Cosa pensi degli autori italiani che mettono titoli in inglese ai loro romanzi e ai loro racconti?
1Io penso che siamo italiani e scriviamo in italiano. Perché allora un titolo in inglese? Perché? Perchééééé?
Silverwillow ha scritto: A me l'inglese piace, perché è forse la lingua più semplice da imparare, ma non vedo nessun motivo valido per dare un titolo in una lingua diversa dall'italiano, per un libro pubblicato in Italia.Proviamo ad applicare il discorso al campo della musica pop (un campo che è in contatto con la letteratura, in quanto i testi delle canzoni sono anche dei testi letterari). Quanti album musicali di altri paesi - che non siano Stati Uniti e Regno Unito - hanno fatto la storia della musica pop? Pochissimi. E quanti album musicali di artisti italiani, pur essendo in lingua italiana, fanno uso di titoli o termini anglofoni? Diversi. Francamente non vedo il problema. Il dibattito sulla difesa della lingua italiana dal presunto imbarbarimento culturale mi sembra una roba dei tempi di Alessandro Manzoni... Nella realtà dei fatti, oggi né la letteratura né la lingua sono più quelle, e l'influenza anglofona è un fenomeno crescente da quasi un secolo, e che nemmeno il fascismo riuscì ad invertire di rotta. Non c'è alcun dubbio che nell'era moderna l'inglese stia assumendo sempre più alcune funzioni che furono del latino nell'era antica. Infatti, non si tratta più soltanto di una lingua estera - come lo sono il tedesco o il portoghese - ma di una meta-lingua che sta sempre più entrando nella nostra. Non entro nel merito se ciò sia un bene o un male, ma oggi anche la letteratura italiana è diventata "pop", e qualunque opera letteraria che sia ambientata ai nostri giorni è piena non soltanto di termini inglesi che appartengono al linguaggio ordinario - e senza i quali i dialoghi di un romanzo contemporaneo non potrebbero più risultare realistici - ma anche di elementi della vita moderna e sfumature culturali che non hanno alcuna connotazione "italiana". Quindi, non vedo cosa ci sia di strano se, in alcuni casi, anche il titolo dell'opera fa uso di termini anglofoni, specie se ben noti al grande pubblico ed entrati a far parte del linguaggio comune.
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Quanti capolavori letterari sono giunti dagli Stati Uniti rispetto a tanti altri paesi a noi più vicini?
Cheguevara ha scritto: @Alberto Tosciri Sottoscrivo al 100%. Forse qualcuno pensa che l'ambientazione all'Estero di un testo lo nobiliti. Mah!E rivolto a me?
Wanderer ha scritto: E quanti album musicali di artisti italiani, pur essendo in lingua italiana, fanno uso di titoli o termini anglofoni?Beh, io a essere sincera non capisco nemmeno quelli... Va bene, l'inglese è diventato lingua universale, e mi sta bene per l'informatica e il commercio (dove una lingua comune ci vuole e tanto vale prendere la più diffusa) ma non nel campo letterario. Se un libro ha la fortuna di venire tradotto, assumerà il titolo in quella lingua, ma pubblicarlo già col titolo in un'altra lingua per me non ha senso.
Wanderer ha scritto: Il dibattito sulla difesa della lingua italiana dal presunto imbarbarimento culturale mi sembra una roba dei tempi di Alessandro Manzoni...Io non ho alcun attaccamento nazionalistico alla lingua. Semplicemente sono nata qui e parlo italiano. E scrivo libri e titoli in quella lingua, non perché la reputo migliore di altre, ma solo perché è la mia, è quella che conosco fin dalla nascita.
Ngannafoddi ha scritto: Non sarebbe un buon biglietto da visita presentare un manoscritto con il titolo in inglese .Dipende, se scrivi romance puoi tranquillamente mandare manoscritti intitolati "Endless/beautiful/forbidden (e infiniti altri, a scelta) love" e passarla liscia
Ngannafoddi ha scritto: Io penso che siamo italiani e scriviamo in italiano. Perché allora un titolo in inglese? Perché? Perchééééé?sono come i transessuali non operati: né carne né pesce.
JD WOLF ha scritto: lun ott 18, 2021 12:56 pmIn inglese ero un cane, ma avevo una professoressa tanto bella e cara. Nonostante la sua dedizione e la sua pazienza, potrei giusto proporre la versione inglese del mio prossimo romanzo, intitolato "Il gatto è sopra al tavolo".Questo però è proprio uno di quei casi in cui il titolo in inglese andrebbe benissimo, perché "The cat is on the table" sarebbe una presa in giro dell'inglese scolastico e magari più in generale dell'anglomania.
Silverwillow ha scritto: Se un libro ha la fortuna di venire tradotto, assumerà il titolo in quella lingua, ma pubblicarlo già col titolo in un'altra lingua per me non ha senso.Ma se il libro è già ambientato in terra straniera, perché non dovrebbe avere senso? Se un titolo anglofono "ha senso" per la maggior parte dei lettori italiani, in quanto magari le parole sono abbastanza note, o addirittura entrate a far parte della stessa lingua italiana, allora ha senso. Perché generalizzare?
