Conviene conteggiare il numero di cartelle editoriali o quelle delle parole di un romanzo?

1
Salve a tutti,
riprendo a scrivere su questo forum per presentarvi una questione che ho indicato nel titolo del topic. Partiamo da una premessa: è fuori discussione che quando ci si rivolge a un professionista del campo editoriale, si fa riferimento alle cartelle editoriali composte da 1800 caratteri cadauna. L'argomento, invece, che vorrei discutere riguarda l'opportunità di adottare il conteggio delle cartelle editore o le parole di un romanzo, nel primo caso si ha una misura unica, in grado di garantire una maggiore trasparenza e correttezza di calcolo, nel secondo caso bisogna tenere in conto tanti fattori tra i quali lo stile dell'autore, la lunghezza media delle parole utilizzate e ecc. Il punto è che un professionista del settore, nel calcolare un preventivo su mio testo, invece di avvalersi del numero di cartelle editoriali, ha effettuato un conteggio per numero di parole, a una richiesta di motivare tale scelta, mi è stato risposto che così si vuole agevolare gli autori esordienti. In verità, il preventivo ricevuto conteggiando le parole era, a mio parere, molto più caro se invece si fosse fatto ricorso alle cartelle editoriali. Il problema, sui grandi numeri, sorge quando si usano un numero maggiore di parole per descrivere un personaggio o un ambiente, chi ha uno stile più asciutto (difficile negli esordienti) magari potrebbe trarne dei benefici, però restano delle perplessità. Il fatto di usare nomi dei personaggi abbastanza lunghi potrebbe favorire il conteggio delle parole, ma le tante "e", "come", in genere le parole più brevi e in definitiva maggiormente usate, potrebbero portare a un numero più alto di parole rispetto al numero di caratteri.
Ho trovato così l'articolo di un altro professionista sulla questione:
Una cartella: quante parole?
Anche qui si fa riferimento a quanto già avevo scritto: "Le parole infatti hanno una lunghezza molto diversa tra loro: ad esempio la parola “sì” ha appena due lettere, la congiunzione “e” contiene solo una lettera; d’altra parte ci sono vocaboli lunghissimi composti da più di 20 lettere (come l’arcinoto “precipitevolissimevolmente”, di 26 caratteri, ma anche “contraddistinguerebbero” che ne ha 23)".
La cosa interessante è che viene calcolato il numero di parole che mediamente potrebbero esserci in una cartella editoriale ed è di 250 parole.
Ora per un romanzo di una lunghezza di 100 cartelle editoriali, calcolando la media generalmente proposta per un editing di 3 euro a cartella, spenderemmo per il nostro manoscritto 300 euro, invece, conteggiando le parole, nel nostro caso 25000, il prezzo che mi era stato proposto equivaleva a 0,02 euro a parola, la spesa sarebbe stata di 500 euro.
La domanda che vi pongo, infine, non è scorretto o ingannevole riservare tale trattamento agli esordienti?

Re: Conviene conteggiare il numero di cartelle editoriali o quelle delle parole di un romanzo?

2
Sinceramente è la prima volta volta che sento di colleghi che basino le proprie tariffe sulle parole.
Proprio per i motivi che hai spiegato sopra, il numero di parole è poco rappresentativo di un testo: si fa sempre riferimento al numero di cartelle (e quindi di caratteri). Vale lo stesso anche per i concorsi: un racconto di massimo dieci cartelle, un romanzo che non superi i quattrocentomila caratteri... 
Credo che tu abbia incontrato un'eccezione alla regola, non mi farei grandi problemi se fossi in te.
https://www.facebook.com/nucciarelli.ma ... scrittore/
https://www.instagram.com/marcellonucciarelli/
https://www.linkedin.com/in/marcello-nu ... -bbb4805b/

Re: Conviene conteggiare il numero di cartelle editoriali o quelle delle parole di un romanzo?

