Bambolina Pt.1

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[MI173] Domani è lunedì e ricomincia il mondo - Costruttori di Mondi



Bambolina - Pt.1



L’avevano soprannominata “Bambolina”, era un’allieva dello IAAD: l’Istituto d’Arte Applicata e Design di Torino.
Aveva sedici anni quando era entrata in azienda per uno stage di formazione, doveva fermarsi per due mesi, ma ci rimase per sei anni.

Era piccola di statura, con un folto caschetto di capelli biondi che gli dava un’aria sbarazzina, esile come uno scricciolo, sempre assorta nei suoi pensieri, nell’incedere, pareva leggera come un palloncino.
Nel guardarla, a lui veniva da sorridere, pensava che si sarebbe dovuto legarla con un lungo filo di cotone per tenerla ancorata alla terra: affinché non se ne volasse via.

Non si sapeva da chi fosse stato ideato quell’affettuoso nomignolo, di certo se l’era guadagnato perché sembrava essere uscita dal leggiadro mondo di bambole della sua infanzia.
Vestiva in modo insolito per le adolescenti della sua età, uno stile che ricordava le divise dei college inglesi: gonnelline plissettate blu notte, twin set in teneri colori pastello e camicette bianche dal colletto smerlato, in netto contrasto con lo stivaletto anfibio “Dr Martens”, di colore bordeaux.
Ma ciò che sicuramente aveva contribuito a quel buffo nomignolo era la cartella di foggia scolastica: sempre zeppa di disegni e campioni di tessuto che la seguiva ovunque.
Una “Holly Hobby”, con fantasia di fiorellini provenzali in tonalità rosa pallido, che gli conferiva un aspetto infantile.
Era colta e piena d'interessi, dotata di una vivace intelligenza e d’una sensibilità estetica assai sviluppata, con un’espressione sempre gioiosa negli occhi cerulei, sembrava guardare il mondo con lo stupore di una continua scoperta.
Bambolina possedeva una spiccata predisposizione all’apprendimento, mostrava, in ogni mansione affidata, la caparbia volontà di applicarsi e assimilare nozioni e tecniche.
Era chiaro che volesse trarre il massimo profitto dallo stage, in vista di quello che sognava come suo futuro lavoro.
Ma ciò che più colpiva della sua personalità, era il carattere solare: quel sorriso così ammodo, sempre disposto alla dolcezza, al garbo e alla cortesia.

L’azienda operava nel settore dell’abbigliamento uomo e donna, per cui, quella particolare cura nel look non passò inosservata, infatti intuendo di avere tra le mani un futuro cavallo vincente, non se la lasciò sfuggire.
Lo stage venne trasformato in una assunzione in prova e di conseguenza in un contratto a tempo indeterminato.
A lui fu simpatica fin dal primo momento: le spiccate qualità professionale e umane della ragazza lo avevano conquistato.
La guardava con l’occhio paterno del genitore che, avendo una figlia di pochi anni più giovane, sperava in cuor suo emulasse le capacità e la determinazione della giovane stagista.
Per tutto il tempo che fu necessario, per compiere il suo percorso di crescita aziendale, lui le fu vicino: incoraggiandola, sostenendola nelle difficoltà incontrate, mostrandogli amicizia e affetto; istruendola, inoltre, sulle indispensabili tecniche di sopravvivenza, necessarie in un’azienda di veloce espansione.
Tutti la vedevano come una sorta di mascotte: il suo aggirarsi tra gli open space aziendali, era preannunciato dal delicato profumo alla vaniglia che portava, la sua vitale energia era una sorta di magica luminosità, che ispirava un anticipo di primavera anche nelle più cupe giornate invernali.

Bambolina, nel corso di sei anni, crebbe in capacità e creatività, che si esprimevano nella creazione delle collezioni della linea giovane, alla quale, per le sue attitudini, era stata destinata.
Nella moda correvano gli anni del riflusso culturale: dopo il colorato fenomeno Hippy, nasceva tra i giovani, il recupero dell’abbigliamento che guardava allo stile degli anni ‘50 e ‘60 americani.
Nacquero le jeanserie, con l’abbigliamento casual, caratterizzato da jeans e capi altrettanto comodi, sullo sviluppo delle quali l’azienda creò la propria fortuna economica iniziale.
In seguito, venne lo stile “Preppy”: termine che traeva origine da “preparatory school”, per indicare le curatissime divise degli studenti dei college del New England e della Ivy League.
Su quell’onda stilistica, Bambolina, da sempre sensibile a quel mondo, diede il meglio di sé, decretando in trionfo la sua linea che otteneva, stagione dopo stagione, successi commerciali invidiabili.
Inevitabile che all’apice della sua crescita professionale, le fosse affidato il ruolo di responsabile della linea giovane, uomo e donna.
Fu dotata di uno staff composto di una dozzina di collaboratori, tra giovani stilisti e buyer, la sua area divenne un vero atelier creativo.
I prodotti che nascevano dal lavoro della sua linea, venivano offerti, con esclusività di marchio, dai punti vendita della neonata rete in franchising.
Erano gli anni dell’espansione aziendale che, con propri marchi commerciali e una reste di negozi in franchising, si diffondeva su tutto il territorio nazionale.

