Ciao a tutti ragazzi! La domanda sostanziale è già nel titolo: è sbagliato parlare tanto di se stessi nelle proprie storie? È sbagliato, poco formativo, poco nutritivo e poco onesto, nei confronti di se stessi e del lettore, raccontare storie di personaggi molto simili a se stessi? Ho idee contrastanti a riguardo, e devo ammettere che ciò mi sta causando parecchia angoscia: da una parte penso che non si possa raccontare in modo lucido, universale e appunto onesto una storia se si è troppo coinvolti, in prima persona; dall'altra parte immagino che la scrittura sia nata
anche per questo, per condividere la propria prospettiva, per dare sfogo e trasformare in bellezza le proprie fragilità e i propri dolori, che al contempo possano magari aiutare qualcun altro ad affrontare le proprie difficoltà, che siano simili o no a quelle della storia.
La mia domanda, comunque, è molto pratica, perché sto progettando una storia e non riesco a scrollarmi di dosso, né a trovare alternative per i due personaggi principali, che sono molto molto simili a me, sia nelle attività che svolgono che, soprattutto, nei loro modi di vivere, di pensare, di sentire. Immagino di avere qualche evento da metabolizzare, ma non voglio che ciò infici la fruibilità della storia. Ho sempre sostenuto che bisogna scrivere sempre in primis per se stessi, e solo dopo per il lettore (sì, lo so, sono sempre stato controcorrente), ma ora che mi ritrovo a dubitare dell'universalità della mia storia, il dubbio mi attanaglia.
Grazie a tutti coloro che daranno sollievo alla mia mente ossessiva, o che almeno ci tenteranno.
