Il mistero della piccola Debora

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Aveva sempre vissuto una vita felice, perché i suoi genitori erano sempre stati presenti. Qualsiasi cosa capitasse, sapeva di poter contare sulla sua famiglia che viveva per lei, dato che da quando la bimba era piccolissima non si sono mai concessi anche solo un’ora tutta per loro. La assecondavano sempre nelle piccole cose : le avevano addirittura ornato il viso con quei fantastici codini e con una splendida frangia che la bambina chiedeva loro con dolce insistenza sin da quando aveva cinque anni. Ma adesso, che stava diventando una signorina, desiderava adornare il suo viso con due orecchini semplicemente deliziosi. In realtà, quei gioielli apparivano superflui, perchè la bimba aveva un animo pieno di luce, ma Debora li aveva richiesti per sottolineare il fatto che stava diventando il fiore all’occhiello della sua famiglia, nonché la principessina di casa.
Qualsiasi cosa facesse, il suo pensiero fisso era di tornare tra le quattro mura domestiche per farsi pettinare i codini e la frangia con phon e pettine, come se quel getto d’aria potesse cambiare la sua vita per sempre. In quel frangente, Debora non c’era per nessuno : desiderava godersi quell’attimo fino in fondo. Era quello il momento della giornata preferito dalla ragazzina, e non lo viveva mai da sola, ma richiedeva sempre la presenza rassicurante di suo papà, anche perchè quell’uomo era un vero e proprio maestro nel pettinare i capelli della figlia, soprattutto perchè si assicurava sempre che tutto fosse in ordine, e non lasciava mai niente al caso. In sua compagnia, la ragazzina si sentiva leggera come una piuma, e parlava tranquillamente di tutto quello che aveva fatto a scuola. Mentre suo papà le pettinava i codini e la frangia con phon e pettine, invece, Debora chiudeva gli occhi, e lasciandosi trasportare dalla sua fantasia straordinaria, immaginava di volare libera in un mondo fantastico e luminoso, popolato solo da sirene, principesse, elfi e unicorni.
Subito dopo aver finito di fare i compiti, pur avendo avuto modo di leggere diversi manga e un sacco di fumetti, l’interesse di Debora si concentrava sull’arricchimento del suo mondo interiore e sulla sua crescita personale. Per ragioni tuttora avvolte nel mistero, questa straordinaria normalità venne meno.Era il giorno del decimo compleanno della ragazzina, ma i suoi genitori non erano per niente tranquilli : non lo sapevano ancora, ma per loro stava per iniziare un vero e proprio calvario. Debora, infatti, si era chiusa in sé stessa e si confidava soltanto col suo diario segreto. Per fortuna, questa fu solo una crisi transitoria che si risolse spontaneamente dopo qualche settimana ; ma due anni dopo, proprio quando la ragazzina compiva dodici anni, il problema si ripresentò, e non fu di facile soluzione. Era davvero triste vedere la ragazzina rimanere per molte ore nella sua cameretta, ma in quel momento, Debora cercava di lottare con un aspetto della sua realtà quotidiana che le stava facendo molto male. Lo affrontava come una vera e propria eroina, anche se sapeva perfettamente che da sola non ce l’avrebbe mai fatta. La bimba stava chiedendo aiuto, ma i suoi cari, anche se le erano affezionatissimi, facevano sempre i conti senza l’oste, in quanto non accettavano il fatto che Debora fosse molto protettiva nei confronti del suo diario segreto e di tutti i suoi scritti, soprattutto quelli concernenti la pallavolo, la sua più grande passione. Lo era sempre stata, ma questa brutta crisi, per motivi che non sono mai stati chiariti del tutto, aveva acuito questo lato del suo carattere. Ogni volta che provavano ad avvicinarsi per chiedere alla ragazzina di prestare loro quel quaderno, apparentemente anonimo e privo di significato, Debora faceva sempre segno di no con la testa e stringeva tra le braccia quell’oggetto, che significava davvero tantissimo per lei, chiudeva gli occhi con forza e faceva oscillare i suoi codini muovendo con delicatezza la testa, come se i suoi capelli