[Lab 9] Il Favoloso Processo - La Bella Addormentata (cap. 1 di 4)

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Tu sei Alice
Si, lo so
Ora andrai nel Paese delle Meraviglie.
Vedrò cose meravigliose?
No, cose meraviglianti


Quando il giudice entrò, l’aula era in una penombra riempita dal brusio del pubblico. Si diresse verso l’interruttore, evitando gli scatoloni appoggiati sulla parete, retaggio di una scossa che sette anni prima, nell’entroterra abruzzese, aveva reso parzialmente inagibile l’archivio e accese le luci. Il mormorio si interruppe per qualche secondo. Poi riprese. Nessuno si era alzato in piedi al suo ingresso. Il giudice lanciò un’occhiata al cancelliere che aveva dimenticato di annunciarlo. Il cancelliere fece spallucce e riprese a leggere il giornale. Il giudice si sistemò la toga e prese posto sul suo banco.
«Seduti!» Ovviamente nessuno si mosse. Aprì il faldone, abbassò gli occhiali verso la punta del naso, prese il primo documento e iniziò a leggere.

«Oggi, 27 novembre 2016, nel tribunale della città di Sulmona, dichiaro aperto il procedimento contro… Cancelliere?!»  con l’indice portò su gli occhiali e si girò verso l’uomo che leggeva il giornale. «Ma qui ci sono 18 pagine di nomi!»  fece una pausa mentre scorreva l’elenco. «Vabbè! Dichiaro aperto il procedimento contro… tutti quelli che ci sono, relativo alle denunce delle convenute. Se le parti sono pronte possiamo iniziare ad ascoltare le dichiarazioni delle querelanti. Si accomodi il primo teste.»
Una nuvola azzurra sovrastata da una cascata di boccoli dorati si avvicinò al banco dei testimoni, sistemò con la destra il microfono, con la sinistra la coroncina di boccioli di rose e si mise a sedere sui diciotto strati di organza della gonna.

