Re: Labocontest n.3 - Discussione generale - Show don't tell

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Otta ha scritto: Ferma restando l'utilità dell'esercizio che ci stiamo accingendo a fare
Per l'appunto. Ed è esattamente questo il senso. Quello che propongo qui è un semplice esercizio, non il componimento della vita.

Criticare lo show don't tell è perfettamente legittimo e sono molto d'accordo nel dire che il troppo stroppia e che l'ortodossia dello stile non deve diventare una catena infrangibile.
A questo proposito posso muovere anch'io una critica alla regola, visto che per secoli di letteratura non se ne era mai sentito parlare.
Tutti abbiamo studiato a scuola I Promessi Sposi senza che nessuno ci abbia mai parlato di show don't tell e quando abbiamo iniziato a occuparci di scrittura ci siamo sentiti dire che quello di Manzoni è un narratore onnisciente e che adesso non va più bene. È vero che se oggi uno scrittore dovesse usare lo stesso stile di Manzoni forse non verrebbe apprezzato, ma questo non vuol dire che dobbiamo buttare alle ortiche i Promessi Sposi.
Il fatto è che nella mentalità ottocentesca lo scrittore doveva anche assolvere a un altro compito: mostrarci attraverso i fatti le conseguenze delle azioni dei personaggi in chiave morale. per questo motivo l'autore era più preoccupato di come far passare il suo punto di vista attraverso la voce del narratore.
In tempi più recenti si è sviluppata, a ragione o a torto, una certa intolleranza nei confronti della presa di posizione sui fatti narrati da parte della voce narrante. Un po' come dire: "Ti dico come sono andate le cose, giudica tu come ti pare".
Se questo atteggiamento riflette solo una mancanza di contenuto forse il testo rischierà di risultare un piatto elenco di oggetti, azioni, parole; ma, visto che secondo i dettami della pragmatica della comunicazione umana è impossibile non comunicare, finisce che comunque, attraverso il modo con cui descriveremo le cose, le azioni e le parole, arriveremo a comunicare qualcosa. Il problema a questo punto è essere consapevoli di cosa vogliamo comunicare.
Possedere la capacità di comunicare un proprio contenuto attraverso la tecnica dello show don't tell può dare al nostro messaggio una potenza che potrei definire maieutica. "Io ti mostro le cose in modo che ti appaiano come io le ho ordinate, ma sarai tu a leggerle e a giudicarle pensando che siano elementi oggettivi, e che il giudizio che ne trarrai sarà il tuo e non il mio. Io rimango nell'ombra a muovere i fili".
Se ci pensate quasi tutta la comunicazione moderna segue questo principio.
È un bene? È un male? Dipende. Ditemelo voi.

Re: Labocontest n.3 - Discussione generale - Show don't tell

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Otta ha scritto: Certo, sempre che ci sia la storia...

Esatto. La penso come te: prima la storia e poi la tecnica. Se non parteciperò a questo Labocontest, non è per ignoranza della tecnica (di certo anche :-) ), ma perché non ho adesso una storia da raccontare. D'altronde molte case editrici lamentano che oggi gli scrittori dimenticano di essere narratori.
Il Sommo Misantropo

Re: Labocontest n.3 - Discussione generale - Show don't tell

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Poldo ha scritto: Ti dico come sono andate le cose, giudica tu come ti pare".
io vedo, in questa tua frase, il problema che molti sulla rete indicano come l'errore principale.
Se io scrivo: Enrico è avaro, porta sua moglie in una bettola a festeggiare l'anniversario, il lettore leggerà che Enrico è avaro attraverso il mio filtro, il mio è un giudizio che comunico a chi legge, ma lui non avrà l'idea del perchè.
Se invece descrivo la trattoria, i tavoli ammucchiati, le tovagliette di carta, e il vino scadente, il lettore capirà da solo che Enrico c'ha le mani a pinza.

