Poesia, prosa o proesia?

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Da uno spazio fecondo come i Lampi di Poesia, contest mensile in cui indegnamente (ma appassionatamente) ci confrontiamo con un'arte millenaria, non possono che scaturire questioni ricche di senso.

Una delle perplessità ricorrenti consiste in questo: può un componimento che ha la struttura della prosa arrogarsi il diritto di essere considerato "poesia"?
E, se sì, per quale motivo? 
Già da tempo si parla di "proesia": non ci sono dunque più confini?

La Bisutti*, citando La camera da letto di Attilio Bertolucci, vero e proprio romanzo in versi, interpella il lettore: come facciamo a dire che si tratta di poesia, visto che non c'è nulla che la ricordi, né una rima, né un ritmo?
Allora fa la prova di riscriverne uno stralcio come fosse una pagina di prosa, e qui si sofferma sulla seguente constatazione: la differenza tra quello stralcio scritto tutto di seguito e la pagina di un romanzo vero e proprio è che in Bertolucci le sensazioni prevalgono sui fatti; inoltre, siamo presi dalla storia momento per momento, senza pensare a come andrà a finire; nei racconti e nei romanzi, invece, accade il contrario.
Quindi: in apparenza l'opera di Bertolucci è prosa, ma in realtà è poesia.

È sufficiente secondo voi tale spiegazione? 
Conoscete testi che possano illuminarci sul tema in questione? Non nego di avere in proposito idee molto confuse.

Chiamo qualcuno (pochi nomi a memoria) che immagino interessato all'argomento e concludo con Eliot, secondo il quale "la vera poesia comunica prima di essere capita".

@Anglares@Sira@Irene@Bob66@Poeta Zaza@bestseller2020@Alberto Tosciri@BollaDiSapone@Adel J. Pellitteri@L'illusoillusore@Domenico S.@Poldo



*Antonella Bisutti, La poesia salva la vita, Milano 2020(5), pp. 28-31.
https://www.amazon.it/rosa-spinoZa-gust ... B09HP1S45C

Re: Poesia, prosa o proesia?

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Si tratta di un tema molto delicato. Premetto che le forme letterarie sono innanzitutto delle convenzioni e che dunque dipendono da quali regole la comunità letteraria considera decisisive per definirle.
Detto questo vi sono dei caratteri più prossimi a una forma che all'altra. Questa prossimità non è però sostanza ma appunto convenzione. Anche dove questa viene reiterata per secoli o addirittura per millenni. Personalmente non ritengo il verso, la rima e la metrica elementi decisivi della poesia. Sono invece delle figure metriche fortemente ancorate a questa forma espressiva perché scelte da quegli autori che consideriamo classici e da lunghissime tradizioni letterarie. Questo rende molto difficile metterle in discussione perché non è facile pensare a una poesia senza i versi, ma già in epoca contemporanea stiamo cominciando a prendere familiarità con una scrittura lontana dalla metrica e dalla rima. La ricerca ritmica è un retaggio della tradizione orale, tant'è che anche a scuola si usa ancora far imparare a memoria le poesie. Ma per quel che mi riguarda è solo la pressione enorme di una lunghissima tradizione che ha la sua legittimità, perché è la tradizione letteraria che tutt'oggi ci tramandiamo.
Liberati da problemi formali per me la distinzione rimane tra la scelta di dare priorità all'aspetto analogico o definitorio del linguaggio. Su questo aspetto si struttura la scrittura. Ovvero se utilizziamo delle forme che inducono alla significanza oppure se procediamo per via argomentativa, con una struttura di frasi che seguono una linea logica e dove l'attività mimetica dell'autore è la regola che sancisce il patto con il lettore.
Va considerato anche che in epoche in cui la prosa non era ancora una forma letteraria si raccontavano storie in versi, proprio perché più funzionali alla fruizione orale. Dunque la poesia "invadeva" un campo che oggi consideriamo tipico della prosa. Questo vale per Omero e per moltissimi illustri successori. Sarà la circolazione abbondante di testi scritti nella modernità a spostare la scrittura verso la prosa. In conclusione trovo molto affascinante riuscire a scoprire come influiranno sul nostro linguaggio lo sviluppo digitale e l'interattività.

Re: Poesia, prosa o proesia?

