Juliette Pt.3

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[CC23] Chiamala Luz - Zorro - Costruttori di Mondi


    
Juliette Pt.3


Quella foto lo inchiodò alla vetrina: socchiuse le palpebre concentrandosi nell'osservarla, non capiva perché stesse catturando la sua attenzione.
Gli rammentava qualcosa di già visto: ci volle qualche momento, poi, comprese che la donna nella foto, pur mancandole i colori della realtà, pareva essere la stessa della spiaggia.
La cosa gli parve curiosa e assurda al contempo, la foto era troppo vecchia non poteva essere lei.
Gli venne da pensare a una forte somiglianza di tipo parentale, forse poteva essere la madre o la nonna della misteriosa sconosciuta.
Non avendo grandi cose da fare, decise di entrare nel negozietto per soddisfare la curiosità.

Il titolare, un fotografo cinquantenne, piccolo di statura e quasi calvo, aveva l'aria assonata di chi soffra, nel dopopranzo, di una digestione difficile: si disse desolato, ma di non sapere chi fosse la donna nella foto.
Aveva rilevato l'attività venticinque anni prima, e quelle immagini erano già lì da chissà quanto tempo: le aveva tenute come cimeli, essendo foto dal sapore “vintage”, col fascino dei reperti d'epoca.
Lui restò deluso, l'identità della sconosciuta o della sua ipotetica progenitrice, continuava a rimanere un mistero.

Chiese al negoziante se la vecchia foto fosse in vendita: l'avrebbe tenuta come ricordo della sua permanenza al villaggio e anche di quell'incontro fugace, pensò tra sé.
L'altro sorpreso che la vecchia immagine potesse interessargli, prontamente la smontò dal pannello e affermò che gliela regalava volentieri.
Lo scrittore fu lieto di trovare tanta affabilità, ringraziò della cortesia, ma cavò dal portafoglio una banconota da venti euro e insistette perché l'accettasse per bersi una birra alla sua salute.

Il fotografo infilò il ritratto in una busta portafoto di pvc, trasparente in facciata e scura sul retro, che lasciava l'immagine visibile: gliela porse prodigandosi in ringraziamenti e auguri di felice permanenza.
Uscì dal negozio con la foto riposta nella tasca interna del giaccone.


Bighellonando, si diresse verso la spiaggia: quando svoltò dal folto dalla pineta sul sentiero che portava all'arenile, vide un capannello di gente intenta ad assistere a un qualche evento, tutti parlavano concitatamente tra loro.
Nell'avvicinarsi vide che stazionavano a pochi metri dalla riva intorno a un'ambulanza affiancata a un furgone della gendarmeria.
Profondi solchi di pneumatici segnavano la sabbia alle loro spalle.
Gli infermieri erano chini su una sacca in PVC nero che conteneva un'evidente sagoma umana: la stavano caricando sulla barella del mezzo si soccorso.
Un vasto rettangolo circoscritto dal nastro segnaletico delimitava un rettangolo della riva: punto nel quale, evidentemente, era stato rinvenuto il corpo che si apprestavano a condurre via.
Alcuni poliziotti stavano esaminando l'area cintata, altri due si occupavano di tenere i curiosi fuori da quello spazio.
Lui si unì al gruppo. Di alcuni riconobbe le facce per averle incrociate, nei giorni precedenti, lungo le strade del villaggio.
Si accostò a uno dei più anziani per informarsi sull'accaduto.
L'uomo, con evidenza un pescatore per via dell'abbigliamento, scosse la testa e rispose, con tono grave, che si era trovato il corpo senza vita d'un collega del luogo.
Aggiunse che la corrente, in quel tratto di costa, portava a riva uomini e cose che il mare s'era preso: la barca dell'annegato si era arenata un chilometro più a sud.
- Diavolo! - disse lo scrittore – Un incidente, che brutta storia.
Il vecchio pescatore strinse le labbra in una smorfia di amaro scetticismo.
- Non è stato un incidente. – disse cupo: - Robert era uno sveglio e molto esperto. Usciva in mare ogni notte a lanciare reti per il merluzzo da trent'anni. Difficile che sia caduto dalla barca e sia annegato, nuotava come un pesce. Non c'era neppure maretta, il mare era una tavola questa notte.
- Capisco, - eccepì lui - ma può aver avuto un malore, o aver bevuto qualche bicchiere di Chartreuse di troppo.
- Robert non beveva: al più una birra a pasto. - rispose laconico l'altro – Poi, non è il primo quest'anno. È “lei” che viene a prenderseli, puntuale ogni dieci anni.
- “Lei” chi? Cos'è che viene a prendersi? - domandò lo scrittore.
- Le vite dei discendenti. Le nostre... - Concluse tetro, stringendosi nelle spalle.
- Ma quali discendenti?
- Lasci perdere. Lei non è di qui, cosa vuol capire di certe cose?
- Ma di che parliamo? Mi spieghi per favore.
- No. Sono cose nostre, non s'impicci. Buona giornata.
Il vecchio gli voltò le spalle: comprese che non gli avrebbe detto più nulla.
Il resto dei presenti che avevano assistito al dialogo, lo osservarono con l'aria infastidita e la diffidenza che si riserva a un estraneo indiscreto.

