[Lab.9] Il fiuto di Camilla (cap.3 di 3)

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Capitolo III


Michele salta la colazione, si affretta a vestirsi, mette in tasca lo straccio e si dirige con Camilla verso la piazza. Benché siano appena le nove, spera che al circolo ci sia Baroni, o qualche altro socio che d’abitudine prende là il caffè , disposto ad accompagnarlo.
Infatti l'amico c’è, a dargli la triste conferma che proprio del barbone si tratta, ucciso durante la notte. Lui rimane in silenzio. Un'esistenza dolorosa e una morte violenta: difficile fornirle di senso.
Raggiungono i pochi presenti in quell'ora mattutina, che ne parlano al bar; ritengono sia colpevole  una banda di balordi rei di atti vandalici, danneggiamenti e pestaggi. Non stupirebbe che la loro animalesca aggressività si sia scatenata sul povero matto.
Michele, dopo aver raccontato di come ne è venuto in possesso, mostra la manica. Subito il notaio Tardia, la riconosce, o meglio afferma che la camicia da cui proviene dev'essere opera di Desideri, che lavora su misura. Lui, come molti latinesi in carriera, ne è cliente.
«Sono convinto che 'Ntonio mi abbia dato un indizio – afferma Michele – e non può che riguardare l'incendio. E' successo quella mattina, lui era sempre qui attorno, avrà visto qualcosa e forse...»
«Per questo è stato ammazzato! -completa Tardia - Anche i Santoro, padre e figlio, indossano quelle camicie» aggiunge pensoso.
«Se la manica fosse di una del figlio...» azzarda Baroni
«Ma cosa vai a pensare! - s'indigna Visentin, noto legale - Uno stimato dentista dà fuoco al negozio del padre per frodare l'assicurazione e addirittura ammazza il testimone? E' assurdo. E poi a quanto volete che ammonti l'indennizzo? Per il vecchio ormai si trattava di un hobby più che di un’impresa commerciale.»
«Hai ragione – riconosce Bibà – Dev'esserci un altro movente, ma quale?»
Michele ho riflettuto a lungo sugli strani gesti di 'Ntonio; ora riferisce di quell'ultimo incontro, si alza e prova a riprodurre i movimenti, così come li ha immaginati tastandolo.
«Tiene tra le mani un vassoio, un tavoletta, una stoffa… - dicono un paio di soci -Ora posa a terra l'oggetto, ma non orizzontale, di taglio...» interpreta Visentin «Lo tira su, no, si attacca alla manica. L'ha lasciato cadere? Non capisco...»
«Aspetta…Prima di tirarti forte il braccio ' Ntonio si è spostato?»  chiede Baroni.
«Sì, da destra a sinistra- Michele ne è certo – Forse ho capito: voleva mimare due persone! La manica deve averla strappata lui a un altro che aveva in mano un oggetto. Il movente potrebbe essere il furto! Nel negozio c'era qualcosa di valore; chi ha dato fuoco l'ha messa in salvo fuori per poi riprenderla... 'Ntonio gli si è aggrappato al braccio mentre lo faceva.»
«Sembra una buona ipotesi - concorda Tardia – Ma cosa c'era là dentro di tanto appetibile?»
«Ecco Rossi -esclama Baroni – che di antichità ne capisce, domandiamo a lui.»
Camilla è rimasta accucciata accanto alla poltroncina del padrone, tranquilla e quasi invisibile come compete a un bravo cane guida. All'ingresso dell'architetto però si tira su vivacemente, prende in bocca il pezzo di stoffa, rimasto appeso al bracciolo, e gli va incontro. Ferma davanti a lui, alza il muso quasi a porgergli lo straccio, scodinzolando con blanda impazienza. I soci seguono incuriositi la scena, ma nessuno si aspetta la reazione di Rossi. Guarda atterrito la simpatica bestia, apre la bocca ma non dice nulla, poi afferra la manica e corre fuori a precipizio.
«Che gli è preso?!» stupiscono alcuni.
«Oddio, dovevo capirlo...» esclama Tardia prendendo il cellulare. E mentre gli altri ascoltano allibiti chiama i carabinieri e dice che farebbero bene a fermarlo, l'architetto Rossi, presunto colpevole di omicidio, furto e incendio.