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@Ippolita  che bel dibattito hai innescato! Partiamo da ciò che intendo (e credo intendiate voi tutti) per poesia, essa è il "distillato dei sentimenti", ed ecco che: se nella prosa emerge con forte intensità il sentimento, quasi scavalcando la trama e il sussguirsi degli eventi, abbiamo una prosa poetica. Esattamente l'opposto accade nella poesia, quando l'elemento trama ed eventi prende grande spazio affiancandosi al sentimento; ciò dà vita alla poesia che si rifà alla prosa. Da tempo ormai essa, la poesia, si è liberata da metrica e rima, ma non è nemmeno vero che tutto è poesia. Vero, invece, il fatto che percepire il sentimento in una poesia è solo una questione soggettiva. Proprio stamattina ho letto un articolo sulle poesie di una poetessa aborigena su Nazione indiana e voglio riportarne alcune, significative per il nostro dibattito. Rimane ovvio che per la poesia conta lo stupore interiore che essa suscita, pur nato da elementi concreti (ma anche non, ovviamente). Sull'ermetismo, personalmente, ho sempre grandi difficoltà, fatico a recepirle a capirle e a fruirne. 
Spero che il copia incolla delle poesie che voglio condividere con voi non si riveli un pasticcio.
Sono tratti dal libro My people (La mia gente) della poetessa Oodgeroo Noonuccal, un'aborigena che nelle sue poesie cerca di fissare il passato e la cultura della sua gente.
ASSALITA DAI RUMORI

Qualcosa di osceno nei rumori
Delle cose create dall’uomo offende la dolcezza e la limpidezza
Della Natura.
L’urlo duro dei venti,
Mai senza armonia, mai volgare, che squassa gli alberi,
Lo stridio dei gabbiani – questi
Hanno il loro posto nel mondo
Così come il canto arioso dello scricciolo.
Solo l’uomo, dicono i libri, conosce il bene e il male;
Come l’arte di oggi lo strillare e urlare
Di musica uscita dall’inferno,
Musica fatta malefica, con urli e strilli
Quando i dj si scatenano con scoppi e squilli.
Lasciatemi i suoni fatti da Dio —
Tutti bellissimi per me
Forti o delicati,
Dalla piccola, sottile
Nota di violino dell’ape
Al frastuono del mare turbolento,
Tumultuoso ruzzolando sulla riva.


IL BIANCO, IL NERO
(trad. F. Di Blasio)

Il bianco

Aborigeno, noi
Ti abbiamo portato
La nostra sociologia,
E ti abbiamo insegnato
La nostra bianca democrazia.

Il nero

Uomo bianco, che
Vuoi insegnarci e domarci,
Noi avevamo socialismo
Molto prima che tu arrivassi,
E anche democrazia.

Il bianco

Povero nero,
Tutto quel che tu abbia mai avuto
È lo spirito ancestrale Biami*,
Insieme al grande, temibile
Bunyip* col suo muggito!

Il nero

Compagno bianco, è vero
Tu avevi ben altro a nutrire il tuo orgoglio:
Avevi Gesù Cristo,
Ma lo hai messo in croce,
E continui a farlo.



Soprattutto la seconda sembra proprio un dialogo in prosa, un botta e risposta che pure nel lettore innesca quel sentimento che spinge a chinare il capo e a farsi qualche domanda.

Re: Poesia, prosa o proesia?

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Ciao @Ippolita , davvero un argomento interessante. Purtroppo in questo periodo sono un po' preso. Cercherò di leggere il libro di Bertolucci (che è da tempo nella mia "wish list") e di esprimere nei prossimi giorni un pensiero un po' più articolato. Provvisoriamente, esprimo questo: a mio avviso è sempre interessante notare quando un testo in prosa tocca corde poetiche. Perciò ci sarebbe da fare anche fare il lavoro opposto da te proposto: stabilire quando, parlando di un testo in prosa, possiamo dire "questa è poesia." Inoltre, posso dire questo: non saprei definire esattamente cos'è la poesia, ma quando la vedo la riconosco! Posso anche dire che la poesia dovrebbe forse avere un che di musicale. Finisco con citare l'ironia di Virginia Woolf: la differenza fra la prosa e poesia è che la prosa vende. So che le mie definizioni non sono granché, ma rifletterò meglio. A presto.
https://domenicosantoro.art.blog/

Re: Poesia, prosa o proesia?

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Bella domanda @Ippolita !
Anch'io non so definire, in modo chiaro, cosa sia la poesia e cosa produca poesia di un brano in prosa. Mi trovo comunque assolutamente d'accordo con le conclusioni della Bisutti dopo l'esperimento con il testo di Bertolucci. Anch'io penso che nella poesia la "trama", i fatti, siano la parte meno importante (a differenza della prosa), mentre quello che deve colpire (perché deve colpire/arrivare/far ridere o piangere, la poesia, questo sì, secondo me, altrimenti forse annoia un po') sono le sensazioni, i ricordi, le emozioni che stanno a lato (in un'altra dimensione, soggettiva per ogni lettore) delle parole. Io mi immagino la poesia come quello che resta impresso  mentre si stanno cercando di acchiappare i fogli di un testo sparpagliati in aria dal vento, e nessuno afferrerà mai le stesse cose;  la prosa invece ha degli argini più oggettivi (forse).
Bel dibattito, sì,
ciao a tutti!
https://lapoesianonsimangia.myblog.it/c ... i-sono-io/

Re: Poesia, prosa o proesia?

