false partenze, stile e pippe mentali

1
Buon pomeriggio a tutti,

mi capita spesso, quando voglio scrivere una storia, di restare "al palo", indeciso sullo stile da usare, sul pov più adatto per la narrazione, il che si traduce in varie false partenze che, il più delle volte, portano a un nulla di fatto.

Questo mi succede perché mi piace (provare a) sperimentare, nel mio piccolo, stili e registri diversi, convinto del fatto che ogni storia ha un suo ritmo e una sua voce particolari.
In passato, invece, ero solito scrivere tutti i testi allo stesso modo, o quasi. Sempre in prima persona, spesso al presente, ancor più spesso adottando una scrittura che seguiva (o provava a seguire) i dettami del minimalismo.
Ciò che scrivo oggi, quando mi riesce di scrivere qualcosa, mi piace molto di più di ciò che scriveva il vecchio me, eppure, allo stesso tempo, il vecchio me non restava mai impallato e sapeva sempre come scrivere ciò che avrebbe scritto.

Ma ampliando il tema: ci sono autori, anche affermati, anche Grandi Autori, che utilizzano sempre lo stesso stile, che hanno una voce riconoscibile, mentre altri no, o meglio, chiaro che la voce è sempre la loro, ma lo stile cambia e si adegua alla storia narrata. La sensibilità è riconoscibile, ma registri e stile cambiano.

Perché succede questo, secondo voi?
è giusto dare importanza alla ricerca di una giusta voce per ogni storia?
O è una questione di pippe mentali, la mia?
A voi capita mai qualcosa del genere?

Grazie a chi vorrà dire la sua

Re: false partenze, stile e pippe mentali

2
Io credo non si tratti di pippe mentali ma di un normale percorso come scrittore. Al di là del fatto che esistono diverse tipologie di scrittori è chiaro che, come dici tu, quando esci dal tuo orticello narrativo dove ti sai ormai destreggiare bene trovi delle difficoltà. Nessuno ti vieta di rimanere lì e continuare a scrivere allo stesso modo ma, solitamente, lo scrittore è un animale curioso per natura e cercare nuove esperienze credo sia naturale a un certo punto. Che si tratti di cambiare genere, pov, stile o registro poco importa, sono comunque territori sconosciuti da esplorare con cautela, dove l'inciampo demoralizzatore è sempre in agguato.
Chiaramente se parliamo di grandi scrittori o anche più semplicemente di autori affermati penso che la struttura organizzativa di una grande casa editrice aiuti parecchio nell'affrontare queste svolte. Io personalmente lo noto leggendo il libro di esordio rispetto al terzo o quarto dello stesso autore. Si vede benissimo il lavoro dei professionisti che c'è dietro, senza nulla togliere alla personale crescita professionale di uno scrittore.

Re: false partenze, stile e pippe mentali

3
Penso che ogni storia abbia anche bisogno di uscire ciambella col buco. Ma la farina, il burro e le uova, prendile dalla tua cascina. Poi, ci metti la 00 per un tipo di storia e la integrale per un altro.

Mi accorgo, io stesso, di sfornare sempre lo stesso ciambellone, non ci posso far nulla. Ma fra le frecce del mio arco, ogni tanto ci metto anche qualche candito e qualche spolverata di zucchero a velo, a seconda della circostanza. 

(Buon appetito  :) )
L. COME APOCALISSE - G. Domenico Lupo

CANTITU APPURATE - G. Domenico Lupo

I MIEI ANIMALI - G. Domenico Lupo

Re: false partenze, stile e pippe mentali

4
Credo che bisognerebbe distinguere tra il periodo di formazione/apprendistato e quello di approdo, diciamo così, insomma di quello in cui un autore a torto o a ragione pensa di aver trovato una sua forma espressiva.
Nel primo periodo è giusto, anzi è necessario, cercare di sperimentare, ma una volta che si ritiene di aver trovato un proprio stile (parola impegnativa, ma i sinonimi di timbro, voce, etc. non è che lo siano di meno) è meglio concentrarsi su quello che si vuol scrivere che non continuare a cercare sempre nuove formule espressive. 
D'altronde gli autori-camaleonte sono molto rari in letteratura, e una delle caratteristiche del grande autore di solito è proprio la riconoscibilità, il fatto di possedere una scrittura inconfondibile che si riuscirebbe a identificare anche se il libro fosse senza firma. 
Questo ovviamente non significa che non si debba sempre cercare di migliorarsi, di cercare varianti, di non essere troppo ripetitivi (sebbene una certa dose di ripetitività sia quasi sempre gradita agli appassionati di un dato autore), ma senza stravolgere la propria scrittura, che è poi un altro modo di dire: cercando di rimanere sempre se stessi.

Re: false partenze, stile e pippe mentali

5
Io non credo che lo stile personale di un autore possa subire mutamenti radicali, a meno che a mutare sia il carattere stesso della persona, ancora in fase formativa se adolescente o giovanissimo. Che poi la storia venga raccontata in prima o terza persona, al presente o al passato, sono scelte che la storia stessa impone, a seconda di come viene sviluppata. Lo stile può subire variazioni di aggiustamento, appunto, a seconda del risultato che lo scrittore si propone di raggiungere, ma il fulcro intorno al quale tutto gira, la personalità di chi scrive, non credo che possa subire repentine mutazioni: semmai, una graduale evoluzione governata dalle esperienze e dall'età. 
Mario Izzi
2025 - Sopravvissuti
(in)giustizia & dintorni
Dea
[/De gustibus non est sputazzellam (Antonio de Curtis, in arte Totò)]