 Da come la vedo io, ci vuole equilibrio tra i due modi di scrivere. Immagino e scrivo una bellissima scena mostrata, si svolge, veloce e concitata in una cucina, all'inprovviso la mamma lascia tutto, corre in camera, apre la porta: Marco dorme beatamente. La mamma richiude la porta e torna alla sua concitazione e a litigare col gatto che si è fatto le unghie sul mobile del soggiorno.
Quell'avverbio secondo me ci sta, non mi metterò a descrivere Marco stravaccato sul letto, la bavetta che cola sul cuscino, il braccio che penzola fuori dal letto, perchè non è la scena determinante. È un dettaglio che viene inserito per drammatizzare l'ansia della madre che ha paura di aver svegliato il figlio e va bene raccontarlo e non mostrarlo.
Per questo motivo credo che sia molto difficile non lasciarsi andare, Così ci vorrà molto tempo per scrivere un testo ben fatto. Io lo trovo davvero stressante. Almeno fino a che non padroneggierò la tecnica per poterla usare a mio vantaggio.

Re: Labocontest n.3 - Discussione generale - Show don't tell

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Poldo ha scritto: In tempi più recenti si è sviluppata, a ragione o a torto, una certa intolleranza nei confronti della presa di posizione sui fatti narrati da parte della voce narrante. Un po' come dire: "Ti dico come sono andate le cose, giudica tu come ti pare".
Non sono sempre d'accordo, se lo scrittore ha una certa opinione, anche fortemente politicizzata, ha il diritto di esprimerla. È la sua storia.
Alba359 ha scritto: Se io scrivo: Enrico è avaro, porta sua moglie in una bettola a festeggiare l'anniversario, il lettore leggerà che Enrico è avaro attraverso il mio filtro, il mio è un giudizio che comunico a chi legge, ma lui non avrà l'idea del perchè.
Se invece descrivo la trattoria, i tavoli ammucchiati, le tovagliette di carta, e il vino scadente, il lettore capirà da solo che Enrico c'ha le mani a pinza.
Tanto lo scrittore esprime sempre la propria opinione, in modo più o meno velato, è impossibile essere neutri ed è deprecabile cercare di esserlo a tutti i costi.
Anche perché, diciamolo, essere "neutri" oggi vuol dire non opporsi allo status quo politico e sociale dominante. Ed è schierarsi anche quello.

Re: Labocontest n.3 - Discussione generale - Show don't tell

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Se posso, vorrei dire la mia. Quello che dice @Poldo è sacrosantamente vero. Questo lo si può vedere anche nel trattamento armonico che ogni compositore fa nelle proprie composizioni. Basti pensare che, per esempio, Bach utilizza un certo tipo di dissonanze e struttura i suoi brani in un certo modo, Rossini ne usa altre, compone in modo diverso e struttura i suoi brani in modo diverso a Bach, che pure rimane il grande maestro di tutti noi musicisti. Questo vale anche per la costruzione dei diversi spunti motivici e per le diverse modalità di sviluppo. Lo stesso, per quanto mi riguarda, vale anche nel mondo della letteratura: tutti gli autori scrivono ispirandosi al gusto della loro epoca, e cercano di metterci molto di loro. I più grandi scrittori, però, riescono a creare un nuovo gusto nei suoi lettori, perchè cerca di stupirli o/e di spiazzarli  

