Re: Tutto ciò di cui volete parlare (o lamentarvi) senza distinzioni di argomento

1426
Cheguevara ha scritto: Quindi, secondo me, il popolo palestinese merita Hamas e le conseguenze del suo comportamento, anche se, sotto il profilo etico, nessun palestinese dovrebbe morire per questo, che sia uomo, donna, bambino o anziano.
Siamo d'accordo: il fatto che una maggioranza abbia sostenuto un regime criminale, non significa che ucciderli in modo indiscriminato sia moralmente giustificabile. Il mondo non è bianco o nero, ma per distinguere le sfumature serve gente competente. I militari israeliani, ad esempio, sanno che ci sono basi di Hamas sotto gli ospedali, ma si fanno problemi a bombardarli (e deve essere normale per un paese "civile"). Questo da solo sottolinea la differenza con Hamas, che invece usa la sua gente come scudo.
Cheguevara ha scritto: Sul fatto che, in una guerra, i motivi economici vengano dopo quelli politici, avrei seri dubbi: per esempio, in Ucraina esistono enormi giacimenti di materie prime, oltre a sterminate distese agricole, su cui i russi mirerebbero, con l'operazione speciale, a mettere le mani.
Mi sono espressa male. I motivi economici sono spesso all'origine dei conflitti, ma quando durano da un anno e mezzo e non si arriva da nessuna parte (con grosse perdite economiche e poche prospettive di vittoria) cosa spinge a insistere, se non la politica?
dyskolos ha scritto: Addirittura in Sicilia, fino a tempi recenti, le donne in età da marito portavano i capelli lunghi sciolti sulle spalle, poi appena si sposavano li raccoglievano dietro la nuca perché ormai l'effetto afrodisiaco non serviva più, avevano già dato :)
Anche qui da me, nei secoli scorsi, le vedove indossavano un velo/fazzoletto, ma solo per mostrare la loro condizione. Se anche le ragazze nubili avevano i capelli sciolti, nessuno le aggrediva per questo (non più della media). Non è una questione di capelli, ma culturale. Sostenere che gli uomini, poveretti, abbiano difficoltà a controllarsi in presenza di una donna coi capelli sciolti vuol dire equipararli ad animali, offendendo così entrambi i sessi. Ma le mentalità più misogine non sembrano neanche accorgersene...
dyskolos ha scritto: Alcune lingue e dialetti parlati in Italia hanno un'origine romanza (neolatina), altri sono fondati sul gallo-italico. Per lo più, le lingue e i dialetti gallo-italici si parlano al Nord, mentre quelli romanzi (evoluzioni del latino) si parlano per lo più al Sud.
Qui in Trentino si parla un dialetto derivato dall'italiano (tranne in alcune valli isolate o confinanti con l'Alto-Adige). Io capisco abbastanza il veneto e gli altri dialetti nordici, meno quelli del sud (anche se con la stessa origine linguistica) di cui mi sfuggono molti termini. Ma è solo questione di abitudine.
Cheguevara ha scritto: Secondo me, per i dialetti ci vuole, dicevo, orecchio, come per la musica: per esempio non conosco note e accordi, ma strimpello la chitarra e suono discretamente l'armonica a bocca. Credo che esista un collegamento.
Sì, è come per la musica. Se uno ha orecchio per i suoni lo ha anche per le diverse lingue e dialetti, e li impara più facilmente (avendone l'occasione).
Ci capita di non avere davvero la consapevolezza di quanto potere abbiamo, di quanto possiamo essere forti (A. Navalny)
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Re: Tutto ciò di cui volete parlare (o lamentarvi) senza distinzioni di argomento

1427
dyskolos ha scritto: Resiste solo qualche terrone, qualche veneto, qualche ladino…
Quasi tutti vecchie cariatidi, come me. Io sono cresciuto con i miei nonni che, in casa, parlavano il dialetto stretto, e già quando ero ancora giovane mi rendevo conto che quelli della mia generazione non conoscevano il significato di termini e modi di dire a me noti, per via che li avevo appresi da quelli - i nonni, appunto - appartenenti a due generazioni precedenti la mia. Il dialetto di oggi è talmente italianizzato, da essere solo l'ombra di quello che conosco io, forse perché, non avendo più vissuto nel paesello, quello rimasto nella mia memoria non ha potuto subire le modifiche intervenute in decenni di pratica quotidiana. Il processo, nell'era degli smartphone, in cui le persone interagiscono sempre più nel mondo virtuale, è destinato a velocizzarsi ulteriormente, temo.  
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Re: Tutto ciò di cui volete parlare (o lamentarvi) senza distinzioni di argomento

1428
Cheguevara ha scritto: e già quando ero ancora giovane mi rendevo conto che quelli della mia generazione non conoscevano il significato di termini e modi di dire a me noti, per via che li avevo appresi
I dialetti stanno scomparendo. Io lo parlavo in casa, ma era già molto italianizzato. Per molti termini non c'era un equivalente, e toccava usare l'italiano, per altri si usava comunque una versione molto diversa dal dialetto stretto dei miei nonni e prozii. Negli ultimi decenni la cosa è peggiorata, con l'introduzione di termini stranieri, o termini tecnici moderni che in dialetto non sono mai stati tradotti. Per molti è un male, ma a me pare invece che parlare la stessa lingua renda più facile la comunicazione e i buoni rapporti, quindi non mi rammarico più di tanto della loro inevitabile scomparsa.
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Re: Tutto ciò di cui volete parlare (o lamentarvi) senza distinzioni di argomento

1429
Silverwillow ha scritto: Anche qui da me, nei secoli scorsi, le vedove indossavano un velo/fazzoletto, ma solo per mostrare la loro condizione. Se anche le ragazze nubili avevano i capelli sciolti, nessuno le aggrediva per questo (non più della media). Non è una questione di capelli, ma culturale. Sostenere che gli uomini, poveretti, abbiano difficoltà a controllarsi in presenza di una donna coi capelli sciolti vuol dire equipararli ad animali, offendendo così entrambi i sessi. Ma le mentalità più misogine non sembrano neanche accorgersene...
Spero che non ti sia data anche tu al femminismo :) A posto siamo! :P

Cheguevara ha scritto: Il processo, nell'era degli smartphone, in cui le persone interagiscono sempre più nel mondo virtuale, è destinato a velocizzarsi ulteriormente, temo
È sicuro. La deriva linguistica guidata dall'italianizzazione è ormai a livelli molto avanzati: per me ha già vinto. È un peccato. Basta guardare i bambini. Quanti sanno parlare le lingue minoritarie? Quasi nessuno. Diffondere una lingua in una società di analfabeti (come avveniva un tempo) è altra roba rispetto a diffonderla in una società mediamente istruita (come avviene o avverrebbe oggi).