potessero cancellare tutti i cattivi pensieri che in quel momento le affollavano la mente. Non avrebbe potuto essere più grata ai suoi genitori per lo splendido dono che le avevano fatto. I suoi capelli legati in quei due fantastici codini e la sua frangia così deliziosa erano diventati il suo grande vanto, soprattutto in un momento di grande difficoltà, come quello che stava affrontando in quei giorni bui. Sorrideva sempre quando ci pensava, perchè le era ormai chiaro che si trattava di una delle specificità della sua persona. Quel pomeriggio, la ragazzina era a casa da sola già da diverse ore, in quanto i suoi genitori erano usciti senza avvisare. La verità, era che desideravano prendersi un po’ di tempo per cercare di capire come venire a capo di quella situazione difficile. Poche ore dopo, proprio mentre suo papà le stava pettinando i codini e la frangia con phon e pettine, fu subito chiaro che la chiave per risolvere il mistero che avvolgeva come un manto la piccola Debora si trovava nel suo diario segreto. Facevano una gran fatica anche solo a concepire un’ipotesi del genere ; la realtà, invece, era proprio quella; bisognava soltanto prenderne atto, accettarla, analizzarla e agire di conseguenza, per restituire alla ragazzina un minimo di tranquillità. Era anche fondamentale fare sì che la ragazzina non si sentisse giudicata, e permetterle di esprimersi liberamente. Invece, i suoi cari non capivano che i tempi non erano ancora maturi, e che Debora doveva trovare la forza di reagire. In quel momento, sentiva proprio di non farcela. Anzi, vedendola, si aveva l’impressione che avesse perso tutto il suo spirito combattivo, e che il mondo le stesse crollando addosso.
Nemmeno farsi pettinare i codini e la frangia con phon e pettine sembrava tranquillizzarla, anche se la ragazzina faceva di tutto per salvare le apparenze. I suoi genitori cercavano di farla svagare il più possibile, ma Debora preferiva rimanere nella sua cameretta a scrivere e ad immaginare di essere altrove.
A quel punto, la ragazzina si chiudeva nel suo mondo, avendo cura di non sbattere la porta. Lì, la bimba si occupava del suo sport preferito : già sapeva che il suo più grande sogno nel cassetto era diventare una giornalista sportiva ; anche se era perfettamente consapevole che degli aspetti assolutamente indipendenti dalla sua volontà e dal suo controllo avrebbero potuto riservarle delle brutte sorprese o/e giocarle contro, era disposta ad impegnarsi il più possibile affinchè questa sua importante aspirazione potesse diventare una splendida realtà. Grazie alla sua grande determinazione, era diventata una delle firme più illustri del giornalino della sua scuola.
Ad un certo punto, Debora si accorse che tutti erano andati a dormire : era quasi mezzanotte. Solo in quel momento la ragazzina uscì dal suo guscio, e andò a sedersi sul divano. Lì, mentre faceva oscillare compiaciuta i suoi codini, cercava di parlare, dicendo ciò che aveva nel cuore quando suo papà era fuori casa, ma la voce non le usciva.
Questo la preoccupava, perchè sapeva che tra poche ore sarebbe dovuta andare a scuola. Pochi minuti dopo, essendosi resa conto che tutti i suoi sforzi erano vani, la ragazzina decise finalmente di andarsi a riposare. Si addormentò subito. E fece dei sogni splendidi. Uno di questi, risultò talmente particolare, che la fece svegliare di soprassalto.
Ma ormai era troppo tardi : doveva prepararsi per andare a vivere un’altra splendida giornata insieme a tutti i suoi compagni. La ragazzina era di ottimo umore, e prima di andare a fare colazione, provò per l’ultima volta a esprimere con le parole tutte le sue emozioni, ma si dovette interrompere ancora prima di iniziare, perché le veniva il magone. Quella mattina, tutto andò meglio del previsto, al punto che Debora stava facendo degli enormi passi avanti nel superare la crisi. Sembrava che tutto fosse tornato alla normalità : la ragazzina, infatti, appena tornata a casa, chiese a suo papà, con l’immensa dolcezza che la contraddistingueva, di pettinarle i codini

