Labocontest n.10 - Discussione generale - il racconto

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Apro la discussione generale.
Quali sono secondo voi le peculiarità del racconto considerato come forma letteraria?
Il racconto non è il fratello minore del romanzo anche se anch'esso racconta una storia. La differenza credo stia nel modo in cui la storia viene rappresentata agli occhi del lettore.
A mio avviso, la difficoltà principale sta nell'attenzione che bisogna porre nel presentare gli elementi significativi della storia in modo che compaiano al tempo giusto.
Credo si possano fare molte altre considerazioni riguardanti ad esempio il ritmo della scrittura, il punto di vista, l'immersività, ma lascio a voi il compito di approfondire questi argomenti.

Re: Labocontest n.10 - Discussione generale - il racconto

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Per cominciare il racconto, avendo la trama definita in testa e una sinossi corposa, io penso per prima cosa all'incipit.

Penso a una frase che catturi da subito l'attenzione del lettore, e sia quindi originale e forte, e che non manchi di attinenza con quanto scrivo subito dopo.

Non sempre ci si riesce.

Ho cercato sul Web e ho trovato i diversi tipi "formali" di incipit.

1) Incipit descrittivo (I Promessi sposi)
2) Incipit che introduce un personaggio (Lolita)
3) Incipit informativo (Lo straniero - Camus)
4) Incipit biografico (Moby Dick - Melville oppure Il giovane Holden di Salinger)
5) Inizio con una riflessione (Anna Karenina di Tolstoj)
6) Incipit narrativo (nuda e cruda narrazione, senza preamboli)
/) Incipit dialogico (col lettore - es: Se una notte d'inverno un viaggiatore di Calvino)
8) Incipit in medias res (il lettore viene scaraventato nella storia - es. La metamorfosi di Kafka).

Personalmente, uso spesso un nono tipo di incipit (che non viene citato dalla suddetta fonte del Web):

9) Incipit poetico (i versi sono in attinenza con la trama: viene seguito, di norma, da un "narrativo").  

Qui la fonte degli otto incipit su descritti:

https://www.scritturacreativa.org/come- ... n-incipit/


L'importante è scegliere l'incipit più adatto alla nostra storia, vero? 
In un giallo, si sceglierà di norma il in medias res, per buttare il lettore da subito in mezzo al dramma?

Voi cosa ne pensate, amici di penna?   :libro:
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: Labocontest n.10 - Discussione generale - il racconto

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Tutto è soggettivo, specialmente la scrittura, che poi è un modo di vedere, di raccontare qualcosa secondo il proprio punto di vista e anche, bisogna dirlo, secondo la propria convenienza, che sarebbero credenze, convinzioni, chiamiamole anche manie, fissazioni, perché no?
Ho letto manuali di scrittura nel passato, abbastanza per convincermi che, pur elargendo consigli tecnici preziosi, non mi convincevano del tutto. Infatti è raro che io applichi qualche teorema manualistico, se non per sommi capi e molto adattato al mio piacere personale. Nel senso che se devo seguire un sentiero sui monti, in mezzo alla natura, decido io come e cosa guardare, come descrivere, cosa valorizzare e cosa colpevolizzare, non seguo uno schema prefissato che mi farebbe venire il mal di testa.
Gli incipit sono una cosa importante, delicata, come i titoli dei racconti, che dovrebbero essere dati sempre dopo aver ponderato la storia, che abbiano una certa attinenza con essa. Infatti io stabilisco quasi sempre quando ho finito una storia che titolo dargli, che può essere una mia suggestione o qualcosa estrapolata dal ragionamento di un personaggio o di un evento particolare.

Per me l’incipit è qualcosa di molto libero e personale, in un racconto come in un romanzo. Conosco varie tipologie di incipit, come hai messo tu @Poeta Zaza, ma io anche se ne prendessi uno come buona base di partenza, non riuscirei ad applicarlo alla lettera, qualcosa cambierebbe. Penso che sia abbastanza naturale, per fortuna la scrittura non ha a che fare con la matematica, a meno che non andiamo a cercare cabale esoteriche nelle terzine dantesche e nelle rime di Shakespeare, altro metodo di lettura che avrebbe un senso, alla ricerca di qualcosa di più specifico in mezzo e oltre le righe.
Per me un incipit deve rimandare a molto di più che a una semplice descrizione dell'alba,  per esempio, che personalmente non mi servirebbe a quasi niente. Se descrive l'alba deve esserci un motivo, se pure non subito ma ci deve essere un motivo, che può  vedersi anche in seguito nella narrazione.

