Terza persona onnisciente e limitata

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Vorrei scrivere in terza persona onnisciente, ma alcuni personaggi mi distolgono dal proposito, costringendomi in terza persona limitata.

Un presbitero di montagna, buono, casto e pio, cede molto di frequente a uno dei sette vizi capitali: è un goloso, che ama la buona cucina e il vinello speziato del medioevo. Mentre è ospite per pranzo a casa del fabbro, gli viene ripetutamente offerta una brocca di vino "degno della cantina del conte". Il fabbro mesce e il prete beve. Siamo nel punto di vista del fabbro, terza persona onnisciente, e il capitolo finisce.

Nel capitolo successivo, passiamo nel punto di vista del presbitero ubriaco. Adoro le contraddizioni del personaggio, il buon peccatore, e dalla penna - o dalla tastiera del computer - spontaneamente mi ritrovo a fargli osservare e vivere una scena, con la mente offuscata dall'alcool, con un punto di vista in terza persona limitata. Il prete è importante per la trama, e la scena condizionerà l'evoluzione del romanzo e la vita del protagonista.

Che ne penserà l'editor del cambiamento di impostazione del punto di vista? Disturberà i lettori, e forse anche l'editore?

Re: Terza persona onnisciente e limitata

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Fraudolente ha scritto: Che ne penserà l'editor 
Credo che lui potrebbe avere problemi con
Fraudolente ha scritto: Siamo nel punto di vista del fabbro, terza persona onnisciente,
Se siamo nel punto di vista del fabbro il narratore non è onnisciente: sa e vede ciò che sa e vede il fabbro.
Se poi nel capitolo successivo si passa al punto di vista del prete sono certo che l'editor non avrà alcun problema, in fondo anche lui scrive in quel modo... Credo si chiami terza persona limitata multipla, ma io non mi intendo molto di tutte quelle terminologie tecniche...
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Re: Terza persona onnisciente e limitata

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Da pagina 106 di "Scrivere un romanzo", di Donna Levin, Dino Audino editore, 2013.

Terza persona onnisciente e terza persona limitata.

Scrivere in terza persona dà la possibilità non solo di scegliere un punto di vista singolo o multiplo, ma anche onnisciente o limitato. Ecc. ecc.

Il punto di vista limitato
Nel punto di vista limitato la macchina fotografica è solo nella testa di un personaggio. Ovvero, si può raccontare solo ciò che il personaggio conosce, proprio come il punto di vista in prima persona. Ecc. ecc.

Il punto di vista onnisciente
Nel punto di vista onnisciente la macchina è per la maggior parte del tempo nella testa di uno dei personaggi, ma può anche uscirne per dare una panoramica più ampia e rivelare informazioni che il personaggio non conosce. Ecc. Ecc.
Ancora una volta, potete capire come avete tutto da guadagnare e nulla da perdere nello scrivere con un punto di vista onnisciente piuttosto che limitato.

Il punto di vista limitato, nel mio caso, esprime quello che passa per la testa del prete ubriaco. Se fosse onnisciente, potrei indugiare su particolari o dettagli che la sbronza non consentirebbe di evidenziare.

Esempio da pagina 108 del libro succitato.

Jane si mise le sue sopracciglia finte da due pollici. Non aveva idea di quanto sembrasse ridicola.
Jane non sa quanto sembri ridicola, quindi è un punto di vista onnisciente. Se avessimo scelto un punto di vista limitato, avremmo scritto:
Jane si mise le sue sopracciglia finte da due pollici. "Mamma dice che sono ridicola... ma è solo gelosa".

@Marcello , questo è il mio problema: il prete sbronzo è in terza persona limitata, cioè con punto di vista limitato, quando il resto del libro è in terza persona onnisciente, cioè con il punto di vista onnisciente, ma con la telecamera sempre sulle spalle di un personaggio. 