Le lingue minoritarie sono importanti, prima di tutto, perché trasportano un patrimonio culturale e non possiamo perderlo. Sono le lingue che i nostri antenati parlavano tempo fa quando l'italiano non esisteva o non era conosciuto. Oggi dovremmo proteggere, oltre alle pietre, le lingue non-ufficiali.
Per me l'Italia dovrebbe ratificare il trattato del Consiglio d'Europa del 5 novembre 1992. Poi dovrebbe mettere i cartelli stradali bilingui. Esempio: in siciliano Enna si chiama Castruggiuvanni. Io metterei sui cartelli dell'autostrada "Enna - Castruggiuvanni". Poi cambierei la lingua ufficiale della Sicilia e metterei italiano, siciliano, inglese e spagnolo. Parlo di Sicilia perché mi viene più comodo, ma farei lo stesso in tutte le aree dell'Italia continentale e della Sardegna (dove già non lo fanno).
Oggi invece le lingue minoritarie culturali sono ridotte solo a rimasugli fonetici, che chiamiamo "accenti", ma ci sono e ci modificano. Devono essere protette. Che so? Una bella settimana europea delle lingue non-ufficiali non sarebbe male.
Tra l'altro insegnarle a scuola sarebbe molto interessante anche perché rispolveremmo concetti come "variazione diatopica", "variazione diacronica", metafonesi, metatesi, "continuum dialettale", "mutua intelligibilità", ecc…
Il Sommo Misantropo

Re: Tutto ciò di cui volete parlare (o lamentarvi) senza distinzioni di argomento

1430
Silverwillow ha scritto: Per molti è un male, ma a me pare invece che parlare la stessa lingua renda più facile la comunicazione e i buoni rapporti, quindi non mi rammarico più di tanto
Neanche io mi rammarico, solo che è come perdere il passato, e la cosa mi rattrista.
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Re: Tutto ciò di cui volete parlare (o lamentarvi) senza distinzioni di argomento

1431
Cheguevara ha scritto: Neanche io mi rammarico, solo che è come perdere il passato, e la cosa mi rattrista.
D'accordo al 100%. La mia idea a proposito, come ho già scritto, è il multilinguismo o almeno il bilinguismo, giusto per non esagerare che poi ci viene qualche malattia cutanea :)
Io non dico che la lingua deve rimanere sempre uguale, ma mi dà fastidio che oggi i motori del mutamento lingustico siano Facebook e gli altri social. Ormai si usa un linguaggio sempre più "feisbucchizzato" :) Per esempio oggi le cose non si raccontano più, ma si condividono. Allora preferisco il sardo, dove è ancora molto usato il verbo latino narrare. Altro esempio, sono sempre di più le persone che dicono "ti sblocco un ricordo" quando devono ricordare qualcosa a qualcuno. Ma se così deve essere, ben venga obtorto collo. Tanto fra cent'anni siamo tutti morti e, ammesso che ci siano ancora, comandano le nuove generazioni. Noi invecchiamo, loro crescono.
Il Sommo Misantropo

Re: Tutto ciò di cui volete parlare (o lamentarvi) senza distinzioni di argomento

1432
dyskolos ha scritto: Noi invecchiamo, loro crescono.
E invecchieranno, in un mondo diverso da quello in cui sono cresciuti. E se ne lamenteranno, lodando il passato. Così è dalla notte dei tempi, e così sarà, fino alla fine dei tempi.
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Re: Tutto ciò di cui volete parlare (o lamentarvi) senza distinzioni di argomento

1434
Il nostro governo viene tanto criticato, ma occorre riconoscere che quello che aveva provato a fare con la piccola Indi era una cosa giusta; magari era un modo per farsi pubblicità, magari, vista la malattia, non sarebbe servito, ma si poteva tentare di fare qualcosa. Purtroppo, causa istituzioni inglesi, non è stato possibile. E devo dire che quanto successo conferma ciò che ho provato quando sono andato in Inghilterra: gli inglesi sono degli (e vai con la musichetta di censura come nel post di qualche riga fa).

Ma parliamo di fregnacce: il Napoli sta per esonerare il suo allenatore. Certi presidenti/padroni, perchè vincono qualcosa, si sentono dei padri eterni e De Laurentis ne è l'esempio; non è facile avere a che fare con uno così, che non sai mai quando ti può smerdare, anche senza motivo (e capisco perché dopo due anni Spalletti se ne sia voluto andare via: non ne poteva più). Però una certa esperienza la dovresti avere fatta ormai e allora sai che non devi prendere un alleantore opposto di quello precedente, altrimenti non si va lontano, come dovrebbe aver insegnao il caso eclatante Benitez nel dopo Mourinho all'Inter. Infatti, la storia si è ripetuta.

Devo dire che si sopportano sempre meno quegli allenatori o altra gente dell'ambiente che, nonostante sia sotto l'occhio di tutti che hai perso meritatamente, s'inventano storie per dire che il risultato è bugiardo e loro meritavano di più. Pioli ha fatto scuola (dopo aver perso malissimo l'ultimo derby se n'è uscito che gli avversari avevano vinto perché più maliziosi) e altri gli sono andati dietro, in ultimo Di Francesco.
Ultima modifica di M.T. il lun nov 13, 2023 7:02 pm, modificato 2 volte in totale.
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Re: Tutto ciò di cui volete parlare (o lamentarvi) senza distinzioni di argomento

1435
M.T. ha scritto: Il nostro governo viene tanto criticato, ma occorre riconoscere che quello che aveva provato a fare con la piccola Indi era una cosa giusta
Concordo!