Forse la faccio troppo complicata, ma la scrittura non è una cosa facile, non per me almeno. Mi dicono in alcuni manuali e corsi di scrittura che nei romanzi e in maniera diversa anche nei racconti ci deve essere sempre il protagonista, l’eroe, alla ricerca di qualcosa, di qualcuno e per eseguire questa ricerca deve compiere un viaggio, reale o simbolico, spronato, guidato, accompagnato da qualcuno, una spalla, un amico, un antagonista e che durante questo viaggio incontri via via altri personaggi che lo arricchiscono, debilitano, istruiscono e quant’altro… Io così non ce la faccio a raccontare, per quanto certamente abbia un senso, a partire da Ulisse, ma io ho bisogno di diversivi, imprevisti, ritorni indietro e ripensamenti nel protagonista; dubbi angosciosi e tradimenti che lo movimentano in maniera inusuale, lui e tutti quelli che gli stanno attorno o solo lui e gli altri no. L’importante per me è che lo schema iniziale dell’eroe venga in una certa misura sovvertito.

Cosa è quella goccia d’acqua che si sente la notte e che non fa dormire? Naturalmente il rubinetto che perde. Ma per il tenente Drogo, nella fortezza del deserto dei Tartari dove è giunto malvolentieri, sentendo la goccia dalla sua stanza gli fa ritornare in mente tutti i suoi desideri, le sue attuali incombenze, una notte anche di veglia, impossibilitato a dormire non tanto per la goccia ma per l’attesa che accada qualcosa, un altro rumore, un allarme che dica che i tartari stanno finalmente arrivando, a rompere l’attesa di una vita e nel frattempo si ricorda degli anni che stanno passando, si rigira nel suo letto immergendosi nell’odore delle coperte militari, ricorda che il tempo passa e ora per andare nel suo alloggio non sale più i gradini di corsa a due a due ma uno ad uno, a indicare che sta invecchiando, il tempo che scorre come la sabbia in una clessidra, o come una goccia d’acqua appunto. E questo scorrere del tempo, questa eterna attesa, questo scopo della vita gli ha fatto amare la fortezza, tanto che non vorrebbe andarsene mai più.


O cosa può riportare alla mente il rumore del vento, l’odore del mare, dell’asfalto bagnato, della terra umida di pioggia? Da piccoli eventi in apparenza insignificanti si può aprire un piccolo sipario a specificare una vita, ad avviarne i suoi movimenti, sommovimenti e narrazioni.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: Labocontest n.10 - Discussione generale - il racconto

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Poeta Zaza ha scritto: L'importante è scegliere l'incipit più adatto alla nostra storia, vero? 
In un giallo, si sceglierà di norma il in medias res, per buttare il lettore da subito in mezzo al dramma?

Voi cosa ne pensate, amici di penna?   :libro:
Sono d'accordo, anche se forse oltre al genere è importante pensare a quale atmosfera si vuole dare al racconto: l'incipit è fondamentale nello stabilire il tono generale della storia. Un giallo movimentato può iniziare benissimo in medias res, ma uno più riflessivo, magari con tinte noir, può aprirsi con una bella descrizione
Alberto Tosciri ha scritto: Ho letto manuali di scrittura nel passato, abbastanza per convincermi che, pur elargendo consigli tecnici preziosi, non mi convincevano del tutto. Infatti è raro che io applichi qualche teorema manualistico, se non per sommi capi e molto adattato al mio piacere personale.
Sante parole  :) e i manuali migliori sono quelli che questo concetto te lo esplicitano, che ti dicono direttamente che quello di cui parlano sono consigli, non teoremi né dogmi
Alberto Tosciri ha scritto: Infatti io stabilisco quasi sempre quando ho finito una storia che titolo dargli, che può essere una mia suggestione o qualcosa estrapolata dal ragionamento di un personaggio o di un evento particolare.
Lo stesso  :D
Alberto Tosciri ha scritto: L’importante per me è che lo schema iniziale dell’eroe venga in una certa misura sovvertito.
Sovvertire lo schema e cercare di raccontare qualcosa di nuovo è cosa buona e giusta, ma penso anche che, con tutte le deviazioni e gli imprevisti di cui parli, una storia funzionante rispetti sempre lo scheletro del viaggio dell'eroe, un movimento verso un obiettivo, con tutte le molteplicità che possono esserci dietro al termine "movimento"