Ha ragione, come si saprà di lì a qualche giorno. Possiede un cane, inoltre ha una mente acuta e  buona memoria- non per niente gioca benissimo a bridge!- così si è ricordato delle iniziali ricamate sulle camicie di Rossi, un omaggio di Desideri ai clienti affezionati.
Ma anche Michele ci è andato vicino. Le cose si sono svolte più o meno come le aveva immaginate, tranne che per l'oggetto tanto ambito da trasformare in delinquente un noto professionista. Grande, piatto, appoggiato di taglio nell'aiola in cui dormiva il povero 'Ntonio, nascosto dalla siepe. Perché non se ne notasse l'assenza, prima di accendere il fuoco Rossi l'aveva sostituito con un altro, della stessa misura, ormai irriconoscibile.
Un quadro di Cambellotti, appeso in bella vista sulla parete di fondo del negozio. Non una copia bensì l'originale e Rossi lo aveva capito, senza riuscire a farselo cedere dal vecchio Santoro, che non lo sapeva ma c'era affezionato. Lasciava intendere di esserne autore, come delle altre riproduzioni, ma l’aveva trovato per caso da un robivecchi.
'Ntonio, svegliato dal crepitio delle fiamme, si era tirato su da dietro la siepe proprio mentre Rossi recuperava il quadro e, chissà perché, gli aveva afferrato il braccio. Testimone folle, non diceva niente d'intellegibile, ma si era messo a seguirlo.
Questa la ricostruzione, più o meno attendibile, che Michele va ripetendo a sua moglie.
«Chi l'avrebbe immaginato! – s’indigna Silvana - Un maniaco, come quei miliardari che fanno rubare opere d'arte famose per tenerle chiuse in cassaforte. Ma quelli, almeno di propria mano, non ammazzano nessuno. Rossi ha confessato, giusto?»
«Sì, l’hanno fermato quasi subito, ancora sotto choc per la scena con Camilla. Se avesse avuto il tempo di riprendersi probabilmente avrebbe negato.»
«Che fiuto! Una Miss Marple a quattro zampe, la nostra Cami. Brava!» Silvana l’accarezza e le offre un biscotto che, sempre compita, la cagna va sgranocchiare sul suo tappetino
«Ora però ha una linea difensiva. Ammette l’incendio e il furto, ma sostiene che ‘Ntoni lo tallonava portandosi dietro una mazza da baseball; voleva ricattarlo, ha pensato, ma lui non capiva cosa dicesse. Quella sera gli è arrivato addosso cercando di colpirlo, Rossi gliel’ha strappata di mano e si è difeso. Non voleva ucciderlo, solo spaventarlo e fargli un po’ male perché lo lasciasse in pace» spiega Michele.
«Così dice lui… Ti sembra che ‘Ntoni potesse tentare un ricatto?»
«Non ce lo vedo e neppure a colpire qualcuno. Magari Rossi gli faceva paura dopo che l’aveva visto la notte dell’incendio. Potrebbe essere entrato chissà come nei locali della squadra e ha preso la mazza per sentirsi più sicuro.»
«Se lo temeva avrebbe dovuto stare alla larga non andargli appresso. Secondo me Rossi mente: è stato lui a seguirlo per recuperare il pezzo di manica, che ‘Ntoni non aveva più. Nella baruffa è riuscito a impadronirsi della mazza e ha fatto fuori l’unico testimone.»
Michele alza le spalle: «Se `Ntoni fosse vivo forse proverebbe a dirmelo, ma tanto non capirei. Se mimasse, chissà... »
Sospira, chiama Camilla e le mette l’imbraco, indossa il giubbotto, apre la porta. È l’ora dell’uscita serale.
" ...con mano ferma ma lenta sollevò la celata. L'elmo era vuoto." (Calvino)
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Re: [Lab.9] Il fiuto di Camilla (cap.3 di 3)

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sefora ha scritto: prende là il caffè , disposto
spazi prima della virgola
sefora ha scritto: Subito il notaio Tardia, la riconosce, o meglio 
la virgola dopo Tardia separa il soggetto dal verbo
sefora ha scritto: Michele ho ha riflettuto a lungo sugli strani gesti di 'Ntonio
sefora ha scritto: Camilla è rimasta accucciata accanto alla poltroncina del padrone, tranquilla e quasi invisibile come compete a un bravo cane guida. All'ingresso dell'architetto però si tira su vivacemente, prende in bocca il pezzo di stoffa, rimasto appeso al bracciolo, e gli va incontro. Ferma davanti a lui, alza il muso quasi a porgergli lo straccio, scodinzolando con blanda impazienza. I soci seguono incuriositi la scena, ma nessuno si aspetta la reazione di Rossi. Guarda atterrito la simpatica bestia, apre la bocca ma non dice nulla, poi afferra la manica e corre fuori a precipizio.
Complimenti per la scena madre! 

