[Lab6] Chez Mao – Pt.3
Guardare la sua nudità disarmata era come rubare qualcosa che non era stata offerta.
Si alzò dal divano, compì i passi che lo separavano dalla ragazza: si chinò, prese i lembi del sacco a pelo e la ricoprì come fosse una bimba che si era scoperta nel sonno.
Dagli altri vennero risatine e commenti salaci, che lui ignorò: non volle replicare, non ne aveva voglia, tanto non avrebbero capito.
Lei continuava a dormire abbandonata al sogno colorato della sua mente, mentre in quei pensieri impastati dal fumo, lui, sentiva di aver ridestato, dentro sé, qualcosa col sapore d'innocenza passata.
Qualcosa che non avvertiva più da tempo, e credeva perduta.
C'erano anche altre due sensazioni, che lo sballo mescolava in emozioni tra loro incompatibili come l'acqua e l'olio: avvertiva una compassione cosmica per l'intera umanità, intorpidita dal sonno cieco del proprio cinismo, che ricordava da vicino l'amore universale raggiunto nel risveglio del “nirvana”.
La seconda, inconfessabile anche a lui stesso, era che a dispetto d'una riluttanza dettata da fattori igienici, lui, Cavalla, la stava desiderando.
Si trovò a pensare, con vergogna, che se fossero stati soli in quella stanza, puzza o no, si sarebbe chinato a baciarlo, quel fiore sgualcito e carnoso.
E in bocca gli parve di sentire il sapore caldo e sapido di quella carne d’angelo sfiorito.
(Fine)