Sul racconto breve, in generale: per me, è una forma di gioco eccezionale e flessibile, in quanto permette di sperimentare molto più di quanto si farebbe con un romanzo (banalmente, anche per evitare di investire pagine e pagine su una sperimentazione fallimentare). Oltre a quanto già detto, per me è essenziale che in un racconto l'immersività nella storia sia spinta al massimo, da subito: ancora più che per un romanzo, ogni parola deve essere ragionata, il ritmo deve essere diretto come un'orchestra impeccabile, e nel complesso ogni frase deve essere potente come un verso di una poesia ermetica.
Tra i vari generi, penso che uno di quelli che meglio si adattano al racconto breve - e lo dico assolutamente per preferenza personale - è l'horror. Come forma narrativa, anzi, è nata per essere breve, a partire dalle storie raccontate attorno a un fuoco o dalle leggende metropolitane. È naturale, perché per suscitare l'emozione più forte che esista, la paura, non ci vuole molto: una scena, un frammento, senza bisogno di introdurre troppa tensione a priori o pagine e pagine di personaggi (che, anzi, se troppo dettagliati possono far diminuire l'immedesimazione del lettore, che spesso si identifica con la vittima curiosa e generalmente anonima delle leggende metropolitane). Inoltre, il ribaltamento finale, punto chiave della narrativa dell'orrore, è particolarmente adatto a una narrazione breve (è più semplice "ingannare" un lettore per la durata di un racconto piuttosto che per un romanzo intero): ancora, si può sperimentare moltissimo su questo.
Dove sia il limite tra racconto e romanzo - a parte il limite numerico dei caratteri - è difficile da stabilire. Se una storia sia l'uno o l'altro, lo si respira nel ritmo e nel modo in cui essa viene costruita, ma spesso capita di leggere racconti che, una volta finiti, lasciano addosso la stessa sensazione di un romanzo, e viceversa. L'unico romanzo che abbia mai scritto è un po' come se alla fine fosse un grande racconto, e anche se adesso sto lavorando a un altro libro, è una raccolta di racconti, quindi non fa testo.
A tal proposito. La forma più comune con cui si leggono racconti è in antologie - spesso tematiche, di diversi autori - e raccolte; raccolte che possono essere postume all'autore, opera dell'autore stesso per mettere in ordine quanto ha incoerentemente prodotto, oppure opera deliberata e con un filo conduttore univoco. Voi che esperienze avete con quest'ultima forma? Avete mai provato a scrivere una raccolta di racconti tematica?
In un paio di deliri, mentre cercavo di affrontare la stesura di un romanzo a tutti gli effetti, sono arrivato a chiedermi quali siano le differenze fondamentali tra i singoli capitoli all'interno di un romanzo e i singoli racconti all'interno di una raccolta (magari anche con ambientazione condivisa), e il limite mi sembra meno sfumato di quanto inizialmente credessi. Per spronarmi a non avere paura di un'opera ciclopica come può essere un romanzo, ho provato a vederla da questa prospettiva - "sto solo scrivendo una serie di racconti legati tra loro" - ma finora con scarso successo. Il che è bizzarro, perché sono cresciuto leggendo non solo romanzi, ma saghe, e talvolta mi chiedo dove sia il punto conclusivo di una storia, il punto di arrivo del viaggio dell'eroe di cui sopra. La domanda è difficile, e forse è anche per questo che a volte mi imbatto in racconti senza né inizio né fine, ma solo frammenti e finestre su mondi tanto ampi da meritare una saga (e a quel punto, facendo fatica a identificare una vera propria "storia", faccio fatica a definire quello un "racconto").

Detto tutto questo, tornando al contest, inizio a mettere in dubbio la mia partecipazione. Ma se vi riesce fate un salto quando pubblico nella sezione "racconti a capitoli"  :love:

