Il mistero della piccola Debora

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Aveva sempre vissuto una vita felice, perché i suoi genitori erano sempre stati presenti, pronti ad accontentarla in tutto e per tutto, soprattutto per quei favolosi codini e quella frangia che aveva chiesto con dolce insistenza sin dalla tenera età di cinque anni. Ma adesso, che stava diventando una signorina, desiderava adornare il suo viso con due orecchini semplicemente deliziosi. In realtà, quei gioielli apparivano superflui, perchè la bimba aveva un animo pieno di luce, ma Debora li aveva richiesti per sottolineare il fatto che stava diventando il fiore all’occhiello della sua famiglia, nonché la principessina di casa. Qualsiasi cosa capitasse, sapeva di poter contare sui suoi genitori. Il giorno dopo il suo decimo compleanno, però, la bambina smise di parlare e, per diversi giorni, confidò tutto al suo diario segreto, di cui solo lei aveva la chiave del lucchetto.  Per fortuna questa fu solo una cosa transitoria, che si risolse in un breve lasso di tempo, ma due anni dopo, proprio il giorno in cui la bimba compì dodici anni, questo problema si ripresentò e non fu di facile soluzione. Anzi, per essere precisi, bisogna dire che quanto successe è ancora avvolto nel mistero. Se, sin dai primi giorni, Debora avesse fatto leggere quelle pagine ai suoi genitori, si sarebbe potuto venire a capo di questo fatto inspiegabile, per poter cercare le possibili soluzioni a ciò che la faceva stare così tanto male, al punto da tenersi tutto dentro.
Quando la bimba sentiva che il suo vissuto era lì davanti ai suoi occhi per presentarle il conto, andava nel garage sotto casa a chiudersi in uno scatolone di cartone fatto su misura per lei. Lì, il tempo sembrava fermarsi : trovarsi in quel posto, per Debora significava potersi godere, in assoluta calma e tranquillità, la sua musica preferita. Era ormai evidente che Debora desiderava lasciarsi pervadere da emozioni piene di positività, che le permettessero di capire che lei non era sbagliata, anche se si percepiva in quel modo. Quando si sentiva meglio, tornava in camera sua. Ma ci fu un giorno in cui Debora chiese ai suoi genitori di raggiungerla nel suo rifugio segreto, e cercò di confidarsi completamente con loro, in quanto erano le sole persone con cui si sentiva al sicuro, e da cui si sentiva profondamente capita. Quel giorno, la sua famiglia decise di far svagare la bambina : diversi giorni prima, infatti, Debora aveva espresso il desiderio di assistere alla partita della squadra di pallavolo di cui era accanita sostenitrice. Al palasport, anche un profano si sarebbe reso conto che la bimba si sentiva nel suo contesto : sembrava davvero che stesse per sostituire l’allenatrice, vista la sua stupefacente conoscenza del gioco.

Re: Il mistero della piccola Debora

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Bentrovato, @Luca Canetti. Lieta di fare la tua conoscenza.