M.T. ha scritto: gli inglesi sono degli (e vai con la musichetta di censura come nel post di qualche riga fa)
:D :D :D :D
Concordo anche su questo!

M.T. ha scritto: Ma parliamo di fregnacce
Sì, dai! :lol: :lol:
Il Sommo Misantropo

Re: Tutto ciò di cui volete parlare (o lamentarvi) senza distinzioni di argomento

1436
dyskolos ha scritto: Spero che non ti sia data anche tu al femminismo :) A posto siamo! :P
È una conseguenza logica che la necessità delle donne di rendersi il meno desiderabili possibile sottintenda un'incapacità maschile di controllo razionale sui propri istinti, rendendoli non diversi dagli animali. Ma non sarò mai femminista. Anzi, mi dà sempre fastidio il "prima le donne e i bambini". I bambini lo capisco, perché sono più indifesi, ma le donne? Perché una donna dovrebbe avere la precedenza su un uomo, in caso di emergenza?
dyskolos ha scritto: Le lingue minoritarie sono importanti, prima di tutto, perché trasportano un patrimonio culturale e non possiamo perderlo. Sono le lingue che i nostri antenati parlavano tempo fa quando l'italiano non esisteva o non era conosciuto. Oggi dovremmo proteggere, oltre alle pietre, le lingue non-ufficiali.
Ho parlato altrove del ladino, e del tentativo di mantenerlo vivo (accanimento terapeutico, per me). Io ho un'idea un po' diversa: la cultura si trasmette tramite valori condivisi, tradizioni, caratteristiche geografiche, gastronomiche, di abbigliamento, ecc. per distinguersi dagli altri e mantenere il senso di comunità. La lingua è importante ma non essenziale. Si possono esprimere benissimo le stesse cose anche in altre lingue. Si possono esprimere anche senza parlare affatto.
dyskolos ha scritto: Poi dovrebbe mettere i cartelli stradali bilingui.
Mi ricorda gli autonomisti altoatesini, e le loro proteste per cambiare i nomi (già bilingui) tradotti male. Per me è evidente che non è il cartello il problema. Se anche li accontentassero, troverebbero qualcos'altro.
Cheguevara ha scritto: Neanche io mi rammarico, solo che è come perdere il passato, e la cosa mi rattrista.
Il passato rimane in altre cose. La lingua è la meno importante (anche se per altri lo è, tanto che ne sono nate guerre). Se il dialetto trentino scomparisse, non avrei nessun rimpianto. La lingua è solo un mezzo per comunicare, se può raggiungere più persone (con l'inglese si riesce a comunicare con gente di quasi tutto il mondo) allora è buona, non importa che non abbia una tradizione. Il passato è troppo spesso idealizzato. Non si stava meglio quando per scaldarsi bisognava rompersi la schiena a spaccare legna, o per mangiare bisognava spendere ore nei campi e in cucina. I dialetti locali sono legati a tutto ciò, così come alla diffidenza verso il tizio della valle o del paese accanto (che c'è ancora, anche se su scala nazionale). Il senso di perdita è quello di quando si butta un giocattolo dell'infanzia, o un cimelio arrugginito del bisnonno: è un caro ricordo, ma a essere realistici non serve a niente.
dyskolos ha scritto: o non dico che la lingua deve rimanere sempre uguale, ma mi dà fastidio che oggi i motori del mutamento lingustico siano Facebook e gli altri social. Ormai si usa un linguaggio sempre più "feisbucchizzato" :) Per esempio oggi le cose non si raccontano più, ma si condividono.
Questo sì dà fastidio anche a me, ma solo perché è un linguaggio inventato lì per lì, senza nessuna base, come se ogni "influencer/blogger/tiktoker" si sentisse in diritto di coniare parole a piacere. Cioè, noi comuni mortali abbiamo impiegato secoli a coniare e dare senso alle parole, ma arrivano questi e tirano fuori parole inesistenti che poi diventano virali. Verrebbe da inventare una parola apposita per mandarli a quel paese in modo creativo. Ma sono fenomeni passeggeri, pochi di quei termini inventati saranno comprensibili tra vent'anni.
M.T. ha scritto: Il nostro governo viene tanto criticato, ma occorre riconoscere che quello che aveva provato a fare con la piccola Indi era una cosa giusta; magari era un modo per farsi pubblicità, magari, vista la malattia, non sarebbe servito, ma si poteva tentare di fare qualcosa. Purtroppo, causa istituzioni inglesi, non è stato possibile.
Al di là del governo o dei motivi, l'offerta italiana si doveva accettare. Se non altro per dare pace ai genitori, che avrebbero potuto almeno dire a se stessi di aver provato proprio tutto, e non lasciarli col dubbio, o con la rabbia verso il governo inglese che gli ha negato anche l'ultima speranza.
Ci capita di non avere davvero la consapevolezza di quanto potere abbiamo, di quanto possiamo essere forti (A. Navalny)
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Re: Tutto ciò di cui volete parlare (o lamentarvi) senza distinzioni di argomento

