Re: Labocontest n.1 - Discussione generale - i dialoghi

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Kasimiro ha scritto: "Tutto bene?" 
(l'altro non risponde)
"Se vuoi ne parliamo" 
(ancora nessuna risposta)
"Capisco il tuo stato d'animo, ma devi reagire"
"Lasciami in pace!"
Fondamentale sono d'accordo con @Gualduccig. Come ho già detto, il dialogo non è fatto solo di parole, ma di molte altre cose, e il silenzio può essere una comunicazione molto significativa, per cui la parte descrittiva, le azioni, le espressioni del viso, gli sguardi, sono parte integrante del dialogo. Penso che ci possano essere molto modi per completare il tuo esempio.

"Tutto bene?" 
Gianni continua a mordersi l'unghia del pollice.
"Se vuoi ne parliamo" 
Lui mi guarda come se fossi un extraterrestre.
"Capisco il tuo stato d'animo, ma devi reagire"
"Lasciami in pace!"

Magari non è un gran che, ma è solo per completare il tuo esempio.
In alternativa, se proprio vuoi rappresentare solo il silenzio, potresti utilizzare una formula del genere.

"Tutto bene?" 
"..."
"Se vuoi ne parliamo" 
"..."
"Capisco il tuo stato d'animo, ma devi reagire"
"Lasciami in pace!"

Non mi sembra molto elegante, ma in extremis si può utilizzare con molta parsimonia.

Re: Labocontest n.1 - Discussione generale - i dialoghi

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Alba359 ha scritto: Quando creo una scena in cui un personaggio esternerà ciò che pensa, devo necessariamente mettermi anche nei panni degli interlocutori.
Certo, anch'io. 
E non solo: devo anche "vedere" il luogo; se il dialogo avviene in una stanza chiusa ho bisogno di immaginarmela prima di iniziare a scrivere: mobili, quadri, tappeti. E ho bisogno di sentirne gli odori: vecchio cuoio di una borsa appoggiata sulla scrivania, aromi floreali da un vaso sul davanzale della finestra... 
Poi magari nessuno di questi elementi entrerà a far parte della scena o sarà oggetto di conversazione, l'importante è che io sappia che ci sono e dove sono. Perché durante il dialogo può venirmi voglia di far appoggiare i palmi delle mani sulla scrivania a un determinato personaggio, o fargli posare gli occhi sulla tela a olio nella parete di fronte per evitare lo sguardo dell'interlocutore... E devo essere nei panni dell'uno e dell'altro.
 
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Re: Labocontest n.1 - Discussione generale - i dialoghi

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Mina ha scritto: Avevo inviato una risposta, deve essere andato storto qualcosa... Non c'è modo di recuperare quanto avevo scritto? :buhu:
Temo di no, ma prova con "ripristina bozza automatica".
Succede spesso anche a me, purtroppo.
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Re: Labocontest n.1 - Discussione generale - i dialoghi

