[Lab 9] Il Favoloso Processo - Beatrice (cap. 2 di 4)
Inviato: dom ago 27, 2023 11:32 am
Beatrice
La ragazza che entrò aveva diciotto anni e l’aspetto ricordato dal poeta. Un lungo abito bianco, semplice ma elegante, le era stato scolpito addosso con grande maestria. Si muoveva lentamente, come se fosse impedita nel suo avanzare da qualche ostacolo intrinseco, dal suo proprio essere e, nel muoversi lasciava dietro di se una sottile striscia bianca sul pavimento. Aveva in mano, mani d’alabastro, alcuni piccoli oggetti che sistemò con cura sul banco dei testimoni, prima di sedersi, con qualche difficoltà, sulla sedia che scricchiolò sotto il suo peso.
«Giura di dire la verità, tutta la verità, niente altro che la verità?» le domandò il giudice.
«Lo giuro.» rispose la ragazza.
«Dia le sue generalità per il verbale. Nome e cognome?»
«Beatrice.»
«Deve dare nome e cognome. Ma poi lei, scusi,» e cercò tra le carte «non è un personaggio reale?»
«No. Sono molto più immaginaria di tante altre.»
«Residenza?»
«La fantasia di Dante Alighieri.»
«Qual è l’accusa verso l’imputato?»
«Adulterazione cognitiva.»
«Che vorrebbe dire…?»
«Che si è fatto un film su di me e l’ha pure messo in circolazione.
Vostro onore, quello mi ha visto una volta a diciotto anni ed ha costruito su di me un castello di fandonie.»
«Ma ha fatto di voi la Donna Angelo!»
«E chi glielo aveva chiesto? Avete mai provato a vivere come confronto ‘ideale’, perfetto, angelico? Poteva fare di me un personaggio reale, descrivermi per quello che ero e invece sono da 800 anni su di un piedistallo, come un’immagine religiosa e sono 800 anni che mi prude il naso e non mi posso grattare.» provò ad alzare la mano verso la faccia ma non ci riuscì. «Una tortura!»
«Capisco.» annuì il giudice.
«Capite? Capite, cosa?! Ma se anche voi vi siete tutto infervorato a leggerlo…
Tanto gentil e tanto onesta pare… e giù a pensare:
ah, se la donna mia fosse così! Ma la vostra donna non era così, vero?»
«La mia donna?! Onestamente…no.» ammise il giudice.
«E voi come siete rimasto?»
«Io… sono rimasto… deluso.»
«Già…deluso.
Io ho denunciato Dante Alighieri per aver creato un archetipo immaginario che ha portato danni inestimabili alla condizione femminile.
Ha preso me, una ragazzina e mi ha reso pietra di paragone.
E mi ha proprio reso di pietra, una statua, un oggetto.
Poi, per farmi un po’ sgranchire le gambe, mi ha messo come guida per un giro nel Paradiso Terrestre.»
«Ma vi ha reso protagonista di una delle opere letterarie più famose al mondo.»
«Si, ma a me scappava la pipì!
Voi non capite che imbarazzo a dover fare la pipì nel Paradiso Terrestre.
Come può la donna angelo fare la pipì? Non faceva parte del personaggio.
Perché questo ero diventata: un personaggio e le mie caratteristiche le decideva l’autore e dato che l’autore era bravo e sapeva scrivere, tutti hanno pensato che la donna ideale fosse come l’aveva descritta lui e che quella donna potesse esistere, visto che io esistevo.
Tanto gentil e tanto onesta pare… Ma mi ha mai vista quando mi prendevano i cinque minuti?
Io ero su di un piedistallo, là, bella, ferma, immobile in un’espressione serafica.
Lui tornava a casa e mi trovava lì, sempre a disposizione, pronta ad ascoltare le sue parole in religioso silenzio.
Perché la pietra non si muove, non reagisce, non pensa. Questo è fondamentale: la pietra, l’oggetto, non pensa.
Non pensa e non si comporta sconvenientemente.
Non mette in imbarazzo l’uomo, ne con azioni ne con parole.
Ma a me scappava la pipì e a volte anche una puzzetta.
Avete presente la difficoltà a fare una puzzetta con le chiappe di pietra?