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Secondo me, la prosa racconta all'esterno, la poesia canta dall'interno.

Diceva un grande:
La poesia procede dalla totalità dell’uomo: senso, immaginazione, intelletto, amore, desiderio istinto, sangue e spirito insieme.
(J. Maritain)

Un esempio di come la poesia possa apparire come prosa, nella sua libertà di costruzione, ma non esserlo, perché è lirica vera, 
che nasce dentro all'autore e viene accolta dal singolo lettore nel suo sé, è dell'autore Emilio Cecchi, e la poesia s'intitola "Primavera":

Primavera

L'amore è questione di spazio.
Essere occupati. Occupare.
E però tristezza, infelicità.
Tristezza calma come viaggiare
mettendo in valore le stagioni.
Nell’animo infatti a chi viaggia,
le donne dischiudono il paesaggio,
emblemi più puri.

E ora l'acquate di primavera
trapungono con frizzore d'aghi
scritture di celeste e d'oro
sopra le arene vaghe
a' termini della vuota città.
Le bimbe di gambe virili
sedute agli uscioli
si cuciono le vesti leggere
e il limpido capriccioso mattino
oscilla e cade a' loro piedi.

Per gli ariosi archi rosati
e il verde spessore sotto gli alberi
mi segue un pensiero di te.
E porto i tuoi occhi
come un urto nel cuore,
per pena di quando
non ti vedevo e eri accanto.

Oh essere un paese tuo!
Nutrizione dei destini inferiori.
E a' crocevia dove la materia
s'ingolfa in me fresca e polverosa
ritrovo i primi sapori.
Una regione amorosa
si crea del mio transito a te
nel mio corpo più fino.
Il gelo dei tuoi bracci carnosi
m'invera i silenzi
delle case attente sui colli
a' giochi del viziato mattino.
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: Poesia, prosa o proesia?

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Ciao @Ippolita 
Non mi reputo particolarmente adatto a parlare di poesia, per quanto mi piaccia sono un poeta come può esserlo l’uomo della strada, anzi no: detesto l’uomo della strada, preferisco il mare e la campagna.
Cos’è la poesia? Certo, conosco le definizioni storiche e i vari periodi e influenze letterarie delle parole che formano una composizione poetica;  il conteggio degli endecasillabi nella metrica… Io ho una mia idea di poesia assolutamente personale, mio nonno improvvisava poesie in sardo su storie varie di uomini, contadini, briganti, cinghiali re dei boschi… erano frasi cantate e molto “visive”. Anche mia bisnonna, morta quasi centenaria, appartenente certamente a un altro mondo, ogni tanto cantava improvvisando parole d’amore e rimpianto verso il marito e i figli morti troppo presto e io l’ascoltavo in religioso silenzio imparando  a conoscere la sua vita, il suo mondo scomparso, a provarne rimpianto e nostalgia. Uno dei motivi perché amo scrivere di mondi, epoche che non ci sono più.
Ho avuto la fortuna di crearmi un mio mondo interiore da bambino, ho vissuto fino ai dieci anni senza avere il televisore, lo vedevo talvolta a casa di qualcuno, ma non ho mai perso la capacità di inoltrarmi nei miei pensieri senza essere distratto, fuorviato, ammaliato.
La poesia, anche la prosa e la poesia più “prosaica” dovrebbe riflettere l’intimità, la verità, il sogno, l’ideale di un uomo e di una donna.
Preferisco la poesia antica, il canto omerico mi è congeniale, con le sue ripetizioni fatte per allacciare mnemonicamente un canto all’altro, in un epoca in cui i testi si imparavano a memoria. Preferisco alcuni splendidi componimenti   come quelli di Enheduanna, una sacerdotessa  accadica della quale sono stati trovati degli scritti su tavolette cuneiformi, a metà tra l’invocazione e la cronaca in forma biblica. Per non parlare dei Salmi o del Cantico dei Cantici.  E Saffo. Dante, Ungaretti, Garcia Lorca…
Cito i primi che mi vengono in mente ma naturalmente ce ne sono molti altri, mi soffermo  anche su Sandro Penna, Montale, Quasimodo,  Neruda, Saba, Merini… Pascoli, anche D’Annunzio… giusto per far capire un po’ le mie preferenze, che naturalmente non cerco d’imitare, al massimo degli spunti che poi trasformo in una sorta di simil canto omerico in riva al mare o in mezzo ai monti di granito…
Ecco, non è un contributo eccellente, molto semplice e a suo modo prolisso e mi scuso, ma mi andava di dire due semplici parole in proposito.
 