Re: Il mistero della piccola Debora

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Salve, mi dispiace dirlo, ma non mi convince molto questo tuo pezzo, né come stile né come contenuto.

Lo stile passa troppo spesso da un'eccessiva ampollosità a una semi colloquialità, rendendo difficile capire se si sta raccontando in modo serio o sarcastico: elevi lo stile per cose che, ad essere sincero, si potrebbero scrivere in maniera molto semplice, e poi aggiungi delle frasi che paiono stemperare il tutto.
La trama mi pare troppo abbozzata, non capisco dove il testo voglia andare a parare perché anche come introduzione ad altri capitoli pare troppo vaga, Debora ha un "mistero", e lo evinciamo dal titolo, ma nel testo accenni solo ogni tanto a una qualche "crisi", senza specificare nulla e creando un grande dubbio nel lettore: la protagonista non pare avere problemi famigliari o personali, ma tu scrittore continui a sottolineare come stia attraversando una qualche "crisi" esistenziale; essendo però una bambina di dodici anni, e non leggendo di parenti assenti, malattie, povertà o simili, pare solo una fase della crescita che poco si adatta alla descrizione drammatica che ne fai.

Partendo da questo, ti espongo secondo me il grosso problema del racconto: la protagonista Debora. Scusami, non so se e il tuo obiettivo, ma leggendo mi da l'impressione di una bimbetta viziata e arrogante che cerca attenzioni pur ricevendone fin troppe
Luca Canetti ha scritto: Qualsiasi cosa capitasse, sapeva di poter contare sulla sua famiglia che viveva per lei, dato che da quando la bimba era piccolissima non si sono mai concessi anche solo un’ora tutta per loro
Credo il passaggio non funzioni molto a livello sintattico, oltre al fatto che usi il verbo al presente, dando l'idea che la cosa stia avvenendo ancora oggi, oltre all'usare "famiglia" al singolare e poi un verbo plurale; io cambierei "famiglia" in "parenti/genitori", ma forse non si tratta propriamente di un errore. 
A livello di "ambientazione", questo mi rafforza l'idea della bimba viziata, con la famiglia intera che letteralmente, da come scrivi, si annulla per lei.
Luca Canetti ha scritto: le avevano addirittura ornato il viso con quei fantastici codini
Perché "addirittura"? Stiamo parlando di una bambina di cinque anni, a me pare un'acconciatura adatta all'età e un desiderio normalissimo; scrivendo in questo modo, tu autore calchi molto la cosa, e quindi il lettore si aspetta che quei codini abbiano un qualche senso molto più profondo rispetto al semplice desiderio di una bambina.
Luca Canetti ha scritto: In realtà, quei gioielli apparivano superflui, perchè la bimba aveva un animo pieno di luce, ma Debora li aveva richiesti per sottolineare il fatto che stava diventando il fiore all’occhiello della sua famiglia, nonché la principessina di casa
Oltre a non descrivere gli orecchini, che forse sono a forma di fiore, visto il riferimento che fai dopo, qui aggravi l'idea della bambina viziata: lei, non i genitori, non tu scrittore, ma il personaggio stesso si ritiene il "fiore all'occhiello della sua famiglia", un'idea che a cinque anni può anche andar bene, ma già verso i dieci/dodici inizia a suonare molto narcisistica.
Per la parte successiva, ti suggerirei di staccare più frequentemente il testo, perché così da l'idea di un grosso "muro" eretto contro il lettore.
Luca Canetti ha scritto: Mentre suo papà le pettinava i codini e la frangia con phon e pettine, invece, Debora chiudeva gli occhi, e lasciandosi trasportare dalla sua fantasia straordinaria, immaginava di volare libera in un mondo fantastico e luminoso, popolato solo da sirene, principesse, elfi e unicorni.
Subito dopo aver finito di fare i compiti, pur avendo avuto modo di leggere diversi manga e un sacco di fumetti, l’interesse di Debora si concentrava sull’arricchimento del suo mondo interiore e sulla sua crescita personale
