Tutte le volte che ti ho raccolto

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  Gianna è arrivata a casa, le braccia ricoperte  di buste.
- Signora, - le aveva detto una commessa - ma come fa a portare tutta quella roba da sola?
 - Sono abituata, mi creda è solo una questione di abitudine.
Durante la strada distrae il pensiero dalla fatica pensando a tutto quello che ha ancora da fare, ma quando arriva sotto casa inveisce contro il citofono che non funziona mai: apre la porta, entra a fatica e poi senza speroni e ganci di sicurezza si inerpica con tutta la spesa su scale alte e fredde.  Al secondo piano deve fare una sosta per il fiatone  e con fastidio incontra un vicino che si offre di aiutarla. Gianna non crede a chi fa qualcosa per niente, ha già avuto troppi aiuti dagli uomini e ora preferisce far da sola.  Arrivata al terzo piano percorre pochi metri e davanti alla sua porta suona sospirando  il campanello. L’attesa seguita dal silenzio la fa innervosire, era sicura ormai di aver finito di faticare e i muscoli cominciano a dolere.
Come mai suo figlio Antonio non era in casa? Questo lo avrebbe scoperto con calma, ora il difficile era trovare le chiavi nella tasca senza appoggiare le buste su un ballatoio sporco di macchie e perfino di veleno per topi. Ci prova e riprova, ma si deve arrendere e appoggia una e poi due buste su quel lercio pavimento,  fruga nelle tasche e seccata apre la porta. Entrando deve accendere la luce, appoggia sul tavolo le buste, mette  il cibo nel frigo, guarda l’ora  e chiama Anna, sua sorella. Al terzo squillo Anna risponde con voce calma.
- Gianna, lo sai che ti stavo pensando? Vuoi venire domenica da me a mangiare con Antonio?
Gianna, investita dalle parole della sorella, ha tempo di dire  solo: - Antonio è lì da te?
 - Certo, ci siamo messi a giocare a carte e non abbiamo visto l’ora.
Gianna sorride: - Quanto gli hai spillato?
- Niente, poca roba, ma non li voglio, è come rubare in chiesa. 
- Brava perché io mica te li davo. Sono a casa tua tra dieci minuti, fai scendere quello sciagurato, in fretta
però, non con i suoi soliti tempi morti.
 Anna è una bella donna e di questa bellezza ha fatto un’arma, ma dei tanti amanti non è rimasto che Arturo il portinaio che per lei si getterebbe nel fuoco.
- Antoniooo preparati, è arrivata la rompimamma.    
 Antonio, dodici anni e faccia sveglia, sbuffa:  - Che bisogno c’è di venirmi a prendere, non sono più un bambino.
 Anna annuisce: - fai veloce ometto che poi tua madre si attacca al citofono.
 Antonio la guarda seccato, con calma raduna le sue cose, i minuti passano veloci e il citofono suona.
 - Anto la mammarompi  è arrivata, scendi e dille che domenica vi aspetto. 
Antonio ha uno strano broncio, non risponde ma guardando la torta sulla tavola chiede: - Posso prenderne una fetta?
 Anna ha le mani d’oro per i dolci e poi ha  buon cuore; veloce incarta due fette, una anche per Gianna. Antonio abbozza un sorriso poi a bassa voce gli esce  un “grazie”, apre la porta e scende. Stranamente non prende l’ascensore, decide per  le scale: sono cinque piani, ma lui non ha fretta, non ha voglia di vedere sua madre che al solito gli farà un mondo di domande. Le  vuole bene , ma sta cambiando, si sente grande, ha anche un po’di barba che si taglia sempre di nascosto e poi la scuola di cui pensa come molti coetanei non serva  a nulla, per fare i soldi basta avere coraggio e iniziativa come un suo amico che a tredici anni gira con un mazzo di banconote.
Gianna  appena lo vede gli mette la mano nei capelli ricci: - Allora com’è andata con la zia?
Antonio sbuffa, non vuole che Gianna gli tocchi i capelli e poi a questa domanda cosa vuole che risponda, la zia Anna è buona, ma con lei è difficile fare un ragionamento , si trova sempre uomini che poi scappano . Una volta aveva perfino litigato con un uomo che la insultava e Antonio era corso in cucina e aveva preso il coltello e lo aveva minacciato, ma questo aveva giurato alla zia di non dirlo alla mamma. Antonio sa che sua madre vuole parlare, ma non ne ha voglia, dunque ogni domanda si risolve con una  risposta striminzita  e poi  aumenta  il passo. 
Per un attimo il muro che li separa sembra alzarsi, ma Gianna ha scarponi da scalatore per qualsiasi pendenza.
- Guarda quello, ci scommetti che cade dalla bicicletta?
Antonio ride.
-Ok, cinque euro che non cade.   
Entrambi guardano il bambino sbandare e poi rovinare a terra. Gianna ride, Antonio alza le spalle.
- Cosa sarebbe cambiato? Tu sei furba, anche se avessi perso non mi avresti  dato niente. 
Gianna lo scruta poi ride. Dopo cinque minuti sono a casa: il quartiere popolare coi suoi bar, i suoi materassi e sedie abbandonate per strada li riconosce, due in moto salutano Gianna che risponde alzando la mano e una volta entrati dentro il portone nel cortile incontrano Carletto, un coetaneo di Antonio che appena lo vede gli va incontro.
- Antonio ti devo parlare.
Gianna lo guarda severa: -Beh, che hai da dire che non si possa sentire?
Antonio la guarda torvo e allora a Gianna non rimane che dire: -Ti aspetto su, non stare molto che inizio a preparare da mangiare.
Antonio annuisce e Carletto lo risucchia in un angolo del cortile dove si siedono e cominciano a confabulare. Gianna salendo le scale pensa che Carletto non gli piace: come molti del palazzo è un figlio del disagio, con genitori che barcollano come vestiti lasciati su un chiodo appeso alla parete. D’altra parte questa è un’età difficile, lo psicologo consigliato dagli insegnanti della scuola lo ha ripetuto troppe volte perché se lo possa dimenticare. Carletto è un tipico ragazzino cresciuto come le piante del deserto senza mai ricevere acqua, a scuola ci va a giorni alterni, sua madre se ne scappata con uno che fa il barbiere, suo padre è un ubriacone molesto con le mani sempre pronte  a finire sul viso di qualcuno.
  Antonio in casa da sempre  non ci vuole stare, è come tenere una fiera in una appartamento, lei ormai si è rassegnata, piuttosto che vederlo incollato al cellulare lo lascia andare a giocare con gli altri a pallone sperando che una partita  non finisca in qualcos’altro. I ragazzi del quartiere non giocano a calcio, ma ad una specie di rissa scomposta  fatta con i piedi e qualche volta con le mani, d’estate quando la terra bruciata si stacca si alzano polveroni , che si posano sui ragazzi che tornano a casa con maglie dal colore cambiato.  Antonio ama giocare a calcio, è bravo, veloce, con i piedi montati nel senso giusto. Gianna era disposta a iscriverlo in una squadra, ma lui vuole stare con i suoi amici, tutti lo cercano e in quel mondo di anonimi si sente importante.