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: Poesia, prosa o proesia?

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Ippolita ha scritto: le sensazioni prevalgono sui fatti; inoltre, siamo presi dalla storia momento per momento, senza pensare a come andrà a finire; nei racconti e nei romanzi, invece, accade il contrario.
A grandi linee concordo con questa considerazione, pur non avendo letto il testo citato, e tuttavia quando mentalmente creo un contraddittorio intorno alla definizione di turno che viene attribuita alla parola poesia, qualcosa continua a non tornare. Ad esempio, sensazione, immediatezza e universalità sono in effetti le prime parole che mi vengono in mente quando provo a dare un senso compiuto e oggettivo al termine poesia, ovviamente inclusivo del mio modo di fare poesia, ma... Prendiamo in esame il primo vocabolo: sensazione
E' vero, un racconto o un romanzo includono un lavoro di costruzione - a livello di trama e personaggi - che si svolge in gran parte su base razionale ma possiamo forse negare che all'interno della prosa che lo struttura, ci si possa imbattere in passaggi innegabilmente connaturati alle emozioni? Mi avvalgo a mò di esempio di citazioni già fatte ai tempi del wd, e quindi (ri)leggiamo insieme il seguente passaggio, tratto dal romanzo Suttree di Cormack McCarty:
     
Di tutto ciò che è uscito dalla sordida gola degli anziani, dai vecchi libri ammuffiti, non ho salvato una parola. Ho sognato che camminavo con mio nonno sulla riva di un lago scuro ed i discorsi del vecchio erano pieni di incertezza. Ho visto come tutto ciò che è finto si stacca dai morti. Parlavamo con facilità ed io ero umilmente onorato di camminargli accanto nel cuore di un mondo in cui lui era un uomo come tutti gli altri. All’imboccatura stretta di un corridoio fra i boschi autunnali mi ha guardato allontanarmi verso il mondo dei desti.

