Lili (9di13)

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commento


“Ecco che se ne va. Uno dei prototipi di Dio. Un mutante ad alta potenzialità neanche preso in considerazione per una produzione di massa. Troppo strano per vivere. Troppo raro per morire.”

Johnny Deep alias Raoul Duke a proposito di Benicio del Toro alias Doctor Gonzo in Fear and loathing in Las Vegas.
     
Il ristorante Roba Da Mazzi, o più semplicemente Da Mazzi come viene chiamato, è sprovvisto di parcheggio, ragion per cui Graziano lascia il van nella piazza municipale, non lontana dal locale.
I ragazzi dell’Uccellino hanno fatto le cose in grande, questa volta. Da quando si è trasferito nel ravennate - a metà del ’91 o del ’92, non ricorda bene, aveva più o meno vent’anni – è tornato da quelle parti almeno una o due volte l’anno per officiare le rimpatriate che ormai sono diventate per loro una sorta di rituale. I ritrovi sono avvenuti ogni volta a casa dell’uno o dell’altro, cioè di chi aveva la disponibilità di un cortile ombreggiato nei mesi caldi (la prossima estate toccherà a lui) o di una sala da pranzo ben riscaldata nei mesi invernali, sufficientemente spaziosa da ospitare all’incirca una trentina di persone tra amici d’infanzia e donne con cui nel frattempo ci si è messi insieme, mai le stesse con qualche eccezione tipo l’Alide e la Pamela che in quanto a scapestrataggine non sono tutt’ora da meno a nessuno dei maschi e ormai fanno parte del gruppo.
Quest’anno, però, sembra che Andrea Mazzi abbia rilevato il ristorante del padre e che il gruppo si ritrovi ad avere a disposizione l’intero locale, cucina e cuochi compresi, o almeno così Graziano ha capito nel corso delle telefonate intercorse in precedenza. E in effetti, quando insieme a Liliana e Schopen raggiunge l’ingresso nell’angolo con via Petronici, sul lato interno della porta sta appeso un cartello con su scritto Chiuso per orgia privata. Il locale riaprirà al pubblico quando tutti, e dico tutti, avranno raggiunto l’orgasmo, cioè niente di meno che quello che ci si potrebbe aspettare da quel deficiente di Andrea. Suona il campanello e viene ad aprire uno dei fratelli Amaro. Entrano, superando una prima salva di convenevoli. Liliana era presente anche al ritrovo precedente, quindi Graziano si risparmia le presentazioni e lei, che ha una memoria di ferro, saluta sciorinando con naturalezza i nomi di ognuno. L’interno del ristorante ha un aspetto molto diverso da quel che Graziano ricorda. I colori pastello e le tendine più corte e leggere hanno drasticamente ridotto la tetraggine delle spesse tende rosso Borgogna che sfioravano il pavimento e delle pareti color ruggine. Le gigantografie degli scorci bucolici e solari, appese a due metri di altezza, hanno preso il posto delle tele a olio che raffiguravano nature morte e paesaggi palustri in fin di vita, mentre invece le foto appese nell’ingresso - autografate da Craxi e Berlusconi, a testimonianza del loro passaggio nel locale - lo hanno lasciato a due bei primi piani in memoria di Anthony Bourdain e Robin Williams. 
Data la naturale propensione del gruppo al consumo di alcolici, grassi saturi e carboidrati, non stupisce constatare la costante progressione dell’obesità di cui soffrono la maggior parte dei ragazzi dell’Uccellino. Il nome con cui si è sempre fatto menzione al loro gruppo, fa a sua volta riferimento nell’ordine: 1) al paese omonimo del ferrarese in cui sono nati e cresciuti, 2) al bar omonimo in cui hanno sprecato l’adolescenza, e 3) alle solite battute idiote a proposito delle dimensioni ridotte del pene che, a forza di indirizzarsi a vicenda l’uno con l’altro, hanno finito per battezzare l’intera banda. Malgrado l’andatura claudicante di alcuni e le difficoltà respiratorie di altri, è sempre bello ritrovare i loro volti sorridenti e mai privi di sarcasmo, anche se appesantiti dalla carne in eccesso (28). Alcuni si abbracciano, altri preferiscono cavarsela con una battuta sprezzante e un colpo sulla spalla, ma l’affetto che li lega è sempre quello burbero e riguardoso della loro invecchiata generazione, di uomini che possono aver anche speso per altri uomini più pensieri di quanto sarebbero mai disposti ad ammettere ma che, a prescindere dall’amicizia, hanno sempre condiviso la filosofia del viaggiatore solitario, per cui ognuno s’è fatto un dovere di portare da solo il carico della propria vita, problemi economici, di salute e solitudine compresa. E se per un verso dispiace dover constatare come quella bella energia - piena di rabbia, selvatichezza, voglia di trasgressione, ma anche di un senso dell’umorismo specifico e di un’etica fatta in casa con la stessa manualità e la stessa voglia di sporcarsi con cui si modificavano i cinquantini - abbia distrutto con poche eccezioni i corpi che alimentava, per l’altro rincuora trovare la spavalderia della loro adolescenza ancora tutta lì, nelle battute indirizzate a Graziano e a quei pochi che in extremis hanno deciso di prendersi cura del proprio fisico con una alimentazione più discreta. Una spavalderia volta a sottolineare come proprio in quei chili di troppo e in quelle patologie portate con lo stesso orgoglio con cui i combattenti di altri tempi portavano le cicatrici, sia stampato il manifesto del vivere maschile di buona parte del gruppo, e come, al contrario, qualsiasi altra filosofia in odore di salutismo e prevenzione sia roba da donne o da froci. Dal canto suo, Graziano non ha mai nascosto di essere in debito con questi ragazzi, perché proprio a loro deve quello svezzamento precoce che gli ha fatto capire come la vita non si esprimesse soltanto attraverso il fanatismo religioso e la coercitiva tradizione familiare di sua madre, e neppure attraverso la frustrazione compressa del padre, ma che offrisse a ognuno la libertà di inventarsi la propria storia, con tutti i problemi e le difficoltà del caso.
Il gruppo era ed è quantomai eterogeneo, malgrado ai suoi tempi il paese non andasse tanto per il sottile definendoli in toto un’unica banda di teppisti e delinquenti, comunque rientranti nella specifica fascia sociale a metà tra la classe media e quella operaia, gente che ha avuto la fortuna di rimediare un’occupazione dignitosa, di riuscire a mettere qualcosa da parte e di potersi permettere chi più chi meno la serie di vizi di cui ha fatto una sorta di bandiera in cui identificare la propria libertà personale (29).