Silverwillow ha scritto:Io non ho alcun attaccamento nazionalistico alla lingua. Semplicemente sono nata qui e parlo italiano. E scrivo libri e titoli in quella lingua, non perché la reputo migliore di altre, ma solo perché è la mia, è quella che conosco fin dalla nascita.Non nazionalismo, ma ci vedo un po' di campanilismo... Comunque non esiste una lingua italiana che sia stabile e "impermeabile". Se oggi apri un qualunque "Dizionario della lingua italiana" ci sono centinaia di parole inglesi, che sono entrate a far parte della lingua italiana. In passato già tanti francesismi sono entrati nella nostra lingua, e oggi non vengono più nemmeno riconosciuti come tali e appaiono come parole puramente "italiane". Sta succedendo oggi anche con alcuni inglesismi, come ad esempio l'uso linguistico del verbo "realizzare" (da "realize") nel senso di "capire", che ormai è tanto di uso comune che è stato ammesso come legittimo. Quindi?
Silverwillow ha scritto: Quanti inglesi danno titoli italiani ai loro romanzi? Non ho fatto ricerche ma scommetto nessuno. Perché mai dovremmo farlo noi?Mi sembra di aver risposto a questa domanda... piaccia o meno, l'inglese è parlato dalla maggior parte dei popoli, come lo era il latino nell'antichità, mentre l'italiano no. Nel dizionario della lingua italiana ci sono centinaia di parole inglesi, mentre nel dizionario della lingua inglese relativamente poche parole italiane. Poi possiamo discutere del perché e del per come, ma questo è un dato di fatto, quindi secondo me il tuo paragone non regge... In ogni caso, ci saranno anche dei casi plausibili in cui un autore anglofono potrebbe dare un titolo italiano a un romanzo. Se uno scrittore americano ambienta un suo romanzo in Italia, e vuole dare una forte connotazione di italianità, potrebbe benissimo intitolarlo "Viva la mamma", in particolare se si rivolge a un certo target di lettori italo-americani...
Wanderer ha scritto: Comunque non esiste una lingua italiana che sia stabile e "impermeabile". Se oggi apri un qualunque "Dizionario della lingua italiana" ci sono centinaia di parole inglesi, che sono entrate a far parte della lingua italiana. In passato già tanti francesismi sono entrati nella nostra lingua, e oggi non vengono più nemmeno riconosciuti come tali e appaiono come parole puramente "italiane".Del tutto d'accordo, infatti ho detto:
Silverwillow ha scritto: Alcuni termini inglesi e francesi sono entrati nella nostra lingua e l'hanno anche arricchitaLa mia comunque è solo un'opinione. A me i titoli stranieri, da lettrice e da scrittrice, non piacciono. Non li trovo necessari, né migliori.
Wanderer ha scritto: Se uno scrittore americano ambienta un suo romanzo in Italia, e vuole dare una forte connotazione di italianità, potrebbe benissimo intitolarlo "Viva la mamma", in particolare se si rivolge a un certo target di lettori italo-americani...Come diceva anche qualcuno sopra, se il titolo è usato in senso ironico (The cat is on the table) o ha comunque un significato particolare legato a quella lingua, ci può stare. Io sono contraria solo all'uso di una lingua straniera perché suona più figa, o perché va di moda. Non è nemmeno campanilismo. Se un domani imparassi meglio l'inglese, potrei scrivere un libro per il mercato estero, e in quel caso di certo gli darei un titolo adeguato. Non è la lingua scelta il problema, ma il motivo che spinge a usarla. Se il motivo è superficiale e sciocco, per me lo diventa anche il libro
Marcello ha scritto: Ma casi limite a parte, mi capitano di frequente da editare romanzi, thriller e noir soprattutto, ambientati negli USA e che potrebbero essere ambientati allo stesso modo in Italia, Norvegia o Mongolia: non cambierebbe assolutamente nulla nella trama e quanto all'ambientazione basterebbe sostituire le autostrade americane a ventotto corsie con le nostre a due o tre e i grattacieli con palazzi di quattro piani.Questa non è detto sia (soltanto) una cosa negativa. Le componenti invariabili delle storie (le azioni) sono le più importanti, sono quelle su cui si fonda la trama, l'ossatura stessa dell'opera, e su cui si basa la sinossi. Le altre invece (nomi dei personaggi, luoghi) sono componenti più variabili, più accessorie, tali per cui effettivamente una medesima storia potrebbe essere ambientata in qualunque luogo, con gli opportuni accorgimenti. Sono le prime ad avere la potenzialità di rendere una storia quanto più universale, a prescindere dal luogo in cui sia ambientata.
Wanderer ha scritto: Questa non è detto sia soltanto una cosa negativa.Opinione tua, che rispetto ma non condivido per nulla.
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