1437
Silverwillow ha scritto: Ho parlato altrove del ladino, e del tentativo di mantenerlo vivo (accanimento terapeutico, per me). Io ho un'idea un po' diversa: la cultura si trasmette tramite valori condivisi, tradizioni, caratteristiche geografiche, gastronomiche, di abbigliamento, ecc. per distinguersi dagli altri e mantenere il senso di comunità. La lingua è importante ma non essenziale. Si possono esprimere benissimo le stesse cose anche in altre lingue. Si possono esprimere anche senza parlare affatto
Posso non essere d'accordo? :)
Il problema (si fa per dire :) ) è che la tua lingua materna, cioè solo l'italiano, è in ottima salute e non la minaccia nessuno, ma se un giorno venisse qualcuno dall'esterno e decidesse che l'italiano non debba usarlo più nessuno e che la nuova lingua è (che ne so?) il vietnamita, probabilmente anche tu protesteresti per il ripristino dell'italiano anche solo perché non conosci un'acca di vietnamita. Se questi ti dicessero "cara Silver, oggi a mezzanotte scade l'italiano e poi c'è solo il vietnamita", anche tu diresti "scusate, eh, ma io anche domani parlerò in italiano. È la lingua con cui sono nata, con cui mi esprimo con tutti, la uso con i miei amici, con i miei genitori, con mia sorella, a scuola/università, è la lingua della televisione, dei giornali, dei libri, dell'amministrazione pubblica, ecc… No, no, signori, il vostro vietnamita mettetevelo dove sapete, io continuo a parlare l'italiano!".
L'altro giorno mia sorella ha chiesto a noi (c'eravamo anche io, mio padre, mia zia…) "come si chiamano gli abitanti di Sciacca (città siciliana)?" e tutti abbiamo risposto "Sciacchitani", poi lei ci ha fatto notare che in italiano si dice "Saccensi" e che "Sciacchitani" è siciliano. Vero! "Saccensi" è stato imposto da Mussolini nel 1927. Non c'è un solo motivo per cui io non debba più dire "Sciacchitani" (posto che persino gli Sciacchitani si definiscono "Sciacchitani" e mai "Saccensi", basta seguire mezzo tg locale) e invece debba adeguarmi alla parola mussoliniana imposta artificialmente, peraltro sconosciuta.
Durante la dittatura franchista in Spagna, nei paesi baschi scrivevano sui muri "Eres español, habla español", ma i "bascofoni" volevano continuare a parlare la lingua che avevano sempre parlato, cioè il basco.

Per me la lingua è al primo posto nella cultura (al secondo c'è la religione), tant'è vero che modifica il tuo apparato fonatorio e, anche se un giorno decisessi di trasferirti in Russia (per esempio) e di provare a parlare in russo, saresti sempre quella che parla il russo con accento italiano. Lo stesso accadrebbe altrove. Per dire, se vai in Canada saresti sempre quella che parla l'inglese e il francese con accento italiano. Non c'è niente da fare: la tua italianità (cioè la tua cultura) ti starà sempre attaccata addosso come un vestito, anzi come l'ombelico.

In definitiva, è questione di sensibilità. Pensa che ancora piango per la morte di Franco Battiato. C'è una serie giapponese che avrò visto qualche centinaio di volte, eppure, ogni volta che la rivedo, scoppio in lacrime. Niè, sono irrecuperabile :D :D

Silverwillow ha scritto: Non si stava meglio quando per scaldarsi bisognava rompersi la schiena a spaccare legna, o per mangiare bisognava spendere ore nei campi e in cucina. I dialetti locali sono legati a tutto ciò
C'è un modo diplomatico per dire che stai sbagliando di grosso?
Le lingue e i dialetti locali NON sono legati a nulla e, come ovunque nel globo, descrivono la realtà in cui vivono. Casomai, le vogliono legare a ciò. Se domani scoprono una nuova specie di ornitorinco africano che vive nascosto nella foresta pluviale del Camerun, nemmeno in inglese (che sostieni :) ) c'è quella parola, ma magari nella lingua locale la parola c'è e quell'animale lo conoscono da trecento anni. Allora che fa l'inglese? Come sai, ci sono vari meccanismi, tra cui il più comune è il "prestito linguistico". Così si comportano anche le lingue locali. Questo è un meccanismo di progresso, altro che rimanere legati a qualcosa. Vale per l'inglese, per l'italiano, per il tabarchino e per qualsiasi lingua locale.
Oggi diciamo "colonscopia" perché serve per descrivere il mondo odierno, ma duemila anni fa non c'era e, poiché non ce n'era bisogno, nessuno ha mai sentito l'esigenza di dire "colonscopia". Chiara evoluzione della lingua. Forse si può dire che quella parola è sempre esistita, ma nessuno la diceva (quando non serviva per descrivere il mondo).
Se una popolazione incontattata della foresta amazzonica usa una tecnica agricola utile a tutti, tuttavia è possibile descriverla solo nella lingua locale perché in inglese non esiste l'equivalente, io preferisco studiare quella lingua, impararla, in modo da conoscere quella tecnica. Se, invece, cancello quella lingua (magari con un bel genocidio, carri armati e tutto il cucuzzaro), cancello anche quella tecnica agricola utile dalla faccia della Terra.
Altro che rompersi la schiena a spaccare legna!

Silverwillow ha scritto: Mi ricorda gli autonomisti altoatesini, e le loro proteste per cambiare i nomi (già bilingui) tradotti male. Per me è evidente che non è il cartello il problema.
Perdonami, perdonami, ti supplico :)
I cartelli stradali sono particolarmente importanti perché compongono il paesaggio linguistico rendendo chiaro che lì si parla anche un'altra lingua (oltre all'italiano). Oggi invece che succede? Che una turista piemontese viene in vacanza nel mio paesello, poi torna in Piemonte, va su FB e si lamenta perché ha trovato un cartello bilingue (uno solo!), peraltro controverso per via di una storia particolare, e diceva una cosa come "la Sicilia fa parte dell'Italia e dunque si usa solo l'italiano". Non ti dico le risposte :) :)
Io propongo una modifica del codice della strada, oltre che la ratifica da parte dell'Italia del trattato del Consiglio d'Europa del 5 novembre 1992. Propongo anche un cambiamento della lingua ufficiale della Sicilia, passando da solo l'italiano a "italiano, siciliano, inglese e spagnolo".
L'idea della società multietnica e multilingue non me la toglie nessuno dalla testa. Prendiamo a esempio le popolazioni che vivono nell'oceano pacifico, con l'eccezione della Polinesia francese.

Silverwillow ha scritto: Verrebbe da inventare una parola apposita per mandarli a quel paese in modo creativo. Ma sono fenomeni passeggeri, pochi di quei termini inventati saranno comprensibili tra vent'anni.
:D :D :D :D
Sì, penso anch'io che siano fenomeni passeggeri. Per fortuna! :) :)
Il Sommo Misantropo

Re: Tutto ciò di cui volete parlare (o lamentarvi) senza distinzioni di argomento

1438
In Italia scioperare è un diritto, ma è da tempo che le forze politiche di destra cercano di limitarlo o eliminarlo. Ultimo della fila, Salvini, che minaccia di precettare. Dinanzi a questo modo di fare, invece di uno sciopero di ventiquattrore, occorrerebbe scioperare come i minatori inglesi negli anni 80.
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Re: Tutto ciò di cui volete parlare (o lamentarvi) senza distinzioni di argomento

1439
Discorso che parte da un manga, ma che merita di essere seguito per la deriva che ha preso la maggior pare della nostra società, basata sulla mancanza di approfondire e sull'appoggiarsi alla superficialità.