Non è uno scritto strutturato in versi, certo, ma immagino non sia poi così difficile adeguarlo in tal senso, e la domanda immediatamente successiva, nel caso, sarebbe la seguente: cambierebbe qualcosa se fosse strutturato in versi? Non possiede già in sé quel respiro poetico a cui tanto aneliamo? Non ci emoziona?
Voglio citare in tal senso un'altra opera, questa volta cinematografica e quindi un linguaggio completamente diverso dalla poesia scritta. L'opera in questione è un film d'animazione di Hayao Miyazaki, anche questo da me già citato, La città incantata. Chi l'ha visto e amato credo concordi con me nel dire che anche quella è pura poesia. Ripeto, parliamo di un linguaggio artistico - per immagini, addirittura per illustrazioni - completamente diverso dalla scrittura in versi, eppure risponde ugualmente a ciò che personalmente qualifico come poesia, e di sicuro mi è rimasto dentro non tanto per la successione di eventi, o per lo spessore dei personaggi, ma per come è riuscito a toccare le corde delle mie emozioni (e a questo riguardo, a volte penso che più che toccare certe corde, ci siano opere che dentro di noi ne forgiano addirittura di nuove, ma questo forse è un altro discorso). 
E dunque il primo termine, sensazione, pare che non riesca ad operare quella selezione oggettiva di genere che andiamo cercando. 
Passiamo oltre.
Il secondo termine è immediatezza e io mi ci sono sicuramente identificato in quanto scrivere poesia per me è sempre (cioè sempre quando la scrivo, che è tutt'altro che sempre) questione di cogliere al volo uno spunto e dargli un senso compiuto nel giro di poche ore. Immagino però ci possano essere poeti che impiegano molto tempo nella costruzione di una poesia, senza per questo dover essere considerati meno validi di altri più impulsivi, ma diciamo che in linea di massima scrivere una poesia non richiederà mai la stessa mole di lavoro e lo stesso sforzo anche fisico di un romanzo, e nemmeno di un racconto, credo. Quindi mi sento di dire, e ragiono in diretta, che questa parola risponde un po' meglio ai criteri selettivi che abbiamo adottato nella nostra ricerca e tuttavia sostenere che uno scritto è poetico soltanto perché ci abbiamo impiegato poco tempo a scriverlo, va da sé che è un'affermazione che non può darci soddisfazione al riguardo, e di certo non basta per qualificarlo come poesia.
E quindi siamo daccapo. Ci rimane soltanto l'universalità.
Ricordo di aver pensato che la poesia non potesse in nessun modo scendere nel particolare, nel racconto di una vita specifica, con tanto di nome e cognome, perché la poesia doveva invece occuparsi di altro, ragionare per esteso, metaforizzare in modo da rendere le parole usate simbolo di qualcosa più vasto, che potesse cioè toccare non soltanto la specificità di un personaggio, ma gli elementi comuni al maggior numero di persone possibile. E tuttavia non è forse stato dimostrato più volte come la storia di un personaggio in particolare potesse diventare essa stessa metafora di innumerevoli altre storie passate, presenti e future? Anche questa definizione diventa scivolosa, sfuggente, e soprattutto presta il fianco alla solita pletora di opinioni diverse. Non ci aiuta con l'oggettività della questione che vorremmo scolpire sulla pietra una volta per tutte.
E quindi?
Se infine un quadro può considerarsi poesia allo stesso modo di un film, di un romanzo o di una poesia stessa che cosa dobbiamo concludere?
Forse che essersi illusi che la poesia potesse rappresentare qualcosa di più di una categoria specifica - con le sue regole, i suoi limiti e purtroppo le sue vanità, le sue ambizioni, le sue manie di grandezza, il suo intellettualismo e i suoi vizi di esclusione - era soltanto un'utopia un po' ingenua?
Forse che, in effetti, sia più coerente riconoscere alla poesia una certa limitatezza di campo e quindi rassegnarsi a far parte, per chi desidera praticarla pubblicamente, non già di un'umanità nuova, aperta al mondo tutto e ansiosa di esprimersi come ci sarebbe piaciuto credere, ma di uno dei tanti circoli esclusivi e autoincensanti, ma anche legittimi e non privi di valore, che in fondo segue le stesse regole della società che parrebbe rifiutare?
Notate che ho messo il punto interrogativo, e quindi le mie non sono conclusioni, né affermazioni, ma semplici domande.
Diciamo, per chiudere questa sera, o meglio per il momento, che l'argomento è estremamente complesso e non si esaurisce certo con poco, ma d'altra parte è quello che abbiamo sempre detto, non è certo una novità. Mi riservo quindi di leggere gli altri interventi e, nel caso, di ritornarci su. Buona serata a tutti e un grazie a @Ippolita per aver sollevato la bella discussione.

Re: Poesia, prosa o proesia?

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ciao @Ippolita 

Io penso che la metrica e tutto il resto sia un ostacolo alla libera espressione. Credo che quando le parole sono libere dal fardello della regola l'anima possa esprimersi semplicemente parlando a ruota libera e nell'enfasi, trovare la sua composizione come quella fatta dai fiori dentro al vaso esposto sopra al tavolo ..
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: Poesia, prosa o proesia?

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@Alberto Tosciri Giudico il tuo contributo per niente prolisso, anzi, eccellente. Pur non avendo il tuo livello di cultura, anche perché i miei studi si sono fermati al diploma di liceo classico e, in verità, non pensavo granché a studiare, ho letto molto di alcuni dei poeti da te menzionati, e alcune liriche, sia in italiano, che in latino, che in greco, ancora sono in grado di recitarle a memoria, perché ai miei tempi si usava ancora far imparare a memoria agli alunni i componimenti dei grandi poeti di ogni tempo.
Confesso, vergognandomene un poco ( De André diceva che fino ai diciotto anni tutti scrivono poesie, dopo solo i cretini e i poeti) di scrivere ancora, per me, versi, in metrica o sciolti, tristi, incazzati o satirici, a seconda dello stato d'animo del momento. Perché la poesia, secondo me, è rappresentazione di uno stato dell'anima, ma solo i veri poeti sono in grado di farlo suscitando emozione.
Mario Izzi
2025 - Sopravvissuti
(in)giustizia & dintorni
Dea
[/De gustibus non est sputazzellam (Antonio de Curtis, in arte Totò)]

Re: Poesia, prosa o proesia?

