A volte 4° capitolo

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Le ho dato appuntamento a metà strada, un’ora e mezza di treno per me e due ore per lei. Lo so, sono stata un po’ stronza a fissarglielo in una giornata prefestiva quando il suo salone brulicherà di donne da depilare, massaggiare e pettinare. Le ho raccontato di una sessione di esami e dell’impossibilità di avere un altro giorno disponibile. Prima di accettare ha riflettuto qualche istante, ma non si è tirata indietro.
Ci vediamo a Firenze, la città dove ho potuto sperimentare la meravigliosa complicità con mio padre, quella perduta per colpa sua.
Ci siamo venuti insieme, io e lui, per il concerto dei Duran Duran, da soli. Era il dieci giugno del 2016. 
Lei è già arrivata, la riconosco a stento e più per il bambino che per il suo aspetto. Indossa un paio di jeans, un maglione blu largo e uno sciarpone. È bella come l’altra volta, ma è una bellezza più naturale, semplice. Capisco solo adesso il significato di ciò che mi ha detto al telefono “quella era la mia tenuta da lavoro”. Non mi aspettavo che portasse con s’è il bambino. Penso voglia intenerirmi, e non credo sia una mossa giusta. Nonostante tutto – e a parte la perfidia usata per l’appuntamento – mi sono ripromessa di venire in pace; se il mio scopo è recuperare l’affetto di mio padre lei rappresenta il costo del biglietto, nonché il mezzo per raggiungerlo.
Ci sediamo a un tavolino del bar della stazione, finito il colloquio ognuno riprenderà la strada del ritorno.
Intorno a noi e al di là del vetro vedo valige, occhi che fissano il tabellone degli orari di arrivi e partenze, si sente un vocio del quale non afferro una sola parola ma che conosco bene nel contenuto. Ogni viaggio porta in sé una fine e un inizio, non importa quale sia la meta, la motivazione, se si parte in armonia o in disaccordo, è così e basta.
Il bambino è attratto dalla mia collana e vuole venirmi in braccio.
«No, Fabio lascia stare la collana di Patrizia». Ivana cerca di distoglierlo, ma lui è caparbio e allora devo arrendermi anch’io se voglio portare avanti la conversazione. Il piccolo ha il buon odore dell’innocenza, è felice di potere giocare con i dischi di metallo colorati che ho al collo e lo lascio fare. Ha lo stesso colore dei miei occhi e cioè lo stesso di quelli di nostro padre. L’altra volta non lo avevo notato, erano tanto la rabbia e lo spaesamento da non riuscire a vedere che figure grottesche.
«Come vi siete conosciuti?» E la prima domanda che faccio a Ivana, dopo avere ordinato cornetti e cappuccini.
«In treno – mi dice, e rimango sorpresa –. Ricordi il suo amico Alfredo? Venne a trovarlo a Milano quando l’ennesimo ciclo di chemio lo stava ormai uccidendo. Cosciente del fatto che gli rimaneva poco tempo, espresse il desiderio di rivedere tuo padre, gli chiese di trascorrere del tempo insieme e, da vero amico qual era, lui venne per una settimana.
Ricordavo bene quel periodo, era legatissimo ad Alfredo e adesso che ci penso fu proprio dopo la sua morte che mio padre sembrò cambiare carattere.
«Ero venuta a Roma per passare qualche giorno con una mia amica alla quale avevano diagnosticato un cancro in stato avanzato. Io tornavo su a Milano, ero a pezzi per la mia amica, mentre tuo padre andava a trovare Alfredo. Strana la vita, lo stesso scompartimento e un argomento in comune. La sofferenza dei nostri amici più cari.»
«La tua amica?» Domando.
«È andata, ancora prima di Alfredo.»
Gli occhi di Ivana si fanno tristi, mentre Fabio – che probabilmente si è stufato della mia collana – reclama le sue braccia, e allora i suoi occhi tornano quelli di una madre affettuosa; lo prende, lo bacia sul collo e il bambino ride.
Gli annunci di arrivi, partenze e ritardi, si intercalano nella nostra conversazione.
«La vita va avanti – riprende Ivana – ma accade che ne cerchi una nuova, senti il bisogno pazzesco di cambiare rotta, che il tempo sta passando in fretta e forse ci sono cose che non hai fatto e che non è troppo tardi per farle.»