Esistono molti mondi: reali, immaginari. Non importa la loro natura: da ognuno di essi si può apprendere qualcosa.
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Re: Tutto ciò di cui volete parlare (o lamentarvi) senza distinzioni di argomento

1440
dyskolos ha scritto: Posso non essere d'accordo? :)
Puoi e devi. È difficile discutere con chi ha idee identiche.
dyskolos ha scritto: Il problema (si fa per dire :) ) è che la tua lingua materna, cioè solo l'italiano, è in ottima salute e non la minaccia nessuno, ma se un giorno venisse qualcuno dall'esterno e decidesse che l'italiano non debba usarlo più nessuno e che la nuova lingua è (che ne so?) il vietnamita,
La mia lingua materna è il dialetto trentino, che abbiamo sempre parlato in casa (e uso tuttora, anche con mia sorella, che invece col marito e i figli parla italiano). L'italiano l'ho imparato al di fuori, e a scuola. Non la considero la mia lingua madre: è solo quella che serviva per le necessità quotidiane, dal comprare il pane al parlare con estranei (che a loro volta forse parlavano il dialetto a casa). L'ho imparato, e apprezzato, anche e soprattutto leggendo. Così come ho imparato meglio l'inglese leggendo libri e articoli, più che a scuola. A volte ricordo di aver letto di recente un articolo, ma non in che lingua fosse. La parola "casa" mi trasmette la stessa sensazione anche se è scritta "homeland" o "heimat".
Il tuo esempio va un po' oltre la realtà: nessuno ci costringerà mai a parlare il vietnamita da un giorno all'altro, e in tal caso la lingua sarebbe l'ultimo problema, perché significherebbe avere un governo autoritario che calpesta i diritti di base.
L'essere costretti a cambiare lingua è una cosa barbara, il fatto che si disperda un po' alla volta o si mescoli con altre è un processo meno drammatico e spesso inevitabile.
dyskolos ha scritto: Non c'è niente da fare: la tua italianità (cioè la tua cultura) ti starà sempre attaccata addosso come un vestito,
Italianità e lingua italiana non sono per forza la stessa cosa: nell'est dell'Ucraina c'è gente che parla russo ma si sente ucraina per appartenenza culturale. La mia cultura mi rimarrebbe di sicuro attaccata nel pretendere caffè e spaghetti decenti  :P
L'accento sbagliato è normale per ogni emigrante, ma il problema non è un attaccamento culturale, è solo il fatto di dover adeguare l'orecchio a suoni diversi.


dyskolos ha scritto: nessuno ha mai sentito l'esigenza di dire "colonscopia".
ll punto è proprio questo: il mondo avanza, ma i dialetti rimangono fermi. Sfido chiunque a trovare un termine dialettale per "colonscopia". Gli ultimi decenni esulano dalle esperienze di chi parla solo dialetto. Il prestito linguistico, in questo caso, significa che tutto ciò che è stato inventato dal 1950 in poi (probabilmente prima) non ha un corrispondente. Volendo andare oltre, significa che tutto ciò che è moderno non rientra nel linguaggio dialettale. Non perché non sia utile, ma perché è inutile trovare un termine a ciò che lo ha già nella lingua dominante. I dialetti locali sono legati a tradizioni ormai sorpassate nella misura in cui possiedono termini solo per esse.
La settimana scorsa ho visitato un museo etnografico locale con mia madre. C'erano molti oggetti a cui perfino lei faticava a trovare un nome (perché molto specifico di quell'attività e quel luogo), ho dovuto leggerle io le tabelle informative: bastoni per battere il grano, scarponi chiodati (di cui abbiamo discusso lo scopo, ormai incerto). Sono tutti termini dialettali per descrivere oggetti e attività specifiche. Adesso non solo quell'utilità l'hanno persa (i diplomati in agraria usano termini moderni) ma spesso è difficile perfino capire l'utilità di un certo oggetto, senza aiuto. Questo intendevo con tradizioni che non è un dramma perdere: le persone che usavano abitualmente quei termini dialettali, ora in estinzione, lavoravano dodici ore al giorno, e morivano in media a quarant'anni.
dyskolos ha scritto: I cartelli stradali sono particolarmente importanti perché compongono il paesaggio linguistico rendendo chiaro che lì si parla anche un'altra lingua (oltre all'italiano).
Perdonami anche tu, ma per me l'importanza dei cartelli stradali è quella che gli si dà. Se permettono di arrivare a destinazione e non perdersi, per me hanno già fatto il loro dovere. Se sono bi o trilingui, meglio ancora. Quel che volevo dire è che spesso dietro a queste rivendicazioni concrete c'è un risentimento di fondo, che nessun cambio di segnaletica può aggiustare.
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Il tredicesimo segno (Words)

Re: Tutto ciò di cui volete parlare (o lamentarvi) senza distinzioni di argomento