Re: Terza persona onnisciente e limitata

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Va be', come al solito io mi perdo nelle definizioni troppo tecniche, che alla fine vogliono dire la stessa cosa.
Nel primo esempio io dico che il narratore è onnisciente, nel secondo che è una terza persona limitata.
Fraudolente ha scritto: lun giu 19, 2023 9:55 amil prete sbronzo è in terza persona limitata, cioè con punto di vista limitato, quando il resto del libro è in terza persona onnisciente
Uhm, ti toccherà fare come nel primo esempio di Jane, allora...
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Re: Terza persona onnisciente e limitata

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Fraudolente ha scritto: Che ne penserà l'editor del cambiamento di impostazione del punto di vista? Disturberà i lettori, e forse anche l'editore?
La parola chiave qui è "può anche". Il narratore onnisciente ha dei poteri potenzialmente illimitati, quindi può rivelare cose che i personaggi non sanno oppure calarsi di tanto in tanto nel punto di vista di uno di loro, e riportare il suo modo di vedere gli avvenimenti. Il punto è che non è obbligato, può benissimo immergersi per un paragrafo o un capitolo nel punto di vista di un singolo personaggio, e riportare la sua visione limitata e i suoi giudizi sulla situazione. Sarebbe però meglio, secondo me, che lo facesse anche in altri casi (evitando quindi di far risaltare quel capitolo come un'eccezione).
Il fatto che riesca ad amalgamarsi con il resto sta nel modo più o meno naturale in cui questo passaggio viene fatto. Se ad esempio il narratore è onnisciente ma partecipe della storia (come se la guardasse svolgersi dall'esterno) sarebbe più facile farlo intervenire o eclissarsi a seconda della necessità (così ho fatto io in un mio romanzo). Se invece è un narratore onnisciente distaccato e invisibile (senza una sua voce) il cambio di prospettiva potrebbe spiazzare il lettore. Dipende quindi molto dal tipo di narratore.
In disaccordo con la Levin (che ho letto anch'io) direi che il narratore onnisciente è il più difficile di tutti da gestire.
Fraudolente ha scritto: Jane si mise le sue sopracciglia finte da due pollici. Non aveva idea di quanto sembrasse ridicola.
Jane non sa quanto sembri ridicola, quindi è un punto di vista onnisciente. Se avessimo scelto un punto di vista limitato, avremmo scritto:
Jane si mise le sue sopracciglia finte da due pollici. "Mamma dice che sono ridicola... ma è solo gelosa".

Questa frase (come la precedente) per me può rientrare benissimo anche nella terza persona onnisciente, perché il narratore è consapevole di ciò tutto ciò che il personaggio pensa, fa o dice.
Ci capita di non avere davvero la consapevolezza di quanto potere abbiamo, di quanto possiamo essere forti (A. Navalny)
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Re: Terza persona onnisciente e limitata

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@Silverwillow  @Fraudolente  Io sono abituato a scrivere così come me la sento, essendo completamente a digiuno di tecniche studiate a tavolino.
A volte passo dalla cosiddetta terza persona onnisciente alla prima persona: quando capita, dedico alla prima persona tutto il capitolo, scritto in corsivo e titolato col nome del protagonista.  Credo che funzioni, o così almeno dicono i miei venticinque lettori.
Mario Izzi
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Re: Terza persona onnisciente e limitata

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Silverwillow ha scritto:
Il narratore onnisciente ha dei poteri potenzialmente illimitati, quindi può rivelare cose che i personaggi non sanno oppure calarsi di tanto in tanto nel punto di vista di uno di loro, e riportare il suo modo di vedere gli avvenimenti. 
Nel mio caso, cioè il caso del prete sbronzo, non è il punto di vista a cambiare, ma l'impostazione del punto di vista.
Se il parroco è ubriaco, vede il mondo dal punto di vista di un ubriaco, quindi siamo in terza persona limitata. Se fossimo in terza onnisciente, si potrebbero notare/evidenziare situazioni che il presbitero mai avrebbe notato/evidenziato da sbronzo. Il punto di vista è sempre quello del sacerdote, cioè la telecamera è saldamente sulla sua spalla, ma può cambiare il modo di girare la scena. 
In un film, se facessimo una panoramica (magari dall'alto) prima di calarci in ciò che vede il prete saremmo in terza onnisciente. Se girassimo la scena come vissuta con i sensi del sacerdote ebbro (senza la panoramica, ma offuscata, con i rumori distorti, sensi sopiti ecc.), saremmo in terza limitata.
Almeno cosi dovrebbe essere.
Sempre nel mio caso, passo da terza onnisciente a terza limitata, e senza mai calarmi nel punto di vista di altri personaggi. 