Re: false partenze, stile e pippe mentali

6
Intanto ringrazio tutti (@Cheguevara , @massimopud , @JD WOLF , @Brutus ) per il vostro prezioso contributo, che ha arricchito la discussione di spunti interessanti e affatto banali.
Sono sostanzialmente d'accordo quando si dice che lo stile cambia specialmente nel periodo in cui un autore si sta, per così dire, formando. Ma credo anche che il processo non abbia una collocazione temporale (insomma non penso che lo stile sia più soggetto a mutare in un adolescente, piuttosto che in un adulto). Inoltre, credo che il discorso valga di certo nel caso di narrazione in terza persona. Ma in una prima persona, lo stile deve anche adattarsi al tipo di narratore, non trovate? Se, ad esempio, la storia è raccontata dal punto di vista di un bambino, l'autore dovrà adottare un registro consono, non potrà certo parlare come un professore di virologia (tanto per restare nel quotidiano). 
Poi, chiaro, un autore ha il suo modo di vedere il mondo e dunque di rappresentarlo, ma forse questa peculiarità si declina anche nelle tematiche raccontate. 
Poi è anche vero che ci sono tanti autori che hanno uno stile, una voce, più (mi verrebbe "ordinaria", ma non è il termine corretto), mentre altri hanno una scrittura sopra le righe, che varia anche all'interno dello stesso romanzo (mi vengono in mente, ad esempio, i romanzi di Irvine Welsh, o Wallace, o perché no, anche George Saunders), però forse è vero: anche leggendo dei frammenti estrapolati dal contesto, magari si riuscirebbe ugualmente a intuirne l'autore.
Cavolo, credo che sia un tema su cui si potrebbe discutere davvero a lungo :)

Poi c'è anche la questione del "prendere in prestito" gli strumenti degli autori che ci piacciono. Credo sia comune (ne parla anche Vanni Santoni nel suo libro sulla scrittura) cercare di imitare lo stile degli scrittori che ci piacciono, salvo poi, a poco a poco, discostarsene, tenendo nel nostro cassetto degli attrezzi alcuni trucchi imparati con la sacra arte dell'imitazione. Su questo come la pensate? Credete che sia giusto "copiare", se non altro per un periodo, gli scrittori che leggiamo?

Re: false partenze, stile e pippe mentali

7
Quando ho iniziato a scrivere non mi sono nemmeno posta il problema. Anch'io all'inizio scrivevo solo nel modo che mi veniva più naturale (forse per una preferenza di lettura): terza persona soggettiva, al passato. Andava benissimo per il genere fantasy e giallo. Ma al momento di scrivere uno storico mi è venuto spontaneo usare il narratore onnisciente, al presente. Questo per vari motivi, uno dei quali (e questo risponde forse alla tua ultima domanda) è che avevo letto un bellissimo romanzo storico che usava quel modo, immediato e personale, di rivolgersi al lettore. L'autore in questione era senz'altro più esperto di me, e almeno due recensori hanno detto che avrebbero visto meglio una narrazione al passato. Questo mi ha fatto pentire della scelta? Assolutamente no, perché è così che ho concepito quella storia, che piaccia o meno. Ho voluto provare uno stile nuovo, ma non l'ho preso a caso: per me si adattava come nessun altro a ciò che volevo raccontare.
Provare nuovi modi di espressione fa parte del percorso di crescita. Diffiderei di un autore che usa sempre gli stessi identici mezzi narrativi.
Se però parliamo di stile, la questione è diversa. Si può avere uno stile riconoscibile anche usando tempi e persone diverse. Lo stile è fatto da tantissime cose: la lunghezza delle frasi, il modo si disporle, le parole particolari, metafore o temi ricorrenti, ecc.
Il fatto che gli autori più famosi usino spesso anche lo stesso tempo e persona deriva dal fatto che si sono specializzati in un dato genere (Stephen King con l'horror, Agatha Christie col giallo, Fabio Volo con qualunque cosa faccia... ecc.).
Ma non vedo niente di male a provare diversi generi e stili. Perché limitarsi a uno, quando il bello della scrittura sono proprio le possibilità infinite che offre per sperimentare?
Ci capita di non avere davvero la consapevolezza di quanto potere abbiamo, di quanto possiamo essere forti (A. Navalny)
Qualunque sia il tuo nome (HarperCollins)
La salvatrice di libri orfani (Alcheringa)
Il lato sbagliato del cielo (Arkadia)
Il tredicesimo segno (Words)

Re: false partenze, stile e pippe mentali

8
Cheguevara ha scritto: Io non credo che lo stile personale di un autore possa subire mutamenti radicali, a meno che a mutare sia il carattere stesso della persona
Dipende da cosa consideriamo "stile": se è solo la parte formale/tecnica della narrazione (il vocabolario, le strutture sintattiche, il ritmo,...) allora si adatterà al risultato che l'autore vule ottenere in ogni suo testo (come dici tu, lo stile che si adatta alla storia); se invece per stile consideriamo anche la parte di tematica (la poetica dell'autore, se usiamo la formulazione ad sussidiario scolastico) concordo con quanto citato qui sopra, pur tenendo conto del fatto che un autore potrebbe voler portare avanti certe posizioni anche parlando con la voce di un personaggio che invece è totalmente contrario (l'equivalente narrativo di una dimostrazione per assurdo).

Personalmente tendo ada ssegnare al termine "stile" il solo valore formale, quindi credo esistano diversi autori capaci di variare il proprio stile in funzione del tema, dell'effetto desiderato o della voce narrante.
Rispondi

Torna a “Parliamo di scrittura”