La scelta Pt.16

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[MI184] Hikikomori - Costruttori di Mondi


La scelta Pt.16


Rimasi sconvolto, quasi atterrito.
Vederla accomodata nella mia macchina a cinquanta centimetri da mia moglie mi tolse il fiato.
Uno sciame d’angoscia mi attanagliò, mille spilli roventi che mi trapassavano il cervello; rimasi con la mano inerte nella sua, come se il tempo si fosse bloccato.
Balbettai un – Piacere – dicendole il mio nome.
Avevo il suo sguardo nei miei occhi e le sue labbra piegate in un impercettibile sorriso beffardo.
Mia moglie non si era accorta di nulla, salvo dirmi – Amore, ti vedo pallido. Cosa c’è, non stai bene? Mangi sempre quelle schifezze che preparano al bar all’angolo del tuo ufficio, poi è chiaro che non digerisci.
Mi scossi e allacciai rapidamente la cintura, avviando nervosamente il motore.
– Sto bene, tranquilla. Hai fatto bene a invitare la tua collega se fa la nostra stessa strada.
– Più che colleghe, possiamo dire di essere diventate amiche. Vero, Bruna? – chiese allegra, rivolta all’altra.
– Certo! Abbiamo scoperto di avere identici gusti – ribadì allegra Bruna.
Trovai la battuta di pessimo gusto; mentalmente ero furente, questa cosa era pericolosissima, Bruna stava giocando col fuoco.
Avevo già in mente la sfuriata che le avrei fatto appena ci fossimo trovati da soli.
Come cazzo le era venuta in mente questa alzata d’ingegno?
Diventare amica di mia moglie, salire nella nostra macchina con noi?
Cosa voleva combinare? Che Cristo di macchinazione stava attuando?
Ora mi era chiaro il legame: vincere quel concorso e farsi destinare allo stesso ospedale dove mia moglie lavorava non poteva essere un caso.
Mi maledissi per quando, da perfetto idiota, le avevo parlato di lei, del lavoro che svolgesse e del luogo in cui era impiegata.
Che leggerezza avevo avuto, che stupido imbecille.

Lei aveva la fantasia d’essere mia moglie, per questo stava cercando di entrare nel mio cerchio familiare, era lampante.
Avevo ingenuamente sottovalutato la cosa, solo ora ne comprendevo la gravità.
Quella ragazza era più astuta di una serpe.
Essere in amicizia con mia moglie: un vero cavallo di Troia, un’operazione d’accerchiamento di cui io ero l’obiettivo.
Ero furente, guidavo con accelerate rabbiose.
– Amore, vai piano, non abbiamo fretta. Ci mancherebbe che facciamo un incidente proprio stasera che diamo un passaggio a Bruna – rise, e l’altra le fece eco ridendo a sua volta.
– Scusami, ma ho avuto una giornata di merda in ufficio. Adesso alzo il piede dall’acceleratore. Ma dimmi piuttosto, dove dirigermi per portare a casa la nostra amica?
Fingevo ovviamente d’ignorare quell’indirizzo che conoscevo benissimo.
Bruna, sempre con tono allegro, iniziò a darmi le indicazioni.
Sentivo che la cosa la divertiva, stentava a trattenere la soddisfazione.
Pensai che presto le avrei tolto il riso di bocca.
La lasciammo sotto casa e ripresi la via verso la nostra abitazione.
– Amore, sembra quasi che ti sia dispiaciuto dare il passaggio a questa ragazza.
– Figurati, perché lo dici?
– Boh? Una sensazione, sembravi quasi seccato.
– Ma no, cosa vai a pensare, manco la conosco.
– Va bene, ma io sì, ti garantisco che è una persona di grandi qualità e non parlo solo del lavoro, è davvero ammodo, gentile e cordiale.
– Ne sono contento per te, amore. È un bene che andiate d’accordo e lavoriate insieme in piena sintonia.
– Certo. Anzi, pensavo anche di invitarla a cena da noi una di queste sere.
– Amore, non ti sembra un po’ presto per parlare di cene?
– Perché dici questo?
– No, dico che in sostanza siete in confidenza da poco tempo. Ti sembra il caso di farla venire a cena da noi così presto? Non è meglio che vi conosciate più a fondo prima di mettercela in casa?
– Ma credi che sia stupida? Credi che non sia in grado di valutare le persone? Potrò ben decidere con chi essere in amicizia e devo aspettare la tua approvazione?
La cosa stava trascendendo, si scivolava verso un litigio, cosa che proprio mi sarei risparmiato per chiudere la serata.
– Ma no, dicevo per dire. Fai ciò che credi. Per me, lo sai, quello che scegli va sempre bene.
Mi allungai per darle un bacio, ma lei scansò il volto con un gesto nervoso.
– Dai, adesso non ti arrabbiare, mica bisticciamo per via della tua collega.
– Il fatto è che tu sei un orso. Non ti va mai bene conoscere gente. Se fosse per te potrei vivere in clausura.
Non aggiunsi altro per chiudere la questione; il traffico serale sul corso Unione Sovietica andava a rilento e beccavo tutti i rossi dei semafori.