Queste due frasi mi paiono quasi in contrasto: da un lato dici che Debora ha una fantasia "straordinaria" e la descrivi mentre si perde nel suo mondo di fantasia, dall'altra che si focalizza sulla sua "crescita personale", le due cose, da come le poni, pare quasi si escludano a vicenda; non ho capito il riferimento ai fumetti: la disgiuntiva "pur avendo modo" mi fa pensare che Debora, che ha accesso a molti manga e fumetti, scelga di non leggerli per fare altro, nello specifico "concentrarsi sull'arricchimento del suo mondo interiore", forse conviene elaborare meglio questa cosa, perché sembra quasi che tu crei un'opposizione tra fumetti e fantasia.
Luca Canetti ha scritto: non lo sapevano ancora, ma per loro stava per iniziare un vero e proprio calvario
In generale, ti consiglierei di lasciare al minimo, se non proprio di eliminarle del tutto, le "intromissioni" del narratore onnisciente. 
Luca Canetti ha scritto: Debora cercava di lottare con un aspetto della sua realtà quotidiana che le stava facendo molto male
 Da quello che leggo dopo, credo che il gran problema, e che Debora affronta "come un'eroina", sia il fatto che tenga un diario segreto, che si chiuda per ore a scriverci sopra e che i genitori siano come terrorizzati da questo, al punto da chiedere con insistenza di leggerlo. Mi pare un po' poco per essere il grande conflitto, interiore e esteriore, che vai tratteggiando per tutto il pezzo, sopratutto perché non dai mai indizi che in questo diario Debora possa scrivere di gravi crisi esistenziali o problemi con qualche altro personaggio, ti limiti a citare la pallavolo, e in seguito il sogno di essere una giornalista, ma anche così non si capisce perché, oltre a citare l'età, questo inneschi una crisi così profonda, tanto da essere un "Calvario" per la famiglia.
Luca Canetti ha scritto: Poche ore dopo, proprio mentre suo papà le stava pettinando i codini e la frangia con phon e pettine, fu subito chiaro che la chiave per risolvere il mistero che avvolgeva come un manto la piccola Debora si trovava nel suo diario segreto. Facevano una gran fatica anche solo a concepire un’ipotesi del genere ; la realtà, invece, era proprio quella; bisognava soltanto prenderne atto, accettarla, analizzarla e agire di conseguenza, per restituire alla ragazzina un minimo di tranquillità
Oltre al fatto che "stacchi" in maniera troppo netta, prima pare che parlavi in generale, di cose ed eventi quotidiani e ricorrenti, adesso passi ad un momento ben preciso di un giorno ben preciso, continui ad insistere su un "mistero" senza però far capire al lettore di cosa si tratti, e facendo pensare che sia solo la volontà di Debora di non far leggere il suo diario. I genitori, per come poni la cosa, pare stiano facendo i conti con una situazione terribilmente drammatica, pare che Debora sia una delinquente, che si droghi, che abbia una qualche malattia cronica, che frequenti delle cattive compagnie, ma invece non sembra esserci traccia di tutto questo, eppure continui a calcare sulla "tranquillità" interrotta, ma senza mostrare o accennare come e perché questa tranquillità sia venuta meno.
Luca Canetti ha scritto: già sapeva che il suo più grande sogno nel cassetto era diventare una giornalista sportiva
Cito solo questo, per comodità; quindi il "dramma" è questo sogno nel cassetto? E la consapevolezza, a dodici anni, di dover affrontare difficoltà e sfide impegnative? Pare un po' poco, per creare tutta questa tensione nella famiglia, anche perché non mi è chiaro perché Debora dovrebbe tener nascosto ai genitori una cosa del genere, tanto più che questi "la assecondano anche nelle piccole cose" e lei parla tranquillamente con il padre.
Luca Canetti ha scritto: Grazie alla sua grande determinazione, era diventata una delle firme più illustri del giornalino della sua scuola
Fosse un commento del narratore, lo si potrebbe considerare come l'ennesima intromissione, oltre che l'ennesima aggiunta alla "assoluta e divina perfezione" con cui descrivi Debora, ma pare che qui sia il personaggio a parlare, e questo un poco salva la frase perché una bambina di dodici anni può benissimo esaltarsi per ciò che scrive sul giornalino della scuola.

