggi intersex e nogender. Coloro che hanno gravi disturbi della percezione di sé stessi, tanto da non sapere se sono maschi o femmine, hanno un problema psichiatrico, non categorizzabile come linguistico o grammaticale.
Se la persona cambia una sola volta, allora per me va chiamata per come si sente. Se invece cambia genere ogni cinque minuti, allora andrebbe chiamata con il sesso biologico, che è l'unico su cui non si può che essere d'accordo, poi magari gli/le consiglio di passare da uno psichiatra.
Il professionista di riferimento di queste persone non è il linguista o l'editor, ma lo psichiatra.
Il Sommo Misantropo
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