Rivedere le vecchie idee o svilupparne delle nuove

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Qualche tempo fa ho avuto una discussione con una casa editrice che, nel corso di un paio d'anni, ha valutato tre miei manoscritti. A loro non è sfuggito l'ordine degli stessi manoscritti in senso temporale, deducendo dallo stile ci fossero degli anni tra uno e l'altro.
La discussione verteva sul rivedere e migliorare vecchi manoscritti o sullo sviluppare le nuove idee. L'opinione della casa editrice - se non ho capito male è un consiglio che danno agli autori in generale - è di non affezionarsi alle proprie idee e/o ai propri manoscritti, soprattutto quelli più lontani nel tempo. Meglio concentrarsi sullo sviluppare nuove idee.

Aggiungo una parafrasi del pensiero. Manoscritti molto lontani nel tempo sono lo specchio di qualcosa che, magari, non si è più e di uno stile di scrittura di certo più acerbo a livello personale. Si finisce per impiegare molte energie a rivitalizzare qualcosa che, in corso d'opera, ci si rende conto essere già morto mentre le nuove idee restano all'angolo oppure se ne vanno per sempre.

In questa parafrasi è difficile, per me, distinguere quanto c'è di mio e quanto ho preso del pensiero della casa editrice. Perché all'inizio, nel sentirmi dire queste parole non l'ho presa bene. Sono legato in modo affettivo a tutti i miei romanzi e sono consapevole che i primi sono scritti in modo osceno. Però sono parte di quello che sono stato e non rinnego che, da un certo punto di vista, li sento come un punto di contatto con una realtà che non c'è più (l'università nel mio caso).

D'altra parte, con il passare del tempo, mi rendo conto che c'è del vero.
Di recente ho quasi finito di revisionare - meglio "stravolgere" - quello che è stato il mio primo o secondo romanzo (dipende dai punti di vista), terminato nel 2012. È una questione di cuore, è stata una cosa che ho voluto fare con forza per anni ma non ho mai trovato il tempo, alla fine mi ci sono messo e basta, senza pensare, in un momento in cui avevo la "freddezza" adatta per continuare. Il risultato è che sono passato da un milione e duecentomila caratteri a circa quattrocentotrentamila (un 2/3 in meno), ho tagliato senza pietà numerose descrizioni e ripetizioni, la narrazione l'ho portata al presente (mi andava così! :P ) e stroncato un'intera sottotrama inutile ai fini del romanzo.
Il risultato è romanzo del tutto diverso - in comune credo ci siano solo personaggi e ambientazione - che, di certo, si porta dietro qualche difetto del primo non essendo un'idea originale ma una rielaborazione di un manoscritto davvero molto immaturo sotto ogni punto di vista.

Ci ho impiegato, circa, otto mesi di tempo libero, ovvero otto mesi in cui la sera ho trovato una o due ore intorno a mezzanotte per fare questo, togliendo tempo al sonno :buhu: (un mio collega a lavoro dice "lavorà c'è da lavorà"). Ne è valsa la pena? Non avrei potuto fare molto altro in questo tempo? Non avrei potuto dormire di più? :asd:
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bwv582 ha scritto: Sono legato in modo affettivo a tutti i miei romanzi e sono consapevole che i primi sono scritti in modo osceno. Però sono parte di quello che sono stato e non rinnego che, da un certo punto di vista, li sento come un punto di contatto con una realtà che non c'è più
Non per questo li devi propinare a un lettore, però. Nulla ti vieta di esserci affezionato e di sentirli parte di te, ma dal punto di vista della scrittura conta soltanto una cosa: trama e personaggi hanno una validità di fondo? C'è dietro un'idea che sorregge la storia? Se la risposta a queste domande è sì, allora lo sforzo e il tempo necessari a revisionarli da cima a fondo – forese a riscriverli integralmente – vale la pena di essere fatto. Altrimenti no.
bwv582 ha scritto: Non avrei potuto dormire di più?
  Mai! Il tempo speso a dormire è sprecato, ne abbiamo così poco... È sufficiente riuscire a non essere uno zombie oltre le nove del mattino successivo  :asd:
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Marcello ha scritto: Non per questo li devi propinare a un lettore, però.
Faccio una distinzione: a parte un paio di errori di gioventù non ho mai proposto a nessuna casa editrice qualcosa scritto prima del periodo WD. Sono il primo a essere consapevole che quanto scritto nei primi anni è spesso inguardabile e lo tengo per me. In discorso, però, si parlava di vecchie e nuove idee e qui mi è venuto lo spunto della discussione.

Ti ringrazio, @Marcello, anche perché mi hai dato un punto di vista che non ho considerato
Marcello ha scritto: C'è dietro un'idea che sorregge la storia? Se la risposta a queste domande è sì, allora lo sforzo e il tempo necessari a revisionarli da cima a fondo – forese a riscriverli integralmente – vale la pena di essere fatto. Altrimenti no.
perché forse, essendone io l'autore, ho sempre guardato questi romanzi con occhi affettivi, senza la freddezza necessaria. :s
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Tanto tempo fa, un mio romanzo. Finiva male, con la dipartita del protagonista (a mia moglie era sempre dispiaciuto che fosse andata così). Ho ripreso in mano il tutto: nessuna dipartita e nuova vita per il protagonista. Ne è uscito un romanzo triplicato di pagine, completo e che ho poi pubblicato.

