Bambolina Pt.8

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Bacon - Costruttori di Mondi


Bambolina Pt.8


Tra pensieri e speranze trascorse un'altra ora: quando la campana segnò l'una della notte decise che attendere lì fosse ormai tempo perso.
Lasciò scorrere un altra manciata di minuti indeciso su cosa fare, poi, s'alzò e con passo deciso si diresse verso l'hotel Croce di Malta, dove lei aveva la stanza.

Alla reception, a un distinto concierge, chiese se la signorina Patrizia Germani fosse già rientrata all'albergo.
Imperturbabile, il portiere, controllò alle sua spalle il pannello con le chiavi delle le camere: gli confermò che la cliente della “315" non fosse ancora rientrata.
Chiese allora se avesse lasciato una comunicazione o un messaggio scritto per lui: l'uomo effettuò un controllo sugli appunti di un porta blocchi tenuto sul banco, e scuotendo il capo, replicò che nulla era stato lasciato.
Uscì dall'albergo con un umore plumbeo e una profonda inquietudine.
Si sentiva deluso e svuotato di ogni energia: come avesse subito una cocente sconfitta, o gli fosse stata negata una felicità promessa, un trofeo meritato e sofferto.

Allo stesso tempo era seriamente preoccupato: alle tre del mattino, con l'angoscia che le fosse accaduto qualcosa di serio, stava in camera con la TV accesa e l'audio azzerato.
Guardava, senza seguirne la trama, la replica di un vecchio film, con l'ennesimo sigaro in bocca e la seconda mignon di whisky Jack Daniel's, presa dal frigo bar, in attesa d'un sonno latitante
All'alba era già sveglio, non aveva quasi chiuso occhio: nei momenti d'assopimento cadeva in sogni caotici e ansiogeni, legati all'angustia che lo tormentava.
Aveva sognato di essere andato all'appuntamento nel posto sbagliato: d'essersi accorto dell'errore troppo tardi, quando lei aveva già lasciato Firenze per tornare a casa.
Dopo la doccia scese a fare colazione, s'impossessò subito d'una copia de “La Nazione”, cercò nelle cronache locali se comparisse notizia di un qualche grave incidente d'auto o altro, avvenuti nella notte prima.
Nulla di rilevante e drammatico veniva riportato: rasserenato almeno sotto quel profilo, decise di darsi una calmata e che se la sarebbe presa con calma.

Il salone avrebbe aperto alle nove, mancava ancora un'ora, inoltre, era inutile presentarsi subito all'apertura, c'era sempre una coda sterminata di visitatori, una fila da fare sotto il sole, di minimo mezzora: una follia da risparmiarsi.
Raggiunse Fortezza da Basso che erano le undici, anche a quell'ora trovò parecchia coda all'entrata.
All'interno, acquistò il catalogo della manifestazione, sulla piantina degli espositori trovò lo stand dell'azienda di Bambolina: vi si diresse all'istante.
Lo stand presentava bene: bell'allestimento, ottima lettura del prodotto esposto, i vetrinisti avevano lavorato al meglio.
Il posto era già pieno di clienti e visitatori, tutti gli addetti della sua azienda erano impegnati a compilare ordini sui copia commissioni, un vivace casino
animava lo stand, ma lei non era presente.

La cosa non gli fece piacere: finse di osservare con interesse i capi sui bustini e le mensole a parete; ci perse un po' di tempo nella speranza di vederla comparire, forse si era assentata solo per andare al bagno e prendere un caffè.
Dopo un quarto d'ora comprese che non si trattasse di un allontanamento temporaneo, non gli sembrava il caso di chiedere a qualcuno dei suoi perché non fosse lì: quindi tornò sul corridoio esterno, e si allontanò verso altri stand.
Pensò che col problema della sera prima, doveva essere rientrata in albergo molto tardi, quindi se non c'era urgenza della sua presenza, era probabile che fosse rimasta a letto un'ora in più.
Sarebbe ripassato al suo stand più tardi, magari intorno alle tredici, avrebbero potuto mangiare un tramezzino insieme, in uno dei bar interni al salone.
Avrebbe impiegato le due ore che mancavano alla pausa pranzo, facendo un giro per vedere un po' di espositori e l'allestimento vetrinistico delle collezioni.
Si immerse nella fiumana di operatori del fashion nazionali ed esteri, tutti strafighi, tirati a lucido, si celebrava uno dei massimi riti legati al mondo della moda: abiti firmati, giacche e scarpe che superavano il milione di lire, la fiera del lusso esibito, della vanità, il trionfo di un business miliardario.
In effetti c'erano stand molto interessanti, senza essere visto aveva scattato un rullino di foto con la piccola Olympus che teneva in tasca.
Era ovviamente vietato fotografare all'interno del salone, ma lui e i suoi colleghi dell'azienda erano lì per quello: fare dello spionaggio, per avere in anteprima le immagini dei prodotti che la concorrenza avrebbe offerto al mercato la prossima stagione.
Si era fatto mezzogiorno passato, aveva già visitato quasi la metà degli stand, sentiva voglia di fumare e doveva, in modo discreto, ricaricare la nuova pellicola nella fotocamera.
Uscì sul piazzale antistante per accedersi il primo sigaro della giornata e sostituire il rullino, fuori, Firenze ribolliva di un caldo africano.