Il finale, che non capisco sia il finale del capitolo, vista la sezione dove pubblichi, o quello della storia in generale, devasta tutta la tensione che hai cercato disperatamente di creare nel pezzo. Debora, che sta alzata fino a tardi perché cerca un modo di esprimere questi sentimenti ed emozioni inconfessabili, che il lettore continua a collegare alla pallavolo, al diario segreto, al sogno di essere una giornalista, di colpo decide da sola di andare a dormire, non viene vinta dal sonno, dall'ansia o simili, e invece di essere tormentata da incubi o agitarsi nel letto in preda a quest'angoscia fa sogni bellissimi, talmente belli da svegliarla come se fosse un "incubo bianco". 
Infine, dici, ma senza mostrare nulla, che la giornata successiva, oltre ad essere "splendida", va anche "meglio del previsto", al punto che tutta l'inquietudine che hai infilato a forza nel racconto adesso viene eliminata di colpo perché dici che Debora, "con l'immensa dolcezza che la contraddistingueva", ennesima descrizione zuccherosa ed esaltante della protagonista, chiede al padre di pettinarle i codini, ma non si capisce da cosa derivi questo improvviso buon umore, come abbia superato la crisi, cosa abbiano fatto i genitori o Debora per uscire dal "Calvario", e anche quale fosse questo Calvario. Il tutto si stempera nell'immagine, che hai evocato anche all'inizio, di un padre e una figlia molto uniti, ma il problema è che non abbiamo mai capito come e perché si siano allontanati 

In generale, ottima grammatica e ottimo uso delle parole, forse lo stile ondeggia troppo tra una zuccherosa ampollosità e una eccessiva intromissione del narratore onnisciente, ma il grosso problema rimangono la protagonista, troppo idealizzata ed esaltata dal narratore, e la trama troppo fumosa e evanescente, che non mostra nessuno dei conflitti o dei drammi che vengono costantemente citati nel testo