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@Bardo96 @Marcello  Nel primo post mi ero espresso male, e infatti concordo in pieno con quello che dite. Anche se non porta avanti la sequenza delle azioni, un dialogo o una descrizione possono comunque dare tantissimo alla storia. E penso che, in fin dei conti, se quanto dato alla storia sia sufficiente da giustificare la loro presenza lì, sia un giudizio che dipende dalla sensibilità di ogni lettore.
Marcello ha scritto: una descrizione che non fa avanzare la storia ci permette però di entrare nella storia, vedere con gli occhi dei personaggi e quindi immedesimarci in loro.
Sono d'accordo, e anche qui, penso che decidere il limite tra una descrizione che contribuisce all'atmosfera della storia e una descrizione che invece ne rompa il ritmo stia a chi legge. Certo che, personalmente, non sopporto quando i protagonisti arrivano in un posto nuovo e il narratore spende dieci pagine a descriverne minuziosamente l'architettura, così come non sopporto un lungo dialogo a vuoto tra due personaggi che non ha a che fare con la storia che sta venendo tratteggiata.
Marcello ha scritto: La frase in grassetto è un pensiero di Banti?
Oppure è la considerazione di un narratore esterno?
Il narratore è Banti, lo si capisce in modo esplicito qualche riga dopo; in effetti disorienta un po'
Marcello ha scritto: Su gran parte del tuo lungo post invece concordo @Mina, ti ho voluto segnalare soltanto dove mi trovo in disaccordo per offrire magari qualche spunto nuovo alla discussione; i "sì, la penso così anch'io" non fanno avanzare la trama, lo sai  :D .
:rosa:
Ilaris ha scritto: Io non amo i testi con troppi dialoghi. Vi faccio una domanda: non è meglio, per dare respiro al romanzo, usare delle descrizioni? Non trovate che i lunghi dialoghi siano, salvo eccezioni, più noiosi? 
Al contrario, personalmente trovo siano la parte più rapida e intrattenente da leggere. Personaggi che si confrontano, esprimono le loro idee, dibattono, spesso si nascondono cose l'un l'altro e cercano di ingannarsi a vicenda per il proprio interesse... Insomma, lo trovo avvincente.
Esempio poco letterario, ho trovato molto più avvincenti i dialoghi di Game of Thrones rispetto alle scene con draghi e non-morti  :P
Gualduccig ha scritto:
Io inserisco spesso delle pause nelle battute di dialogo più lunghe di poche parole, se la scena non è particolarmente concitata. Di solito la risolvo così: "prima frase," descrizione di un'azione del parlante, "seconda frase."

"È entrata nella stanza e, sai com'è," si passa una mano fra i capelli, a scendere fino alla nuca, "insomma, è come quando esci di casa una mattina ancora col piumino addosso e scopri che è arrivata la primavera."
Anche io faccio così, lo trovo un ottimo metodo. Un altro è dire letteralmente "fece una breve pausa" o "non rispose, e lo guardò con uno sguardo spento" o simili, però sono soluzioni da centellinare.
Quindi, per rispondere a
Kasimiro ha scritto: "Tutto bene?" 
(l'altro non risponde)
"Se vuoi ne parliamo" 
(ancora nessuna risposta)
"Capisco il tuo stato d'animo, ma devi reagire"
"Lasciami in pace!"

Come si potrebbe scrivere correttamente questo passaggio?
Secondo me è già corretto così. Certo è che se invece è un dialogo di trenta righe in cui uno dei due continua a non rispondere o esitare, occorre trovare altre soluzioni.
Marcello ha scritto: mer mag 11, 2022 12:09 am Temo di no, ma prova con "ripristina bozza automatica".
Succede spesso anche a me, purtroppo.
Ha funzionato, grazie mille  :D

Re: Labocontest n.1 - Discussione generale - i dialoghi

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Mina ha scritto: certo che, personalmente, non sopporto quando i protagonisti arrivano in un posto nuovo e il narratore spende dieci pagine a descriverne minuziosamente l'architettura,
Forse solo un architetto resisterebbe...  :lol:
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Re: Labocontest n.1 - Discussione generale - i dialoghi

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Ilaris ha scritto: non è meglio, per dare respiro al romanzo, usare delle descrizioni? Non trovate che i lunghi dialoghi siano, salvo eccezioni, più noiosi? 
Credo cambi molto in funzione del POV e del tempo verbale scelti per la narrazione:
  • POV prima persona o terza completamente immersa: è possibile anche descrivere i pensieri del parlante invece che presentare solo il dialogo
  • tempo passato: è possibile riassumere i dialoghi
Più la narrazione è focalizzata sul qui&ora, più i dialoghi sono necessari per far capire le intenzioni e le idee dei personaggi, direi.  