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Vengo a dare il mio modesto contributo fuor d'accademia e in forma del tutto personale. Poesia e prosa sono due forme di linguaggio diverse. Ai loro albori, era poesia ciò che veniva espresso dentro rigide gabbie costituite, mentre la prosa la si poteva trovare nel racconto estemporaneo intorno a un fuoco. Per esempio, se mi avresti fatto questa domanda durante il mio periodo scolastico (ammesso e non concesso che aprissi i libri) ti avrei risposto che la poesia è quella che devi mandare a memoria (e alla fine posso ben dire che tal poesia non mi ha detto niente) mentre la prosa è il mattone che ti devi sorbire per poi ricavarci uno straccio di riassunto. Al di là delle mie negligenze scolastiche, ma fermo restando la mia ignoranza dell'accademia, ogni linguaggio col tempo si evolve. Sia la prosa che la poesia differiscono se fatte nel '500, nell'800 o nel 2000. Rimangono tutte la stessa cosa? Sì, pur differenziandosi nella forma. Col progredire dei tempi si è ampliato il mondo della letteratura, con lo sviluppo dei mezzi di comunicazione si è ampliato e diversificato il coro delle voci (anche io posso permettermi di fare e pubblicare prosa o poesia).
La proesia la si trova già nel comunicare di oggi, una narrazione nella forma breve della poesia (un tweet, una clip, un toc toc).
Secondo me, soprattutto con le voci più giovani, si andrà sempre più verso una commistione di prosa e poesia, una narrazione di sintesi e una sintesi narrativa.
Per esempio, un'autrice che mi ha letteralmente rapito è Paola Mastrocola, proprio perché ho trovato molta poesia nella sua prosa. In ambito poetico invece sono stato piacevolmente sorpreso dalla poesia prosastica del giovane Ocean Vuong. E qui è un po' emblematica la sua storia. Classe 1988, vietnamita trapiantato negli USA all'età di due anni. La sua opera d'esordio del 2016 "Cielo notturno con fori d'uscita" è scritta in inglese, non la sua lingua madre, e forse non sentendosi "maturo" per la prosa si affida al linguaggio poetico, però si avverte il forte impulso di voler narrare (alcuni brani sono nella forma lineare della prosa),  di voler comunicare di sé. Ha poi esordito anche con la narrativa, ma non l'ho ancora letto. Sarei proprio curioso di scoprirne anche la prosa.

Re: Poesia, prosa o proesia?

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Io vorrei aggiungere questo pensiero: nei secoli passati i poeti erano quelli che ebbero la possibilità di studiare grazie alla loro condizione sociale.
In tali secoli l'istruzione era una grave questione sociale. La discriminazione sociale permetteva che solo i pochi laureati potessero esprimersi e pubblicare. Insomma, la poesia era una questione d'élite e per questo la metrica e tutta la necessità di creare regole rigide era funzionale alla necessità di tenere fuori chiunque, con un minimo di cultura, potesse cimentarsi in poesia. Credo che le regole furono un mezzo per creare quella poesia per pochi, come anche nel caso della musica: roba da salotti della borghesia altolocata. Se mi sbaglio, correggetemi. ciao a tutti.
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: Poesia, prosa o proesia?

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@bestseller2020 io non parlerei di una volontà di circoscrivere la fruizione letteraria avvalendosi di regole più rigide, ma di condizioni sociali diverse. In mancanza di strumenti adeguati per secoli l'unico modo di diffondere poemi, saghe, miti e tutto quello che caratterizzava il bagaglio culturale di una comunità era tramite la forma orale, mentre i testi scritti erano rarissimi. Questo ha portato a sviluppare linguaggi adatti essere tramandati oralmente, il ritmo, la musicalità e tutte le figure retoriche e metriche atte a favorire una regolarità erano preferite. D'altra parte è vero che la popolazione istruita e in grado di leggere era un'elité, questo ha favorito la coesistenza di strutture linguistiche omogenee e complesse allo stesso tempo. Oggi la popolarizzazione dei linguaggi scritti tende a una loro semplificazione. Inoltre mancando il bisogno di memorizzare le nostre conoscenze, ma anzi vivendo in una società in cui la comunicazione viaggia velocemente, cambiano le forme espressive.
Ad esempio mi è capitato più volte di leggere un parallelo forse dissacrante per i più tradizionalisti: c'è chi confronta l'ambiente dello Stil Novo e di Dante, in cui dei giovani poeti si sfidavano a colpi di sonetti con le gare di freestyle in cui si misurano oggi i cantanti rap. Ovviamente quelli erano i ragazzi dell'elitè culturale dell'epoca mentre nel secondo caso parliamo di una "sottocultura", però erano mossi dalla stessa volontà di stabilire chi fosse il più virtuoso nel loro ambiente. Le prime sono produzioni che fanno parte del nostro patrimonio culturale, ma tutto nasce dalla vita vissuta che le persone in ogni epoca affrontano. Anche loro erano ragazzi innovatori, moderni nel loro modo di porsi e probabilmente ai tradizionalisti dell'epoca, legati al latino e ai classici antichi, dovevano sembrare dei poeti barbari che calpestavano le tradizioni.