Mi è piaciuta molto la lettura di questo giallo, ben congegnato e reso con simpatica originalità per l'inserimento tra i protagonisti del labrador Camilla.
Bravissima, @sefora  (y)
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [Lab.9] Il fiuto di Camilla (cap.3 di 3)

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Ciao @sefora, ben trovata al contest! Mentre @Poeta Zaza (che saluto) continua imperterrita a passare al setaccio ogni singola frase di ogni racconto, io ti propongo il mio commento "complessivo".

Cos'abbiamo?
Michele, ex professore in pensione, affetto da cecità, ha nella gentile e paziente labrador, Camilla, la sua compagna di passeggiate per la città di Latina.
Nel loro girovagare, il nostro duo, viene in contatto con una varia umanità nella quale è ricompreso Antonio, detto 'Ntoni, matto che da anni vive nei parchi della città laziale. Ed è proprio 'Ntoni che, all'indomani di un incendio, costato la vita ad un anziano antiquario della zona, viene trovato ucciso. 
La capacità di Michele di "percepire" le movenze degli altri, unitamente al fiuto di Camilla, permetteranno di assicurare alla giustizia il duplice omicida. 

Trama
L'idea di fondo è piacevole, ricorda una puntata di quelle fiction, un po' commedia un po' giallo, che ci vengono proposte dalla tv nelle sere d'autunno. L'inclusione di un cane nel ruolo di "detective per caso" aggiunge originalità alla trama, mentre l'accurata caratterizzazione di Michele le dona una certa profondità. Anche il cast di comprimari (ma di questo parleremo tra un attimo) è ampio e dà la dimensione della routine quotidiana dei protagonisti. Però...
Però, tre soli segmenti, per un totale di poco più di 20.000 caratteri, se valgono ad assicurarti il rispetto delle condizioni minime per la partecipazione al contest, a mio modesto parere, non sono sufficienti a dare respiro a questa storia. Le cose accadono tutte un po' troppo frettolosamente, dalla sequenza delle morti, alla risoluzione del caso. Ti dico la verità: non sono affatto sicuro che anche utilizzando tutti e 40.000 i caratteri a disposizione saresti riuscita a ficcare dentro il necessario per uno sviluppo armonioso della storia.
Aggiungo che, probabilmente, non hai potuto dedicare tutto il tempo che volevi alla tua creazione, cosa che sembrerebbe trovare una conferma nel ricorso, in via principale, al discorso indiretto che porta ad un effetto quasi "compattante" della storia.    

Scrittura
C'è poco da dire: tu sai scrivere. E ovviamente non dovevo arrivare io, un autentico signor nessuno, per dire un'ovvietà del genere ad un'autrice che ha, appuntati sulle spalle, i galloni di plurime pubblicazioni. Lo dimostra il fatto che con una sapiente caratterizzazione dei due protagonisti (e anche del matto, a dirla tutta) e una narrazione asciutta ma serrata con cui valorizzare il pur limitato numero di scene proposte, eri quasi riuscita a distogliere l'attenzione dalla cronica carenza di caratteri di questa tua storia. 
Ho l'impressione, inoltre, che non ci sia abbastanza equilibrio tra raccontato e dialoghi, con una certa predominanza del primo, cosa che accresce la sensazione di "densità" della storia.    

Personaggi
Qui, solo pollici in su. Di Michele vediamo i gesti quotidiani, conosciamo il suo trascorso (con tanto di lampi sula sua vita di insegnante), assistiamo anche a qualche stralcio di vita domestica. E poi c'è Camilla, silenziosa, certo, ma con la sua gestualità così densa di significato; l'addestramento e l'indole in un connubio che la rende così comprensibile, quasi umana.
C'è da spendere qualche parola anche su 'Ntoni: non ha molto spazio nel racconto, ma con poche pennellate hai saputo rappresentarlo in maniera vivida. Scontroso ma innocuo, vive in un mondo che è essenzialmente tutto racchiuso nei confini della sua mente... salvo essere richiamato dai bagliori dell'incendio (con tutto ciò che ne seguirà, purtroppo per lui).
Gli altri comprimari sono, ovviamente, poco caratterizzati (a cominciare proprio dall'assassino) ma rappresentano, insieme con la città, il "fondale" su cui agiscono i nostri. 

