[Lab7] Angelo azzurro - capitolo 2

1
    
[Lab7]  Angelo azzurro

Di fatto era stecchito: aveva provato a tastargli il polso, sentire il respiro, ma nessun segno di vita.
Per maggior tranquillità gli aveva anche acceso l'accendino sotto il palmo di una mano: se fosse stato solo incosciente avrebbe avuto una reazione.
Ma niente, come fare una sega a un morto, e lui, morto lo era decisamente.
A quel punto che fare? Mica poteva chiamare la Polizia o il 118, si sarebbe ficcato in un casino senza fondo, a spiegare cosa facesse lì mentre l'altro le tirava.
Aveva la “roba” in tasca, c'erano ancora i soldi sul tavolo: aveva fatto che prenderli e andarsene.
Aveva però lasciato la porta della casa accostata, senza chiuderla, come cortesia.
Aveva pensato: “primo o dopo, un vicino, la portiera, un amico, sarebbero entrati a cercarlo e trovandolo morto, si sarebbero occupati di tutto il resto.”


Chi avrebbe mai pensato al Molleggiato, e soprattutto che lui avrebbe pensato a lui.
Ma la cosa era chiara: a cercare il Trucciolo, prima dei vicini e della portinaia, c'era andato lo scimmione.
Perché era evidente che aspettava dal tossico la conferma di aver venduto a la sua “roba” e gli premeva d'incassare i soldi.
Ovvio che il Trucciolo, nel farsi affidare la merce da vendere, gli avesse detto chi fosse l'acquirente.
Il Molleggiato, non sentendolo, era andato a cercarlo a casa: trovando morto e non trovando né soldi né roba, si era fatto due conti ed era risalito a lui.
La conferma che fosse lui, l'aveva facilmente ricavata scorrendo i messaggi sul telefonino del Trucciolo: ci stavano tutti gli sms della trattativa fatta, e la conferma per l'ora dell'incontro.
Fanculo! Avrebbe dovuti portarsi via il cellulare del tossico.
Quando c'era di mezzo la sfiga, non avevi possibilità di pararti il culo.


Più o meno la stessa sfiga che aveva creato il suo problema con Azzurra.
In sociologia, secondo 
la teoria dei “sei gradi di separazione”: si dice che ogni persona può essere collegata a qualunque altra persona al mondo, attraverso una catena di conoscenze e relazioni con non più di 5 intermediari.
Ecco, giustamente, uno questi cinque intermediari era stata quella pettegola di Loredana Ratti.
Era una “lontrona” che in passato era stata sua socia in un paio d'affari, con la quale, tra un affare e l'altro, avevano anche scopato come ricci.
Con la Ratti aveva da tempo rotto i ponti, perché era inaffidabile, e si era pure accorto che aveva cercato di fregarlo.
La tipa era divenuta recente amica di Azzurra, e quando aveva saputo che filava con lui, non aveva travato di meglio che sputtanarlo su quali fossero le sue misteriose attività.
Ovvio che istigata da quel puttanone, impiccione e con la lingua lunga, Azzurra fosse inorridita per quelle rivelazioni, decidendo quindi di mandarlo a stendere.
Comunque ora la cosa più urgente era di mettere in salvo il culo, l'dea che quell'animale sanguinario e canterino stesse venendo a cercarlo, gli procurava un notevole disagio.


Si vestì senza fare la doccia: non c'era tempo.
Nella sacca da viaggio ficcò alla rinfusa un po' di biancheria intima e camice di ricambio che gli sarebbero servite per star via un po', il resto lo avrebbe acquistato alla bisogna dove si sarebbe fermato.
Dalla cassetta di sicurezza a parete, prelevò tutto il contante che aveva: una cifra intorno a sessantamila euro, per stare via finché le acque si fossero calmate ne aveva a sufficienza.
Contava di intanarsi in qualche località della Costa Azzurra per alcune settimane, a parte il nome che gli avrebbe continuamente rammentato la sciroccata che lo aveva appena mollato, il posto era ottimo e accogliente.
Lo attendeva una vacanza fuori stagione, che avrebbe costellato di piatti d'ostriche al gratin o in salsa mignonette, annaffiate con Beaujolais Blanc.
In quella, dal telefonino, giunse il rumore della classica notifica, un nuovo sms del Molleggiato che diceva: “Pezzo di cacca! Sono a tre isolati da casa tua, non provare a squagliartela, perché oltre ad ammazzarti ti taglio anche i coglioni!”
“Azz!” Pensò, “Secondo lui, dovrei stare qui ad aspettare che venga a staccarmi i gioielli di famiglia? Questo è tutto scemo!”
Si fiondò in bagno a recuperare la trousse da toilette, la cacciò nella sacca e si sparò fuori dalla porta di casa.
Non attese l'ascensore, fece le scale scendendo come fulmine, saltando tre gradini alla volta.