Messo a disagio dalle parole del vecchio e dagli sguardi dei presenti tornò sui suoi passi, un senso d'inquietudine e scontento lo seguivano.
Di una cosa era certo: l'accoglienza dei visitatori non era la principale virtù degli abitanti del posto, cosa strana per gente che, gran parte dell'anno, viveva di turismo.
Quella sera restò al B&B: chiese a madame Auger se poteva preparagli un sandwich, da consumare in camera con una lattina di birra rossa.
Quando la donna gli portò il panino, non poté fare a meno di chiederle se avesse saputo dell'incidente alla spiaggia, inoltre, ripensando alle parole del vecchio pescatore, chiese anche se si fossero verificati altri fatti simili, più o meno di recente, nella zona.
Madame Auger, cortese come sempre, rispose che aveva ricevuto la notizia e ne era rimasta addolorata, poiché come tutti, conosceva di persona il morto.
Dell'annegato, disse era persona a modo e gran lavoratore.
La mattina dopo sarebbe andata a porgere le condoglianze alla vedova.
Confermò che, in effetti, si erano verificati altri due incidenti simili all'interno di quell'anno: si era trattato del vecchio Durand, che nella primavera era uscito, col suo gommone, a pesca di spigole; avevano ritrovato il suo corpo gonfio come un dirigibile, in una delle spiagge vicine al paese, era rimasto in acqua per una settimana, prima che lo ritrovassero.
Nessuno lo aveva cercato perché era vedovo e solo al mondo.
Del gommone non si era più travata traccia.
L'altro incidente era avvenuto pochi mesi prima: si era trattato del giovane Léon, un ragazzo di vent'anni, nipote di papà Laurent, l'oste del bistrot sulla strada maestra.
Era annegato in una immersione di pesca subacquea. Anche lui l'avevano ritrovato sulla spiaggia, le correnti sul Canale della Manica erano puntuali in quel servizio di recapito.
Era l'unico nipote dei Lauret, il lutto li aveva sconvolti profondamente.
Quelle storie, suggerivano che, in quel circondario, l'attività di pesca non portava granché bene.

Le accennò delle parole del vecchio: d'una ipotetica “lei” che, ogni dieci anni, veniva a prendersi qualcuno del posto, facendolo ritrovare annegato.
Su questo la donna divenne evasiva: - Non c'è nessuna “lei”. Stia tranquillo. Sono credenze superstiziose. Gente di mare che, quando alza il gomito, inizia a inventare storie ispirate dall'alcol, senza capo né coda. Non dia retta: dicerie, fantasie di vecchi.
La conversazione si chiuse su quelle parole.
Avrebbe voluto saperne di più su quelle fantasie, ma l'atteggiamento conclusivo della donna lo indusse a trattenersi, per timore d'infastidirla.
Però, conoscerne i dettagli della storia, avrebbe potuto fornirgli uno spunto per il libro; del resto, era l'unica cosa stimolante che aveva ricavato, fino a quel momento, da quella vacanza estemporanea.
L'ispirazione non aveva voglia di farsi viva, quindi se non voleva aver buttato tempo e soldi, gli giovava cogliere qualsiasi spunto che si presentasse a tiro.


(Continua)

Re: Juliette Pt.3

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@Nightafter Ha parte qualche refuso facilmente eliminabile, lo trovo scritto bene. La prosa è fluida e scorrevole, la narrazione lenta e metodica. Non guasterebbe, impressione mia, qualche caratterizzazione in più dei personaggi e del contesto ambientale che faccia uscire entrambi dal linguaggio cinematografico - per cui ogni figura  e ogni scenografia sembrano esistere in funzione del ruolo che rivestono nella sceneggiatura, anziché animarsi di vita propria - per farli entrare in quello più complesso e incisivo della narrativa. Ma anche no, certo, se poi la trama avrà degli sviluppi sufficientemente avvincenti e originali. L'atmosfera si è creata e la storia intriga per il suo potenziale narrativo. Di genere, mi viene da dire, ma non per questo meno promettente. Un buon lavoro. Ciao.  :super:

Re: Juliette Pt.3

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Ciao @Bob66 

Ti ringrazio per la lettura e l'utile commento.
Hai perfettamente ragione: sono il primo a trovare nei miei racconti un clima claustrofobico.
Ovvero, capisco, e questo è un difetto, che la narrazione avviene sempre in due modalità: o quella della macchina da presa sulla spalla del protagonista, 
quindi il narratore conosce della realtà in cui si muove unicamente quello che il protagonista sta vivendo; o quella della narrazione in prima persone attraverso l'occhio del protagonista.
Questo crea appunto un limite spaziale delle storie, impedendo che gli altri attori della vicenda abbiano pensieri e sensazioni autonome,.
Pertanto la loro vita è unicamente circoscritta a ciò che di due sistemi di visione consentono di narrare.
Mi eserciterò in futuro a usare il narratore onnisciente, per provare a creare piani di narrazione meno semplificati e scarni.

Colgo l'occasione per informarti che sto attendendo la conclusione della storia a puntate che stai pubblicando, perché conto di fare a quel punto una unica lettura immersiva di tutto il lavoro, e darti quindi un commento che tenga conto del racconto complessivo.

Un saluto amico mio.

Re: Juliette Pt.3

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Nightafter ha scritto: Mi eserciterò in futuro a usare il narratore onnisciente, per provare a creare piani di narrazione meno semplificati e scarni.
Do per scontato, commentando, che quello che esprimo è solo il mio punto di vista, assolutamente parziale. In realtà credo siano legittimi tutti gli approcci, e sono consapevole di come ce ne siano diversi. Come lettore, io non cerco l'immedesimazione nella storia o nei personaggi, ma la voce, il carattere dell'autore. D'altra parte, così come ognuno di noi scrive con finalità differenti, così pure si legge, penso.
Nightafter ha scritto: perché conto di fare a quel punto una unica lettura immersiva di tutto il lavoro, e darti quindi un commento che tenga conto del racconto complessivo.
Mi sembra un'ottima idea. Fai con comodo. Penso che staranno lì un bel po'. Ciao.  :super:
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