Concludendo
Rileggendo queste mie note si sarebbe portati a pensare che il racconto non mi sia piaciuto. Non è così! C'è tanto di buono nella storia che ci hai proposto, a cominciare dall'idea alla base, per passare alla caratterizzazione dei personaggi. In pratica, hai tra le mani l'ossatura di una storia che potrebbe essere veramente godibile. Ma per un giallo del genere, lo sai anche tu, occorrono più scene, più personaggi "giocanti" (ad esempio un ispettore di polizia che svolge le indagini ufficiali), magari qualche simpatica gag che coinvolga Camilla. Più respiro, insomma.

Ciao cara, a rileggerci.
  

Re: [Lab.9] Il fiuto di Camilla (cap.3 di 3)

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Grazie, caro @Pulsar, per la lettura e il commento :flower:
In verità non c'è una "sequenza" di delitti, muore soltanto 'Ntoni  (Il negozio lo teneva aperto tanto per passare la giornata in mezzo alle sue cianfrusaglie. Tutte carbonizzate, adesso... Si disperava, poveraccio. Cap.1)
Mi piace citare la macchina pigra Eco e, autoconclusiva, la nota frase di Conrad: Si scrive soltanto una metà del libro, dell'altra metà si deve occupare il lettore.
Quindi, sì, va bene:  da lettore hai trovato troppo "densa" la storia e avresti gradito un maggiore sviluppo, più scene, personaggi e dialoghi. 
Per la mia "metà" autorale, si tratta di una trama semplice -un furto, un indizio, un morto - sviluppata il necessario per l' occasione. 
E, certo, quasi da ogni  "ossatura" si possono trarre narrazioni di diverso respiro e lunghezza. Chissà, magari avrò occasione di riprendere questa!
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Re: [Lab.9] Il fiuto di Camilla (cap.3 di 3)

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@sefora ho letto due volte il tuo racconto, in effetti la seconda per cercare di capire dove mi era sfuggita la morte dell'anziano antiquario...
Una scrittura che ha poche cose da correggere, molto ricca nella descrizione dei particolari. Forse all'inizio (gusto personale) ci sono diverse divagazioni per cui la storia non prende subito piede. Poi, alla fine c'è, un repentino susseguirsi dei fatti che portano all'assassino in un lampo di lettere.
Nulla da riscontrare di errato, ma è come se mi fosse mancato quel colpo di scena che nei gialli ti lascia spiazzato. Forse il fiuto di Camilla svela con troppa facilità l'assassino. Sicuramente non ti sarebbero mancate le doti per tessere qualche intrico aggiuntivo.
Una piacevole lettura.

Re: [Lab.9] Il fiuto di Camilla (cap.3 di 3)

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Grazie anche a te, @Kasimiro per lettura e il commento :) . No, l'antiquario non muore, così era parso a Pulsar. Mah, a Poeta Zaza la "scena madre" è piaciuta,  a te no, e come Pulsar  avresti gradito qualche  intrigo in più. Per questa occasione la trama mi sembrava adeguata, ci penserò.
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Re: [Lab.9] Il fiuto di Camilla (cap.3 di 3)

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@sefora ciao.
sefora ha scritto: Per questa occasione la trama mi sembrava adeguata, ci penserò.
Con questa risposta che rendi, mi confermi l'impressione (a pelle) che mi ha lasciato la tua storia.
Ognuno nel contest punta a un obbiettivo e il tuo mi è parso da subito essere quello di partecipare con una storia leggera e di facile lettura. Avevi voglia di partecipare a questo contest e fare di questo gruppo un'attrattiva per molti. Posso ringraziarti di essere stata con noi e per la tua utile presenza, anche a riguardo i tuoi commenti sui lavori nostri.
Come dicevo sopra, questo racconto non ha nessuna velleità di stupire, di creare un dibattito. Un racconto da leggere con serenità, magari avendo sul tavolino una tazza di thè, o un bicchierino di Cointreau..
Ho notato la tua scrittura smaliziata, che però mi ha fatto spesso ritornare indietro a rileggere per capire meglio, tipo:

[font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]A quell'ora, se c'è, dorme ubriaco sopra o sotto una delle panchine dei portici, invece gli si accosta.[/font]

