[LMI172-Fuori Contest] La scelta Pt.5

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(1) Cosa succede? - Costruttori di Mondi



[LMI172-Fuori Contest]  La scelta Pt.5


Facemmo l'amore tra pile di carpette con rogiti notarili, mentre la luce del pomeriggio scemava con bagliori d'arancio, tra le tende alla veneziana della grande finestra nella stanza.
C'era qualcosa di forzato nella passione che impiegava nel sesso che facevamo: ci teneva a cancellare il ricordo della ragazza che non sapeva baciare, del nostro primo incontro.
Sembrava voler dimostrare a me e a sé stessa, d’essere divenuta più donna e più esperta, pareva impegnarsi come in una sorta d’esame di maturità:
Mi faceva un po’ sorridere che mi vedesse come una specie di “docente del sesso”, al quale mostrare d’essersi applicata, d’aver preparato la materia.
M’avesse letto dentro, avrebbe subito una cocente delusione: in realtà, forse ero io il più emozionato e a sentirsi sotto esame.
Dopo i primi momenti si era attenuato il mio disagio iniziale per l’austerità del posto: oggettivamente, assai poco adatto al ruolo d’alcova per convegni amorosi.
Nel contatto con la sua pelle, il suo calore, la sua dolcezza e il profumo conturbante che emanava, vidi risvegliare rapidamente i miei sensi.
Bastarono poche effusioni per sentirmi salvo dalla magra figura di una cilecca, dovuta alla stramba cornice ambientale e a quel sesso inatteso.
Nell’amarla, mi accorgevo di ripetere gli stessi gesti usati con mia moglie: ricalcavo un copione consolidato del nostro rituale amoroso.
Ma mi era impossibile non fare dei confronti.
Amare un corpo florido, rispetto a uno più esile, non era la stessa cosa:
erano fisici diversi, che richiedevano una modalità fisica diversa.
Era come suonare due strumenti musicali differenti, anche se appartenevano allo stesso genere, come lo erano un pianoforte rispetto a un organo che, pur avendo in comune la tastiera, prevedevano differenti tecniche d’esecuzione.
Si poteva conoscere a memoria la partitura di un brano musicale: averla studiata e ripetuta per anni, ma mutando lo strumento con cui eseguirla, c’era una nuova partenza, una nuova tecnica da apprendere e la scoperta di sonorità ignote.
Amare un corpo diverso da quello a cui si è abituati per lungo tempo, era come esplorare un territorio e una dimensione sconosciuta.
Una considerazione che scoprivo in quel momento, per la mia limitata esperienza di donne conosciuta intimamente, un fatto che non avevo mai valutato nel fantasticare su certe maggiorate proposte dal cinema o dalla TV.

Lei mi pareva incontenibile: forse perché, negli anni, avevo perso l’abitudine al sesso frenetico, o forse perché Roberta sentiva il bisogno di dare corpo a certe fantasie, su di me, cullate per lungo tempo.

La presi per due volte di seguito: nella breve pausa di quegli amplessi, mentre fumavamo insieme un unica sigaretta, perché lei non ne volle una per sé, ma chiese di fare qualche nota dalla mia, le espressi una perplessità che m’era venuta in mente: - Non so se facciamo bene a farlo così, senza protezione. Se avessi saputo, avrei portato dei profilattici.
- Pensavo che lo avresti immaginato, sei tu l’esperto tra noi. - rispose con una nota di malizia.
Non sapevo che rispondere: aveva ragione, ero uno sprovveduto.
- No. Davvero credevo che avremmo preso una cioccolata.
- Dai, non prendermi in giro: vuoi che creda ti aspettassi solo un’altra cioccolata? - rispose ironica. Poi aggiunse: - Comunque stai tranquillo, prendo la pillola, non ci sono problemi.
- No vabbè, non era solo per quello.
- Allora di che ti preoccupi?
Poi, come mi leggesse nel pensiero, aggiunse: - Hai paura di penderti qualche infezione?
- Ma no, che dici? - tentai di dissimulare, ma l’imbarazzo che avevo in volto era evidente.
- Ahahah! - rise del mio impaccio.
- Rilassati. Sei il solo con cui scopo senza preservativo, non sono mica nata ieri.
- Sì, dai, non è che pensassi a questo. - tentai di svincolarmi dalla topica.
- Con te l’ho fatto perché so che sei uno pulito, di te mi fido. - concluse.
La baciai per chiudere l’argomento e riprendemmo a occuparci dei nostri corpi.
Scesi a baciarla nella sua intimità: lo feci con la cura e una intensità nella quale impiegai tutta l’esperienza di anni che m’era propria.
Era un atto che nel sesso prediligevo e in cui mi sentivo particolarmente versato: non mi sbagliavo, lo gradì molto dandone segni evidenti.