3
@Uanema Navigando tra le case editrici (pagare editing o agenzie non mi interessa) ho sempre e solo incontrato come parametri di riferimento numero di caratteri e/o di cartelle. Nessuno menziona il numero di parole. E' chiaro che si tratta dell'ennesimo espediente per spremere più quattrini al malcapitato autore. Lascia perdere.
Mario Izzi
2025 - Sopravvissuti
(in)giustizia & dintorni
Dea
[/De gustibus non est sputazzellam (Antonio de Curtis, in arte Totò)]

Re: Conviene conteggiare il numero di cartelle editoriali o quelle delle parole di un romanzo?

4
Grazie @Marcello , anche per me è la prima volta che ricevo simile proposte, in aggiunta al fatto che il tutto veniva fatto per aiutare gli esordienti ed ero io a non riuscire a calcolare questa convenienza, ho preferito così capire da che parte sia la ragione. Adesso, addirittura sono convinta che ci sia una speculazione, la cosa mi rattristerebbe ulteriormente, viste le continue beffe ai danni degli esordienti. La matematica poi non è un opinione. Penso che tutti questi comportamenti dovrebbero essere segnalati in modo da tutelare questi rapporti lavorativi, dandogli rispetto e onorabilità. Al momento, però, nessuno intende davvero fare qualcosa, tenendo in conto anche una legge sul diritto d'autore ferma al 1941. Non ho trovato nemmeno in questa campagna elettorale un interesse per questi lavoratori. Certo, io che sono riuscita ad accorgermi che c'era qualcosa che non andava, potevo non farmene un grande problema, ma se poi penso che altri ci potrebbero cascare... 

@Cheguevara , questi riescono a farti dubitare anche del fatto che 1+1=2. Non c'è uniformità, anche su quanto dovrebbe costare la revisione di una singola cartella. Trattasi proprio di una giungla, davvero un peccato...

Sulle vostre chiuse finali, permettetemi di citare un gigante della scrittura: Eduardo De Filippo.

“È cosa ‘e niente”

È sempre cos’e nient.

Tutte le situazioni così l’abbiamo risolte: è cosa ’e niente, è cosa ’e niente.

Non teniamo che mangiare: è cosa ’e niente.

Ci manca il necessario: cosa ’e niente.

‘O padrone muore e io perdo il posto: vabbuo’ cosa ’e niente, cosa ’e niente.

Ci negano il diritto della vita: è cosa ’e niente.

Ci tolgono l’aria: vabbuo’ che vvuo’ fa’, è cosa ’e niente. Sempre cosa ’e niente.

Quanto sei bella. Quanto eri bella. E guarda a me, guarda cosa sono diventato.

A furia ‘e ddicere “è cosa ‘e niente” siamo diventati cos’e nient io e te.

Chi ruba lavoro è come se rubasse danaro.
Ma se onestamente non si può vivere, dimmi, dimmi “vabbuò è cos’e nient.
Non piangere è cos’e niente.
Se io esco e uccido a qualcuno è cos’e nient.
E se io impazzisco e finisco al manicomio e ti chiedono perché vostro marito è impazzito tu devi dire: è impazzito per niente. È cos’e nient.
È niente. È sempre cosa ’e niente.



È il momento, forse, di fare qualcosa in più.

Re: Conviene conteggiare il numero di cartelle editoriali o quelle delle parole di un romanzo?

5
@Uanema Il grandissimo Eduardo non poteva immaginare che le sue parole, scritte in un'epoca in cui stavamo tutti meglio, si sarebbero rivelate ancor più appropriate dopo decenni. Per quanto riguarda il settore dell'editoria, non possiamo fare molto: almeno cerchiamo di non foraggiare i rubagalline.
Mario Izzi
2025 - Sopravvissuti
(in)giustizia & dintorni
Dea
[/De gustibus non est sputazzellam (Antonio de Curtis, in arte Totò)]
Rispondi

Torna a “Parliamo di scrittura”