Alice pt 5

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[MI163] I passi dietro te - Costruttori di Mondi



Alice pt 5


Al termine dell’ultima ora mi piazzo davanti all' uscita e aspetto Alice, l’ansia di rivederla è elettricità pura che mi scorre in corpo.
I ragazzi sciamano fuori rumorosi, creano il solito colorato casino, sono una vivace fiumana.
Cerco di scorgerla fra la moltitudine di teste, solo quando il tumulto umano dirada la vedo apparire al fondo del corridoio.
Non mi muovo, mi piace osservare la sua sagoma aggraziata ed elegante mentre viene avanti, mi pare di vivere una di quelle scene da film di Lelouch: è così luminosa che la luce nel corridoio sembra sia generata dal suo procedere piuttosto che dai neon appesi al soffitto.
La sua visione satura di piacere e bellezza i miei occhi; il cuore mi gioca a carambola con lo stomaco, è davvero troppo bella.
Viene avanti lentamente, ha un’aria assorta, non so se mi abbia neppure ancora visto.
Si ferma un attimo, il tempo di frugare nella tracolla e accendere una sigaretta.
Cerco il suo sguardo, la saluto con un cenno della mano, lei alza la testa: ora mi ha visto.
Solleva la mano per rispondere al saluto, ma il gesto resta sospeso, come si fosse accorta di averlo iniziato per un riflesso automatico.
Tiene la sigaretta stretta tra le labbra, saluta distrattamente dei compagni di classe che le passano al fianco, il viso ha un’espressione che non comprendo, non pare aver fretta d'incontrarmi.
Per un attimo m’interrogo su questa strana sensazione che percepisco, ma mi ha raggiunto: siamo di fronte, occhi negli occhi.
- Ciao Alice, finalmente. E’ tutto il giorno che aspetto di vederti. Come stai, tutto bene?
Esita qualche attimo prima di parlare: - Ciao, sì sto... Sì, bene.
Ci separa un passo: vorrei abbracciarla e baciarle le labbra, ma ha qualcosa di scostante che mi blocca.
La sigaretta tra le sue labbra ha un tremito irrequieto, stringe al petto i libri fermati da una cinghia, come in un atteggiamento difensivo.
Non mi guarda più negli occhi, sembra più interessata alla geometria delle piastrelle nel pavimento ai i nostri piedi.

Un allarme si accende nella mia mente: un fischio stridulo e allarmante, lugubre come le sirene per un imminente attacco aereo."Merda!” Mi dico, qualcosa non va. Sembrava troppo bello che filasse tutto a perfezione.
- Cosa c’è amore? - Le chiedo sfiorandole l'avambraccio con la mano.
- Non stai bene, c’è qualche problema?
Alza il viso, mi guarda, tira una boccata di fumo e lo lascia sfuggire lento tra le labbra: mi guarda assente, in silenzio, non dice nulla.
Non avevo mai pensato quanto potessero divenire freddi quei suoi occhi verdi quando non ti sorridono.
Ripeto la domanda: - Che c'è Alice? Cosa è successo…Dai, dimmelo, ti prego?
Scorrono secondi lunghi come anni, in un silenzio cupo che ci divide.
Sento che qualcosa si spezza: ho come la visione di una frattura che si apre nel mezzo di un istimo di terra, e io sono la parte che vede l’altra allontanarsi.

- Cosa è successo?…ti prego... - La mia voce è spezzata, labile come la terra di quell’ istimo che frana.
Un’altre boccata di fumo e la sua voce sorge da una distanza remota:
- C'è che mi hai deluso. E mi fa male...Molto. - Sussurra.
Ha occhi carichi, colmi delle ombre che precedono il temporale.
- Per un momento - dice - avevo creduto che tu fossi veramente diverso. Ma non sei diverso da quello che tanto ti somiglia.
- Perché dici questo amore mio?
- Perché lui mi ha fatto troppo male. E oggi mi accorgo che è stato solo un mio sbaglio credere che fossi altro...Tutto qui... -
Ha un tono sommesso, stringe quei libri in un abbraccio tenace come fossero qualcosa a cui sorreggersi mentre acque impetuose ti travolgono.
- Alice, Cristo, ma cosa dici? Cosa ti ho fatto? Di che parli? Spiegami? Fammi capire, ti prego.
- Forse è inevitabile, le cose si ripetono uguali, perché siete uomini...
Si guarda intorno, sento che non vorrebbe essere qui, la sua mente è altrove, già lontana. Ha deciso così.
Ho le gambe molli, vorrei sorreggermi, ma la parete è troppo lontana, le meningi sono un blocco incandescente.
E’ un brutto sogno, forse tra un po’ mi sveglio e tutto questo scompare: l’idea di perderla mi fa montare una vertigine di nausea.
Quando i suoi occhi tornano nei miei, non è collera quella che ci leggo, ma una tristezza profonda e dolente.
- Vedi - mi dice, scandendo piano le parole – Non voglio essere una specie di premio, qualcosa di cui un uomo possa vantarsi con gli amici, un trofeo da esibire. Non voglio più esserlo per nessuno.
- Dio santo, Alice! Ma quando mai io ho pensato questo di te? Ma di che trofeo parli? Io ti amo, ti rispetto, per me non sei una storia di passaggio. Sei più importante di tutto. -

