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Che cosa attende?
Parte 3 – Religione
Magnus si fermò all’incontro successivo tra i due.
«Sei sicuro che sia qui?» La voce di Arthur.
«Oh! Di nuovo tu.» Isak suonava come appena svegliato da un lungo sogno a occhi aperti. «Vieni, siedi. Libro interessante che hai con te.»
«Interessante di sicuro. Le spiace se leggiamo?»
«Oh, be’, in realtà...» Il vecchio Isak esclamò: «Al diavolo, va bene.»
«Sei sicuro che sia qui?» Riprese a recitare il giornalista.
«Cosa?» Rispose Isak, calandosi nel personaggio.
«Che lo dobbiamo aspettare.»
«Ha detto davanti all’albero. Ne vedi altri?»
«Che albero è?»
«Non lo so. Un salice.»
«Dove sono le foglie?»
«Dev’essere morto.»
«Non piange più.»
«O forse non è la stagione.»
«Mi sembra più un arboscello.»
«Un arbusto.»
«Un arboscello.»
«Un–. Cosa stai insinuando? Che siamo nel posto sbagliato?»
«Lui dovrebbe essere qui.»
«Non ha detto che sarebbe venuto di sicuro.» Isak tossì. «Di sicuro», ripeté.
«E se non viene?»
«Torneremo domani.»
«E poi dopodomani.»
«Forse.»
«E così via.»
«Il punto è–»
«Fino a quando non verrà.»
«Sei spietato.»
«Siamo venuti qui ieri.»
«Ah no, ti sbagli.»
«Cos’abbiamo fatto ieri?»
«Cos’abbiamo fatto ieri?»
«Sì.»
Il vecchio Isak fece una breve risata. «Vi ho visti, sapete?» Disse con voce divertita.
Sghignazzi di bambini e suoni di passi sulla neve.
«Signor Carter, ti presento Liam e Petra.»
«È stato forte!» Gridò la bambina.
«Ciao, piacere di conoscervi; io sono Arthur.»
«Sei un amico di Isak?»
«Be’, diciamo che...»
«Sì, è mio amico» intervenne il vecchio.
«Cosa stavate recitando?» Domandò Petra.
«Oh, è un piccolo gioiello questo, sapete? Quando sarete più grandi sono sicuro che l’insegnante di lettere ve lo farà leggere.»
«Isak, hai visto che Luna piena?» Chiese Liam.
«Ancora è crescente» lo corresse il vecchio.
«Però potrebbe nascondere l’aurora. C’è troppa luce in cielo!» Esclamò Petra.
«No. Non se l’aurora è abbastanza forte.» Il tono del vecchio si fece d’improvviso serissimo.
Magnus, che stava per addormentarsi, restò colpito e si tirò su a sedere.
«Ci racconti una storia, Isak?»
«Certamente. Volete della cioccolata calda?»
Magnus mandò avanti la registrazione.
«È proprio portato» sentì dire ad Arthur con tono stanco. I bambini dovevano essersene andati.
«Decenni a insegnare, tutto qui.»
«Capisco.» Il giornalista si schiarì la voce. «La sua famiglia era cattolica, corretto?»
«Quindi?»
«È interessante.»
«In che modo è interessante?»
«Be’, lei è sbattezzato.» Il giornalista andò dritto al punto.
«Lo sono.»
«E perché?»
«Perché. Tu sei battezzato?»
«Sì, anglicano.»
«Perché?»
Il giornalista sviò. «Deve ammettere che è peculiare. Insomma, perché rinnegare quello con cui è cresciuto? Quello che i suoi genitori le hanno insegnato? Non mi sembra molto saggio.»
«Solo perché sono vecchio non significa che sia anche saggio.»
«Allora concorda con me? È qualcosa di poco saggio? Di peculiare?»
«Non in modo particolare.»
«Sono tantissimi che non praticano più, al giorno d’oggi. Ma da qui allo sbattezzo, la scomunica. Come mai?»
«Ho preso una decisione, tutto qui. Tengo molto a seguire il mio personale codice. Tante delle persone che non praticano si interessano alla faccenda meno di quanto faccia io: perché questo dovrebbe renderle più nobili? Io trascorro moltissimo tempo a riflettere.»
«Lo credo bene, tutto il tempo qui a non fare niente, se non guardare le onde.» Solo il giornalista rise. «Ehm, comunque... Dicono che viene qui da sempre. Ben prima della pensione.»
«Oh, ben ben prima.»
«E col lavoro?»
«Cosa?»
«Come faceva?»
«E come avrei dovuto fare? Quando avevo tempo libero venivo qui, semplicemente. La mia non è un’ossessione, nonostante il sarcasmo degli altri voglia farla passare per tale.»
«Allora cos’è? Un passatempo?»