Re: Labocontest n.3 - Discussione generale - Show don't tell

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Lo scrittore secondo me è libero di esprimere le sue opinioni, ma se impiega un personaggio che adatta allo Show, al mostrato, queste opinioni non devono apparire come un suo intervento esterno, onnisciente, perciò invadente, ma come pensiero filtrato dal personaggio. È il personaggio che esprime queste opinioni attraverso l’esperienza del suo vissuto, delle sue idee rapportate a quanto sta avvenendo in quel momento nella scena, all’interazione con fatti e personaggi, filtrati anche attraverso i suoi sensi. Lui vede la vita attraverso il suo personale filtro; ogni personaggio, ognuno di noi ha un filtro attraverso il quale la realtà che si percepisce non sarà mai perfettamente uguale alla realtà percepita dagli altri. 
Il lettore dovrebbe vedersi la scena davanti, le situazioni nel momento in cui avvengono, quasi come avere una telecamera sulla testa, avanzando passo passo, direi quasi entrando in empatia con il personaggio. Lo scrittore deve osservare dietro le quinte, non deve intervenire. Non è una cosa facile. Come credo anche non sia possibile o almeno non proprio agevole esprimersi totalmente in un racconto, un testo lungo, usando solamente lo Show. Qualche parte di raccontato, per quanto minima ci dovrà necessariamente essere, anche come cesura da un capitolo a un altro, permettendo magari un raccordo per non distrarre il lettore e continuare la storia.
Citando ancora il Manzoni, di un’ epoca in cui prevaleva il raccontato, e lui come narratore onnisciente che interveniva interpretando i fatti dal punto di vista della sua morale ne era un grande maestro, sembra quasi ammettere questa sua “invadenza” nel bellissimo monologo interiore di Lucia nell’addio ai monti. Ne fa un resoconto poetico bellissimo per poi dire alla fine che anche se Lucia non aveva veramente pensato così, implicitamente perché non ne sarebbe stata capace, comunque il senso recondito dei suoi pensieri “doveva” essere quello.
E intravedo, così a braccio, sempre nel Manzoni, una sorta di mini- Show in alcuni momenti dell’arresto di Renzo in una locanda di Milano, dove smaltita la sbornia comincia a inveire contro gli sbirri accusandoli che a forza di praticare i ladri ne avevano imparato il mestiere. Renzo lo dice rivolgendosi direttamente a loro e magari anche Manzoni lo pensava, ma lo fa dire a Renzo, senza intervenire come fa altre volte.
Continuando così il discorso ci sarebbe da aggiungere che dopo il positivismo ottocentesco, che diede vita al verismo, subentrò la psicologia (ma questo è il campo di @Poldo …) che introdusse nelle coscienze, anche dei lettori per forza di cose, una serie di aspetti prima mai presi in considerazione, o perlomeno presi poco in considerazione, sia nella società che in letteratura, come il fatto che ciascuno di noi vive gli stessi fatti in modo diverso. Questa è una cosa importante ed evidente ad ogni modo. La figura di un narratore onnisciente, infallibile, che interpretava, raccontava le cose dandone un’univoca spiegazione al lettore cominciò a essere pesante. Non c’era più il male e il bene nettamente distinti nei personaggi, ma infinite gradazioni dell’animo che dovettero trovare espressione anche in letteratura e quindi anche la fallibilità, le nevrosi dei personaggi, che cessarono di essere eroi puri e invincibili.
Perciò il narratore lentamente cominciò a svanire, per quanto a me questa cosa non vada, come se dovesse venire meno un intermediario che si frapponeva fra il lettore e l’oggetto narrato. Dipende da quanto vuole essere invadente il narratore. Meglio non esserlo o esserlo quel minimo indispensabile, espresso con un certo tocco, tanto da passare inosservato.
Comunque, per quanto mi riguarda, ritengo che qualunque tecnica o regola non vada mai applicata pedissequamente alla lettera. Bisogna conoscere tutto e poi fare la giusta cernita, prendere e miscelare con misura, senza strafare.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: Labocontest n.3 - Discussione generale - Show don't tell

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Mina ha scritto: è impossibile essere neutri ed è deprecabile cercare di esserlo a tutti i costi.
Forse sono stata fraintesa. Io non volevo dire che sia giusto o sbagliato, quello che intendevo dire, è che i lettori oggi vogliono un genere diverso di letture. Vogliono leggere e pensare con la loro testa: letta la scena di di Enrico che controlla la carta dei vini e magari dice che il vino costa troppo, sarà lui stesso a dire"ammaza oh, braccine corte 'sto Enrico!. Per chi legge è più gratificante arrivare da solo a ciò che lo scrittore vuole raccontare e cioè che Enrico è un taccagno. 
Questo è quello che dicono i vari venditori di consigli e corsi su internet, e io arrivo fino a qui. Dovrei saperne molto di più per essere certa di saper emozionare i miei lettori, perchè è questo che deve saper fare uno scrittore o una scrittrice, al di là di ogni intenzione è per questo che io scrivo.
E certo, oguno scriva come gli pare, non ci sono regole chi ci vietino di farlo, però, io vorrei scrivere come piace ai lettori e non come mi pare, usare tre aggettivi per sostantivo, avverbi in mente a profusione, metafore ogni tre righe  e dire " io scrivo così, è il mio stile". No, per favore, scrivere è un lavoro di alta precisione, un progetto che richiede lavoro duro, anche quello di essere in grado di eliminare le convinzioni che mi trascino dietro senza sapere se sono ancora valide o no.
Io millantanni fa ero una divoratrice di fumetti, quelli con tutte le vignette allineate nella giusta sequenza, tipo tex willer per intenderci. A un certo punto i fumetti hanno cambiato completamente tipo di impaginazione. Alcuni di quelli che leggevo abitualmente, uscivano con le vignette messe a caso, in obliquo, tipo i manga. Chi ha cominciato a diffondere quel tipo di impaginazione ha avuto ragione con i lettori più giovani, Io, complice anche l'età che avanzava, ho smesso di leggere fumetti: non mi sono adeguata alla novità. Voglio dire, se così tanti oggi sentono che mostrare è meglio di raccontare, di sicuro io voglio saper scrivere anche così.
 