Qui descrivi il personaggio, il luogo, cosa potrebbe fare, e poi finisci con una azione diretta di lui. Niente di errato, ma io ci sono inciampato :D

Per il racconto in sé, mi attengo alle impressioni che sono positive per il percorso narrativo scelto, e la conduzione. Dovrei criticare il livello di interesse della trama, ma come già detto sopra, il tuo intento era partecipare e dare il tuo contributo. D'altronde, come si può chiedere a un autore di "sacrificare" una idea originale in un contest? L'autore deve valutare il grado di interesse di una trama e se ne può fare qualcosa di buono per una pubblicazione, beh! è meglio che la conservi...

Quindi posso solo evidenziarti, meramente, qualche intreccio lasciato senza chiarire, a riguardo la cecità di Michele. Non si sa se è dalla nascita e tale fatto rende questo passo poco chiaro circa la sua origine:
[font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]Un passaggio conduce a piazza del Popolo, avendo ai lati i palazzi gemelli dell'Intendenza di finanza e del Genio civile. Puro stile ventennio, travertino e mattoni, alte finestre dalle bordure sagomate. Michele li ricorda ancora bene. Latina littoria: fis[/font]

Un altro particolare è quello riguardante il famoso pezzo di stoffa. Prima cosa che noto è che trattandosi di una manica intera, viene lasciato intendere che sia solo un pezzo di stoffa, tanto piccolo da essere quasi nascosto tra il pelo di Camilla e il suo collare. Poco chiaro, infatti, è il punto di rottura di questa camicia, che per ovvietà, poteva rompersi solo alla attaccatura ascellare. Difficile rompersi nel polsino, ma dato che questo pezzo portava la scritta del produttore, sarebbe potuto bastare per costituire una prova a carico di Rossi?
Quel pezzo di camicia riveste un ruolo importante e forse gli viene attribuito un valore probatorio sopravalutato.
Altro elemento riguarda tutto quello che circonda Michele e il suo gruppo di amici. Il circolo del brigde mi pare un luogo per una classe sociale benestante; basta vedere le professioni di architetto, avvocati, dottori... Questo interesse verso la fine di Ntonio mi pare fuori luogo, dato che è un reietto di quella società a loro tanto distante. Le camice sartoriali di popelin di cui tanto si parla, cozza ancor di più se si considera il personaggio dell'assassino. Un professionista come lui, inserito nella società "perbene" che va a compiere personalmente un omicidio e ancor prima un incendio doloso, non è da credere. Sarebbe stato pertinente il suo ruolo di mandante, ma non di autore. Questo però avrebbe scombussolato i tuoi piani e avresti dovuto riscrivere la trama. Anche la mimica di Michele che da non vedente tenta di far capire agli amici cosa voleva fargli capire Ntonio è alquanto inverosimile, anche se di effetto, considerato il tratto bonario da commedia napoletana ( De Filippo).

Per quanto riguarda il ruolo di Camilla, ho trovato la parte dedicata molto piacevole, anche quando fai la cronistoria di tutti gli accompagnatori a quattro zampe che si sono susseguiti. Lasci a Camilla un ruolo nella risoluzione del caso che apparrebbe inverosimile se non si considerasse, ripeto, la natura leggera del racconto, e gli obbiettivi che ti sei imposta, coerentemente. Ciao e a presto.
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [Lab.9] Il fiuto di Camilla (cap.3 di 3)

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Mah, vale la citazione di Conrad... Non avevo un intento programmatico così dettagliato: sono una vecchia utente del già WD, qui piuttosto occasionale, mi attivo ogni tanto per non perdere del tutto i contatti e fare un minimo di esercizio. 
Né, quanto al racconto,  giocavo "al risparmio": l'idea era quella, l'ho sviluppata come mi riusciva  in quei giorni estivi. Bravo, comunque, le tue considerazioni sono opportune: i pezzi che citi ho dovuto tagliarli mentre postavo. Distratta qual sono, non avevo controllato  i caratteri di ciascun capitolo. 
Quanto agli altri rilievi: la manica può essere più o meno metà, magari  con uno stappo preesistente dovuto agli armeggi del personaggio nel dare fuoco al negozio; la maniglia dei cani guida é in genere fissata a una larga pettorina, lo straccio ci sta comodamente; il prof s'intende di follia (cito Foucault), per cui tratta 'Ntoni come "persona";  Latina non è ambiente in cui si trovino con facilità esecutori e sicari.
Riguardo all'intento didattico: ho letto/editato parecchi esordienti, in generale ormai  ne ho poca voglia, ma davanti a una prosa come la tua dei primi capitoli, scusami, trovo doveroso un piccolo intervento.
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Re: [Lab.9] Il fiuto di Camilla (cap.3 di 3)