«Buon Dio, non ridurlo a questo. Occhio a come parli, sai?»
«Chiedo scusa. Quindi, dicevamo, veniva spesso qui anche quando lavorava.»
Magnus poté quasi sentire la domanda non detta del giornalista: “perché?”
«Sì. Ho avuto una vita normale. Lavoro, serate al pub con amici. Quando volevo pensare un po’ venivo qui, non c’è niente di misterioso a riguardo; al rifugio se volevo leggere, o qui se volevo... guardare l’orizzonte. E nei giorni di riposo stavo con la famiglia, quando ancora l’avevo.»
«Non c’erano cattivi sentimenti per la sua decisione? Lo sbattezzo, intendo.»
«I miei genitori avevano accettato la mia scelta e la rispettavano.»
«Altri familiari?»
«Nessuno.»
«L’altra volta mi ha detto che ha viaggiato parecchio. Ha visto i suoi parenti in altre parti del mondo?»
«No, erano viaggi con amici. Come qualsiasi persona, sai? Ero curioso di vedere il mondo. Ho trascorso diverse vacanze sull’isola, sia chiaro, ma dopo un po’ ci si stanca di tutto questo ghiaccio.»
«Capisco. Amori?»
«No.»
«Mai?»
«No, mai.» Seguì un breve silenzio, poi il vecchio Isak rise. «È inutile che mi guardi così. Non è mai stato il mio forte, sai? Trovo molto più semplice restare qui a guardare il cielo. Capire le altre persone è faticoso.»
«Le piace parecchio il cielo.»
«Sì.»
«E non la preoccupa che, secondo la dottrina cattolica, lei non potrà mai entrare nel regno dei cieli?»
«Passerò anche tutto il tempo a riflettere, ma quello che mi interessa è ciò che posso toccare, vivere, vedere.»
«Ciò che può vedere, e il suo limite. L’orizzonte, giusto? Perché passa tutto il tempo qui? Cosa aspetta?» Finalmente Arthur smise di girarci attorno e lo chiese di nuovo. Quando Isak non rispose, ci fu un’incrinatura nel tono mellifluo del giornalista: «Sa cosa penso? Che lei sia un uomo che passa un sacco di tempo a riflettere di massimi sistemi, di etica forse, e se si è voluto sbattezzare, o è perché non si trova d’accordo con la politica della Chiesa Cattolica...»
«Non ha a che fare con le istituzioni.»
«... oppure è perché qualcuno, all’interno della Chiesa, le ha fatto qualcosa di orribile.»
«Ho detto che non ha a che fare con le istituzioni. È una questione di dottrina. Non fare insinuazioni sugli uomini di Chiesa: non nego ci siano ovunque persone che fanno cose deplorevoli, ma per l’esperienza che ho avuto io sono di saldi principi morali, e non ho mancato loro di rispetto neanche per un istante, né viceversa. La mia non è stata una battaglia personale, è stato un banale modulo compilato che certifica che non sono più un membro di quella religione. Fine.»
«Non capisco, onestamente.»
«È naturale. Solo Dio capisce tutto e possiede la verità perfetta.»
«Lo vede che si contraddice? E poi, distaccarsi così nettamente dalle religioni non è un comportamento a sua volta religioso?»
«Ah! Naturalmente. Sai cosa mi ricorda? Il paradosso del bibliotecario.»
«Di nuovo, mi sta perdendo, non capisco.»
«Allora senti: non mi interessano battesimo e sbattezzo, scomunica e santificazione, né altri sacramenti, né le religioni, in generale. Tra qualche giorno ci sarà la Luna piena, ed è tutto quel che mi interessa. Adesso è tanto che parliamo, e abbiamo anche giocato coi bambini, e tu mi hai già alterato abbastanza. Ti spiace lasciarmi un po’ tranquillo?»
Magnus si alzò in piedi. Tutti quei discorsi gli stavano offuscando la mente senza dargli un minimo indizio. Aveva bisogno di sgranchirsi le gambe e riordinare le idee. Accese la luce e si diresse mugugnando verso la brocca del caffè. Intanto, continuò ad ascoltare Arthur Carter che intervistava chiunque gli capitasse a tiro, alla ricerca di chissà quale segreto sul vecchio Isak.
Preparò il caffè e nell’attesa si diresse alla finestra. Evidentemente il giornalista non aveva voluto rassegnarsi al fatto che il viaggio era stato un buco nell’acqua. Ma cos’era successo poi? Dove erano spariti quei due? Lo sceriffo aguzzò lo sguardo fuori: le strade imbiancate erano deserte e il vento faceva vorticare la neve secca. Posò il palmo della mano sul vetro freddo. Non si sarebbe rilassato fino a quando non fosse venuto a capo di quella faccenda: era il suo lavoro, il suo dovere verso la cittadina.
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