Re: Labocontest n.3 - Discussione generale - Show don't tell

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Alba359 ha scritto: Forse sono stata fraintesa. Io non volevo dire che sia giusto o sbagliato, quello che intendevo dire, è che i lettori oggi vogliono un genere diverso di letture. Vogliono leggere e pensare con la loro testa: letta la scena di di Enrico che controlla la carta dei vini e magari dice che il vino costa troppo, sarà lui stesso a dire"ammaza oh, braccine corte 'sto Enrico!. Per chi legge è più gratificante arrivare da solo a ciò che lo scrittore vuole raccontare e cioè che Enrico è un taccagno.
Sono d'accordo con te, e anche io preferisco arrivarci da me. Ho preso il tuo esempio solo perché mostrava molto bene come lo scrittore esprima sempre un giudizio, sia in modo esplicito o velato.
Alba359 ha scritto: Dovrei saperne molto di più per essere certa di saper emozionare i miei lettori, perchè è questo che deve saper fare uno scrittore o una scrittrice, al di là di ogni intenzione è per questo che io scrivo.
E certo, oguno scriva come gli pare, non ci sono regole chi ci vietino di farlo, però, io vorrei scrivere come piace ai lettori e non come mi pare, usare tre aggettivi per sostantivo, avverbi in mente a profusione, metafore ogni tre righe  e dire " io scrivo così, è il mio stile". No, per favore, scrivere è un lavoro di alta precisione, un progetto che richiede lavoro duro, anche quello di essere in grado di eliminare le convinzioni che mi trascino dietro senza sapere se sono ancora valide o no.
Sacrosanto. Io scrivo per emozionare chi legge, e mi diverto da matti quando scrivo. Anche il cinema ad esempio emoziona lo spettatore e racconta una storia, e uguale il fumetto, ma non mi divertirei allo stesso modo nel processo creativo. E visto che mi diverto, voglio farlo a modo mio; alta precisione, sì, ma perché mi diverto nel farlo.
Mi piace scrivere storie che vorrei leggere, ed è per questo che cerco (poi le intenzioni sono sempre la parte più facile) di scrivere bene. Quando a quindici anni ho iniziato a frequentare il Writer's Dream, scrivevo con tre aggettivi per sostantivo, avverbi in mente a profusione, metafore ogni tre righe. Se ho imparato altrimenti e ho smesso non è perché piace ai lettori, ma perché piace a me. Poi certo, i miei gusti dipendono dalla nostra epoca.
Alba359 ha scritto: Io millantanni fa ero una divoratrice di fumetti, quelli con tutte le vignette allineate nella giusta sequenza, tipo tex willer per intenderci. A un certo punto i fumetti hanno cambiato completamente tipo di impaginazione. Alcuni di quelli che leggevo abitualmente, uscivano con le vignette messe a caso, in obliquo, tipo i manga.
Ah dai, non lo sapevo, non ci avevo mai pensato a questa transizione. Io, da vorace lettore di manga, ho sempre trovato i fumetti alla Tex Willer troppo statici. Tempi diversi, suppongo, ma molto interessante.

Re: Labocontest n.3 - Discussione generale - Show don't tell

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Ragazzi ho letto i vostri interessantissimi interventi.
Più li leggo e più mi nascono dubbi amletici.
In sostanza inizialmente credevo di aver compreso cosa si intendesse per "show don't tel", anche perché senza saperlo mi è parso di scrivere quasi sempre usando tale tecnica.
Ma ora mi sento come quello che sa andare in bicicletta, perché ha appreso in maniera empirica che per stare in equilibrio su due ruote si fa così.
Ma, nel momento in cui si domanda quale sia il meccanismo che gli consente di procedere sulle due ruote, si confonde e cade.

Facciamo così: io provo a mettere giù un racconto. 
Poi voi mi fate le pulci e mi dite se sto scrivendo in "show don't tel" o meno e io ne traggo le logiche conseguenze.
Altrimenti mi nasce l'angoscia da pagina bianca e non concludo un cippa.