La Bella Addormentata

«Giura di dire la verità, tutta la verità, niente altro che la verità?»
«Lo giuro.» rispose lei con una voce soave.
«Dia le sue generalità per il verbale.» il giudice fece schioccare le dita. Il cancelliere ripiegò seccato il giornale e prese carta e penna.
«Nome e cognome?»
«Bella Addormentata.»
«Residenza?»
«Il bosco… almeno negli ultimi cento anni.»
«Professione?»
Bella, con uno sguardo torvo verso il giudice: «Sono 100 anni che dormo… non ho avuto il tempo di trovarmi un lavoro.» La voce non era più molto soave.
«Stato civile?»
«Appena ne trovo uno, mi ci trasferisco.»
«Lei ha sporto denuncia contro uno degli imputati, lo può indicare?»
La ragazza puntò il braccio verso il pubblico. Gli usignoli che avevano nidificato negli sbuffi della sua manica destra fuggirono impauriti.
«Eccolo lì, è quello in terza fila.»
«Cancelliere, verbalizzi che la teste ha indicato il Re,  suo padre. Vuole dirci di cosa accusa sua maestà?»
«Di eccesso di protezione.» disse Bella, scandendo le parole. «Vostro Onore, lei conosce la mia storia?»
«Si, la conosco.»
«Per cui è a conoscenza della maledizione della vecchia fata?»
«Si, certo.» rispose scuotendo la testa, tirandosi su gli occhiali. «Ne sono a conoscenza?»
«Ed è al corrente di quello che fece mio padre, il Re?»
«Si!» sbuffo il giudice. « Fece proibire l’uso e il possesso di fusi per filare in tutto il paese… mi è sembrata un’azione ragionevole, vista la minaccia che incombeva su di lei, sua figlia.»
«Ora, a parte che nonostante questo, io mi sono punta lo stesso, lo sa che cosa altro ha fatto?»
«Oltre a vietare i fusi?» e si abbasso gli occhiali, come volesse cercare la risposta tra le carte. «No, non lo so.»
«Quando avevo tre anni, per caso, fu trovato un fuso nella casa di un artigiano che si era da poco trasferito nel regno e che non conosceva l’editto.
Allora mio padre decise che non si potesse più lavorare il ferro, di cui era fatta la muscula, l’uncinetto che sta in cima al fuso, con cui mi sarei potuta pungere.»
«Non vedo il problema, una precauzione aggiuntiva.» Lo sguardo di compiacimento fu rivolto al regale personaggio in terza fila.
«Dopo qualche anno, sparirono pentole e padelle, perché quelle vecchie non potevano essere sostituite, dato che nessuno più lavorava il ferro. Avete mai provato a fare una zuppa in un paiolo di legno?» Due roselline sbocciarono sulla sua testa e persero subito i petali.
«Io?! Ma… veramente no.» tentennò il giudice, con un tono di scuse.
«No perché prende fuoco! Per cui il popolo soffriva la fame e il freddo.» Puntualizzò la principessa.
«Il freddo?! Perché il freddo?»
«Vostro onore!» C’era un sottinteso “ma sei de coccio?” neppure tanto velato. «Senza fusi non si poteva tessere e se non si tesseva non si potevano fare vestiti e coperte. Erano tutti fatti ai ferri (di legno) o all’uncinetto (di legno), ma restringevano con l’umidità. Poi scapparono tutte le pecore e non si ebbe più lana.»
«E perché scapparono le pecore?»
«Perché senza più coltelli venivano tosate con la ceretta, povere bestie.» Un brivido corse lungo la schiena di tutte le signore presenti, e anche di qualche signore.
«E senza più lana i vestiti venivano fatti di paglia, che si seccava d’estate,  si ammollava con la pioggia e gelava  d’inverno. E quando due persone si avvicinavano troppo, i loro vestiti rimanevano incastrati ed erano costretti ad andare dalla stessa parte finché non si ammollavano in una giornata di pioggia. Mio padre dovette emanare un bando per vietare gli abbracci, i balli e le file al cinema.»
«Capisco i disagi legati alla situazione, ma su di lei c’era una maledizione.»
«E non c’era un’altra soluzione?»
«Un’altra soluzione… di che tipo?»
«Immaginiamo che, invece di una bambina, al Re fosse nato un erede maschio e che la vecchia fata avesse fatto la stessa maledizione nel caso in cui il principe fosse stato ferito, anche lievemente, con una spada. Che avrebbe fatto il Re?»
A questa domanda il giudice si girò prima verso il Re, poi verso il cancelliere che fece spallucce, e si mise ad ordinare le carte davanti a lui. Poi balbettò:
«Mbé… non avrebbe potuto far sparire tutte le spade dal regno. Sarebbe rimasto indifeso contro i nemici.»
«Giusto!» la principessa si colpì il ginocchio e dalla gonna uscirono dodici minuscoli scoiattoli. «E allora?» lo incalzo.
«Penso avrebbe insegnato al figlio a difendersi da quel pericolo.» fece una pausa. «Lo avrebbe fatto diventare il miglior spadaccino in circolazione.» Il giudice apparve molto soddisfatto di questa sua intuizione.
«E perché con me, la sua figlia femmina, non ha fatto la stessa cosa?
Poteva farmi diventare la miglior tessitrice del reame, addestrandomi fin da piccola all’uso del telaio e invece niente di tutto questo.» Mentre guardava il pubblico, rivolse verso se stessa l’indice destro e colpì la violetta che faceva da terzo bottone, facendola appassire, e disse: «Io non sapevo neanche come era fatto un fuso, non ne avevo mai visto uno in vita mia. Come potevo proteggermi da un pericolo che non conoscevo?» fece una piccola pausa. «Prevenire è meglio che curare, ma informare è meglio che prevenire, è la migliore prevenzione.
Ho dormito per cento anni a causa di mio padre che non ha avuto fiducia nella mia capacità di riconoscere il pericolo, che mi ha tenuto all’oscuro di tutto perché ero una femminuccia, il suo bocciolo adorato.» Quest’ultima frase la disse rivolta al padre con la bocca a cuoricino.
«Ha costruito una bella campana di vetro e mi ci ha messo dentro,» e lo disse mimando l’oggetto. «pensando così che sarei stata felice e al sicuro.
Ma la cosa ha funzionato finché ero piccola, una bambina. Quando sono cresciuta e ho cominciato a voler conoscere il mondo intorno a me,  la sua scelta protettiva si è dimostrata sbagliata e tanti ne hanno pagato le conseguenze.
Pensate a tutti quelli che si sono addormentati insieme a me e che quando si sono svegliati non hanno trovato accanto a loro un principe azzurro, ma un mondo che non conoscevano, in cui erano degli estranei.
Ma pensate anche a quanti padri hanno seguito l’esempio del re della fiaba e hanno tenuto segregata una figlia per preservarla dai pericoli della vita. Pericoli a volte inventati, legati a storie di onorabilità, senso del pudore, collocazione sociale. E’ facile trasformare un’ossessione per qualcosa che riguarda se stessi in una preoccupazione per qualcuno che si ama o che si dice di amare.
Per questo, vostro onore, ho chiamato in giudizio mio padre, il Re. E chiedo che sia condannato a tenere un corso di tessitura a tutte le bambine del regno, per i prossimi cento anni. Ho finito!» e colpì il banco con tutte e due le mani e gli usignoli ospitati nell’altro braccio scapparono via.
Un brusio misto tra dissenso e approvazione salì nell’aula.
«Silenzio!» intimò il giudice. «Lei si può accomodare. Entri la seconda querelante.»