Parla con enfasi e ho il dannato sospetto di capire cosa stia dicendo.
«E dopo la lunga chiacchierata in treno?» chiedo ancora.
«Ci siamo lasciati con un piccolo dispiacere, ci eravamo trovati in sintonia. Nessuno dei due, però, ebbe il coraggio di chiedere all’altro il numero di telefono. Ci siamo rincontrati sei mesi dopo, quando è tornato per il funerale di Alfredo. È stata solo una fatalità, quando si dice il destino. La moglie di Alfredo è nostra cliente ed era stata amica di mia madre.
Rivedersi è stata una sorpresa per entrambi. Finita la funzione mi invitò a pranzare insieme, non gli andava di farlo da solo e accettai. La morte dei nostri amici ci aveva messo addosso una sete di vita che io non avevo mai provato prima, e che tuo padre non sentiva più da troppo tempo. Ecco cosa ci ha attratti. Riprendemmo i discorsi del treno. Parlammo a lungo e, quella notte, lui non tornò a casa. Fino a quel punto, giuro, non sapevamo se la storia tra noi due sarebbe continuata. Eppure, dopo quella notte non riuscimmo più a stare lontani l’uno dall’altra.»
«E per mia madre cominciò l’inferno» affermo.
Ivana chiude gli occhi e bacia la testa del bambino «Già – dice –, immagino sia andata proprio così.»
«E il bambino è stato frutto di quel desiderio di vita che vi ha travolto.» Lo dico senza cattiveria, perché ho sentito nella voce di Ivana quella voglia di riscatto dalla morte, che mi ha riportato a casa, all’apatia di mia madre. A quell’annientarsi mentre la vita ti batte ancora nel petto e tu sai che non è giusto gettare via i giorni a quel modo.
«La mia amica aveva sempre desiderato avere un bambino, non ne ha avuto il tempo. Io, invece, non l’avevo mai messo in conto. Sì è così, lui è il frutto di quel desiderio di vita.»
«Da piccola desideravo tanto avere un fratellino» dico.
«Anche tuo padre avrebbe voluto un altro figlio. Purtroppo, tua madre non ne volle sapere. Era da giustificare, partorirti è stato difficile per lei, ha rischiato la vita e non ha superato mai il trauma.»
Guardo il piccolo e lo vedo come il fratello che avrei voluto avere tanti anni fa, lo stuzzico con la collana e mi torna in braccio.
«Fabio non ha sostituito te nel cuore di tuo padre e il suo desiderio di vita non ti esclude. Non escluderebbe nemmeno tua madre, comprensibilmente con la situazione. Lo so che è difficile da spiegare e forse anche da realizzare, però almeno tu puoi provarci.»
«Mi chiedo perché non ha cercato un nuovo slancio con mia madre, perché non ha provato a saziare con lei il suo desiderio di vita. Avrebbero potuto fare viaggi, girare il mondo insieme.»
«Loro non facevano più l’amore da molto tempo e…» Ivana si ferma.
«Continua, ti prego» la esorto.
«Dopo la notte che abbiamo trascorso insieme tuo padre provò ad avvicinare tua madre, intendo proprio in quel senso, voleva ancora capire cosa provava per me, se si trattava solo di un’infatuazione oppure no. Lei lo mortificò dicendogli “torni da un funerale e pensi a queste cose”?»
«Pensi che se avessero fatto l’amore si sarebbero ritrovati?»
«Non lo so, ma sono sicura che quello è stato l’attimo in cui si sono persi. Me lo ha detto tuo padre, ieri sera quando ha saputo che oggi ci saremmo viste. Non ne avevamo mai parlato prima. Ha parlato tanto anche di te. Gli manchi.»
L’affermazione invece di lusingarmi mi urta. Non si può avere tutto, pretendere di tuffarsi in una vita nuova e portarsi dietro le cose belle dell’altra.
«Ti va di incontrare tuo padre?»
La domanda arriva mentre mi dibatto tra rabbia e accettazione.
La donna che ho davanti è la nuova vita che mio padre ha scelto.
Adesso tocca a me prendere una decisione.
Faccio saltellare Fabio sulle gambe, e lui comincia a ridere come un matto: «D’accordo – dico, guardando solo il suo viso paffuto e sorridente. Gli do un bacio sulla testa riccioluta e lo restituisco a sua madre.