A lungo andare si incrinano.
E anche per parlare bisognava fare uno sforzo estremo, dopo aver ben ponderato le parole che sarebbero dovute uscire da quella bocca di alabastro.
Il repertorio ammesso andava da un “Si, caro.” ad un “Hai ragione caro.” fino ad un “La penso come te, caro.”
Quest’ultima frase era già un po’ azzardata, visto che conteneva il verbo ’pensare’.
Ovviamente tutto questo esisteva solo nella sua mente.»
Beatrice si girò verso alcuni uomini in prima fila e indicandoli con un gesto che le provocò una piccola incrinatura alla spalla, disse:
«Perché Dante e tutti gli altri uomini vivevano con donne reali che poco avevano a che vedere con l’oggetto Donna Angelo.» Fece una pausa, mentre risistemava gli oggetti sul banco.
«Dopo che è uscita nelle librerie la Vita Nova, che conteneva il sonetto Tanto gentil e tanto onesta pare… nelle bancarelle di Firenze iniziarono a vendere le mie statuine.» ne prese una e la mostrò prima al giudice e poi al pubblico.
«Fu un grande successo commerciale, ma io, per inciso, non ho mai visto un fiorino per i diritti di immagine, e tutti si portarono a casa l’oggettino.
Ne fecero anche una versione da viaggio.» e mostrò la statuina richiudibile.
«E vedevi tutti questi cretini girare per Piazza della Signoria a parlare con le loro statuine, felici come pasque.
Poi tornavano a casa e trovavano una moglie, una madre, una sorella, una figlia che non aveva proprio le stesse caratteristiche della statuina e che aveva un difetto originale: non era una loro proprietà.
La statuina l’avevano comprata e avevano tutto il diritto di metterla dove volevano, in piedi, stesa, a testa in giù.
E queste donne, queste donne che non avevano la mia perfezione in pietra, potevano non essere una loro proprietà?» Tacque per qualche secondo. «Avevano già tanti altri difetti.»
Beatrice si alzò in piedi, lisciandosi la gonna.
«A volte mi immagino come sarebbe stato il mio rapporto con lui se avesse mai avuto il coraggio di parlarmi, se, diciamo dopo una settimana dal primo incontro, prima di costruirsi tutto il film su di me, mi avesse fermato per strada e rivolto la parola “Oh, Beatrice. Divina Beatrice!” “Oh bischero e che tu dici? Io mi chiamo Bice, mica Beatrice” “Ho cambiato il tuo nome perché tu sei colei che rende beati, quindi Beatrice” “T’allungo un nocchino su quel promontorio appenninico che porti sopra la bocca, che ti rendo beato per davvero”.» e si rimise a sedere.
«Ma non vi sembra una reazione eccessiva? Si tratta sempre di un uomo che aveva per voi una profonda adorazione.» chiese il giudice, concludendo con un sospiro.
«Vostro Onore… ma allora non avete capito niente di quello che ho detto!?
Lui adorava me, Beatrice, non Bice Portinari.
Cosa sarebbe accaduto se avesse sposato Bice?
Vivere tutti i giorni con una donna avendo in mente la sua icona.
Confrontare Bice con la sua donna angelo.
Dopo qualche anno, scrivendo la Divina Commedia, pensate che avrebbe messo di nuovo Beatrice nel paradiso terrestre,» e si rivolse al pubblico «o l’avrebbe mandata all’inferno?» e fece una breve pausa, come per permettere alle persone di darsi una risposta.
« Dante mi avrebbe mandata all’inferno… solo metaforicamente, ma tanti altri, a tante donne, avrebbero fatto vivere un inferno in terra perché non erano conformi alle loro statuine, perché non erano il loro oggettino personale.
Ecco, vostro onore, perché ho denunciato Dante Alighieri e chiedo che sia riconosciuto colpevole come creatore di uno degli archetipi femminili più pericolosi al pari della ‘donna di casa’, ‘brava madre di famiglia’ e ‘tutta casa e chiesa’. Ora ho finito e vado,» raccolse le statuine sul banco. «perché mi scappa la pipì.» e corse verso l’uscita ripiegata su se stessa, avvolta da una lieve nuvola bianca.