continua

Re: [Lab 9] Il Favoloso Processo - La Bella Addormentata (cap. 1 di 4)

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maxgiglio ha scritto: Stato civile?»
«Appena ne trovo uno, mi ci trasferisco.»
:D
maxgiglio ha scritto: «Per cui è a conoscenza della maledizione della vecchia fata?»
«Si, certo.» rispose scuotendo la testa, tirandosi su gli occhiali. «Ne sono a conoscenza?»
L'ultima frase non è interrogativa.
maxgiglio ha scritto: Avete mai provato a fare una zuppa in un paiolo di legno?» Due roselline sbocciarono sulla sua testa e persero subito i petali.
Divertente anche questa immagine: sei abile con questo tipo di ironia.
maxgiglio ha scritto: «E allora?» lo incalzo incalzò.
maxgiglio ha scritto: Ma la cosa ha funzionato finché ero piccola, una bambina. Quando sono cresciuta e ho cominciato a voler conoscere il mondo intorno a me,  la sua scelta protettiva si è dimostrata sbagliata e tanti ne hanno pagato le conseguenze.
Pensate a tutti quelli che si sono addormentati insieme a me e che quando si sono svegliati non hanno trovato accanto a loro un principe azzurro, ma un mondo che non conoscevano, in cui erano degli estranei.
Originali osservazioni sulla morale della favola!
maxgiglio ha scritto: dom ago 27, 2023 11:41 amTu sei Alice
Si, lo so
Ora andrai nel Paese delle Meraviglie.
Vedrò cose meravigliose?
No, cose meraviglianti
Non capisco l'incipit, che rimanda a un'altra favola e a un altro personaggio che non è protagonista del tuo racconto, @maxgiglio 

Comunque, è una piacevole lettura sin qui.  :libro:
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [Lab 9] Il Favoloso Processo - La Bella Addormentata (cap. 1 di 4)

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Ciao @maxgiglio
Ho letto tutti e quattro i capitoli; trattandosi di un personaggio diverso per ognuno ho ritenuto dover dire qualcosa su ciascuno di loro.
Anche io come Poeta Zaza leggendo l’incipit ho pensato si trattasse di Alice, ma forse intendevi inserire un preambolo sul fatto delle cose che meravigliano in genere.
Mi sono piaciuti i deliziosi particolari  dell’abito della Bella, da libro illustrato delle belle favole di una volta.
La Bella Addormentata sembrerebbe avere tutte le ragioni per citare il padre in tribunale, perché la voleva proteggere troppo dal mondo esterno, dai pericoli come poi dice lei stessa,
maxgiglio ha scritto: Ma pensate anche a quanti padri hanno seguito l’esempio del re della fiaba e hanno tenuto segregata una figlia per preservarla dai pericoli della vita. Pericoli a volte inventati, legati a storie di onorabilità, senso del pudore, collocazione sociale. E’ facile trasformare un’ossessione per qualcosa che riguarda se stessi in una preoccupazione per qualcuno che si ama o che si dice di amare.
In effetti un tempo, quando i genitori facevano i genitori e non gli amici dei propri figli, questa era una delle loro apprensioni. Ma non si sfugge al proprio destino, non solo nelle favole, ma anche nella vita.
Il fatto della campana di vetro mi ha ricordato una leggenda su Santa Barbara, che fin da bambina voleva dedicarsi a Dio, contro il volere del padre che letteralmente la chiuse in una sorta di campana di vetro, forse una torre, affinché non avesse contatti con il mondo. Ma Dio distrusse la torre con un fulmine, senza toccare la ragazza, per far capire al padre che non poteva, non aveva nessun diritto a impedire il volere divino.
Il discorso che la Bella fa nel tribunale è molto moderno, la condanna che la Bella chiede per il padre, un corso di tessitura per tutte le bambine del regno, in sostanza quello che era stato impedito a lei tra le altre cose, è meravigliosa.
Una bella morale.
Vado agli altri capitoli.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)
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