1441
Silverwillow ha scritto: Puoi e devi. È difficile discutere con chi ha idee identiche.
Denghiù :)
Velevo dirtelo già ieri e quello che leggo oggi conferma la mia idea: stiamo parlando di cose diverse. Le chiamiamo con la parola "lingua", ma probabilmente, mentre usiamo quella parola, abbiamo in mente oggetti differenti. Diciamo che usiamo due accezioni diverse del termine-ombrello "lingua". Riporto una tua frase di ieri, perdonami, ma è una specie di manifesto silverwillowiano.
Silverwillow ha scritto: La lingua è solo un mezzo per comunicare, se può raggiungere più persone (con l'inglese si riesce a comunicare con gente di quasi tutto il mondo) allora è buona, non importa che non abbia una tradizione
Se ti riferisci a tradizione letteraria, sono d'accordo con te perché per me una lingua può non avere tradizione letteraria. Però l'insieme di ciò che dici mi porta a pensare che stai parlando di lingue non culturali, mentre io parlo di lingue romanze culturali. Nella tua accezione probabilmente potremmo inserire le lingue artificiali/pianificate o lingue ausiliarie o franche e addirittura i cosidetti linguaggi di programmazione. Queste ultime effettivamente sono solo un mezzo di comunicazione, non hanno tradizione letteraria (ma qui si potrebbe discutere a lungo) e più persone raggiungono meglio è.
L'italiano, l'arabo, il cinese, il francese, l'inglese, e tante altre, sono lingue culturali (non sempre romanze). Tra le lingue artificiali/pianificate c'è l'esempio "famoso" dell'esperanto, però mi risulta che ha fallito quanto a diffusione d'uso perché la gente non lo impara volentieri mentre impara più volenteri lingue culturali come l'inglese. Questo, come anche rilevi tu, è la lingua più diffusa al mondo se consideriamo L1+L2: i numeri sono chiari. Poi però potremmo chiederci quanto questa iper-diffusione abbia fatto bene alla lingua, ma questo è un altro discorso. Una cosa però la possiamo dire da un punto di vista prettamente linguistico, cioè che una lingua tanto più si sviluppa quanto più è usata (e all'interno di una lingua si sviluppano maggiormente le parole più usate). L'inglese ne è un evidente esempio.
Allora la domanda sorge spontanea: perché oggi consideriamo lingua internazione l'inglese e non il sardo? Sviluppiamolo come abbiamo fatto con l'inglese! Faccio sommessamente notare che l'inglese è lingua internazionele a partire dalla fine della seconda guerra mondiale: prima era il francese e prima ancora il latino.
I linguaggi di programmazione sono stati progettati per l'interazione uomo-macchina. Non ho mai sentito due persone parlare in C++ ;)
Tra le lingue artificiali/pianificate possiamo metterci il silverwillowese ;) , cioè ci sediamo a tavolino io e tu e creiamo dal nulla una nuova lingua di sana pianta. Che figata, no? Nessuna tradizione, solo un insieme di parole inventate che serve soltanto come mezzo per comunicare ;) Poi però scopriremo che arriva il giapponese, altra lingua culturale, e ci soppianta con i suoi genkan, shouji, butsudan, kokejiku, tutti termini intraducubili verso qualsiasi lingua del globo terracqueo, ma che indicano oggetti precisi e tipici della cultura giapponese. Se facciamo morire il giapponese, muoiono anche quelle cose. Nel mondo esistono più di settemila lingue e il 94% è destinato a morire entro un secolo (l'italiano e l'inglese sono nel 6% che sopravviverà, tranquilla :P ). Per quanto mi riguarda, una perdita culturale di proporzioni immani. Ma non dovremmo progredire anziché regredire?

Per ridere un po', nel 2001 è stata pubblicata una nuova lingua artificiale/ausiliaria per facilitare l'internazionalismo, il TOKI PONA, che ha solo 123 parole e con esse pretende di descrivere, con parecchie limitazioni, il mondo moderno sulla base della filosofia taoista.

Silverwillow ha scritto: Gli ultimi decenni esulano dalle esperienze di chi parla solo dialetto. Il prestito linguistico, in questo caso, significa che tutto ciò che è stato inventato dal 1950 in poi (probabilmente prima) non ha un corrispondente. Volendo andare oltre, significa che tutto ciò che è moderno non rientra nel linguaggio dialettale. Non perché non sia utile, ma perché è inutile trovare un termine a ciò che lo ha già nella lingua dominante
Eh sì! Parliamo di due cose diverse. Tu hai in mente lingue che non si evolvono (diciamo "lingue morte"), mentre io penso a lingue che si evolvono poiché descrivono un mondo in evoluzione. Il prestito linguistico è uno dei meccanismi di cambiamento delle lingue. Vale per tutto il pianeta. Un altro è la composizione, meccanismo tipico delle lingue romanze. Esempi: attaccapanni, poggiatesta, lavabiancheria, battipanni…
Ti faccio un esempio: sul WD c'era uno che diceva che il siciliano non è una lingua perché non ha la parola rinascimentale. A parte che lingue non HANNO sempre le parole, spesso le formano. Va be', lasciamo perdere. Ma perché? l'italiano ha quella parola o la forma? Faccio notare che rinascimentale in italiano viene formata combinando lessemi esistenti: ri-nasc-i-ment-ale, cioè la particella iterativa (ri-) + la radice del verbo "nascere" (-nasc-) + la vocale tematica (-i-) + la particella "sostantivante" (-ment(o)-) + la particella "aggettivante" (-ale). Bene, in siciliano applico lo stesso meccanismo, comunissimo nelle lingue romanze e ottengo ri-nasc-i-ment-ali e poi applico il vocalismo siciliano fino a rinascimintali.
Altro esempio, la parola computer, che è formata combinando la radice del verbo latino "computare" (comput-) e la particella inglese "-er" invece di quella italolatina "-are" fino a "comput-er" (in italolatino è "comput-are", da cui si è evoluto il "contare" italiano). Forse il fatto che computer è una parola romanza ha contribuito alla sua diffusione ai danni di ordinatore.