Il giudice aspettò che si depositasse il pulviscolo e poi ordinò:
«Entri la terza querelante!»
continua
La ragazza che entrò aveva diciotto anni e l’aspetto ricordato dal poeta. Un lungo abito bianco, semplice ma elegante, le era stato scolpito addosso con grande maestria. Si muoveva lentamente, come se fosse impedita nel suo avanzare da qualche ostacolo intrinseco, dal suo proprio essere e, nel muoversi lasciava dietro di se una sottile striscia bianca sul pavimento. Aveva in mano, mani d’alabastro, alcuni piccoli oggetti che sistemò con cura sul banco dei testimoni, prima di sedersi, con qualche difficoltà, sulla sedia che scricchiolò sotto il suo peso.
«Giura di dire la verità, tutta la verità, niente altro che la verità?» le domandò il giudice.
«Lo giuro.» rispose la ragazza.
«Dia le sue generalità per il verbale. Nome e cognome?»
«Beatrice.»
«Deve dare nome e cognome. Ma poi lei, scusi,» e cercò tra le carte «non è un personaggio reale?»
«No. Sono molto più immaginaria di tante altre.»
«Residenza?»
«La fantasia di Dante Alighieri.»
«Qual è l’accusa verso l’imputato?»
«Adulterazione cognitiva.»
«Che vorrebbe dire…?»
«Che si è fatto un film su di me e l’ha pure messo in circolazione.
Vostro onore, quello mi ha visto una volta a diciotto anni ed ha costruito su di me un castello di fandonie.»
«Ma ha fatto di voi la Donna Angelo!»
«E chi glielo aveva chiesto? Avete mai provato a vivere come confronto ‘ideale’, perfetto, angelico? Poteva fare di me un personaggio reale, descrivermi per quello che ero e invece sono da 800 anni su di un piedistallo, come un’immagine religiosa e sono 800 anni che mi prude il naso e non mi posso grattare.» provò ad alzare la mano verso la faccia ma non ci riuscì. «Una tortura!»
«Capisco.» annuì il giudice.
«Capite? Capite, cosa?! Ma se anche voi vi siete tutto infervorato a leggerlo…
Tanto gentil e tanto onesta pare… e giù a pensare:
ah, se la donna mia fosse così! Ma la vostra donna non era così, vero?»
«La mia donna?! Onestamente…no.» ammise il giudice.
«E voi come siete rimasto?»
«Io… sono rimasto… deluso.»
«Già…deluso.
Io ho denunciato Dante Alighieri per aver creato un archetipo immaginario che ha portato danni inestimabili alla condizione femminile.
Ha preso me, una ragazzina e mi ha reso pietra di paragone.
E mi ha proprio reso di pietra, una statua, un oggetto.
Poi, per farmi un po’ sgranchire le gambe, mi ha messo come guida per un giro nel Paradiso Terrestre.»
«Ma vi ha reso protagonista di una delle opere letterarie più famose al mondo.»
«Si, ma a me scappava la pipì!
Voi non capite che imbarazzo a dover fare la pipì nel Paradiso Terrestre.
Come può la donna angelo fare la pipì? Non faceva parte del personaggio.
Perché questo ero diventata: un personaggio e le mie caratteristiche le decideva l’autore e dato che l’autore era bravo e sapeva scrivere, tutti hanno pensato che la donna ideale fosse come l’aveva descritta lui e che quella donna potesse esistere, visto che io esistevo.
Tanto gentil e tanto onesta pare… Ma mi ha mai vista quando mi prendevano i cinque minuti?
Io ero su di un piedistallo, là, bella, ferma, immobile in un’espressione serafica.
Lui tornava a casa e mi trovava lì, sempre a disposizione, pronta ad ascoltare le sue parole in religioso silenzio.
Perché la pietra non si muove, non reagisce, non pensa. Questo è fondamentale: la pietra, l’oggetto, non pensa.
Non pensa e non si comporta sconvenientemente.
Non mette in imbarazzo l’uomo, ne con azioni ne con parole.
Ma a me scappava la pipì e a volte anche una puzzetta.
Avete presente la difficoltà a fare una puzzetta con le chiappe di pietra?
A lungo andare si incrinano.
