I Ciliegi di Ferro - Cap I, 1

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Purtroppo per il limite di caratteri devo spezzare il capitolo in due parti, spero domani di poter pubblicare anche il continuo

Si fece scrocchiare il collo, mugugnando per il fastidio. Le lunghe galoppate non facevano per lui, e ne aveva avuto l'ennesima prova.
Sbuffando, Shiaki si aggiustò la cinghia dell'elmo, approfittando della calma momentanea per sciogliere le spalle indolenzite
«Ricordami un po' chi era» fece Tadashi accostando il cavallo al suo
«Roku» Shiaki sbadigliò «ha un campo qualche miglio più a nord»
Tadashi sollevò un sopracciglio, un'espressione annoiata in volto
«E che ha combinato?» chiese, pizzicando la corda dell'arco
«Problemi con qualcuno qui» Shiaki indicò il piccolo villaggio davanti a loro, nella vallata.
Le colline boscose declinavano pigre, bloccate all'improvviso da una stretta strada, rialzata rispetto alle casupole.
Nessun fumo dai comignoli, nessuno nelle risaie poco oltre le case. L'unico segno di vita era la barricata improvvisata all'entrata del villaggio. Un carro rovesciato e qualche cassa, con dietro una dozzina di contadini armati di zappe e vanghe. Shiaki li vedeva tremare dal suo cavallo, nascosto con gli altri otto gregari tra gli alberi. Dei tre idioti che li avevano aggrediti nessuna traccia
«Dici che se la sono data a gambe?» chiese ancora Tadashi, odiando come al solito il silenzio
«Se sono intelligenti si» rispose lui, aggiustandosi la katana al fianco «se sono onorevoli no»
«Allora sono fuggiti» fece l'arciere, prendendo una bottiglia.
Shiaki si limitò a sorridere e scuotere la testa.
I tre figli di Yarihiro, di cui non ricordava i nomi, avevano teso loro una parvenza di imboscata lungo la strada. Qualche freccia, scagliata controvento, senza nemmeno mirare. Avevano a malapena sfiorato Masato, che si era accorto della cosa solo dalle urla dei suoi gregari.
Gli alberi avevano salvato i tre idioti, sia dalla loro raffica di frecce che dall'essere passati a fil di spada. Tadashi giurava di averne colpito uno, e Hikaru lo negava solo per il piacere di infastidirlo
«Dieci monete» fece l'arciere «uno l'ho preso alla spalla destra, subito sotto la clavicola»
«E se non ci sono? Come facciamo a capire chi vince?» Shiaki sorrise, sentendo qualcuno alle sue spalle commentare.
Qualcuno dei gregari si era fatto fregare, scommettendo contro l'abilità di Tadashi
«Già!» urlò Hikaru, avanzando con il grosso tetsubo appoggiato in spalla «se non c’è?»
Tadashi lo fissò, ad occhi stretti, prima di voltarsi verso il massiccio elfo dai capelli biondi. Fu salvato dal suono del corno. Masato aveva deciso di attaccare.
Sospirando di sollievo, Shiaki diede un colpetto col pollice allo tsuba, allentando appena la lama dal fodero. Recuperò l'arco dalla sella, accarezzando le impugnature piumate delle frecce
«Ne abbatti uno, oggi?» fece Hikaru, accennando alla faretra
«No» rispose Shiaki «ma almeno fingo di provarci»
Molti gregari risero, gli occhi fissi sulla spada che portava alla cintura. Masato risalì la piccola collina, seguito dai suoi due elfi più fidati.
Alto anche a cavallo, con l'armatura laccata di rosso, sopra la veste bianca decorata da stelle nere, avanzava sul suo stallone nero come uscito da un racconto di guerra. L'arco in mano e spada lunga al fianco parevano risplendere di furia omicida, eclissati solo dallo sguardo di ferro del guerriero. Occhi scuri, due sfere di onice che scrutarono la loro fila
«Yoshikazo, Yoshiro e Yoshiyuki, quelli che hanno aggredito il mio fido Roku ed anche noi» la voce di Masato sferzava l'aria «si nascondono lì, come i conigli impauriti che sono; mostriamo a questi cani cosa succede a chi ci minaccia!»
Senza porre altro tempo in mezzo, Masato girò il cavallo, imitato subito dai due compagni, e si lanciò contro la barricata.
Shiaki diede di sprone, colpendo il cavallo coi talloni per farlo balzare in avanti, affiancandosi subito al suo signore. Tadashi gli era appena un passo dietro, l'arco lontano dal corpo e la mano già pronta alla faretra. Hikaru li seguiva a breve distanza, sul suo enorme cavallo, agitando la sua mazza ferrata in aria ed urlando con tutto il fiato che aveva in corpo.