I nostri treni ripartono in direzioni opposte, ma la meta è la stessa.

Re: A volte 4° capitolo

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 Mia cara @Adel J. Pellitteri 

Mai consiglio fu più giusto dell'averti esortato a proseguire la tua storia iniziata come racconto breve.
Quello che ne è seguito comprova che ne avevamo colto appieno il potenziale narrativo che poi ne è seguito.
Questo terzo capitolo è un piccolo capolavoro.
La scrittura che si immerge nei molteplici sentimenti della protagonista è eccellente, così come la descrizione degli atti che animano questo tormentato incontro. 
Riesci a mettere a fuoco ogni aspetto del dramma che coinvolge le due donne e le ragioni profonde che le hanno rese in qualche modo antagoniste rispetto all'uomo che con diverse motivazioni e sentimenti si contendono.
Non ti appaia riduttivo se nel leggerti ho ritrovato lo stesso sapore e la stessa emozione delle pagine di Valérie Perrin in "Cambiare l'acqua ai fiori".
L'argomento della "sete di vita" che tutti abbiamo provato di fronte alla morte di una persona amata, mi ha commosso, perché è un sentimento fortissimo che sei riuscita a focalizzare mirabilmente.
Complimentissimi, amica mia.

Ora non ti resta che procedere con i prossimi capitoli, decidere il titolo finale e dare alle stampe il prossimo libro bell'è pronto.
Auguri!  <3

Re: A volte 4° capitolo

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Nightafter ha scritto: Non ti appaia riduttivo se nel leggerti ho ritrovato lo stesso sapore e la stessa emozione delle pagine di Valérie Perrin in "Cambiare l'acqua ai fiori".
Riduttivo? 😃 Come vedi mi sono fidata di te, del tuo consiglio. Ci ho messo un po' di tempo a mettere in piedi questo nuovo capitolo ma capisco di essere sulla strada giusta. Grazie ancora per la tua attenzione e l'apprezzamento, amico mio.  

Re: A volte 4° capitolo

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Adel J. Pellitteri ha scritto: al di là del vetro vedo valige
valigie
Adel J. Pellitteri ha scritto: Ogni viaggio porta in sé una fine e un inizio, non importa quale sia la meta, la motivazione, se si parte in armonia o in disaccordo, è così e basta.
Dopo "disaccordo" ti suggerisco i due punti, che anticipano una spiegazione: è così e basta.
Adel J. Pellitteri ha scritto: Rivedersi è stata una sorpresa per entrambi.
Rivederci
Adel J. Pellitteri ha scritto: Finita la funzione mi invitò a pranzare insieme, non gli andava di farlo  mangiare da solo e accettai.
Adel J. Pellitteri ha scritto: La morte dei nostri amici ci aveva messo addosso una sete di vita che io non avevo mai provato prima, e che tuo padre non sentiva più da troppo tempo. Ecco cosa ci ha attratti.
La morte che ci tocca da vicino ci rende affamati e assetati di vita. Hai fatto bene a inserire questa considerazione nel tuo brano.
Adel J. Pellitteri ha scritto: L’affermazione invece di lusingarmi mi urta.
Fai un inciso, ti consiglio, così:

L'affermazione, invece di lusingarmi, mi urta.
Adel J. Pellitteri ha scritto: mar giu 21, 2022 12:35 pm«Ti va di incontrare tuo padre?»
La domanda arriva mentre mi dibatto tra rabbia e accettazione.
La donna che ho davanti è la nuova vita che mio padre ha scelto.
Hai saputo rappresentare bene il dubbio sofferto della ragazza.
Adel J. Pellitteri ha scritto: mar giu 21, 2022 12:35 pmI nostri treni ripartono in direzioni opposte, ma la meta è la stessa.
Che bel finale!  (y)
Cara @Adel J. Pellitteri , mi è piaciuto tanto il tuo racconto, che ritengo sia arrivato  alla conclusione. Oppure no?
Un bel lavoro, per il quale ti faccio i miei complimenti.
Non capisco perché dalla quarta parte ci rimandi alla seconda, che spiega i fatti precedenti. Ma la prima e la terza parte?
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: A volte 4° capitolo

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Segno tutte le tue correzioni e rettifico. Grazie @Poeta Zaza, sei sempre attenta e disponibile. 
Poeta Zaza ha scritto: Un bel lavoro, per il quale ti faccio i miei complimenti.
Non capisco perché dalla quarta parte ci rimandi alla seconda, che spiega i fatti precedenti. Ma la prima e la terza parte?
In realtà avevo scritto un primo racconto che poteva anche finire lì, ma grazie ai commenti ricevuti (che suggerivano di far  proseguire la storia) ho scritto gli altri capitoli. I primi postati nella sezione racconti gli altri nella sezione "a capitoli", così si è creata un po' di confusione (io maestra come sempre a combinare casini).

Sei stata preziosissima, come sempre. Mille volte grazie. 
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