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3. Fuochi fatui
Inizia a nevicare, prima lentamente con fiocchi leggeri mischiati ad acqua, poi sempre più forte; nel giro di poco la realtà si copre di un leggero velo bianco.
È ora di andarsene.
Veronica prende Mia per mano; controlla se sia possibile entrare nell’ex supermercato, ma l’unico modo sarebbe spaccare il vetro; quindi, decide di portare sua figlia altrove.
Vagano a lungo, per ore, la città sembra aver nascosto tutti gli angoli di riparo; mentre la neve aumenta e il freddo è sempre più forte.
Il vento è come una frusta, lacera il viso e cancella tutto dalla visuale. Veronica è disorientata, le sembra di girare in tondo.
Mia si trascina dietro di lei, stanca, stremata, ma stoica; trema da capo a piedi, ma non cede di un passo.
La ragazza sente che la figlia non ha più forze, ha paura di vederla crollare da un momento all’altro, si china e la prende in braccio.
-la...-
-ce...-
-fa...-
Mia vorrebbe dire:- Lasciami, ce la faccio-, ma non riesce a produrre altro che piccoli suoni spezzati.
Dopo tanto vagare, arrivano alle macerie di un vecchio edificio, una parte è crollata, ma il tetto è ancora integro. Veronica guarda all’interno e vede che la neve non riesce ad entrare, decide di sistemarsi lì; dentro ci sono altre due persone, che stanno provando ad accendere un fuoco.
Nessuno reagisce quando entrano; il tacito accordo tra i viandanti post apocalittici è di rispettare in silenzio gli spazi altrui, senza rubare cibo e riparo.
Madre e figlia si infilano nell’angolo più remoto e si siedono a terra; fa ancora freddo, ma il vento non riesce a entrare.
Un leggero fuocherello è stato acceso, ma non basta per rincuorare gli animi.
Veronica cerca di scaldare Mia con il proprio corpo, ma hanno entrambe i vestiti bagnati e di calore ne emettono ben poco; la piccola non riesce nemmeno a parlare, cosa che spaventa terribilmente sua madre.
La stringe forte sé, per sentire il battito del suo cuore contro il petto; questo suono la tranquillizza, si sintonizza su quel dolce rumore, riesce a calmarsi un po’ e a regolare il respiro.
È sfinita e, senza rendersene conto, si assopisce.
Si sveglia di soprassalto, mentre uno degli sconosciuti la sta scuotendo nel tentativo di dirle qualcosa. D’istinto serra le braccia sopra a Mia, gelida sotto di lei, ma l’uomo non vuole dare fastidio.
-Qui non si può più stare-
Le dice, per poi scomparire nell’oscurità.
Veronica si guarda intorno e vede inorridita, che la neve ha superato il confine, soffocando il fuoco; ormai le circonda. Non sono più al sicuro.
Sono entrambe zuppe. L’umidità ha trapassato i vestiti per infiltrarsi dalla pelle alle ossa. Veronica è assalita per un momento dalla disperazione.
Non ha tempo per pensare, prende nuovamente in braccio la figlia. Spera di trovare di meglio; si guarda intorno per capire dove andare. Vede solo oscurità.
La tempesta sembra aumentare sempre di più. Moriremo qui si trova a pensare. Sente le ginocchia cedere, ma non può permettersi di farlo.
Finché sarà viva proteggerà Mia, costi quel che costi.
Arranca nella neve ed esce dall’inutile rifugio. Ha poca energia, non sa dove arriverà, ma spera di riuscire a trascinarsi verso un posto migliore. Torna in strada. Non sente nulla tranne il vento, che ulula come un animale affamato. Loro sono le sue prede, le sta accerchiando aspettando che crollino, non vede l’ora di divorarle.
È buio pesto ormai. La neve continua a cadere su di loro con crudeltà. Vengono sballottate da una parte all’altra.
La bambina non si muove. Ogni tanto si sente un lamento, Veronica si chiede quanto resisteranno ancora. Ha paura. Non vuole soccombere.
All'improvviso, appare qualcosa in lontananza: il contorno sfocato di un piccolo bagliore.
Veronica non è più lucida, pensa sia un’allucinazione, sembra una luce fluttuante.
Un fuoco fatuo? È morta e deve seguirlo?
Istintivamente, si muove in quella direzione; si sente come ipnotizzata, non ha una volontà propria; esiste solo quella luce, che la attira a sé, con prepotenza.
Mentre si avvicina, si fa sempre più nitido il contorno di una casa, una di quelle ancora integre; non si era accorta di essersi allontanata molto dalla città e di essere finita verso la campagna.
Ora le è chiaro che la luce altro non è che una finestra, nessun bagliore divino; Veronica e Mia sono ancora vive, seppure allo stremo.
Normalmente si sarebbe data della stupida, per aver pensato all’esistenza di cose mistiche, ma stasera non ha tempo per autocommiserarsi. Prima che le forze la abbandonino deve trovare una soluzione, per salvare Mia.
La soglia della casa è di fronte a lei; alta, imponente. Non sa chi ci sia dietro, sa solo che è l’unico edificio con un tetto che ha intorno.
Veronica ha una dettagliata lista di ragioni, per diffidare degli sconosciuti e, se non ci fosse la neve, non prenderebbe mai in considerazione l’idea di bussare.
L’istinto materno, però, la porta ad agire. Chiederà se hanno un vecchio garage dove non arriva il freddo, o se hanno coperte asciutte con cui far su Mia; qualunque cosa per farla sopravvivere.
Inizia a bussare, sempre più forte, fino a farsi sanguinare le mani.
Se qualcuno aprirà, malgrado sia contro tutto quello per cui lotta ogni giorno, è persino disposta a chiedere che facciano entrare solo Mia; lei si accontenterà di trovare un posto nelle vicinanze, dove non arriva il vento; tornerà a riprendere la bambina alle prime luci dell'alba.
Per favore pensa. Se la luce è accesa, c'è qualcuno è all’interno.
Ma nessuno apre.
Veronica si getta a terra. Perde le sue ultime forze, vorrebbe piangere, ma non ha energia nemmeno per quello.
Poi, improvvisamente, un rumore.
Una serratura che scatta.
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