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La scelta Pt.3

Posted: Sun Aug 17, 2025 6:32 pm
by Nightafter
[Lab15] Otaktay guarda lontano - Costruttori di Mondi


La scelta Pt.3

Restammo in quella cremeria per oltre un'ora, quando ne uscimmo era già buio
e l'aria autunnale era decisamente fresca, le vie del centro risplendevano di vetrine illuminate e il traffico del rientro era caotico.
Al ritorno volle che fermassi l’auto nello spiazzo di parcheggio di un piccolo supermercato a qualche traversa da casa sua.
Ovviamente entrambi non desideravamo essere visti insieme da qualche suo conoscente.
Esitava a scendere dall’auto, questo mi pareva un buon segno, era l'evidenza che non le fossi risultato antipatico, quanto meno trovava piacevole la mia compagnia.
Lo ritenni un successo, anche se quella gratificazione non avrebbe condotto a nulla nel futuro, averla conosciuta da vicino me ne aveva ridimensionato l'interesse, non contavo di replicare con un secondo incontro.
Era troppo giovane e troppo ordinaria per avere qualcosa che potesse interessarmi, nonostante ciò che le avevo visto fare a quella finestra, aveva un'aria da brava ragazza, finanche timida e modesta.
Restammo ancora, a motore spento, qualche momento a parlare nella penombra dell’abitacolo che creava intimità.
Nello spiazzo si erano accesi i lampioni, le auto dei clienti iniziavano a scemare, qualche ritardatario finiva di caricare la spesa fatta nel bagagliaio e riportava il carrello vuoto nell'apposito spazio.
Dentro l'auto i vetri iniziavano ad appannarsi per la condensa, il suo profumo imperversava aggredendo le narici.
- Perché hai voluto conoscermi? - chiese, senza guardarmi in viso.
Abbassai uno spiraglio del finestrino, presi una sigaretta, le chiesi se ne voleva una, ma disse di non fumare.
La accesi cercando mentalmente di mettere insieme la risposta.
- So che non si risponde a una domanda con un’altra domanda - dissi - ma mi perdonerai se lo faccio: tu perché hai accettato questo appuntamento?
Alzò il viso e fece un piccolo sorriso.
- Da questa risposta si capisce che sei uno esperto.
Non capivo cosa intendesse, probabile che avessi fatto un'espressione di sorpresa, ma forse lei non se ne accorse.
- Esperto di cosa? - chiesi con tono scherzoso.
- A giocare con le parole e anche a nasconderle - rispose puntandomi lo sguardo.
Soffiai il fumo fuori dal finestrino, pensai che fosse meno sprovveduta di quanto avessi pensato.
- Ti ho vista al balcone con le tue amiche, mi sei piaciuta, volevo conoscerti: tutto qui.
Sorrise sostenendo lo sguardo: - Tutto qui? - replicò.
La frase aveva una nota allusiva, dubitativa, come se conoscesse la reale ragione, ma escludevo sapesse della finestra.
- Ti pare strano? - chiesi - E tu invece? Perché hai accettato?
- Per me è stato lo stesso - disse - Non ti avevo mai visto, ma sentendo la tua voce al telefono e anche come ti esprimi, ho pensato fossi una persona interessante. Per questo sono venuta.
C’era silenzio, il buio e più nessuno in giro, ci guardavamo negli occhi senza parlare, gettai la cicca dal finestrino.
Non so perché lo feci, ma ero certo che se lo aspettasse o desiderasse.
Pensai che se non l’avessi fatto se ne sarebbe avuta a male.
Ne avrebbe dedotto di non essermi piaciuta, d'aver deluso le mie aspettative.
Non desideravo realmente farlo, ma mi spiaceva ferirla, quindi le presi il viso tra le mani e ci baciammo.
Aveva labbra grandi come le mie, crearono un cuscino di morbida seta.
Una cosa era certa: non sapeva baciare nonostante l’impegno che ci metteva.
Forse non aveva mai avuto nessuno che le insegnasse a farlo, di fatto mi stava martoriando labbra e lingua con i denti.


