[MI178 fuori concorso] Che cosa attende? Parte 5 di 6 – Dio

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Che cosa attende?
Parte 5 – Dio

Seguirono interviste di Arthur per minuti interminabili: usi e costumi della cittadina, vita quotidiana, storie comuni; di certo materiale valido per l’ambientazione di un romanzo. Il giornalista sembrava aver accantonato la questione del vecchio Isak. Sull’orologio della centrale, Magnus vedeva le ore piccole farsi via via più grandi, e il sonno non faceva che avanzare.
Poi, un altro incontro tra Isak e Arthur. Quest’ultimo prese di nuovo a leggere: «Ma più stupefacente della sapienza dei vecchi e dei racconti contenuti nei libri è il segreto dell’oceano. Azzurro, verde, grigio, bianco o nero; liscio, increspato o in tempesta, l’oceano non è mai silenzioso. Per tutta la vita non ho fatto che guardarlo e ascoltarlo, e ora lo conosco bene. All’inizio mi raccontava semplici storie di spiagge tranquille e porti vicini, ma con gli anni siamo entrati in confidenza e ha cominciato a parlarmi di cose più lontane nel tempo e nello spazio. A volte, al crepuscolo, i grigi vapori dell’orizzonte si sono squarciati per farmi intravedere ciò che si trova oltre; e a volte, di notte, le acque profonde del mare si sono fatte chiare e fosforescenti per mostrarmi scorci di quello che c’è sotto. Visioni che non sempre corrispondono a ciò che è, ma a ciò che è stato o che potrebbe essere, perché l’oceano è più antico delle montagne ed è ricco dei ricordi e dei sogni del tempo.»
«Oh, sì: ricordo bene quella lettura.» Il commento laconico del vecchio.
«Non sta aspettando nulla, vero?» La voce del giornalista era rassegnata.
«Mh.» Isak emise un rantolo, poi, con tono fermo e pacato, disse: «Sto attendendo Dio.»
Un silenzio irreale cadde tra i due. Magnus si rizzò a sedere, si passò una mano sul volto e si grattò la barba.
«Come?» Mormorò Arthur.
«Dio è venuto a me, sai? Quando sono quasi annegato, c’era quella luce che... Non ho mai visto un cielo così.»
«Dio?» Passi sulla neve. Probabilmente Arthur si era alzato in piedi.
«Già. Ma sia chiaro, non il Dio cattolico, bensì un Dio reale, tangibile, potente.» La voce di Isak era serena.
«Sta attendendo Dio?» Arthur scandì le sillabe, incredulo.
«Dovresti vedere la tua faccia.» Isak scoppiò in una lunga risata, seguita da un violento attacco di tosse.
«Lei è... è pazzo. È solo un vecchio pazzo! Si crede un profeta?»
«Non sono un profeta.»
«Un filosofo?»
«Per l’amor di Dio.»
«Si rende conto del tempo che ho buttato con lei? Lo sa quanto vale il mio tempo, eh?» Con un rumore brusco il giornalista staccò la registrazione.
La volta dopo suonò persino più esausto. «Domani ho l’aereo di ritorno. Ci tenevo a chiederle scusa per quello che ho detto. Be’, comunque sia, questo è un addio, Isak.»
«Non scusarti, non ho sentimenti negativi per te. Anzi ti ringrazio per avermi tenuto compagnia, è stato divertente.»
«Ho dato un’occhiata al calendario, ai dati.» Il giornalista non suonava più né incuriosito, né abbattuto; piuttosto, era pacifico, quasi come il vecchio Isak. «Il giorno che lei è finito in mare c’era la Luna piena, ed è stata registrata una forte attività elettromagnetica: l’aurora. Ci metta una luce così strana – ultraterrena, glielo concedo – e ci metta le suggestioni che nella mente di un bambino suscitano romanzi, una famiglia cattolica e la mitologia Inuit, ed ecco spiegato il suo Dio.»