Confido nel vostro attento e prezioso supporto.
Buon lavoro a tutti.
[font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif][/font]

Re: Labocontest n.3 - Discussione generale - Show don't tell

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Buonasera a tutti, poco fa ho aderito anch'io a questo terzo e complicato Labocontest. Mi complimento con quanti hanno dato preziosi contributi e consigli qui, nella discussione generale. Tutti interventi che nei giorni scorsi ho letto con molto interesse. Non ho un contributo da offrire, non megliore di quelli che avete dato voi perché ne so meno di voi, ma credo che lo spirito giusto sia quello di "buttarsi" e vedere che succede. Solo cosí, anche imparando dagli errori, si potrà crescere e maturare. Amiamo scrivere. Scriviamo! 
Un caro saluto e buon "show don't tell" a tutti!  <3

Re: Labocontest n.3 - Discussione generale - Show don't tell

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Scusate quello che sarà, temo, un commento lungo, ma vorrei condividere con voi una riflessione:
Partiamo dal presupposto che, come sempre, quando si traduce una parola non si riesce bene a renderne il significato; io proporrei, per rendere più chiaro il concetto, di tradurre "show don't tell" non come "mostra, non raccontare" (perché raccontare è fuorviante), ma come "mostra, non dire": questo credo che chiarisca anche molti degli esempi che abbiamo fatto, ovvero "mostrare" come sia il bambino grasso, il ragazzo arrabbiato o il signore avaro, invece di limitarsi a dire "tizio è grasso/caio è arrabbiato/sempronio è avaro"

Un'altra cosa che, personalmente, non condivido fino in fondo è l'identificare lo "show don't tell" come una tecnica narrativa: trovo che sia "sbagliato" dire "scrivo in show don't tell" o "uso lo show don't tell" in questa scena; più che una tecnica, come può essere l'uso della prima persona o della terza persona, del narratore onnisciente e simili, io ritengo che sia più che altro un principio a cui rifarsi, una scelta sul come si scrive una data parte del racconto, al pari del dire "descrizione oggettiva/soggettiva" 

Detto questo, personalmente non ritengo il "mostrato" come il Bene Assoluto ed il "detto" come il Male Assoluto, entrambi possono stare nello stesso racconto, nella stessa frase anche, senza che uno o l'altro siano di troppo o rovinino qualcosa. Penso che il "mostrato" permetta di far immaginare con più precisione al lettore cosa avviene sulla pagina, mentre il "detto" possa velocizzare la narrazione ed evitare inutili ripetizioni; più una scena o una descrizione hanno necessità di essere ben colte dal lettore, più credo che vadano "mostrate", mentre invece quando sto parlando di cose già dette o scontate, posso semplicemente "dirle". Di volta in volta, il principio dovrebbe essere, credo: questa parte del mio scritto, è importante "mostrarla", o posso limitarmi a "dirla"? 
E qui, non credo ci sia una risposta univoca, tranne la possibilità di dare delle linee guida molto generali, e molto soggettive. Tento di fare qualche esempio, in modo da spiegarmi meglio:
Voglio descrivere l'abbigliamento di un personaggio. Quanto è importante, per il lettore, sapere per filo e per segno colore, modello, dettagli del completo che indossa il personaggio? 
Tanto, per una qualsiasi ragione? Allora dovrò far sapere di preciso modello, colore, particolarità della giacca, del pantalone, della camicia, delle scarpe, eccetera eccetera
Non necessario? Quindi posso scrivere «Pinco è vestito elegante», e lasciare al lettore decidere di immaginarsi il personaggio come vuole

Anche qui, però, posso limitarmi a "dire" «è vestito elegante», e poi "mostrare" un dettaglio preciso, «Pinco si aggiustò la cravatta», perché "ho bisogno", nella narrazione, che il lettore sappia che Pinco sta indossando una cravatta e non un papillon o nulla
Temo che questo, tuttavia, stia per sforare nella diatriba tra descrizione statica e dinamica