Re: Labocontest n.1 - Discussione generale - i dialoghi

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Tutto credo dipenda da come la storia viene pensata e viene esposta, ed anche se i dialoghi sono o meno funzionali alla trama
Per fare un esempio banale, e forse sciocco: in un giallo i dialoghi potrebbero essere ridotti al minimo, giusto uno o due scambi tra protagonista e indiziati/aiutanti, per focalizzare la narrazione sulla raccolta degli indizi ed i ragionamenti del protagonista 

Penso che un libro senza dialoghi tenderebbe a risultare molto pesante, a meno che non sia strutturato in modo che questi risultino o superflui o comunque non necessari

Per quanto riguarda la lunghezza, di sicuro dialoghi troppo lunghi possono annoiare, a meno che non siano così importanti e ben inseriti nella trama da renderli comunque piacevoli da leggere; ma anche qui, credo sia impossibile definire in generale se un dialogo è lungo o corto, coinvolgente o meno, mi sembra una questione molto soggettiva del lettore e specifica del libro e della storia 

Re: Labocontest n.1 - Discussione generale - i dialoghi

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Ho capito l'importanza che hanno i dialoghi in una storia quando ho letto Il giardino dei Finzi Contini di Bassani. Lui utilizza la tecnica del discorso indiretto libero. Solo ed esclusivamente. Pesante! All'inizio mi sembrava una particolarità curiosa, a metà libro volevo abbandonare la lettura perché suonava troppo artificioso (non c'è un dialogo neanche a pagarlo), alla fine del libro ho detto: meno male che l'ho finito!
Eppure la storia mi piaceva e pure il suo stile retrò. Ma l'assenza dei dialoghi la boccio in pieno.

Mi piacciono i dialoghi che danno leggerezza e spontaneità alla narrazione, sapendo che spesso dietro all'apparente semplicità c'è duro lavoro.
Deve essere un dialogo naturale, sì, ma sempre visto con il filtro del poi: mentre quando parli è buona la prima, quando scrivi puoi pensarci su, quindi i dialoghi scritti sono la versione brillante del parlato quotidiano. Sono molto d'accordo con quella definizione.

Che i dialoghi facciano o meno progredire la storia vale di caso in caso... Magari ci sono anche narrazioni che NON devono progredire, e quindi in quei casi il dialogo può svolgere quella funzione.

Che debbano essere funzionali alla storia, sì, lo credo. Le divagazioni mi danno sempre l'impressione di perdita di tempo e di confusione. A meno che non siano strutturate e allora si ritorna al fatto che in qualche grado sono funzionali alla storia. Insomma, anche l'effetto "confusione" potrebbe essere voluto.

Mina ha scritto: I dialoghi più belli che mi vengono in mente sono quelli del teatro, in cui appunto il dialogo è il motore della storia. A proposito del tema della promessa, non posso non citare Aspettando Godot:
Aspettando Godot per me è un capolavoro. Ecco, il tratto di dialogo che hai riportato qui sopra secondo me è un esempio di dialogo naturale ma estremamente funzionale alla storia.

Re: Labocontest n.1 - Discussione generale - i dialoghi

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...spesso dietro all'apparente semplicità c'è duro lavoro. Deve essere un dialogo naturale, sì, ma sempre visto con il filtro del poi: mentre quando parli è buona la prima, quando scrivi puoi pensarci su, quindi i dialoghi scritti sono la versione brillante del parlato quotidiano. Sono molto d'accordo con quella definizione. ha scritto:
Ben detto,@Otta! Un dialogo semplice e  "spontaneo" richiede parecchia tecnica. Per meglio spiegarlo i manuali di scrittura  suggeriscono un esperimento che ho anche messo in pratica durante un piccolo laboratorio.  "Spontaneo sarà certamente un dialogo vero" -potrebbe pensare un autore principiante. Registriamone uno  e proviamo a inserirlo in un testo:  riesce inevitabilmente falsissimo! E infatti i dialoghi scritti possono certo prendere spunto dalla realtà, ma devono essere "narrativizzati" con abilità.
" ...con mano ferma ma lenta sollevò la celata. L'elmo era vuoto." (Calvino)
Pagina autrice fb: virginialess/21 Blog "Noi nonne": https.//virginialess.wordpress.com