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Ciao @sefora

Non ho molta esperienza di gialli, omicidi, indagini e deduzioni, teoremi che portano poi a prove, a una soluzione, all’individuazione di un colpevole. Non mi sono addentrato a scrivere in questo campo perché non ho mai amato, sia in romanzi che in serie televisive, gli omicidi come rebus da risolvere, rompicapo, parole crociate, e che per farlo altri uomini ne facessero un mestiere, ci passassero la vita, il tempo, spesso preferendo le indagini alla vita familiare, come polizia, investigatori privati, avvocati e quant’altro.
Riconosco che si tratta di un preambolo, nonché di un pensiero, alquanto bislacco che credo di avere solo io, non fa assolutamente testo e non desidero nemmeno che lo faccia, ma questo è il mio approccio verso il genere. 
Nei miei commenti ai vari testi, spesso infarciti da non necessarie digressioni, ho avuto comunque in mente anche  la frase di Conrad che citi sopra in un commento
sefora ha scritto: Mi piace citare la macchina pigra Eco e, autoconclusiva, la nota frase di Conrad: Si scrive soltanto una metà del libro, dell'altra metà si deve occupare il lettore.
Un po’ come la famosa teoria della punta dell’iceberg, noi vediamo solo la punta ma sotto c’è un altro universo. E io sempre in quest’altro universo ho amato, voluto addentrarmi. Lo ritengo molto stimolante.
Non mi sognerò mai di riprenderti nella scrittura, tu sei un autrice e hai da insegnare a quelli come me.
Hai voluto creare una storia “leggera”, un giallo, in un modo apparentemente semplice e schematico che però certo non viene facile a tutti, questo è doveroso riconoscerlo.
Ho letto con piacere, apprezzando il personaggio del professore cieco e del suo amato cane guida Camilla, un vero segugio.
Pur nella brevità della storia hai saputo condensare molto bene impressioni, caratterizzazioni e anche descrizioni che viste dalla parte del cieco, con la sua propensione a riconoscere luoghi e persone dagli odori, acquistano maggiore incisività, permangono nella memoria del lettore perché visti da una prospettiva inusuale. Un ottimo mezzo per tenere desta l’attenzione anche su piccoli particolari che potrebbero passare inosservati.
Anche io sono rimasto un po’ perplesso dal fatto che in un circolo frequentato da benestanti stiano a ragionare sull’omicidio di un barbone come ‘Ntoni, posso ritenere che lo facciano come passatempo, per quanto alcuni anche infervorati a giudicare dal tenore delle domande, richieste di descrizioni e interpretazioni da parte del professor Michele sulle sue congetture.
Secondo me la reazione dell’architetto Rossi quando Camilla gli porge il pezzo di stoffa della manica è troppo spropositata, addirittura strappa dalla bocca del cane la stoffa e fugge via sconvolto. Gli amici del circolo, che tanto amici non sono evidentemente, ne deducono che due più due fa quattro e telefonano subito ai carabinieri dicendo che lo fermino perché può aver compiuto un omicidio.
A mio parere la chiusura del racconto è troppo frettolosa, non è così semplice accusare uno di omicidio al telefono, a meno che non sia visto nel momento in cui lo compie e chi telefona è un testimone. Con altri due capitoli a disposizione si sarebbe potuto inserire un carabiniere o poliziotto che iniziasse un’inchiesta, si ponesse e facesse delle domande. Avrebbe avuto la funzione di “appiglio” per rendere più veritiera, completa una telefonata così frettolosa.
Ma sono mie considerazioni dettate dalla non perfetta conoscenza del genere, non farci caso.
Apprezzo sempre la tua scrittura quando posti qualcosa qui e ricordo anche nel vecchio WD e leggo con interesse i tuoi commenti. Sono contento che tu abbia partecipato.
A rileggerci.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [Lab.9] Il fiuto di Camilla (cap.3 di 3)