Re: Il mistero della piccola Debora

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Grazie davvero! Devi sapere che il testo l'hobpensato proprio così. Tutto raccontato. Il mistero, a cui fa riferimento il titolo, non è il diario segreto, ma è il perché Debora si chiuda in sé stessa confidandosi solo col suo diario segreto. Forse ha subito un grave trauma, ma il guaio è che Debora non permette a nessuno di leggere il suo diario segreto, anche perché la chiave per risolvere il mistero è proprio lì. Il personaggio, poi, l'ho pensato proprio così: e non è viziata, anzi, è una ragazzina che, come scrivo nel racconto, ha sempre chiesto, con dolce insistenza, ai suoi genitori, di ornarle il viso con due fantastici codini e la sua frangia. I suoi codini e la sua frangia, sono due specificità del personaggio, e i suoi elementi distintivi. Tieni conto che, per come ho pensato il personaggio, è talmente affezionata ai suoi codini da farli oscillare muovendo la testa, come fanno molte ragazzine. Inoltre, Debora è talmente affezionata ai suoi codini e allq suq franngia da esigere di farsi pettinare i codini e la frangia con phon e pettine; e mentre suo papà le pettina i codini e la frangia, Debora immagina di volare nel mondo fantastico di cui dico. Devi sapere che la scrittura l'ho pensata così, non tanto per idealizzare Debora, ma per far sì che risalti; infatti gli altri personaggi, sì ci sono, ma sono dei personaggi che vivono in funzione di Debora. Non so se sarà questo il caso, ma potrebbe anche essere che, a parte il papà di Debora, gli altri personaggi esistono perché li ha creati Debora stessa per difendersi da quel qualcosa che le sta facendo male. Inoltre, qui, non mi interessa la trama: o meglio, mi interessa solo descrivere dei fatti e mettere qua e là delle bricioline di pane, in modo che sia poi il lettore a ricostruire l'intera vicenda. Per quanto concerne il discorso della pallavolo, è bene chiarire il fatto che la pallavolo è la più grande passione di Debora: ne conosce a menadito tutte le regole e tutti i segreti, il che le permette di scrivere articoletti critici, scritti vari e commenti puntutissimi alle partite. Per quanto riguarda la parte in cui dico che Debora esce dalla sua cameretta quando tutti sono andati a nanna, è una cosa voluta, nel senso che Debora, nel corso di queste crisi (di cui non si sa niente: né perchè sia iniziata, nén come fare a farla uscire), resta chiusa nella sua cameretta quasi tutto il giorno (esce solo per fare colazione, per andare a scuola, per farsi pettinare i codini e la frangia con phon e pettine da suo papà e per fare i tentativi per vedere se riesce a tirare fuori la voce per dire: 'Io aspetto il mio papà! Pappappero!'). Normalmente, Debora dice: 'Io aspetto il mio papà! Pappappero!" quando suo papà è fuori casa: è una cosa che ha nel cuore da quando era piccolissima. Ma in quel periodo difficile la voce non le esce. Comunque sì, il racconto continua.

Re: Il mistero della piccola Debora

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Ciao!
Ho letto il tuo racconto. 

Il difetto maggiore che ho riscontrato è che in molti punti si hanno delle aggiunte o delle considerazioni che non portano niente alla storia in sé. 

Te ne metto un paio ma ce ne sono molte:
Luca Canetti ha scritto: Facevano una gran fatica anche solo a concepire un’ipotesi del genere ; la realtà, invece, era proprio quella; bisognava soltanto prenderne atto, accettarla, analizzarla e agire di conseguenza, per restituire alla ragazzina un minimo di tranquillità. Era anche fondamentale fare sì che la ragazzina non si sentisse giudicata, e permetterle di esprimersi liberamente. Invece, i suoi cari non capivano che i tempi non erano ancora maturi, e che Debora doveva trovare la forza di reagire. In quel momento, sentiva proprio di non farcela. Anzi, vedendola, si aveva l’impressione che avesse perso tutto il suo spirito combattivo, e che il mondo le stesse crollando addosso.
Luca Canetti ha scritto: In quel frangente, Debora non c’era per nessuno : desiderava godersi quell’attimo fino in fondo. Era quello il momento della giornata preferito dalla ragazzina, e non lo viveva mai da sola, ma richiedeva sempre la presenza rassicurante di suo papà, anche perchè quell’uomo era un vero e proprio maestro nel pettinare i capelli della figlia, soprattutto perchè si assicurava sempre che tutto fosse in ordine, e non lasciava mai niente al caso. In sua compagnia, la ragazzina si sentiva leggera come una piuma, e parlava tranquillamente di tutto quello che aveva fatto a scuola.
Ti consiglio di smuovere un po' la prosa in qualche punto perché cade in un effetto didascalico poco dopo l'inizio.
Un saluto!
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