Re: Labocontest n.1 - Discussione generale - i dialoghi

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Ora che il contest è ben avviato mi permetto di sfruttare questa discussione ad uso personale: sto cercando di scrivere un romanzo in cui il dialogo rappresenta la parte preponderante del testo. Ho due gruppi di persone che si trovano separate in due ambienti non comunicanti, sono chiuse lì e devono (stanza A) fare una trattativa per chiudere un accordo e (stanza B) semplicemente far passare il tempo, perché non possono allontanarsi finché quelli della stanza A non avranno completato il loro lavoro.
In ambedue gli ambienti ho grossomodo 6 personaggi che parlano assieme e spesso si danno sulla voce l’uno sull’altro. Ogni capitolo è filtrato dal POV di uno dei personaggi (terza persona, POV immerso) che commenta nella propria testa gli scambi altrui, aggiungendo così profondità alla scena.
Per capirci, la situazione è analoga a quella di certi film ambientati in un unico spazio chiuso, con unità di tempo e azione, sulla falsariga di The Big Kahuna, Perfetti sconosciuti, Il nome del figlio.

Ora, a partire da questo contesto, devo risolvere i seguenti dubbi:
 
Come faccio ad attribuire correttamente le singole battute al giusto parlante senza esagerare con i “dice X, risponde Y” del caso?
Ho molti scambi che si sviluppano secondo uno schema che si potrebbe rappresentare così: A – B – A – B – C (si intromette) – B (risponde a C) – A (riprende in mano la discussione) – B – C (nuova intromissione) – A. Il ricorso a forme di parlato diverse e caratterizzanti l’ho usato dove possibile ma per esigenze narrative molti personaggi sono della medesima estrazione sociale, il che – su battute brevi – impedisce una facile individuazione del parlante.
Avete presente qualche romanzo in cui sia affrontata una situazione simile? Lo userei volentieri come spunto.
 
Tutto questo parlare serve (1) a far capire al lettore il pregresso, aggiungendo man mano pezzetti di contesto, (2) a far avanzare la storia attraverso fasi successive di conflitto verbale, (3) a delineare i caratteri dei personaggi e come evolvano le loro relazioni in funzione di quanto viene man mano detto (o taciuto). Ma sarà coinvolgente a sufficienza?
Mi trovo “costretto” a limitare molto le descrizioni degli ambienti e le azioni dei vari personaggi perché il focus resta giocoforza puntato su chi parla e/o su chi reagisce in maniera imprevista (cosa che attira l’attenzione del personaggio POV in quel capitolo).
Okay che l’interesse del “e poi che succede?” dovrebbe garantire un buon traino fino alla fine della storia, mi chiedo però quale debba essere il giusto equilibrio tra immersione nel presente del dialogo e lo stacco (che vorrei evitare sembrasse posticcio) con eventuali a-parte del POV narrante.
Di nuovo, avete qualche riferimento da suggerirmi?

Grazie

Re: Labocontest n.1 - Discussione generale - i dialoghi

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Non sono molto in forma, rispondo alla svelta . Dipende anche dall'argomento, alcuni richiedono dialoghi botta e risposta, altri pezzi più articolati. E un "muro" di battute in genere stanca il lettore; si nota anche nel contest, un po' di tell è comunque necessario.
Quanto al chi parla, un mio romanzo è stato editato da un professionista  noto. Il quale ha bocciato senza pietà i miei tentativi di variare la denominazione  del soggetto: tipo Giovanni, poi il prof o il padre di Antonio. Spiazza il lettore, meglio ripetere Giovanni tutte le volte che serve. Se i dialoganti  non  superano i tre/quattro, possono intervenire  senza nomi, purché resi riconoscibili da un tic ("Non ci sto" e si ravviava i capelli) o altra peculiarità.
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