Non conosco l'Arno e non sono il Manzoni, ma dare una bella rinfrescata a quel romanzo ha fatto bene allo stesso e a me. Non nego certo che sia difficile e spinoso metter mano a vecchie storie, ma si può fare, se si crede in un progetto.
L. COME APOCALISSE - G. Domenico Lupo

CANTITU APPURATE - G. Domenico Lupo

I MIEI ANIMALI - G. Domenico Lupo

Re: Rivedere le vecchie idee o svilupparne delle nuove

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bwv582 ha scritto: Manoscritti molto lontani nel tempo sono lo specchio di qualcosa che, magari, non si è più e di uno stile di scrittura di certo più acerbo a livello personale. Si finisce per impiegare molte energie a rivitalizzare qualcosa che, in corso d'opera, ci si rende conto essere già morto mentre le nuove idee restano all'angolo oppure se ne vanno per sempre.
Quello di una casa editrice mi sembra un parere valido quanto un altro, non mi farei condizionare. Non è detto che perché un romanzo è stato scritto molto tempo fa non avesse un'idea valida. E allo stesso modo non si può dire che le idee nuove siano per forza migliori.
L'idea di una storia non è legata alla maturità come scrittori. Ho letto storie molto belle e originali che purtroppo erano rovinate da una scrittura acerba. Al contrario, i romanzi "letterari", quelli che vincono premi, spesso non hanno trame e idee chissà quanto originali, il loro punto forte è lo stile e l'approfondimento psicologico dei personaggi e delle vicende.

Io forse capisco meno la questione perché non ho romanzi molto vecchi, il primo l'ho scritto nel 2017. Nel frattempo ho imparato un sacco di cose, quindi prima di farlo pubblicare l'ho rivisto di mio, ma solo a livello di stile, perché trama e personaggi mi piacevano ancora così com'erano. Non era perfetto, e se lo riscrivessi oggi lo progetterei meglio, ma è una storia a cui tengo ancora, tanto che ho in progetto un prequel, prima o poi.
Non credo che gli scritti più vecchi siano lo specchio di qualcosa che non siamo più (a meno che non siano apertamente autobiografici), siamo sempre noi che li abbiamo scritti. Piuttosto, può succedere di perdere interesse per una storia (a me è successo con un romanzo iniziato due anni fa), forse perché quella storia fin dall'inizio non ci prendeva più di tanto.
bwv582 ha scritto: Ci ho impiegato, circa, otto mesi di tempo libero, ovvero otto mesi in cui la sera ho trovato una o due ore intorno a mezzanotte per fare questo, togliendo tempo al sonno :buhu: (un mio collega a lavoro dice "lavorà c'è da lavorà"). Ne è valsa la pena?
Se per te non ne fosse valsa la pena non l'avresti fatto. E se avessi avuto per la testa un'idea nuova che ti prendeva di più, avresti scritto quella. 
In ogni caso il timore di stare buttando via tempo viene anche quando si scrivono idee nuove, senza alcuna garanzia che ne uscirà qualcosa di buono. Ma devo dire che a posteriori non ho mai rimpianto il tempo o il sonno perso per scrivere, perché è comunque un tempo in cui faccio qualcosa che mi piace, e mi dà molta più soddisfazione che se fossi andata fuori a cena, avessi visto un film o avessi dormito un'ora in più.
Ci capita di non avere davvero la consapevolezza di quanto potere abbiamo, di quanto possiamo essere forti (A. Navalny)
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Re: Rivedere le vecchie idee o svilupparne delle nuove

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Credo che tutto quello che facciamo, non solo scrivere, non sia mai tempo perso, perché diventa parte della nostra vita, di quello che siamo; la sommatoria di cose giuste e sbagliate, di tempi a frutto e di tempi persi, che persi non sono. Scrivere, non ha importanza con quale esito, è fissare su carta (oggi, più facilmente, su file) i pensieri, che altrimenti svaniscono, si cancellano dalla memoria. I pensieri di un preciso momento, irripetibile perché già passato.
Mario Izzi
2025 - Sopravvissuti
(in)giustizia & dintorni
Dea
[/De gustibus non est sputazzellam (Antonio de Curtis, in arte Totò)]

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Silverwillow ha scritto: Se per te non ne fosse valsa la pena non l'avresti fatto.
Sì, lo so, ho investito molto tempo rimaneggiando un romanzo scritto dieci anni fa e ho voluto farlo. La mia era una costruzione ipotetica, facendo così ho rinunciato a sviluppare altre idee che magari non torneranno più (nel senso che le troverò sciocche o dimenticherò dettagli tra qualche tempo). Il "ne è valsa la pena" per me è sì, però a posteriori un modo di fare del genere mi toglie anni, in un certo senso.
JD WOLF ha scritto: ma dare una bella rinfrescata a quel romanzo ha fatto bene allo stesso e a me. Non nego certo che sia difficile e spinoso metter mano a vecchie storie, ma si può fare, se si crede in un progetto.
Esatto, ho pensato alla stessa cosa. :saltello:
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