Per quanto riguarda la narrazione invece, le scene "di movimento", il principio credo sia lo stesso: "mostrare" la scena se è importante ai fini della narrazione, "dirla" se invece è scontata o ridondante
"Mostrare" come il personaggio sale in macchina, inserisce le chiavi, regola lo specchietto, preme la frizione, gira la chiave, preme il pedale, muove il cambio, eccetera, può essere importante, se ad esempio mi permette di "mostrare" che sta usando un'auto che risponde ai comandi vocali o che si guida con la forza del pensiero, e quindi introdurre un elemento chiave della storia (esempio idiota che mi è venuto al momento); se invece il personaggio sta guidando una normalissima auto, e non ho ragioni di "allungare il brodo" mostrando come lo fa, trovo molto più elegante, semplice e, anche, rispettoso del lettore scrivere «salì in macchina e partì»
Mi vorrei soffermare, infine, perché ho già scocciato troppo, che a volte il "detto" può essere usato anche come forma di pudore in determinate scene, ad esempio quelle che coinvolgono descrizioni molto cruente o erotiche: dire «Pinco accoltellò Palla» è più "digeribile" per molti lettori rispetto ad una lunga e specifica descrizione di come il coltello affonda nella carne della ragazza, del sangue che sgorga, e simili dettagli (a meno che turbare non sia l'obiettivo); allo stesso modo, "mostrare" un rapporto sessuale nel dettaglio è un qualcosa che ho letto solo di rado, sempre invece "detto" magari con giri di parole o addirittura metafore

Queste sono solo le mie opinioni in materia, spero che siano utili a qualcuno; scusate ancora per il commento lungo   

Re: Labocontest n.3 - Discussione generale - Show don't tell

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Personalmente ritengo che il ricorso al paradigma show don't tell sia strettamente legato al POV scelto per la narrazione e in senso più ampio al rapporto di fruizione del testo che si vuole generare nel lettore.

Più abbiamo scelto di scrivere in prima persona o in terza immersa, più può essere rilevante filtrare le scene sfruttando lo show don't tell, cioè mostrare i dettagli della scena che per il personaggio spiccano rispetto alla sua sensibilità del momento (e ignorando tutto ciò che il personaggio non degna di attenzione o non conosce) e mostrare le reazioni emotive del personaggio stesso attraverso azioni e commenti - anche solo nel suo cervello - per continuare a favorire la vicinanza e l'immedesimazione del lettore.
Voglio dire, io non penso "ho paura" ma mi accorgo di avere la schiena ghiacciata dal sudore o mi dico "Dio, quanto vorrei essere in qualunque altro posto". Scusate la banalità, si fa per capirsi.

Il famigerato tell da evitare secondo me si riduce a un set di consigli sensati:
Non portare il lettore fuori dal POV
Non aggiungere dettagli inutili
Non fare troppi riassunti, solo quelli necessari (cioè quelli che illustrano azioni standard che non generano reazioni particolari al narratore: "accese l'auto" va benissimo, "girò la chiavetta di accensione una, due, tre volte, suscitando i rimproveri del motore" è in qualche misura eccezionale e serve a dirci qualcosa del personaggio)


Scusate la forma pessima ma riesco a scrivere solo dal telefono, il nuovo firewall aziendale mi blocca l'accesso dal computer

Re: Labocontest n.3 - Discussione generale - Show don't tell

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Bardo96 ha scritto: "Mostrare" come il personaggio sale in macchina, inserisce le chiavi, regola lo specchietto, preme la frizione, gira la chiave, preme il pedale, muove il cambio, eccetera, può essere importante, se ad esempio mi permette di "mostrare" che sta usando un'auto che risponde ai comandi vocali o che si guida con la forza del pensiero, e quindi introdurre un elemento chiave della storia (esempio idiota che mi è venuto al momento); se invece il personaggio sta guidando una normalissima auto, e non ho ragioni di "allungare il brodo" mostrando come lo fa, trovo molto più elegante, semplice e, anche, rispettoso del lettore scrivere «salì in macchina e partì»
Questo è il motivo per cui non digerisco alcune linee della fantascienza. Spesso per lo scrittore un motivo sufficiente per scendere in pagine e pagine di dettagli è mostrare il funzionamento di un meccanismo / una tecnologia diversa dalla nostra. Trovo che spezzi la tensione narrativa e non porti avanti la storia.