Ad un cenno della katana di Masato, metà della banda virò con forza a destra, percorrendo la strada rialzata verso le risaie. Shiaki vide appena la nuvola di polvere del secondo gruppo allontanarsi.
Loro balzarono oltre il bordo della strada, puntando dritti alla barricata. I contadini si stavano guardando l'un l'altro, paralizzati dallo spettacolo. Una freccia lo sorpassò, Shiaki vide un elfo svanire oltre il carro, un'asta piumata apparsa in mezzo agli occhi.
Lui rinunciò a scoccare, ripose l'arco nella sella, mise la mano sulla spada e spronò il cavallo.
L'animale balzò oltre la barricata, Shiaki estrasse l'arma in un ampio cerchio. Atterrò al suolo, dietro i contadini, una testa mozzata lo seguì un battito di cuore dopo. I poveri disgraziati, almeno quelli non colpiti dalle frecce, vennero investiti dal resto della banda da guerra. Chi saltando, chi facendosi largo tra carro e barili, i cavalieri superarono o distrussero l’ostacolo, massacrando quanti lo presidiavano.
Shiaki voltò il cavallo, menando un fendente d'istino, mandando un altro elfo a morire col collo squarciato.
Dalla soglia di una casupola un contadino, armato di forcone, gli corse incontro, dritto davanti a lui. Shiaki sorrise, con un colpetto di redini fece scartare di lato la cavalcatura, calò la lama facendoci fluire dentro il suo ki. La lama brillò bianca per un istante, mozzando le punte del forcone come seta. Il fendente di ritorno decapitò l'elfo, la katana passò attraverso muscoli e ossa in un unico taglio.
Girando il cavallo, si guardò intorno, cercando un nuovo avversario. I pochi contadini a guardia della case venivano massacrati senza pietà. Finalmente, individuò quello che pareva un guerriero. Non poteva capire se si trattasse di uno dei tre, o di un loro gregario accorso in aiuto.
Nel dubbio, caricò la figura dall'armatura nera, appiedata, che lo vide e gli puntò contro una lancia tremante. Non dovette nemmeno evitare l'arma. Shiaki si limitò a passarci accanto, tanto era terrorizzato l'altro. Lo abbatté con un colpo preciso al collo, scendendo da cavallo per vedere se avesse qualcosa di interessante addosso.
Aveva appena poggiato i piedi a terra, che due guerrieri gli corsero addosso, le katane sollevate. Non avevano l'armatura, ma Shiaki non si domandò il perché. Si limitò a parare il primo fendente, a sinistra, facendo un mezzo passo nella stessa direzione per evitare l’altro affondo. Calciò l'avversario a destra, sbilanciato, colpendolo allo sterno e allontanandolo.
Il suo compagno ne approfittò, menando un colpo dal basso verso l'alto, la spada tenuta a due mani. Shiaki sollevò il braccio, deviando la lama con il bracciale dell'armatura. Infilzò il nemico al petto, all'altezza del cuore. Il sangue macchiò la veste bianca, sgorgando dalla ferita e dalla bocca del morente.
Il secondo si era rialzato, e teneva la spada davanti a lui. Tremava da capo a piedi, i capelli scuri in disordine, il volto giovane sporco di terra
«Buttala» Shiaki estrasse la sua spada; tenendola con una sola mano, scavalcò il cadavere in preda agli spasmi
«Maledetto!» la lama dell'altro brillò a tratti, il volto del giovane segnato dallo sforzo, le mani che tremavano sull'impugnatura per la paura e l'impegno.
Caricò a testa bassa, alzando la spada dal secondo dei cinque passi necessari. La abbassò al quarto, quando Shiaki non era più lì da un pezzo. La lama gli passò a pochi pollici dalla spalla, sfiorando appena la protezione per il braccio. Fendette dal basso, tagliando di netto il fianco del ragazzo. Sangue e budella si sparsero sulla strada, mentre la vita fiottava fuori dal corpo.
Shiaki si guardò attorno. 
Gli ultimi accenni di resistenza venivano soffocati. Prendendo il cavallo per le redini, si diresse al centro del villaggio. I suoi compagni sfondavano porte, trascinavano fuori contadine, sacchi di riso, otri di saké, ogni cosa potesse avere un valore. Da alcune casupole venivano rumori inconfondibili, guerrieri che si godevano sul posto il loro premio.
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