- Ce l’hai un ragazzo? - domandai in una pausa per riprendere fiato e sottrarmi al supplizio della sua bocca.
- No, non ce l’ho - rispose.
- Non ce l’hai ora, o non l’hai mai avuto?
- Mai avuto - abbassò gli occhi come ne avesse vergogna.
Mi frullò in mente un piccolo campanello d’allarme, un leggero senso d’ansia.
- Scusa, ti posso fare una domanda? Ma quanti anni hai?
- Ne faccio diciotto fra sei mesi - rispose con un filo di voce.
“Cazzo! È minorenne!”, stavo limonando in macchina, fra l’altro in maniera disastrosa, con una minorenne.
Ma che cacchio avevo combinato? Con una ragazzina! Questa era follia.
Certo non ero un santo, ma Cristo santo! Era cosa da pedofili.
Cercando, per non mortificarla, di non mostrare lo sconcerto, mi sentivo a gran disagio, come uno che cammini sulle uova con anfibi militari.
Le carezzai il viso e dissi: - Senti: si è fatto tardi. Scusami, ma ora dovrei rientrare.
- Sì, scusami tu - disse confusa - Ti sto facendo tardare.
Sporgendosi cercò la borsetta sul sedile posteriore.
- C’è una cosa per te lì: prendila - dissi.
Le avevo portato una rosa baccarà a gambo lungo, confezionata nel cellophane con una gala rosa, avevo pensato che una piccola galanteria non avrebbe guastato.
- Oh! Per me? - esclamò sorpresa e felice - Ma grazie! Non dovevi.
- Figurati. Dai, ci sentiamo. Ti chiamo io - conclusi.
- Sì. Grazie di tutto, sei stato molto gentile. Ti auguro una felice serata.
- Grazie. Anche a te.
Mi diede un bacio di sfuggita mentre usciva dall’auto.
La vidi avviarsi con passo rapido e la sua rosa stretta in mano.
Ero certo che non ci saremmo più rivisti.
Non avevo tradito mia moglie in quindici anni di vita insieme, di certo non intendevo iniziare a farlo con una diciassettenne illibata.
Per me era storia chiusa.
Mi guardai bene dal cercarla ancora, avevo archiviato in maniera definitiva tutta la storia.


Trascorsero due anni e mezzo, la mia carriera lavorativa toccava nuove tappe e soddisfazioni, mia figlia cresceva bene e la mia vita matrimoniale procedeva serena.
Raramente mi capitava di pensare a lei, ricordavo la cosa come un piccolo episodio, tutto sommato simpatico, della mia esistenza.
Qualcosa a cui ripensare con un sorriso, il ricordo di una sciocchezza fatta, ma anche con la convinzione alla fine d'aver scelto la cosa più giusta, mi sentivo in pace con me stesso.
Certo non essermi più fatto sentire aveva il sapore d'una fuga.
Sulle prime sicuramente non l’aveva presa bene, avrà pensato che fossi uno dei soliti stronzi. Cosa poi non molto lontana dalla realtà.
Ma in seguito, ero certo che avesse superato la cosa.
Altri incontri e pensieri sarebbero venuti a riempirle la vita.
Se in quel momento avessi abusato della sua inesperienza, rivedendola e chiedendole qualcosa in più di quella cioccolata insieme e di quel bacio fugace, mi sarei sentito simile e forse peggiore di quel porco che la faceva denudare alla finestra per masturbarsi.
Era probabile che, nella sua ingenuità, subisse il fascino dell'uomo esperto e maturo, concedendomi ogni cosa.
Ma col tempo, maturando, avrebbe iniziato a vedermi nella realtà: un adulto che si era approfittato della sua giovinezza.
Allora m'avrebbe giustamente disprezzato e forse odiato per averla usata senza scrupoli.
Col mio agire ero certo d'aver rispettato la sua gioventù, quella sua innocenza a dispetto delle apparenze e di quanto le avevo visto fare.
Avevo inoltre guadagnato rispetto di me stesso, del potermi guardare senza vergogna nello specchio del mattino.