«Ti sbagli. Non ha a che fare neppure con gli Dei Inuit, è un Dio non conosciuto da uomini che abbiano vissuto.»
«Addio, Isak.»
«Aspetta. Resta ancora con me, se ti fa piacere. Sorgerà la Luna piena stanotte, se hai un attimo di pazienza. Non ti interessa? Sarà l’ultima che vedrò in vita mia, sai? Non vivrò abbastanza per la prossima, temo.» Rise, e Arthur rise con lui.
«Ammiro come parli della tua stessa morte. È come se attendersela la rendesse meno sinistra, no?»
«Mah. Conosci il paradosso dell’impiccagione imprevedibile?»
«Sì, certo.»
«Ecco. Penso che, comunque andrà, mi coglierà alla sprovvista. L’età mi ha reso solo più stanco.»
«Capisco. E va bene, vediamo questa Luna piena.» Il giornalista si schiarì la voce, fece una breve pausa e disse: «Presso molti popoli la Luna è identificata come una Dea, o un Dio.»
«Lo so bene» rispose il vecchio Isak. «Mi ha sempre affascinato come il divino sia visto in tutto ciò che non si riesce a spiegare. Chissà perché. È così che sono state messe in piedi le mitologie, no? Anche se io preferisco chiamarle religioni. Alla fine, qual è la differenza?»
«La sente l’ironia in quello che dice?»
«Capisco cosa intendi, ma non sai quel di cui parli: porta rispetto, ragazzo. Mi divertono le letture in chiave divina della Luna, ma mi piace di più, per quanto fantasiosa, la sua descrizione in Storie Vere.»
«Ma quella è pura fantascienza.»
«E con ciò? Non mi è concesso spassarmela con storie di fantasia?»
«Ma certo, sta parlando con un romanziere dopotutto.»
«Romanzi giornalistici, però. A proposito, puoi lasciarmi qualcosa? Mi farebbe piacere leggere una cosa o due di tuo, prima di tirare le cuoia.»
«Volentieri, grazie dell’interesse. Non ho portato nulla con me in viaggio, ma li posso spedire senza problemi quando tornerò a casa.» Tacque un momento, poi chiese: «Quindi, questo Dio che ha visto...»
«Cosa?»
«Che aspetto aveva?»
«Oh. L’aspetto della verità. Tutto ciò che mi sono sempre chiesto stava lì e aveva un significato profondo. La vita, la morte, tutte le vite e tutte le morti, su qualsiasi pianeta e corpo celeste mai esistito e che mai esisterà.»
«Suona come una classica esperienza premorte, fatta e finita.»
«Vero?» Il vecchio rise. «Suona proprio come tale. Ma è diverso.»
«Se lo dice lei.» Non c’era scherno nella voce di Arthur, non più. Era il tono confidenziale di chi parla con un vecchio amico. «A chi l’ha detta, la verità?»
«A qualcuno. Ad Aurora.»
«Capisco.» Il giornalista sembrava aver perso la voglia di fare domande.
«Tu non credi a Dio?» Chiese Isak.
«Non lo so. È molto che non mi interesso se devo essere onesto. È qualcosa di così lontano dalla realtà...»
«È la mia vita.»
«E questo lo rispetto. Io ho una vita già parecchio piena.»
«Oh, anche io ho riempito la mia con tutto ciò che puoi immaginare, ragazzo, ma ciò non toglie il fatto che non smetterò mai di chiedermi qual è l’essenza originaria della scatola che sto riempiendo. Dentro, be’, ci stanno tutte le cianfrusaglie o i tesori che vuoi, ma cosa c’è attorno a questa scatola? Cosa c’era prima e cosa ci sarà dopo? Chi l’ha costruita? Possiedo il libero arbitrio di scegliere cosa metterci?»
«La vita non è una scatola.»
«Dipende. Dipende da come la vivi, da quanto è ampio il tuo sguardo sulla realtà. Qui, be’, è parecchio ampio: abbiamo tutto l’orizzonte davanti a noi, sai?»

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