All'una meno dieci era nuovamente davanti allo stand di Bambolina: era posto in testa a una fila, con due lati aperti che consentivano la visione dell'interno.
Gli arredi d'esposizione dei prodotti si alternavano ad ampi tavoloni, su cui sedevano gli addetti alla vendita e i loro clienti: su uno di questi, a colloquio con due persone, c'era lei.
Lui si piazzò in modo che lo vedesse nel sollevare lo sguardo.
Attese silente una decina di minuti: quando i clienti si levarono per congedarsi, lei si accorse della sua presenza.
Lui la investì con un sorriso radioso, lei rispose con un sorriso smorzato: con la mano gli fece cenno di pazientare un momento.
Si voltò e parlottò piano con una collega, comunicandole che si assentava per qualche minuto.

Lo raggiunse e lo salutò porgendogli la mano in un gesto formale, che lui valutò come esigenza di discrezione in presenza di gente della sua azienda.
Aveva un'aria stanca e il viso tirato: lui fece il cenno di baciarla, ma lei si scostò: - Non qui, disse. - c'era tensione nel suo sguardo.
Camminarono affiancati lungo il corridoio per una decina di metri, quando il suo stand non fu più visibile si fermarono.
- Come stai amore? - chiese lui con emozione - Tutto bene?
- Sì, sì, bene, un po' stanca. - rispose sbrigativa.
- Che è successo ieri notte? T'ho aspettata più di tre ore.
- Sì, scusami, ma non c'era modo d'avvertirti.
- Ok, dai. M'importa solo che stai bene, ho sclerato di preoccupazione.
- Mi spiace davvero – disse - ma il titolare, a cena, ha voluto ripassare il piano operativo di oggi. Ha coinvolto tutti, che palle! Siamo usciti dal ristorante a un'ora folle. Non contento – continuò - in albergo, ha voluto riprendere la riunione: abbiamo finito dopo le tre, ora sono cotta di sonno.
- Amore, lo sai. Nel nostro mestiere va così, porta pazienza.
- Lo so, ma è comunque un gran rompicoglioni. - concluse esacerbata.
- Ti va se mangiamo qualcosa insieme alla veloce, qui in uno dei bar? -
propose lui.
- No, scusami, ma devo tornare. Lo stand è pieno di gente, oggi è un casino.
- Neppure un caffè? - provò a insistere
- No, davvero, ho premura. Non posso.
- Tesoro, quanto mi sei mancata: vorrei fermarmi, ma devo rientrare a Torino questa sera. Sai anche tu com'è: anche volendo, senza prenotazione, un letto per dormire, ora non lo trova neanche il Padreterno. - disse lui sconsolato.
- Lo, so. Non preoccuparti. Quando vengo a Torino, avremo tempo.
- Quando pensi di tornare?
- Forse la prossima settimana o quella dopo, ti chiamo per avvisarti.
- Va bene. Nel frattempo posso chiamarti qualche volta in ufficio? Almeno per sentirti?
- No. Preferisco non ricevere chiamate private, almeno finché non ho una casa e una linea telefonica mia. - lo disse col tono assente di chi ha fretta e con la mente sia già altrove.
- Ok. Come vuoi. Me lo dai almeno un bacio, prima di lasciarci?

Fu un bacio rapido e fraterno: su una guancia.
Lui avvertì un senso di freddo nel corpo, ma non era per l'aria condizionata del salone.

(Continua)


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