Una mattinata di primavera, mentre ero preso dal lavoro, trillò il telefono alla mia scrivania, non era una chiamata interna dell'azienda.
Non attendevo chiamate, così pensai un po’ seccato alla telefonata di un fornitore con qualche rogna urgente, cosa fastidiosa poiché di regola autorizzavo a ricevere queste telefonate unicamente nel pomeriggio.
Sollevai distrattamente la cornetta e risposi con la formula rituale: - Centro Immagine Fashion Work. Buongiorno.
- Ciao, ti ricordi di me? - profferì una voce suadente.
Ci fu un attimo di silenzio perché, anche se possedeva un timbro più fermo e sicuro, conoscevo quella voce.
Era inequivocabilmente la sua.
La prima reazione nell'udirla fu simile alla sensazione di trovarmi con scarpe nuove nel mezzo d'un pantano.
Esitante simulai un tono cordiale e naturale.
- Sì. Ciao, quanto tempo, come stai?
- Io bene - riprese - Non ti sei più fatto sentire.
C'era più una nota di delusione che di rimprovero nel tono.
Cercai qualcosa da dire per emergere dal disagio.
- Hai ragione, perdonami. Ma sai, il lavoro, i troppi impegni, la famiglia. Sto sempre di corsa, mai un momento - annegavo nella più penosa banalità.
- Mi è dispiaciuto sai? - proseguì a mezza voce.
- Ti capisco, scusami, sono stato pessimo. Ho rinviato nel farlo, poi il tempo passava. Anche tu però, non mi hai mai cercato. Mi sono convinto che non ti interessasse più, che mi avessi dimenticato.
- No. Ti ho ricordato sempre.
Silenzio. Non sapevo che risponderle, mi stava facendo sentire colpevole.
Riprese a parlare: - Ricordi la rosa che mi hai regalato quella sera?
- Sì, certo...
- L’ho tenuta sai? Si è seccata tra le pagine di un libro.
“Oh! Cristo! Pure la rosa come reliquia” mi dissi.
Tentai di condurre altrove il discorso: - Avrai terminato gli studi immagino. Ti sarai diplomata.
- Certo! E anche con ottimi voti. Infatti da un anno ho già trovato lavoro.
- Bene! Benissimo! E cosa fai di bello?
- Sono nella segreteria d'uno studio notarile del centro.
- Ottimo! Avrai molto da fare e un lavoro interessante. Ti trovi bene?
- Boh! Più che altro faccio fotocopie e archiviazioni. Comunque sì, mi trovo bene. Poi alle cinque e mezza, se non ci sono cose o pratiche urgenti da completare, si esce.
- Sono contento, almeno tu stacchi presto. Io qui faccio un fottio di extra non retribuiti quasi ogni giorno. Va di lusso se sono a casa per l’ora di cena.
- Poverello. Un martire del lavoro - rise sottovoce.
- Ma ora mi stai chiamando dall’ufficio? - chiesi.
- Sì, perché?
- Non va bene, se ti beccano ti cazziano.
- Tranquillo, sono in archivio da sola, qui è il mio territorio.
- Ah! Ok. Ma fai attenzione – dissi - Comunque, mi ha fatto piacere risentirti. - cercai di terminare la conversazione.
- Ha fatto molto piacere anche a me – rispose, poi aggiunse velocemente - Se ti va, combiniamo un’altra chiacchierata in cremeria dopo il lavoro, che ne dici?
Fui preso alla sprovvista, non mi aspettavo rilanciasse la cosa.
Svincolai con una vaga promessa: - Sì, si può fare una di queste sere. Semmai ti chiamo per combinare, ok?
Ma non pareva disposta a lasciare la cosa in sospeso.
- Sai - replicò – durante tutto questo tempo sono molto cambiata. E dato che so che non mi richiamerai, ti propongo di vederci subito, questa sera.
M'aveva messo all’angolo. Era cambiata di sicuro.
- Questa sera dici? Non credo di poterlo fare - tentennai.
- Smettila! Se non ti va, dillo subito. Ma ricorda che sei in debito con me dalla promessa di quella sera - rise.
- No dai, figurati se non mi va. Contavo di finire un lavoro, ma se ci tieni lo rimando a domani. Quindi ti dico che va bene. Sei contenta?
- Sì, lo sono. Sembrava quasi avessi paura di me. Tranquillo. Guarda che non ti mangio.
Era diventata più sicura e anche più salace.
- Ma figurati se ho paura d’essere mangiato - risi un po' forzatamente.
- Non si sa mai... - rise anche lei di gusto.
- Ok! Allora ci vediamo alle sei - disse in chiusura - Passami a prendere qui in ufficio.
Mi diede l’indirizzo dello studio notarile e il nominativo sul citofono dello stabile.
Dopo, quasi allarmato, rimasi pensoso: le sue parole si rincorrevano nella mente.
Non sapevo bene come sentirmi per aver accettato quel nuovo incontro.
Da un lato mi pareva d'esser stato privo di carattere, d'aver accondisceso alla sua richiesta per debolezza.
Rischiavo di riaprire una partita che ritenevo totalmente chiusa, e questo non mi pareva un bene.
Al contempo mi chiedevo se, nel profondo, la partita fosse stata realmente chiusa o solo sospesa in un limbo indefinito.
D'altra parte aveva ragione per un fatto: m'ero eclissato come un ladro col bottino d'un furto, senza una parola a giustificare il mio gesto e senza aver rubato niente.
Questa, nonostante la nobiltà del motivo, era stata una vera porcata.
Che mi piacesse o no, avevo un debito.
Inoltre, che problema c’era? Ora era maggiorenne, quindi adulta.
Probabile che invece della cioccolata avremmo finito col prendere due “spritz” aperitivi, ma la sostanza non cambiava.
Non mi avrebbe mangiato, né io avrei mangiato lei.
Avremmo chiacchierato per un’oretta in maniera rilassata e piacevole.