Bambolina, da timida, giovane apprendista, era divenuta una sicura e competente manager.
Anche lui, nel suo settore aziendale, aveva nel contempo, compiuto un rilevante percorso di ascesa: da addetto del centro vetrine, era divenuto responsabile dell’immagine e della comunicazione aziendale.
Possedeva una propria area di uffici e una decina di collaboratori, curava l’accessoriamente di vendita del prodotto, il packaging, le campagne stampa, affissionali e radiofoniche a livello nazionale.
Sovente, con Bambolina e alcuni elementi di prima fila dei rispettivi staff, erano in giro per capitali europee o negli Stati Uniti, alla ricerca d'idee e novità utili per il loro lavoro.
Lui continuava a vederla come una figlia che aveva contribuito a far crescere nel migliore dei modi.
Quei viaggi condivisi, li compivano con uno spirito leggero, quasi di vacanza: fatto di eccitanti scoperte da impiegare nelle loro attività, ma anche di momenti d’allegria e di occasionale evasione.
Bambolina, nonostante la maggiore età, non smentiva la sua natura briosa, una vitalità che contagiava anche lui, che aveva ormai superato la soglia dei trentacinque anni.
Quelle trasferte erano trapuntate di simpatici ricordi: come quando a Parigi lo trascinò, con una performance sportiva, in cima alla scalinata di square Louise-Michel, su Montmartre.
Fino lassù, non per visitare la storica Basilica de Le Sacré Cour, od osservare il panorama, offerto da La ville lumière, ma per giungere a una pasticceria di sua conoscenza: dove offrivano gigantesche bignole dalla sfoglia fragrante, farcite di crema pasticcera, in verità davvero deliziose.
O la volta che, esaltata dall’aria primaverile parigina, lo prese per mano, trascinandolo in una corsa a perdifiato lungo l’avenue des Champs-Elysées, cantando a squarciagola: “Tous les garçons et les filles” di Françoise Hardy.

Lui scoprì con sorpresa che non fosse più quella trasognata adolescente che aveva quasi adottato, quando, diciottenne, in un viaggio a New York, gli fece la curiosa richiesta di accompagnarla a vedere uno strip dal vivo nella cabina di un peepshow su Time square.
Gli confessò fosse una sua curiosità che, da sola, non avrebbe mai avuto il coraggio di esaudire.
In realtà neppure lui era mai entrato in un posto del genere, ma non poteva ammetterlo, ne sarebbe andata della sua aura di uomo esperto del mondo.
Il luogo era squallido e lo spettacolo non fu un granché: la ragazza che si esibiva oltre il vetro tentava improbabili contorsioni che avrebbero dovuto risultare erotiche: ma aveva i capelli stopposi color blu, numerosi piercing in giro per il corpo.
Metri quadri di pelle coperti da tattoo tribali, e una luce di svogliata tristezza negli occhi.
Uscirono prima che scadesse il tempo di termine dello spettacolo: avevano l’aria di chi avesse, incidentalmente, pestato un escremento canino sul marciapiede.
Si sorrisero mesti per fugare l’imbarazzo, lui si accese subito un mezzo toscano per darsi un tono, lei disse: - Questa è meglio che non la raccontiamo in giro. Che dici?
- Starò muto come una tomba. Vai tranquilla... - replicò lui.

(continua)

Re: Bambolina Pt.1

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I protagonisti di questa prima parte sono due, una ragazza adolescente ed un uomo più grande che sente subito una consonanza con lei. La figura di Bambolina è descritta in maniera piuttosto dettagliata: piccola, minuta, bionda, vestita in modo differente dai suoi coetanei, mentre è sfumata la figura dell'uomo di cui si ha solo una vaga connotazione di età, più che altro derivabile dal fatto che è padre di una ragazzina poco più piccola di Bambolina. Entrambi crescono professionalmente , diventano importanti figure nell'ambito della moda rimanendo uniti in un mondo spesso di fragili amicizie. Insieme viaggiano per lavoro, riescono nonostante la diversa età a divertirsi . Bambolina nonostante sia diventata una manager ha mantenuto l'entusiasmo di un'adolescente e lui si diverte al vedere questa fonte che irradia energia. Perciò anche alla richiesta da adulta di Bambolina che chiede di essere accompagnata a vedere uno strip, acconsente senza muovere troppe eccezioni e condividendo poi con lei la delusione. Lo scritto scorre gradevolmente grazie allo stile diretto, all'uso di un linguaggio quotidiano che fa sentire i personaggi reali e vicini al lettore. Non trovo errori sintattici e i periodo sono ben costruiti. Mi sono fatto un'idea per la continuazione della storia ma resto in silenzio in attesa di leggere l'evolversi della vicenda.....
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