E anche per parlare bisognava fare uno sforzo estremo, dopo aver ben ponderato le parole che sarebbero dovute uscire da quella bocca di alabastro.
Il repertorio ammesso andava da un “Si, caro.” ad un “Hai ragione caro.” fino ad un “La penso come te, caro.”
Quest’ultima frase era già un po’ azzardata, visto che conteneva il verbo ’pensare’.
Ovviamente tutto questo esisteva solo nella sua mente.»
Beatrice si girò verso alcuni uomini in prima fila e indicandoli con un gesto che le provocò una piccola incrinatura alla spalla, disse:
«Perché Dante e tutti gli altri uomini vivevano con donne reali che poco avevano a che vedere con l’oggetto Donna Angelo.» Fece una pausa, mentre risistemava gli oggetti sul banco.
«Dopo che è uscita nelle librerie la Vita Nova, che conteneva il sonetto Tanto gentil e tanto onesta pare… nelle bancarelle di Firenze iniziarono a vendere le mie statuine.» ne prese una e la mostrò prima al giudice e poi al pubblico.
«Fu un grande successo commerciale, ma io, per inciso, non ho mai visto un fiorino per i diritti di immagine, e tutti si portarono a casa l’oggettino.
Ne fecero anche una versione da viaggio.» e mostrò la statuina richiudibile.
«E vedevi tutti questi cretini girare per Piazza della Signoria a parlare con le loro statuine, felici come pasque.
Poi tornavano a casa e trovavano una moglie, una madre, una sorella, una figlia che non aveva proprio le stesse caratteristiche della statuina e che aveva un difetto originale: non era una loro proprietà.
La statuina l’avevano comprata e avevano tutto il diritto di metterla dove volevano, in piedi, stesa, a testa in giù.
E queste donne, queste donne che non avevano la mia perfezione in pietra, potevano non essere una loro proprietà?» Tacque per qualche secondo. «Avevano già tanti altri difetti.»
Beatrice si alzò in piedi, lisciandosi la gonna.
«A volte mi immagino come sarebbe stato il mio rapporto con lui se avesse mai avuto il coraggio di parlarmi, se, diciamo dopo una settimana dal primo incontro, prima di costruirsi tutto il film su di me, mi avesse fermato per strada e rivolto la parola “Oh, Beatrice. Divina Beatrice!” “Oh bischero e che tu dici? Io mi chiamo Bice, mica Beatrice” “Ho cambiato il tuo nome perché tu sei colei che rende beati, quindi Beatrice” “T’allungo un nocchino su quel promontorio appenninico che porti sopra la bocca, che ti rendo beato per davvero”.» e si rimise a sedere.
«Ma non vi sembra una reazione eccessiva? Si tratta sempre di un uomo che aveva per voi una profonda adorazione.» chiese il giudice, concludendo con un sospiro.
«Vostro Onore… ma allora non avete capito niente di quello che ho detto!?
Lui adorava me, Beatrice, non Bice Portinari.
Cosa sarebbe accaduto se avesse sposato Bice?
Vivere tutti i giorni con una donna avendo in mente la sua icona.
Confrontare Bice con la sua donna angelo.
Dopo qualche anno, scrivendo la Divina Commedia, pensate che avrebbe messo di nuovo Beatrice nel paradiso terrestre,» e si rivolse al pubblico «o l’avrebbe mandata all’inferno?» e fece una breve pausa, come per permettere alle persone di darsi una risposta.
« Dante mi avrebbe mandata all’inferno… solo metaforicamente, ma tanti altri, a tante donne, avrebbero fatto vivere un inferno in terra perché non erano conformi alle loro statuine, perché non erano il loro oggettino personale.
Ecco, vostro onore, perché ho denunciato Dante Alighieri e chiedo che sia riconosciuto colpevole come creatore di uno degli archetipi femminili più pericolosi al pari della ‘donna di casa’, ‘brava madre di famiglia’ e ‘tutta casa e chiesa’. Ora ho finito e vado,» raccolse le statuine sul banco. «perché mi scappa la pipì.» e corse verso l’uscita ripiegata su se stessa, avvolta da una lieve nuvola bianca.
Il giudice aspettò che si depositasse il pulviscolo e poi ordinò:
«Entri la terza querelante!»
continua