Quindi le lingue si evolvono.
Il Sommo Misantropo

Re: Tutto ciò di cui volete parlare (o lamentarvi) senza distinzioni di argomento

1442
dyskolos ha scritto: Se ti riferisci a tradizione letteraria, sono d'accordo con te perché per me una lingua può non avere tradizione letteraria. Però l'insieme di ciò che dici mi porta a pensare che stai parlando di lingue non culturali, mentre io parlo di lingue romanze culturali.
Non mi riferivo a una tradizione letteraria, ma territoriale. L'inglese, che ho preso ad esempio, non ha una tradizione radicata qui. Ma credo che tutte le lingue siano culturali, almeno nel senso che si legano inevitabilmente a un certo territorio e a una cultura.
dyskolos ha scritto: Allora la domanda sorge spontanea: perché oggi consideriamo lingua internazione l'inglese e non il sardo? Sviluppiamolo come abbiamo fatto con l'inglese! Faccio sommessamente notare che l'inglese è lingua internazionele a partire dalla fine della seconda guerra mondiale: prima era il francese e prima ancora il latino.
La domanda contiene già la risposta. L'inglese è diventato lingua internazionale (e spesso intrusiva) perché gli americani hanno vinto la Seconda guerra mondiale, e ci hanno praticamente invasi (anche se dirlo non sta bene). E anche perché, mentre l'Europa rimetteva pazientemente insieme le sue macerie, loro, con un potere economico poco intaccato dalla guerra, sviluppavano il commercio globale e la tecnologia. Se i sardi avessero fatto tutto ciò, oggi saremmo infastiditi dai termini sardi.
dyskolos ha scritto: Tra le lingue artificiali/pianificate possiamo metterci il silverwillowese ;)
Assolutamente no, non amo le lingue artificiali. Amo le lingue culturali e storiche, ma tutte, non solo la mia. Quel che intendevo è che non importa che lingua si parli, se ci si possono ritrovare gli stessi significati della propria. Mi sa che davvero parliamo di cose diverse.
dyskolos ha scritto: Il prestito linguistico è uno dei meccanismi di cambiamento delle lingue.
Se una lingua (io pensavo soprattutto ai dialetti) ha bisogno di prestiti linguistici per decenni, perché non può creare o diffondere degli equivalenti, allora è morta. Non si sta evolvendo. Se lo fa, sta diventando tutt'altro, che ha ormai poco a che fare con tradizioni, cultura, ecc. L'italiano che parliamo oggi è molto diverso da quello di Dante (per cui servono i sottotitoli) ma non è peggiore, solo diverso. Solo i puristi e i fan dei tempi andati pensano che lingue come il ladino debbano sopravvivere a tutti i costi. Se non servono più, a che scopo accanirsi? L'altra cosa che mi pare di non aver chiarito è che la lingua è spesso usata come pretesto: si lotta per la lingua (perché forse è un argomento più accettabile) e non per i veri motivi di scontento. E non va bene, perché impedisce di capire e risolvere il problema.
Ci capita di non avere davvero la consapevolezza di quanto potere abbiamo, di quanto possiamo essere forti (A. Navalny)
Qualunque sia il tuo nome (HarperCollins)
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Il lato sbagliato del cielo (Arkadia)
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Re: Tutto ciò di cui volete parlare (o lamentarvi) senza distinzioni di argomento

1443
Silverwillow ha scritto: . L'inglese è diventato lingua internazionale (e spesso intrusiva) perché gli americani hanno vinto la Seconda guerra mondiale, e ci hanno praticamente invasi (anche se dirlo non sta bene)
Credo che dopo la fine del secondo conflitto mondiale il fenomeno abbia ampliato la propria dimensione, ma credo anche che i vari dialetti abbiano sempre mutuato termini dalle lingue straniere. Faccio un esempio: nel paesello di provenienza dei miei genitori - bassa ciociaria - nel dialetto antico, non in quello parlato a partire da fine anni quaranta, fucile si diceva anche refl (inglese: rifle) e per spingere si usava e si usa il termine fulla' (inglese: to full). Del resto, in un Paese come il nostro, che dopo aver dominato il mondo ha visto alternarsi nei secoli scorrerie e invasioni eterogenee, non poteva essere altrimenti. La globalizzazione che viviamo oggi accelera - è ovvio - i due processi: da un lato l'introduzione nel linguaggio scritto e parlato di sempre nuovi termini presi pari pari da lingua straniere, dall'altro la graduale omogeneizzazione dei dialetti alla lingua ufficiale, termini stranieri inclusi.
Mario Izzi
Sopravvissuti
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[/De gustibus non est sputazzellam (Antonio de Curtis, in arte Totò)]

Re: Tutto ciò di cui volete parlare (o lamentarvi) senza distinzioni di argomento

1444
Silverwillow ha scritto: Assolutamente no, non amo le lingue artificiali. Amo le lingue culturali e storiche, ma tutte, non solo la mia. Quel che intendevo è che non importa che lingua si parli, se ci si possono ritrovare gli stessi significati della propria. Mi sa che davvero parliamo di cose diverse.
Questo pezzo tuo mi lascia perplesso perché ti contraddici con ciò che hai detto prima. Forse è un problema mio: mi manca qualcosa. Prima parlavi di un modello linguistico in cui la lingua serve solo come mezzo di comunicazione, cioè hai descritto una lingua come un insieme di parole atto solo a trasmettere un'idea e infatti tu stessa sostieni quassù che una lingua vale l'altra. Utile, certo, per vendere qualche mozzarellina in Sudafrica… o il ghiaccio agli Eschimesi (battutina :P ). Non dico di no, però poi dici che ami le lingue culturali. Non so se sono riuscito a spiegarmi. Riprovo, sperando che vada meglio :) Dici che la lingua è scollegata dalla cultura e contemporaneamente che le lingue sono legate alla cultura. Uhmm… okay, forse lo capirò più tardi :)
Anch'io amo tutte le lingue culturali e non solo la mia. Infatti parlavo di società multietnica e, di conseguenza, multiculturale e multilingue, poichè nel mio modello linguistico la lingua è il principale (preciso: non l'unico!) elemento della cultura.
Comunque il tuo modello linguistico era molto usato negli ambienti accademici europei fino agli anni '60 del secolo scorso, quindi non mi pare strano. Il mio forse un po' più complesso e difatti ho tirato fuori concetti come "panorama linguistico" e "lingua-tetto". Potrei continuare con concetti più moderni come "mutua intelligibilità" e "continuum dialettale".
Forse io dovrei smetterla di studiare linguistica e tu hai ragione nel senso che il tuo modello ha già vinto e io perso. Mi sa che hai ragione tu nel dire che le lingue sono solo mezzi di comunicazione quindi l'una vale l'altra. D'altronde mi puoi porre la domanda: che senso ha parlare lingue locali (anche l'italiano per me lo è) quando le parole di quelle lingue sono già presenti nella lingua-tetto? (Mi faccio un'auto-obiezione ;) ) Domanda interessante alla quale potrei rispondere, ma ti voglio evitare una lezioncina da maestrino, anche perché sono sicuro che la contesteresti. È un dibattito da sempre aperto tra i linguisti: su di esso sono stati versati fiumi d'inchiostro.
Però poi questo ragionamento non collima con il fatto che le lingue trasmettono anche filosofie. Per esempio, c'è una canzone di Battisti ("io vivrò senza te") che fa "
E dormirò
mi sveglierò
camminerò
Lavorerò
Qualche cosa farò
Qualche cosa farò
Sì, qualche cosa farò
Qualche cosa di sicuro io farò:
Piangerò
Sì, io piangerò
"
Bene, bella, mi piace! Solo che è pensata con una filosofia all'italiana (linguisticamente parlando) così piena di futuri. Scusa se faccio sempre lo stesso esempio linguistico, ma è una lingua che conosco abbastanza bene (oltre all'italiano). In siciliano non c'è il futuro come in circa il 70% delle lingue globali, dunque per logica devo concludere che in siciliano quella canzone non è traducibile (in realtà si può) non essendo stata pensata alla siciliana. Invece del futuro andrò, in siciliano si dicono espressioni come "ho intenzione di andare", con il presente come vedi. Posso dire che in Sicilia il futuro (comunque inteso) non esiste. Noi possiamo solo parlare del presente, il futuro non esiste. In italiano esiste, ma che significa? Avevo proposto in questo forum di togliere il futuro dal modo indicativo, che dovrebbe essere riservato alla certezza. Ma che certezza c'è nel futuro? Naturalmente ciò non significa che in siciliano non si possano esprimere eventi futuri, ci sono diverse strategie, ma il verbo non è al tempo futuro (di per sé incerto e inesistente).
C'è anche un'altra differenza filosofica tra italiano e siciliano, ma non ne parlo in quanto non collegato alla coversazione presente :)