Il SUV era parcheggiato sul marciapiede a qualche metro dal portone del palazzo: senza attendere un secondo saltò al sedile di guida e inserì la chiave d'accensione.
Girò la chiave nel blocchetto d'avviamento: ma non successe nulla, non si accese neppure il quadro del cruscotto.
Concitato, replicò il tentativo d'avviare il mezzo: ma non dava segni di vita.
Un'orgasmo d'ansia gli mandò il sangue alla testa: “Cazzo!! Non si accende” urlò esagitato nell'abitacolo, “Fanculo!! Troiaaa! Accenditi!”, ma non c'era storia, non arrivava elettricità.
Pensò rabbioso che non fosse possibile: aveva fatto il tagliando alla macchina non più tardi di due settimane prima: “Che cazzo! Non può avere la batteria scarica!”
In effetti una macchina di quel livello, che a farle il tagliando ci andava
una cifra pari allo stipendio mensile di un operaio di quarto livello, la batteria scarica, diveniva un sacrilegio solo a pensarlo.
Sentì bussare al finestrino, si voltò di scatto: di là dal vetro, il Molleggiato, con la sua espressione ebete, gli sorrideva in maniera crudele.
Prima che potesse dire un bah, il malvivente aveva già spalancato la portiera: gli mise, minacciosamente sotto il mento, un rasoio dalla lama affilata e lucente.


Lui con uno scatto di puro terrore arretrò di lato, portandosi sul sedile del passeggero con le gambe puntate verso l'alto che si faceva avanti.
- Ahahaha! Il piccioncino voleva involarsi. Ma bene... - sogghignava il Molleggiato.
- Ma no, sono sceso ad aspettarti per renderti la tua roba.
- Sì, sì. E mentre aspettavi, ti facevi un giro dell'isolato in macchina, giusto?
- Ma figurati, non hai visto che la macchina è inchiodata, manco si accende.
- Certo. Perché prima di mandarti il messaggino per farti uscire di casa, ho provveduto a staccarti i cavi della batteria. - disse con aria soddisfatta.
- Azz! Sei stato tu? Accidenti a te. Ho pensato che mi avessero fregato quelli dell'officina meccanica.
- Macché, è stato un mio colpo di genio per fotterti. In realtà volevo tagliarti le quattro gomme: ma poi ho pensato che dopo che ti avrò fatto la festa, mi porterò via il SUV, quindi meglio staccare i cavi. - aveva un'aria festosa, gongolava come un coala in una foresta di bambù.
- Senti Molleggiato: da vecchi amici ci rispettiamo: c'è stato un problema, parliamone, possiamo risolverlo.
- Non credo. Non siamo affetto amici e tu non hai mai avuto rispetto di me.
- Ma che dici? Ti ho sempre ammirato, giuro!
- Non dire cazzate! Quando cantavo Azzurro mi hai sempre schifato e so, da altri, che mi facevi l'imitazione, prendendomi per il culo.
- No, no, quando mai? Ti hanno raccontato fesserie, erano malelingue invidiose della nostra amicizia. Non dovevi dar retta.


- Quindi la canzone ti piaceva?
- È una delle mie preferite credimi.
- OK! Allora se ti piaceva, cantamela.
- Come cantamela? Devo cantarti Azzurro?
- Sì quella. E vedi di cantarla bene e senza stonare, che alla prima stecca ti taglio le corde vocali.
- Ma no, cazzo! Dai! Io non so cantare, poi non mi ricordo neanche le parole.
- Mettiamola così: se la canti in modo giusto mi riprendo solo la roba e la macchia e non ti sgozzo. Vedi un po' se ti tornano memoria e intonazione.
La merda voleva umiliarlo, era evidente, canzone o no, forse lo avrebbe ammazzato lo stesso.
Comunque, era meglio temporeggiare, doveva mettere mano alla pistola che teneva nel cassettino del cruscotto.
- Va bene, mi hai convinto. Se ci tieni la canto.
Si chiarì la voce con un colpo di tosse, e iniziò a intonare la famosa hit del molleggiato originale:

(continua)
Rispondi

Torna a “Racconti a capitoli”