Ti ho letto con attenzione, più volte. La sensazione che ho avuto ogni volta è di essere di fronte a uno scritto di altri tempi: la qual cosa non è affatto un male. Nondimeno, i romanzi di formazione per fanciulle cui faccio riferimento mostrano sin dalle prime battute un piglio che qui non ho notato; e, nonostante siano diretti alla prima adolescenza, raramente scivolano nel caramelloso. 
Il tuo scritto, al contrario (e a mio avviso), si presenta fiacco e con una eccessiva indulgenza alla leziosaggine. Dal punto di vista formale ho notato che usi con garbo la punteggiatura, cosa niente affatto scontata. 
Passo a considerazioni puntuali, consapevole che siamo al primo capitolo di una serie.
  ha scritto:Aveva sempre vissuto una vita felice, perché i suoi genitori erano sempre stati presenti, pronti ad accontentarla in tutto e per tutto, soprattutto per quei favolosi codini e quella frangia che aveva chiesto con dolce insistenza sin dalla tenera età di cinque anni.
Non sappiamo quanti anni ha la bambina (o donna) nel momento in cui l'io narrante racconta. Va bene, perché siamo nell'incipit. Anche se nel prosieguo il non saperlo può rendere difficoltosa la comprensione. Quello che secondo me in queste prime due righe non va è sia l'uso della congiunzione causale, che mette in anomala connessione la "felicità" con il fatto che i genitori accontentavano la figlia "in tutto e per tutto", sia l'uso dell'avverbio "soprattutto", che fa apparire come eccessiva la richiesta di pettinature del tutto consone all'età della bambina. Ciò, unito all'uso di aggettivi melliflui, provoca nel lettore uno scollamento repentino con la realtà rappresentata: come se non fosse chiaro se si stia disquisendo di una solida felicità o di un mero capriccio.
  ha scritto:Ma adesso, che stava diventando una signorina, desiderava adornare il suo viso con due orecchini semplicemente deliziosi.
Ecco un altro elemento che confonde il lettore: perché la congiunzione avversativa? a cosa si contrappone il fatto che ora la bambina desidera gli orecchini? 
  ha scritto:In realtà, quei gioielli apparivano superflui, perchè la bimba aveva un animo pieno di luce, ma Debora li aveva richiesti per sottolineare il fatto che stava diventando il fiore all’occhiello della sua famiglia, nonché la principessina di casa.
Questo periodo presenta una serie di elementi che contribuiscono all'effetto di cui sopra: lo scollamento dalla realtà. La congiunzione avversativa sembrerebbe significare che la bambina è consapevole di avere un animo pieno di luce: consapevolezza piuttosto rara a quell'età infantile. Non solo: è conscia della propria superiorità e vuole servirsi degli orecchini per sottolinearlo.
Ebbene: oltre a non essere verosimile, a mio modesto parere, che una bimbetta maturi tutte queste considerazioni su sé stessa (a meno che, forse, non sia figlia di re), il registro che usi mi appare tronfio e anacronistico. Ti segnalo il "perché" con accento errato.
  ha scritto:Per fortuna questa fu solo una cosa transitoria, che si risolse in un breve lasso di tempo, ma due anni dopo, proprio il giorno in cui la bimba compì dodici anni, questo problema si ripresentò e non fu di facile soluzione.
 Mi pare inutile registrare la prima volta dell'evento, perché fa perdere d'importanza alla seconda.
  ha scritto:Quando la bimba sentiva che il suo vissuto era lì davanti ai suoi occhi per presentarle il conto, andava nel garage sotto casa a chiudersi in uno scatolone di cartone fatto su misura per lei.
Ha accenti inverosimili il fatto che di un essere così giovane si possa parlare di un "vissuto che viene a presentare il conto".
  ha scritto:Era ormai evidente che Debora desiderava lasciarsi pervadere da emozioni piene di positività, che le permettessero di capire che lei non era sbagliata, anche se si percepiva in quel modo.
Il lettore vuole immaginare che il dramma vissuto sia grave: in caso contrario, l'aspettativa che vai creando risulterebbe eccessiva. 
La frase mi appare prolissa e ridondante.
  ha scritto:Ma ci fu un giorno in cui Debora chiese ai suoi genitori di raggiungerla nel suo rifugio segreto, e cercò di confidarsi completamente con loro, in quanto erano le sole persone con cui si sentiva al sicuro, e da cui si sentiva profondamente capita.
Idem: la retorica è esasperata.
  ha scritto:Quel giorno, la sua famiglia decise di far svagare la bambina : diversi giorni prima, infatti, Debora aveva espresso il desiderio di assistere alla partita della squadra di pallavolo di cui era accanita sostenitrice. Al palasport, anche un profano si sarebbe reso conto che la bimba si sentiva nel suo contesto : sembrava davvero che stesse per sostituire l’allenatrice, vista la sua stupefacente conoscenza del gioco.
Qui noto un calo di tensione: tutti i problemi adombrati si risolvono con lo svago di una partita di pallavolo? 
Nell'ultima frase, l'ego smisurato che l'io narrante attribuisce alla bambina raggiunge la sua acme. Ti segnalo lo spazio in eccesso, in due occorrenze consecutive, prima dei due punti.

Ti ho segnalato quelli che, a mio parere, sono i difetti di questo incipit. Ti ringrazio per l'attenzione e ti auguro una buona serata.
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Re: Il mistero della piccola Debora

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Luca Canetti ha scritto: Per essere chiari, questo NON è un racconto di formazione. È solo un racconto del fatto che Debora, nel giorno del suo dodicesimo compleanno, si è chiusa nel suo mondo interiore e l'unico con cui si confidava era il suo diario segreto. 
Per essere precisi, non ho definito il tuo un "racconto di formazione", ma ho scritto testualmente:
Ippolita ha scritto: La sensazione che ho avuto (...) è di essere di fronte a uno scritto di altri tempi: la qual cosa non è affatto un male. Nondimeno, i romanzi di formazione per fanciulle cui faccio riferimento (...)
Non essendo autoconclusivo, il tuo racconto lascia spazio al lettore per immaginare quello che vuole: a me sono venuti in mente i romanzi di formazione.

Saluti, @Luca Canetti.
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