- Si, ci credo. Sei bravo a parlare. Peccato che siano solo parole. Te ne dovresti ricordare prima di aprire bocca con chi ti capita.
Mi passa due dita sulla guancia, una carezza leggera e triste quanto un addio.
Seguo la scia di fumo della sigaretta che si è consumata oltre la metà.
Riprende con un refolo di voce: - Vedi, io non sono una di quelle troiette che ti fai qua dentro e neppure la migliore fra loro. Mi spiace che sia andata così. Ci avevo creduto davvero, credimi.
Getta la cicca al pavimento e spegne il mozzicone col piede.
- Ora scusami, ma devo andare. Stammi bene, ciao.
La guardo andare via, trattengo il respiro come fosse l’ultimo che riuscirò a fare.
Sono come un pugile messo al tappeto, quando senti l'arbitro contare, ma tu sei da un altra parte: la voce lontana scandisce i secondi e non vuoi credere che sia tutto finito, ma non hai sangue in corpo per rialzarti.

Esco anch’io dopo un poco, la vedo sparire all'angolo in fondo alla strada, fuori sta già facendo buio, vorrei inseguirla, correrle dietro, afferrarla per le spalle, trattenerla e spiegarle che è tutto sbagliato che è un maledetto equivoco, che Taro Cap non ha capito un cazzo come al solito, ma ho le scarpe incollate al selciato.
L’ho persa. L’ho persa perché sono un coglione. Avrei dovuto tagliarmi la lingua e darla in pasto ai cani.
Mi sento di merda, mi sento una merda.

Cammino e avverto più freddo di quanto sia fredda la sera.
Novembre di fuori è l’aria pungente dell’inverno che viene e fa lacrimare gli occhi, ho i brividi e voglia di piangere.
Fra cinquanta metri c’è la recinzione di un cantiere vuoto, un tratto buio, non illuminato dai lampioni.
Lì potrò farlo.

Fine

Re: Alice pt 5

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Qui di seguito in realtà non prenderò in considerazione solo l'ultimo capitolo del tuo racconto, ma tutto l'insieme, che ho letto con piacere e mi ha fatto fare capriole verso il passato. Hai trattato la storia quotidiana di un giovane amore finito appena nato con delicatezza e sincerità usando uno stile immediato ed adatto all'atmosfera ed ai personaggi della vicenda. L'inesperienza del protagonista nel gestire le prime tempeste ormonali della sua giovane esistenza é trattata con obiettività, con empatia, ma senza condiscendenza. La figura dell' "amica" Taro diventa invece simbolo della piccolezza morale degli esseri umani: é la più dura, la più intransigente paladina dei diritti a mettere la propria gelosia davanti a tutto senza considerare la volontà altrui, anzi influenzandola secondo il proprio volere. Sono Giulio e Alice le due figure più pure: il primo é l'amico presente, collaborativo e leale, mentre Alice si rivela la più matura del gruppo, mostrandosi capace alla passione per non perdere rispetto di sé, insegnando a caro prezzo questa lezione anche al suo amato. Colpisce la riuscita analisi del punto di vista sia maschile che femminile del racconto, sostenuta dalle diversità del linguaggio che i vari protagonisti usano: ne é un esempio il discorso intransigente e "maschile" di Taro che rivela come il suo modo di essere sia in realtà una maschera. Il tuo lavoro lascia l'amaro in bocca, come quando si é accusati e si ha solo un avvocato d'ufficio alla prima esperienza a difenderti. Il finale vede l'amore del protagonista perdersi come sabbia fra le dita, si nasconderà nei ricordi e ogni tanto verrà a galla come un tappo di sughero che non affonda. 

Re: Alice pt 5

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Ciao @Sarano 

Caspita che recensione  :D

Ti ringrazio per la pazienza avuta nel sorbirti la lunga sequenza di puntate che hanno composto la storia, purtroppo non sono capace di creare racconti inferiori ad almeno cinque capitoli.
Sono felice che il racconto ti sia risultato di gradevole lettura e che la sua finalità, in termini di contenuto, ti sia apparsa chiara come era nelle mie intenzioni nello scriverlo.
Ancora grazie e a presto rileggerci.
Ciao  (y)
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