Re: Labocontest n.3 - Discussione generale - Show don't tell

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Anche il mio cuore sanguina per le sorti di Ilary senza la H (già questa mi sembra una disgrazia sufficiente per provare pena per lei) ;)

Tornando al discorso Show don't tell, al netto ovviamente degli eccessi che è quasi sempre meglio evitare (gli assoluti sono un'inutile gabbia) io lo preferisco da sempre come stile di scrittura. Citerò uno degli artisti che più apprezzo, Salvador Dalì, che ha detto "il fatto che io non conosca il significato delle mie opere quando le dipingo, non significa che non ne abbiano uno". Questo secondo me si allarga dicendo che, oltre alle chiavi di lettura che l'autore offre e/o ha in testa mentre scrive, ci sono n chiavi di lettura ulteriori che il lettore potrebbe trovarci, in base alla sua fantasia, al suo vissuto, ecc ecc.
Più io autore ti impongo una chiave di lettura, più tu lettore ti sentirai vincolato al mio punto di vista, e non ci troverai niente di tuo. A me è capitato di trovare chiavi di lettura in quello che io ho scritto solo rileggendolo; non avevo pensato di dare quel significato, però eccolo lì. 
Lo scrittore offre un mazzo che contiene tanti fiori diversi, il lettore deciderà quali cogliere; e, magari, ci aggiungerà un fiore pure lui.
Allo stesso tempo non sopporto le opere dove di chiavi di lettura sembra non essercene assolutamente nessuna (tipico di un certo filone di cinema italiano), perché se voglio conoscere eventi disordinati, apparentemente casuali e per lo più tristi, basta limitarsi a leggere il giornale.

Re: Labocontest n.3 - Discussione generale - Show don't tell

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Cari amici di forum e di penna,
vengo a voi con una ferale notizia.

Ieri avevo terminato il mio racconto per il nostro Laborcontest.
Restava oggi il lavoro di revisione per i miei consueti errori di testo e sbadataggini varie.
Ero felice, poiché, senza troppo autocompiacimento, mi pareva anche venuto benino.

Ho cliccato sul file prodotto come sempre con Abiword, ma non si è aperto.
Il messaggio è di file danneggiato.
Sto provando da due ore a smaneggiarlo per tentare di aprirlo, ma nisba.
Sono ovviamente depresso, incazzato soprattutto perché normalmente quando scrivo un racconto faccio sempre una copia dell'ultimo file in lavorazione, ma ieri nella fretta ho dimenticato la sana abitudine.

Se conoscete qualche magica applicazione per recuperare un file di testo Abiword danneggiato, vi sarei grato di suggerirmelo, onde tentare un estremo salvataggio.

Se la cosa non trova soluzione mi vedo costretto a saltare la mia partecipazione al contest, ovviamente leggerò e commenterò volentieri e come sempre i vostri ottimi lavori.

Un amaro saluto a tutti.

Re: Labocontest n.3 - Discussione generale - Show don't tell

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Ciao @Nightafter 
non posso aiutarti molto, io sono la negazione della tecnologia, avevo comprato nel 2007 il pacchetto di Office originale, forse sono stato l'unico perché mi hanno pure ringraziato quando l'ho installato... che ho usato fino a qualche mese fa poi, dopo aver resettato il pc non ha più funzionato e ho rimediato scaricando un programma gratuito quasi uguale a Word, cioè Libre Office... Preferivo Word ed ero disponibile ad acquistarlo una tantum, ma ho visto che anche dopo l'acquisto bisogna pagare qualche euro al mese a vita e ho clamorosamente rinunciato, non tanto per i soldi, tanto non ne ho, ma perché odio i ricatti... 
Prova a dare un'occhiata a questa pagina di consigli su come recuperare un file danneggiato, ce ne sono tanti ma presumo che avrai già controllato... buona fortuna amico  :)
https://docs.microsoft.com/it-it/office ... ts-in-word
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: Labocontest n.3 - Discussione generale - Show don't tell

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Miei stimati amici di penna,
vengo a voi con una novella di giubilo: Abemus File bono.

Grazie al salvifico intervento dell'ottimo @Poldo , che ieri mi ha chiesto di inviargli il file incriminato, si è riusciti, tramite le sue taumaturgiche arti a recuperare interamente il contenuto del file.
Oltre che a lui, il mio ringraziamento va anche ai cortesissimi @Mina e @Sira , che si erano precipitati in mio soccorso.

Tutto ciò è bellissimo per me e mi riempie il cuore di gaudio.
Meno per tutti voi che anche 'sta volta vi sorbite uno dei miei schifosi racconti.

Salutissimi a tutti  :P (y)
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