Prima di studiare questi benedetti (non dal prete suddetto) manuali di scrittura tutto era più semplice. Adesso è un disastro. Non riesco più a leggere un libro o a guardare un film senza evitare di interpretare i metodi che gli scrittori o  i registi hanno utilizzato. Anche se posso testimoniare che i buoni libri (che non sono necessariamente i più venduti) rispettano (quasi sempre) le norme di (buona) scrittura. 
Un certo A. Manzoni, scrittorucolo e poetastro d'altri tempi, se ne fotteva (chiedo venia per il francesismo) allegramente dei manuali di scrittura d'oltre Atlantico. A lui bastava un pediluvio in Arno.

Re: Terza persona onnisciente e limitata

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@Fraudolente Il mio consiglio, per quello che può valere, è di cestinare i manuali e dare ascolto a ciò che scaturisce dal cervello e dal cuore. Quanto alle norme di scrittura, contano grammatica, sintassi e consecutio temporum. Tutto il resto è noia.
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Re: Terza persona onnisciente e limitata

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Cheguevara ha scritto: @Fraudolente Il mio consiglio, per quello che può valere, è di cestinare i manuali e dare ascolto a ciò che scaturisce dal cervello e dal cuore. Quanto alle norme di scrittura, contano grammatica, sintassi e consecutio temporum. Tutto il resto è noia.
La pensavo, e in parte la penso, come te. Ma mi piace imparare e capire, e il sapere e la cultura non sono mai abbastanza...

Marcello    ha scritto: Marcello 
 
:asd:  :asd: :asd:
:evvai: :evvai: :evvai:

Re: Terza persona onnisciente e limitata

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@Fraudolente Io credo che i manuali di scrittura con la cultura abbiano poco a che fare. Il sapere non è mai abbastanza, d'accordo: proprio per questo, e visto che il tempo a nostra disposizione non è dilatabile, personalmente preferisco dedicarlo a leggere altro. Il mondo è bello perché è vario (ma anche avariato, come si dice a Napoli). 
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Re: Terza persona onnisciente e limitata

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Fraudolente ha scritto: Se il parroco è ubriaco, vede il mondo dal punto di vista di un ubriaco, quindi siamo in terza persona limitata.
Attenzione, però: se il parroco è ubriaco vede doppio, quindi ci vuole la sesta persona confusa (non per niente ho studiato per anni sul Joyce-Biscardi, la Bibbia su punti di vista, flussi di coscienza e moviole).

Comunque "Il mistero del prete sbronzo" sarebbe un grande titolo, migliaia di copie assicurate.

Re: Terza persona onnisciente e limitata

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Fraudolente ha scritto: Sempre nel mio caso, passo da terza onnisciente a terza limitata, e senza mai calarmi nel punto di vista di altri personaggi. 
Io ho sempre scritto a braccio. I manuali di scrittura li ho letti dopo, solo perché mi piace l'argomento. Mi baso (senza nemmeno farci caso) sui libri che ho letto in passato. Ad ogni modo, questa frase mi chiarisce meglio il contesto. Non ricordo romanzi in cui accadesse qualcosa del genere, ma ciò non significa che sia vietato. La cosa più sensata è scrivere la scena come vuoi tu e poi sottoporre il testo a dei lettori per capire se questo cambio di POV crea problemi o no. Se non lo fa, non vedo motivo di preoccuparsi di regole varie.
Però non è impossibile anche far rientrare il punto di vista "particolare" di un ubriaco nella terza persona. Anzi, il contrasto tra la visione annebbiata del personaggio e quella obiettiva del narratore potrebbe servire a creare un'atmosfera comica (se tu volessi). Insomma, io non sono certo per le regole a tutti i costi, il bello della scrittura è proprio avere la libertà di sperimentare.
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Re: Terza persona onnisciente e limitata

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massimopud ha scritto: Attenzione, però: se il parroco è ubriaco vede doppio, quindi ci vuole la sesta persona confusa (non per niente ho studiato per anni sul Joyce-Biscardi, la Bibbia su punti di vista, flussi di coscienza e moviole).
:rofl: 
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Re: Terza persona onnisciente e limitata