Re: Poesia, prosa o proesia?

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@Anglares ciao e grazie per la risposta. Il pensiero esposto è frutto della mia naturale propensione alla provocazione. Da buon appartenente alla plebe ho questo insito atteggiamento su chi ritiene di essere il porta voce della cultura, alla stregua del principio divino "che Dio lo vuole".
Eppure è anche vero che il tuo discorso sia riconducibile all'idea già espressa che vede in ogni epoca il suo medioevo. Quindi luci e ombre illuminano e offuscano il percorso culturale dell'uomo. Io ritengo che quando vi è la massima libertà di espressione si ottiene il meglio: in tutti i campi.
Nuovamente grazie e ciao
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: Poesia, prosa o proesia?

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Ippolita ha scritto: La Bisutti*, citando La camera da letto di Attilio Bertolucci, vero e proprio romanzo in versi, interpella il lettore: come facciamo a dire che si tratta di poesia, visto che non c'è nulla che la ricordi, né una rima, né un ritmo?
Era tanto che volevo leggere quel libro di Bertolucci, di cui in passato avevo apprezzato enormemente le poesie, fra le quali soprattutto "La capanna indiana." Ho ritrovato lo stesso tono dimesso e ironico, di un poeta a un tempo saggio ma che, proprio in virtù della sua saggezza, non si prende troppo sul serio. Ho anche notato un'incredibile varietà di stili e contenuti, una riutilizzo consapevole della poesia modernista (evidente il debito coi Cantos di Pound) e, nel complesso, ho visto il lavoro come una piacevole chiosa al grande lavoro di Proust, in quanto parla del problema del ricordo. Per andare sul punto della questione posta da @Ippolita : a mio avviso anche se (se non erro) Bertolucci usa il verso libero, ciò non significa che non ci sia un grande lavoro sul verso, oltre che sull'insieme di versi. A mio avviso si può parlare di poesia perché c'è un evidente lavoro sul verso, anche senza rime o forme metriche. Mi viene in mente Thomas Eliot: anche lui usa il verso libro, ma usa un verso libero che ha delle regole. Non esiste, in realtà, una poesia che non risponda alle regole. Per chi legge in inglese, consiglio questa pagina: 

https://poets.org/text/some-reflections-eliots-reflections-vers-libre-verse-and-free-verse

Per tornare al testo di Bertolucci: in alcuni parti l'afflato lirico è evidente, traspare dal testo. Altre parti, soprattutto quando Bertolucci si avvicina col ricordo a quello che ha "a portata di mano," il libro tende alla prosa. So che Ippolita ci ha fatto l'esempio del libro di Attilio Bertolucci per dare avvio a questa interessantissima conversazione, di cui non mi sto perdendo un passaggio. Però, avendo avuto modo di leggere il libro da cui abbiamo preso spunto, volevo dire due parole. Sono un poeta dilettante/naif, non sono un poeta "istruito," chiedo scusa se quanto ho scritto risulta un po' sconclusionato... vado a rileggermi cosa dice il buon Eliot sul verso libero, che lui padroneggiava in modo impeccabile (perché il verso libero non significa assenza di regole.) Buona domenica!
https://domenicosantoro.art.blog/

Re: Poesia, prosa o proesia?

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Anglares ha scritto: Dunque la poesia "invadeva" un campo che oggi consideriamo tipico della prosa.
Questo aspetto che sottolinei è molto interessante. Infatti (mi corregga @Domenico S. se sbaglio), per esempio, la produzione filosofica presocratica era in versi, e in versi anche l'opera soloniana, che pure esprimeva concetti politici e morali, così come a Roma era in esametri il De rerum natura di Lucrezio, che trattava di questioni filosofiche e scientifiche. Però già Platone passa al dialogo filosofico in prosa, e la storiografia mi pare nasca direttamente in prosa.
Adel J. Pellitteri ha scritto: mer feb 09, 2022 8:46 amSono tratti dal libro My people (La mia gente) della poetessa Oodgeroo Noonuccal, un'aborigena che nelle sue poesie cerca di fissare il passato e la cultura della sua gente
Grazie a te, cara, per queste poesie così belle e la tua opinione. 
Irene ha scritto: mer feb 09, 2022 1:48 pmIo mi immagino la poesia come quello che resta impresso  mentre si stanno cercando di acchiappare i fogli di un testo sparpagliati in aria dal vento, e nessuno afferrerà mai le stesse cose
Una splendida immagine che, forse, possiamo applicare anche a certa prosa, come suggerisce Domenico. Grazie, Irene.
https://www.amazon.it/rosa-spinoZa-gust ... B09HP1S45C

Re: Poesia, prosa o proesia?

