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La scelta - Pt. 12

Posted: Thu Sep 04, 2025 7:27 pm
by Nightafter
[CE24] Certo che mi piacciono i bambini - Costruttori di Mondi


La scelta - Pt. 12


Certe volte, mentre eravamo a letto dopo aver fatto l’amore, a me veniva voglia di fumare, mentre a lei di fare discorsi strani. Cose che miravano a scavare, analizzare, cercare le ragioni profonde del nostro rapporto. Chissà perché le donne hanno questo bisogno di passare al setaccio anche le cose più semplici. Forse per un’esigenza atavica di sicurezza, di dare un senso a tutto, di classificare per fissare, per dare solidità alle cose e poterle controllare.
- Ti piace fare certe cose con me? - aveva chiesto, mentre lisciavo i miei pensieri, lasciandoli correre verso il soffitto della camera, come il fumo della sigaretta che tenevo tra le labbra.
Eravamo stesi sul letto, sudati e vicini, stanchi e rilassati, con i corpi avvolti negli effluvi dei nostri ormoni stimolati dal sesso. Avremmo fatto la doccia insieme più tardi, insaponandoci a vicenda, toccandoci e baciandoci sotto lo scroscio caldo dell’acqua, ma per il momento indugiavamo nel piacere di quella tregua morbida rubata al tempo.
Lei era accoccolata sulla mia spalla mentre fumavo, combattendo la voglia di assopirmi per qualche istante.
- Certo, mi piace quanto piace a te, - avevo risposto in modo quasi automatico, distratto.
- Le hai fatte anche con tua moglie? - aveva replicato.
- Sì, ovviamente. Quello che facciamo sono cose che ho già fatto con mia moglie.
Pensavo si riferisse ai nostri giochi di soft sadomaso.
- Quindi per te non sono una novità.
- No, non lo sono. Ti dispiace? - avevo ribattuto con un sorriso.
- Sì, un po’, - aveva risposto in un soffio.
- Non c’è niente di nuovo nel sesso da quando l’uomo è sulla terra, - avevo aggiunto, cogliendo la nota incrinata nella sua voce.
- Sì, è vero. Ma mi piacerebbe che tra noi ci fosse qualcosa fatto per la prima volta, - aveva detto. - Una cosa che, se la rifarai con un’altra, ti farà pensare a me.
- Come sei complicata. Il ricordo delle nostre cose mi rimarrà sempre.
- Eh, - aveva sospirato. - Speriamo.
- Che sciocchina sei. - L’avevo stretta e baciata.
Una sera, come al solito, ero passato a prenderla, ma mi aveva chiesto di non accompagnarla subito a casa.
- Facciamo un giro. Andiamo in uno di quei posti dove non ci vede nessuno, - aveva proposto.
Compresi che aveva in mente una delle sue sorprese, tipo fare sesso sotto i finestrini dei camionisti in sosta o qualche altra variante. Non che ne avessi granché voglia quella sera, ma non volevo deluderla, quindi puntai la macchina verso una zona deserta della periferia cittadina.
- Cosa vuoi fare? - le chiesi, cercando di non far trasparire un tono titubante.
- Vai, che adesso lo vedi.
Ci fermammo tra le mura di due fabbriche adiacenti. C’erano grossi bidoni dell’immondizia, scarti di produzione ammassati, cataste di pallet alte più di due metri, ma le luci dei capannoni erano spente e il luogo era deserto. Solo la luce fioca di un lampione, a qualche metro di distanza, ci includeva nel suo cono luminoso. Parcheggiai tra due container e spensi il motore.

La guardai: sorrideva nella penombra, con una luce indecifrabile che le brillava negli occhi. Mi accostai per sfiorarle il seno con la mano.
- Vuoi che scopiamo qui? - chiesi.
- No, voglio fare un’altra cosa, - sussurrò.
Poi domandò: - Hai un preservativo lì dietro?
Sapeva che ne tenevo sempre un paio nel cassettino dell’auto, memore della nostra prima volta nello studio del notaio, per ogni evenienza.
- Sono nel portaoggetti, - le indicai. - Serviti pure. Ma lo sai che non ne abbiamo bisogno.
Non rispose, fece una risatina, poi con un gesto rapido inarcò il bacino e sfilò le mutandine. Ne fece una palla e me le mise in mano.
- Tienile nella tasca della giacca. Non voglio che raccolgano polvere cadendo sui tappetini.
Le presi e le infilai nel taschino. Mi stava incuriosendo: non capivo cosa avesse in mente.
Aprì il cassettino e cercò sotto i documenti dell’auto finché trovò la confezione del profilattico. Prese anche i fazzolettini umidificati. Io osservavo in silenzio i suoi gesti, in attesa di capire cosa sarebbe successo. Con calma, passò un fazzolettino sull’impugnatura della leva del cambio e, quando ebbe finito, lo gettò nel posacenere della macchina. Poi, con la stessa calma, aprì la confezione del preservativo, portò il profilattico alle labbra, soffiò al suo interno per far emergere la sommità del cappuccio e la punta gonfia del serbatoio. Quindi, applicò il cappuccio di lattice sulla testa della leva del cambio, come avrebbe fatto con un membro eretto, e iniziò a srotolarlo lungo l’asta.