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Fraudolente ha scritto: Gli esempi più citati nei manuali di scrittura americani sono  Ernest Miller Hemingway e Francis Scott Fitzgerald. 
Dal mio punto di vista, è leggerli direttamente che fa bene alla cultura. Leggere. assorbire, lasciarsi contaminare, credo che sia meglio, enormemente meglio, che leggere chi traduce in regole da manuale le opere di successo. Si tratta, comunque, sempre e soltanto di opinioni.
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Re: Terza persona onnisciente e limitata

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Rileggendo, mi sono accorto che scrivere in parte in terza persona onnisciente, anche se da un solo punto di vista, e in parte in terza persona limitata, anche se per un solo capitolo e da un altro punto di vista, può sconcertare il lettore. Così, obtorto collo, ho preso una decisione drastica: riscrivere tutto in terza persona limitata. Sono dieci capitoli, e sembra un esercizio estenuante di scrittura creativa. Terrò entrambe le versioni, e poi deciderò. Per il momento, sembra che in terza persona limitata tutto scorra meglio.

Re: Terza persona onnisciente e limitata

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Fraudolente ha scritto: Così, obtorto collo, ho preso una decisione drastica: riscrivere tutto in terza persona limitata. Sono dieci capitoli, e sembra un esercizio estenuante di scrittura creativa.
Mi sembra una decisione drastica, anche se sensata, perché rende omogeneo ciò che poteva risultare distaccato dal resto (il parere di lettori esterni poteva essere utile in tal senso).
Per quella poca esperienza che ho, i romanzi che richiedono uno sforzo maggiore, o un lavoro più mirato su cose tecniche come il POV, il tempo o la voce, sono quelli migliori, proprio perché si è raggiunta una maturità di scrittori tale da tenere conto non solo del desiderio spontaneo di raccontare ma anche di fattori non immediati, così come dell'interesse altrui.
Purtroppo di solito esce col tempo: i romanzi che ho scritto tre o quattro anni fa adesso li riscriverei da capo. Invidio chi impiega dieci anni a scrivere un libro, perché avrà il tempo non solo di perfezionarlo, ma di farlo evolvere insieme al suo autore.
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Re: Terza persona onnisciente e limitata

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Silverwillow ha scritto: Invidio chi impiega dieci anni a scrivere un libro, perché avrà il tempo non solo di perfezionarlo, ma di farlo evolvere insieme al suo autore.
Però bisogna iniziare da giovani... Io, che ho cominciato dopo i cinquanta, a quest'ora sarei ancora alle prese con il secondo  :aka:
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Re: Terza persona onnisciente e limitata

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Marcello ha scritto: Però bisogna iniziare da giovani... Io, che ho cominciato dopo i cinquanta, a quest'ora sarei ancora alle prese con il secondo  :aka:
Io ho iniziato poco prima dei quaranta, ma credo che l'età non faccia troppa differenza. Di recente ho fatto caso alle interviste di autori famosi o premiati (perché mi interessa sempre capire come si sono mossi, cosa hanno fatto in più rispetto a me), e spesso salta fuori che quel libro, magari di duecento pagine, ha richiesto anni di studio, ricerche e ripensamenti. E altrettanti ne ha richiesti il percorso verso un'agenzia o una buona CE.
A quel punto guardo me, che ho rivisto i miei primi libri giusto per eliminare i refusi o qualche ripetizione, e poi li ho mandati a mezzo mondo, e mi accorgo della discrepanza: non li ho lasciati riposare, continuando a rifletterci con calma e a migliorarli. Sono partita subito con l'idea di pubblicarli. Se invidio chi ha impiegato anni a scrivere un libro (con un sicuro guadagno per la qualità di quest'ultimo), è proprio perché io non ho tutta quella pazienza. Posso avere quarant'anni come sessanta o ottanta, ma nessuno mi garantisce che sarò ancora qui domani, quindi quella di mettere fuori le storie che ho scritto è più un'urgenza che una cosa pensata e ben programmata.
Tutto ciò per dire che capisco benissimo chi scrive e mette in giro i suoi libri subito, ma anche che possedere un po' di pazienza, riflettere su ogni singolo capitolo, passaggio, punto di vista, ecc. non è mai un esercizio inutile, anzi, è tanto di guadagnato
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