Re: Labocontest n.10 - Discussione generale - il racconto

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sono d'accordo, in linea di massima, con @Alberto Tosciri. Non seguo manuali di scrittura, anche se li leggo. Mi è sufficiente un buon libro di grammatica, un buon dizionario e un altro dizionario dei Sinonimi e contrari. Non per presunzione ma non mi va di sentirmi costretta dalle regole. Mi interessa trasmettere attraverso le parole e la mia natura "gnucca" mi indirizza. Leggere discorsi, pensieri, storie altrui mi appassiona. e, per il momento, mi dedico al racconto breve, non essendo in grado di produrre altro. Le raccolte di racconti mi soddisfano. Anche romanzi, saggi e ... biglietti del treno. Con il tempo, l'età e la pensione sono diventata piena di pretese e mi tocca rileggere per mettermi addosso il mio significato. La raccolta di racconti, se ben fatta, mi piace assai, e scrivere - penso a Buzzati o Calvino ma anche a Matheson o Asimov - racconti autoconclusivi è difficile per la brevità e significa racchiudere molto in poco. Saper imbastire, come detto da @Poeta Zaza,  un incipit e descrivere una scena, e snocciolare una vicenda, costruire personaggio o dialoghi, ecc. Si è continuamente alla ricerca, Forse il passaggio al romanzo è successivo ... Chissà ... Per il  contest non saprei, non ho ancora idee.

Re: Labocontest n.10 - Discussione generale - il racconto

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confusa ha scritto: Forse il passaggio al romanzo è successivo
No, non credo: sono due strade diverse, da percorrere con strumenti differenti.
Ovviamente chiunque le può percorrere entrambe, ma non c'è rapporto di consequenzialità, a mio avviso.
https://www.facebook.com/nucciarelli.ma ... scrittore/
https://www.instagram.com/marcellonucciarelli/
https://www.linkedin.com/in/marcello-nu ... -bbb4805b/

Re: Labocontest n.10 - Discussione generale - il racconto

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Ho trovato questo contributo sul Web:

https://www.aclimilano.it/18920-2/

Mi ha incuriosito questa asserzione, tra le altre:

I racconti sono la forma letteraria che si avvicina di più a come siamo abituati a vivere la vita: un passaggio per volta, con emozioni sparse qua e là dietro gli angoli. È la forma più intima, più sincera e più spontanea. Noi assimiliamo e scriviamo ogni giorno, anche se non lo facciamo su un foglio.
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: Labocontest n.10 - Discussione generale - il racconto

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Poeta Zaza ha scritto: Di nuovo?! @Mina   

:noo:

Ripensaci! Vogliamo leggere @Mina e i suoi segreti.  :D   :libro:
Sono parecchio pieno ultimamente  :hm: ci provo  :love:
Marcello ha scritto: No, non credo: sono due strade diverse, da percorrere con strumenti differenti.
Ovviamente chiunque le può percorrere entrambe, ma non c'è rapporto di consequenzialità, a mio avviso.
Sono d'accordo, e questo si traduce anche nel fatto, passando da una forma all'altra, si esce dalla propria zona di comfort 

Re: Labocontest n.10 - Discussione generale - il racconto

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Concordo con Marcello, sono strade diverse. Ho scritto per iniziare un romanzo, lasciato per un pezzo da parte, a seguire parecchi racconti. Sette, accomunati da protagonista e ambientazione, costituiscono il primo lavoro pubblicato; in tempi vari altri  due romanzi.
Preferisco i racconti, forse perché reggo meglio lo sforzo intenso che quello prolungato; li ritengo inoltre un esercizio più "severo", nel senso che impongono economia espressiva e cura attenta dei particolari.
Non enfatizzerei l'importanza dell'incipit,  il lettore affronterà comunque una breve lettura, mentre ritengo necessari uno spunto valido, una trama ben costruita, un'equilibrata distribuzione della scrittura e un finale "soddisfacente" (non tronco o arbitrario, per capirci).
Per trama ben costruita intendo un certa linearità, a meno che non si voglia sconfinare nel (quasi) romanzo breve; non dev'essere schematica, ma neppure troppo complessa, con sotto trame e divagazioni varie. 
L'equilibrata distribuzione della  scrittura credo sia la maggiore insidia, almeno per me. Di solito non preparo lo schema di un racconto breve, e tendo ad allargarmi nella prima metà per trovarmi poi ristretta nella seconda o, peggio,  nella conclusione. Come da proverbio,  meglio prevenire che curare!
Preferisco in generale una "cifra" espressiva piuttosto asciutta:  ancor più  la caldeggio nel racconto, poco adatto ad ampollosità e florilegi.
Togliere, togliere, togliere! Era il mantra di un mio amico (bravo) editor. Si riferiva in primis  alla pulizia sintattica e al lessico sovrabbondante.
" ...con mano ferma ma lenta sollevò la celata. L'elmo era vuoto." (Calvino)
Pagina autrice fb: virginialess/21 Blog "Noi nonne": https.//virginialess.wordpress.com
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