Re: Tutte le volte che ti ho raccolto

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Sarano ha scritto: Gianna è arrivata a casa, le braccia ricoperte  di buste.
- Signora, - le aveva detto una commessa - ma come fa a portare tutta quella roba da sola?
 - Sono abituata, mi creda è solo una questione di abitudine.
Durante la strada distrae il pensiero dalla fatica pensando a tutto quello che ha ancora da fare, ma quando arriva sotto casa inveisce contro il citofono che non funziona mai: apre la porta, entra a fatica e poi senza speroni e ganci di sicurezza si inerpica con tutta la spesa su scale alte e fredde.  Al secondo piano deve fare una sosta per il fiatone  e con fastidio incontra un vicino che si offre di aiutarla. Gianna non crede a chi fa qualcosa per niente, ha già avuto troppi aiuti dagli uomini e ora preferisce far da sola.  Arrivata al terzo piano percorre pochi metri e davanti alla sua porta suona sospirando  il campanello. L’attesa seguita dal silenzio la fa innervosire, era sicura ormai di aver finito di faticare e i muscoli cominciano a dolere.
Come mai suo figlio Antonio non era  è in casa?
Se dall'incipit parli al passato prossimo, devi continuare con quello o col presente nella frase sottolineata.
Sarano ha scritto: il quartiere popolare coi suoi bar, i suoi materassi e sedie abbandonate per strada li riconosce
Riconosce i materassi e le sedie? Ti suggerisco:
"riconosce il quartiere popolare dai suoi bar e dai materassi e sedie abbandonati per strada"
Sarano ha scritto: sua madre se ne era scappata con uno che fa il barbiere
oppure "se n'è scappata"
Sarano ha scritto:   Antonio in casa da sempre  non ci vuole stare, è come tenere una fiera in una appartamento, 
Antonio in casa non ci vuole stare, da sempre: è come tenere un leoncino in un appartamento.

@Sarano  

Trovo ben narrate le sfumature del carattere del ragazzino e i rimandi ad aneddoti che ne spiegano le dinamiche familiari e la personalità. 
Alla prossima!
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


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