(continua)
(28)
Il fatto è che da queste parti esiste, o resiste, un culto del grasso è bello, o ancora peggio del grasso è sano, ampiamente sottoscritto dai nostri nonni che hanno avuto la fortuna di non rendersi conto del rapporto diretto tra la sovralimentazione e i problemi di salute (e di autostima) a cui condannavano i nipoti facendone degli obesi. A loro parziale discolpa va detto che entrambi i culti erano probabilmente una reazione emotiva alla fame e alla miseria vissute durante e dopo la guerra, ma io rimango convinto che, incapaci com’erano di comunicare, rimpinzare noi nipoti fosse l’unico modo che conoscevano di dimostrare affetto e non vi avrebbero rinunciato per nulla al mondo, anche a costo di negare l’evidenza dei problemi futuri a cui ci esponevano.

(29) Due anni dopo, a prescindere da qualsiasi convinzione naturalista o salutista o yoga o quella roba lì, in piena pandemia di Covid-19 molti sarebbero diventati no-vax per la semplice intolleranza a qualsiasi forma di coercizione dall’alto, raggruppandosi in fazioni e addirittura armandosi, in alcuni paesi. Un’intolleranza molto simile, se ci si pensa, a quella di una certa fascia rurale e popolare dell’estrema destra americana. Non saprei dire in proposito se l’analogia sia casuale o dipenda da una qualche forma di colonizzazione culturale pregressa degli USA sul continente europeo, ma quello che viene da chiedersi è se il fenomeno rappresenti il meglio o il peggio del sistema democratico.
  

Re: Lili (9di13)

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@Sira o eventuale altro staffer di passaggio.
Ho il seguente problema: in questo capitolo c'è una nota (27) in cui faccio una battuta sulla morte di Berlusconi. Il testo è stato scritto in tempi non sospetti, cioè quando il Cav era ancora vivo e vegeto (o quasi), e comunque Io ho postato ieri e lui è morto oggi. Escludendo la possibilità che io sia un indovino, opterei per il fattore coincidenza. Ora, non è che la morte di Silvio mi sconvolga più di tanto, cioè niente, però la cosa mi sembra di cattivo gusto e chiedo ai suddetti di eliminare se possibile la nota in questione. Grazie!  :super:  
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