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Poeta Zaza ha scritto: mer feb 09, 2022 2:26 pm Un esempio di come la poesia possa apparire come prosa, nella sua libertà di costruzione, ma non esserlo, perché è lirica vera, 
che nasce dentro all'autore e viene accolta dal singolo lettore nel suo sé, è dell'autore Emilio Cecchi, e la poesia s'intitola "Primavera":

Primavera

L'amore è questione di spazio.
Essere occupati. Occupare.
E però tristezza, infelicità.
Tristezza calma come viaggiare
mettendo in valore le stagioni.
Nell’animo infatti a chi viaggia,
le donne dischiudono il paesaggio,
emblemi più puri.

E ora l'acquate di primavera
trapungono con frizzore d'aghi
scritture di celeste e d'oro
sopra le arene vaghe
a' termini della vuota città.
Le bimbe di gambe virili
sedute agli uscioli
si cuciono le vesti leggere
e il limpido capriccioso mattino
oscilla e cade a' loro piedi.

Per gli ariosi archi rosati
e il verde spessore sotto gli alberi
mi segue un pensiero di te.
E porto i tuoi occhi
come un urto nel cuore,
per pena di quando
non ti vedevo e eri accanto.

Oh essere un paese tuo!
Nutrizione dei destini inferiori.
E a' crocevia dove la materia
s'ingolfa in me fresca e polverosa
ritrovo i primi sapori.
Una regione amorosa
si crea del mio transito a te
nel mio corpo più fino.
Il gelo dei tuoi bracci carnosi
m'invera i silenzi
delle case attente sui colli
a' giochi del viziato mattino.
Grazie per questa bella poesia di Cecchi, Zaza! 
Mi appare, però, talmente ricca di figure poetiche che non mi viene da paragonarla a una pagina di prosa: vi sono rime, allitterazioni, assonanze e consonanze, parole auliche, costruzioni non lineari. 
Di fronte a un testo del genere, mi pare che il "genere poesia" s'imponga di suo; leggendo, invece, lo stralcio de La camera da letto riportato dalla Bisutti, non ci si rende conto subito che si tratta di versi, se non per il fatto che si va a capo prima della fine della pagina:

(...) Gelasio non è solo, sembra / arrossire quando entrano, / e con la sua vocina deve pregarli / di accomodarsi un momento. Il cliente, / che sta piegato sul panchetto, / non sembra accorgersi di loro: difficile / stabilire che cosa faccia / perché non parla e muove appena il braccio destro / mentre Gelasio torna a lui; / A. lo osserva con minuta attenzione. (...)

Qui servono altri strumenti di analisi. La Bisutti propone il suo, che ho riportato sopra, ma forse non è sufficiente.
Alberto Tosciri ha scritto: mer feb 09, 2022 5:50 pmAnche mia bisnonna, morta quasi centenaria, appartenente certamente a un altro mondo, ogni tanto cantava improvvisando parole d’amore e rimpianto verso il marito e i figli morti troppo presto e io l’ascoltavo in religioso silenzio imparando  a conoscere la sua vita, il suo mondo scomparso
Una cosa stupenda e incredibile.
Alberto Tosciri ha scritto: mer feb 09, 2022 5:50 pmEcco, non è un contributo eccellente, molto semplice e a suo modo prolisso e mi scuso, ma mi andava di dire due semplici parole in proposito.
Ti ringrazio tantissimo, Alberto. È tutto interessante quello che hai scritto.
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Re: Poesia, prosa o proesia?

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Oh, eccomi qui con la mia inconfondibile puntualità @Ippolita  :super:

Il discorso, se non dilemma, mi interessa molto. Pertanto è un piacere tentare un dialogo e una visione. 
Sono forse la persona meno adatta ad ogni qualsiasi tipologia di schematismo, etichetta e ristrettezza. Tendo a giocare con i limiti e a ricercare in altro le mie risposte. 
La poesia è solo forma scritta? 
Questo mi chiedo e per chi vuole tentare una risposta. 

Per me esistono diversi sensi di poesia, ma ognuna prende radici da una forma che possiamo trovare, vedere, sia nel mondo che dentro di noi. Può scaturire da una foglia su una strada, dal buio, da un evento, dal nostro guardarci allo specchio. Ciò che voglio dire è che la poesia è prima ancora di farla in uno sguardo, un'incontro. Regala quella specialità che aggiunge ritmo a ciò che in altri modi resterebbe fermo. Immobile. 
Dunque, la mia contro-domanda è: stiamo definendo la poesia o i mezzi per fare poesia? 

... non so se mi sono ben spiegata.
Aras Bauta
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