Grazie all’insonorizzazione offerta dalle spesse mura del palazzo d’epoca, non si faceva scrupolo di manifestare eccessi sonori del proprio piacere:
ansimava ed emetteva gridolini in modo acuto e impudico.
Lo avesse fatto, con quella veemenza, in un normale condominio, avremmo avuto la Celere alla porta, richiamata da vicini impressionabili, nella supposizione di un delitto in atto.
A dispetto dell’aria schiva, quasi timida, amava un sesso energico quasi violento, era di natura passionale, non si risparmiava nel dare e nel richiedere.
Uscimmo da quell’ufficio, stremati, oltre due ore dopo.
Avevamo usato i bagni per darci una rinfrescata e una riordinata sommaria, la riaccompagnai a casa e ci salutammo nel solito parcheggio prossimo alla sua abitazione.
Decidemmo di sentirci entro la metà della settimana che veniva, lei disse:
- Ti chiamo io, così non rischiamo di non sentirci per i prossimi due anni, come l’altra volta. - aveva una luce soddisfatta e divertita nello sguardo.
- Ma, no, figurati, adesso non è più come la volta scorsa.
- Certo - rispose - ora un buon motivo per vedermi più spesso lo hai. - rise per la malizia del pensiero.
- Sciocchina, intendevo che ora sei maggiorenne.
- Sì, certo, non hai più rischi legali.
Poi mi baciò rapidamente augurandomi una felice serata e uscì dall’auto.

Rimasto solo accesi la luce all’interno dell’abitacolo e mi osservai nello specchio di cortesia; avevo una faccia sconvolta: i capelli incasinati, il volto carminio, le labbra rigonfie, gli occhi cerchiati e arrossati.
In più avvertivo il profumo di lei sulle mani, sulle guance, all’interno dell’auto.
Fortunatamente non avevo segni di succhiotti in vista sul collo, e questo era già un sollievo.
Inoltre, grazie al cielo, ci eravamo denudati, altrimenti tracce olfattive sarebbero rimaste anche sugli abiti che indossavo.
In ogni caso, rientrare a casa in quelle condizioni era realmente un serio problema, mi prese l’ansia,
Si capiva al volo che mi fosse successo qualcosa d’insolito: mia moglie era molto attenta, conosceva bene l’aspetto che avevo dopo aver scopato.
Sommando quegli indizi, non ci avrebbe messo molto a concludere che me ne ero fatta qualcuna in trasferta e di recente.
In auto tenevo sempre una busta da bagno con l’occorrente per la toeletta, utile in caso di una lunga trasferta di lavoro e per eventuali necessità impreviste.
Mi lavai mani e viso alla fontanella pubblica posta all’angolo della piccola piazza, feci diversi impacchi d’acqua fredda agli occhi per attenuare l’effetto “pesce bollito” che avevo e riassettai i capelli con la spazzola, sentendomi più presentabile rimontai in macchina.
Decisi che al mio rientro, per evitare contatti fisici ravvicinati con la mia consorte, avrei simulato l’urgenza estrema di recarmi in bagno.
Giustificato da quell’impellenza incontenibile, le sarei sfilato davanti rapido come un fulmine: una volta in bagno, avrei fatto una doccia calda per eliminare ogni traccia presente sul corpo, avrei lasciato la biancheria smessa nella cesta del bucato da lavare, mi sarei rivestito di tutto punto per presentarmi a tavola fresco come una rosa.
Se il dio degli adulteri mi avesse sorriso, forse, per ora, l’avrei sfangata.

(Continua)
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