Non ebbi il tempo di decifrare il senso di quel gesto: si spostò dal sedile, scavalcò il piantone centrale dell’auto e si mise a cavallo della leva rivestita di lattice. Divaricò con le dita le grandi labbra della vulva e iniziò a far scivolare la manopola del cambio dentro di sé. Mi guardava con un’espressione divertita, il volto illuminato da una luce torbida, come di un trionfo perverso.
Iniziò a muoversi su quel pomello usato in modo insolito, come avrebbe fatto su un membro maschile. Ero sconvolto, ipnotizzato da quell’esibizione dissoluta. Non avevo mai assistito a qualcosa di tanto estremo. Mio malgrado, mi stavo eccitando: sentivo un’erezione così intensa da essere dolorosa.
Lei fece scorrere la zip dei miei pantaloni, infilò la mano nello slip e prese il mio pene.
- Baciami, porco! - disse, offrendomi la bocca, mentre faceva scorrere la pelle del membro lungo la sua erezione.
Le sbottonai la camicetta, liberai i seni generosi dal reggiseno a balconcino. Aveva capezzoli turgidi come nocciole. Iniziai a leccarli e succhiarli con foga.
- Mordimi i capezzoli, strizzali, fammi male, - disse, ebbra di quella follia dei sensi.
Lo feci: le schiaffeggiai i seni, le strinsi i capezzoli tra le dita; sgusciavano per la saliva che vi avevo lasciato nel succhiarli e morderli.
Continuava a dimenare il bacino, muovendosi lascivamente in quell’amplesso innaturale.
- Sei troppo porca quando fai così. Mi fai impazzire, - le sussurrai.
- Dillo che sono la più puttana che hai scopato, - rispose con voce spezzata.
- Sì! Sei la più troia, amore. Sei la più puttana che ho avuto.
- Sono tua. La tua puttana, dillo!
- Sì, la mia. Sei la mia, amore.
- Sto per venire. Sto godendo come una troia per te, amore, baciami!
- No! Aspetta, tesoro. - Feci scattare il ribaltabile del sedile. - Non venire ancora! Non così, voglio scoparti.
La trascinai sul sedile ribaltato, mi inginocchiai e affondai la testa tra le sue cosce. Le mie labbra si immersero nella carne umida e fradicia d’umori della sua intimità, saziandomene la bocca. Le frugai il sesso con la lingua, plasmando con avidità le valve della sua vagina, mentre due dita le dilatavano l’ano cedevole, scivolando tra i suoi succhi vischiosi.
- Voltati, - le dissi. - Voglio prenderti il culo.
- Che porco sei, non lo abbiamo mai fatto.
- Lo facciamo ora, voltati, amore.
Aveva occhi velati di voluttà carnale. Senza parlare, si mise carponi sul sedile. Impastai le dita nei suoi umori e le lubrificai l’ano.

- Fai piano, ti prego, - sussurrò.
Lasciai scendere un filo di saliva sul mio glande e lo puntai sul suo orifizio. Iniziai ad avanzare nel suo retto con lentezza, scivolando poco alla volta. La sua carne si schiudeva, accogliendomi come un nido rovente.
- Ti faccio male? - chiesi.
- Un po’, ma non fermarti, scopami.
Giunsi fino a sentire il pube incollarsi alle sue natiche: ero dentro di lei con tutto il sesso. Cominciai a muovermi senza forzature, oscillando piano il bacino in orizzontale, dilatandola con dolcezza. La mia mano, da sotto, carezzava il suo sesso, affondando le dita nelle pareti sdrucciolevoli, sollecitando la turgidità esasperata del clitoride, senza concederle tregua.
Ansimava in iperventilazione, emettendo un lamento flebile e struggente di piacere.
- Sbattimi ora, fottimi, ti prego!
Lo feci con colpi vigorosi. La sentii sussultare, in preda all’orgasmo. Il suo piacere mi condusse al mio: al culmine di un affondo, esplosi nelle sue viscere.
- L’avevi già fatto questo con tua moglie? - chiese.
- Il sesso anale, dici?
- No, l’altro.

Non risposi. Restammo avvinghiati e tremanti, seminudi, come due corpi in agonia.


(Continua)