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Grazie, @Alberto :) ,@ per  lettura e commento, ricordavo che non pratichi il giallo. 
Sì, la chiusa è un po'  frettolosa, anche perché -ho cercato di spiegarlo in una risposta precedente - mi sono distratta (tanto per non smentirmi!) nella suddivisione dei caratteri e il terzo cap. eccedeva.
Quanto all'interesse per il barbone (un personaggio tratto dalla realtà), i soci del circolo lo vedevano ogni giorno, il prof ne parlava ecc.  e un delitto   è raro a Latina.
La reazione di Rossi, non so... È ovviamente molto teso:  preso da "follia" di possesso, ha dato fuoco, cercA 'Ntoni senza trovarlo per recuperare la manica accusatrice e gliela porge la cagna, ci può stare che sbrocchi! infatti poi Michele fa un'osservazione in proposito con la moglie.
E non sono gli amici del circolo a dedurre ecc., solo l'acutissimo notaio, gli altri ascoltano sbalorditi la telefonata.
Un caro saluto!
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Re: [Lab.9] Il fiuto di Camilla (cap.3 di 3)

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È consuetudine sostenere che sia difficile far stare un buon noir in un racconto breve.
Per me non è vero: i “gialli” sono racconti come tutti gli altri e non sono gli unici ad aver bisogno di costruzioni non banali e trame con un minimo di articolazione.
Diciamo che, forse, è difficile scrivere qualcosa di nuovo, muovendosi nell’indagine “poliziesca”, ma anche in questo senso io non ne farei una questione di genere, pretendendo di definire una sorta di scala di difficoltà. Né il noir deve essere necessariamente qualcosa che inchioda il lettore alla sedia. È piuttosto, e comunque deve essere, una sfida intellettuale, pur se semplice, nella quale l’autore che decide di concentrare la storia deve cercare di non strafare, evitare il tentativo di rappresentare il mistero estremo. Dici bene, secondo me, nelle tue risposte: un furto, un indizio, un morto. Una situazione da banale cronaca locale che prende una piega più drammatica, che sfugge di mano e costringe addirittura a compiere un delitto. È quanto basta.
La tua squadra di investigatori, in questo caso, è formata dal labrador Camilla e dal suo umano Michele. Sui generis (bene!), anche se non è nulla di mai visto. Però lo hai sviluppato e condotto in modo credibile e godibile in un tranquillo “soft-noir”.
Vero che alcune parti sembrano un po’ sbrigative, ma la struttura c’è. Il movente è plausibile, la via per la soluzione nell’ordine delle reali potenzialità di un cane addestrato in modo particolare, pur se non per lo specifico sfruttamento del suo fiuto, e del suo padrone, dotato di una sensibilità affinata dalla disabilità. Non è secondario il particolare legame fra quel tipo cane e il suo padrone, ha il suo peso proprio nella specifica vicenda e a me è piaciuto come lo hai rappresentato e usato ai fini dell’”indagine”.
Ha un peso fondamentale (e risolutivo) anche la reazione scomposta del colpevole, che si tradisce in un’improvvisa crisi di panico e conferma i sospetti. Sì, ci sta benissimo: in un certo filone di polizieschi si può definire proprio classico il crollo del colpevole che viene messo, o si vede, con le spalle al muro. Ma esattamente quella scena, altamente funzionale, mi è sembrata proprio la più “accelerata”, senza che ciò fosse utile alla narrazione (sarebbe stata giustificata solo se, invece, tu avessi scelto di inserire uno sviluppo a più elevata tensione. Cosa da non escludere a priori, ma da condurre con grande attenzione, se si decide di modificare in tal senso il finale).
Poi c’è “il caso”, certo, ma non si può dire che intervenga a gamba tesa in questa tua storia. Non più di quanto non incida, ogni giorno, sulla realtà che viviamo.
 
Un racconto che ho trovato gradevole e sul quale penso potrebbe valer la pena di lavorare un po’, per risolvere le discontinuità che ti sono state segnalate, cioè approfondendo le parti sulle quali, ti sei resa conto anche tu, sei stata un po’ troppo sbrigativa.
Lette le schede dei tuoi personaggi principali, direi che sei riuscita a rappresentarli, qui, in modo da far arrivare al lettore i loro tratti esattamente per come te li sei figurati. La scheda di ‘Ntoni, per forza di cose, è al limite dell’essenziale, ma dato che il racconto non focalizza mai su di lui, è ovvio che nemmeno tu, autrice, avevi bisogno di conoscere il personaggio più di così.

A rileggerti.
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