Dal giorno successivo non ebbi più bisogno d’accompagnarla, il meccanico aveva riconsegnato l’auto e lei aveva ripreso a viaggiare in autonomia.
Mi aveva anche detto che d’ora in avanti, la sera, avrebbe riaccompagnato lei Bruna a casa, poiché le era di strada.
La cosa ovviamente non mi fece alcun piacere.
Per una settimana non mi feci sentire dalla mia amante, ora dovevo anche calibrare bene il momento di andarla a trovare.
C’era il rischio concreto di trovarmi sotto il suo portone mentre scendeva dalla macchina di mia moglie, creando un’amena situazione da commedia cinematografica anni ’70, sulle complicate vicende di corna di una coppia.
Giusi da lei una sera dopo le venti: mi aprì la porta con un sorriso divertito.
– Ben tornato. Il buon maritino si è ripreso dallo shock?
Le avrei dato volentieri un ceffone, ma mi trattenni.
– Cosa cazzo ti è venuto in mente? Sei forse impazzita? Cos’è questa storia del lavoro e dell’amicizia con mia moglie?
– Calmati! Che ti prende, hai ingerito un porcospino?
– Non fare la scema! Non prendermi per il culo e non farmi incazzare di più! Si può sapere cosa stai cercando di fare? Vuoi rovinarmi la vita? Vuoi punirmi perché sono già sposato e non puoi realizzare la tua favola rosa?
Ero un fiume in piena, una furia fuori dalla grazia di Dio.
Mi guardava con un’aria tra il serio e il divertito, non appariva affatto preoccupata o spaventata da quella sfuriata.
– Bene – disse – ti calmi o devo farti un pompino per abbassarti la pressione? Sei tutto rosso, vorrai mica fare un colpo qui a casa mia? Che poi a tua moglie come lo spieghiamo?
– Sei una stronza! Mia moglie non ti conosce a fondo come ti conosco io.
– Certo, la tua signora non lo sa quanto sono troia, vero? Ma tu sì e ti è sempre piaciuto.
– Non cambiare le carte in tavola. Sai benissimo di cosa sto parlando. Quello che hai fatto è inaudito, diventare amica di mia moglie per entrare nella nostra vita, un espediente meschino e pericoloso.
– Ho capito! Hai il terrore che voglia farmi una batteria con te e la tua signora. Temi che te la corrompa, mostrandole quanto sono depravata e quanto è porco il suo integerrimo maritino?

– Smettila! Sai bene che sto parlando d’altro.
– Sì, del fatto che la puttana che ti scopi non è degna d’essere amica di tua moglie. Certo, io non ho la sua classe, non sono alla sua altezza, non ho diritto di starti vicina. Ho solo la concessione di prendermi il cazzo in condominio con lei. Giusto!
– Fanculo! Non fare la vittima. Spiegami perché sei finita nel suo stesso posto di lavoro, non puoi negare che sia una macchinazione.
– Stronzate! Ho vinto un concorso e mi sono guadagnata un’assunzione. Tutto legittimo e regolare.
– Un cazzo! Sapevi benissimo dove saresti finita. Hai scelto sicuramente dove essere destinata, Torino è piena di grandi ospedali.
– Lo vedi che parli e non sai un cazzo! La destinazione viene data dal coordinatore del Comune, nessuno sceglie o sa dove sarà impiegato.
– Vuoi dire che sei arrivata lì per caso?
– Ovvio, un caso. Mica un colpo di culo per essere nello stesso ufficio di quella che ha sposato e va a letto con l’uomo che scopa con me.
– Davvero è andata così?
– Puoi giurarci. E impara a informarti prima di sbraitare e venire qui a fare il diavolo a quattro, manco fossi Crudelia Demon.
– Quindi non hai architettato tutto?
– Manco per niente. Se proprio ti fa schifo che accetti i passaggi in auto di tua moglie, pazienza, ci rinuncerò e mi prenderò un bus come sempre.
– Vabbè, ma no, dai. Prendi tutti i passaggi che vuoi. Io avevo creduto...
– Grazie. Avevi creduto una minchiata. C’è altro che posso fare per soddisfare Sua Altezza?
Di colpo mi ero sgonfiato come un palloncino forato. Mi sentivo anche un po’ scemo.
– Boh? Non saprei. Magari quel pompino che dicevi all’inizio?
Rise. – Che porco sei. Te lo faccio solo se mi baci la figa.
– Ok, dai. Sfilati le mutandine.
– Troppo comodo, milord. Se la vuoi leccare, te la guadagni.
Me le devi sfilare tu.


(Continua)

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