Poi ognuno a casa propria.


(Continua)

Re: La scelta Pt.3

Posted: Sun Aug 17, 2025 7:00 pm
by Poeta Zaza
Nightafter wrote: Rischiavo di riaprire una partita che ritenevo totalmente chiusa, e questo non mi pareva un bene.
Al contempo mi chiedevo se, nel profondo, la partita fosse stata realmente chiusa o solo sospesa in un limbo indefinito.
D'altra parte aveva ragione per un fatto: m'ero eclissato come un ladro col bottino d'un furto, senza una parola a giustificare il mio gesto e senza aver rubato niente.
Questa, nonostante la nobiltà del motivo, era stata una vera porcata.
Che mi piacesse o no, avevo un debito.
Inoltre, che problema c’era? Ora era maggiorenne, quindi adulta.
Probabile che invece della cioccolata avremmo finito col prendere due “spritz” aperitivi, ma la sostanza non cambiava.
Non mi avrebbe mangiato, né io avrei mangiato lei.
Avremmo chiacchierato per un’oretta in maniera rilassata e piacevole.

Poi ognuno a casa propria.


(Continua)
@Nightafter - bravo!
Tieni il lettore medio sulle spine, eh?

Non vedo l'ora di leggere il quarto capitolo.  :libro:

Re: La scelta Pt.3

Posted: Sun Aug 17, 2025 7:54 pm
by Nightafter
Ciao carissima @Poeta Zaza 

di certo questi primi capitoli della storia non ti risulteranno nuovi.
Infatti avevo iniziato a scriverla e postarla qui, prima del periodo in cui mi sono assentato del forum.
Se avrai pazienza dopo il prossimo capitolo seguiranno quelli inediti.
Una mappazza di circa diciotto puntate.
Credo che ti servirà una grande pazienza prima di leggerli tutti senza cadere in un sonno disperato.
Un abbraccio amica mia  <3