Silverwillow ha scritto: La domanda contiene già la risposta. L'inglese è diventato lingua internazionale (e spesso intrusiva) perché gli americani hanno vinto la Seconda guerra mondiale, e ci hanno praticamente invasi (anche se dirlo non sta bene). E anche perché, mentre l'Europa rimetteva pazientemente insieme le sue macerie, loro, con un potere economico poco intaccato dalla guerra, sviluppavano il commercio globale e la tecnologia. Se i sardi avessero fatto tutto ciò, oggi saremmo infastiditi dai termini sardi.
Sono d'accordo. Volevo solo fare notare una cosa: come anche tu dici, la diffusione dell'inglese è legata a ragioni extra-linguistiche. Nel tuo modello linguistico è coerente in quanto l'inglese ti consente di raggiungere tanta gente. Il sardo voleva essere un esempio, mi scuso se non l'ho esplicitato bene. Parlando di diffusione, sai certamente che la famiglia linguistica più diffusa nel mondo è quella indoeuropea (romanza in particolare). Allora qualsiasi lingua indoeuropea romanza ti consente di raggiungere più persone dell'inglese. Il sardo, in quanto lingua indoeuropea romanza, è un esempio buono. Naturalmente anche l'italiano è una lingua indoeuropea romanza e quindi potrei dire che la lingua del futuro è l'italiano.
Io non sono convinto che l'inglese si configurerà ancora a lungo come lingua franca internazionale e lo penso per motivi linguistici, ma è una previsione e ci scanneremo fra duecento anni davanti a un caffè preparato da san Pietro guardando giù verso la Terra (sempre che fra duecento anni ci saranno umani sulla Terra, ma francamente, vedendo gli ultimi sviluppi della situazione, nutro qualche dubbio :P ).

Silverwillow ha scritto: Se una lingua (io pensavo soprattutto ai dialetti) ha bisogno di prestiti linguistici per decenni, perché non può creare o diffondere degli equivalenti, allora è morta. Non si sta evolvendo. Se lo fa, sta diventando tutt'altro, che ha ormai poco a che fare con tradizioni, cultura, ecc. L'italiano che parliamo oggi è molto diverso da quello di Dante (per cui servono i sottotitoli) ma non è peggiore, solo diverso. Solo i puristi e i fan dei tempi andati pensano che lingue come il ladino debbano sopravvivere a tutti i costi.
Io non sono né un purista né un fan dei tempi andati. Nei tempi andati si viveva molto peggio e io non vorrei tornare indietro a un passato idealizzato. Lo hai scritto anche tu e io sono d'accordo. Invece non condivido il tuo discorso sul prestito linguistico. È un fenomeno comune e molto presente nelle lingue: per dire, anche la lingua latina lo fece per secoli con il greco antico e l'etrusco e, in misura minore, con altre lingue. Anche l'italiano fa prestiti da secoli, non solo decenni; anche l'inglese li fa (pensa alla parola inglese armadillo, ma non è spagnolo? No, è inglese! Ma non è italiano? No, è inglese, testa di cavolo! :P ). Se una lingua ha bisogno di prestiti linguistici anche per decenni, come dici, questa è la prova che quella lingua è viva. Magari non si esprime sui massimi sistemi, okay, però rimane viva e presente fonologicamente nei cosiddetti accenti: tracce di lingue antiche presenti tuttora. Per me, le lingue antiche hanno contribuito al nostro sviluppo umano almeno quanto le pietre, eppure noi tuteliamo maggiormente solo le pietre. È giusto e sacrosanto tutelare le pietre, eh, non fraintendermi, ma gradirei che l'UNESCO nei patrimoni immateriali includesse anche le lingue antiche con più determinazione.
Silverwillow ha scritto: L'altra cosa che mi pare di non aver chiarito è che la lingua è spesso usata come pretesto: si lotta per la lingua (perché forse è un argomento più accettabile) e non per i veri motivi di scontento. E non va bene, perché impedisce di capire e risolvere il problema.
Purtroppo è così :(

Cheguevara ha scritto: Del resto, in un Paese come il nostro, che dopo aver dominato il mondo ha visto alternarsi nei secoli scorrerie e invasioni eterogenee, non poteva essere altrimenti. La globalizzazione che viviamo oggi accelera - è ovvio - i due processi: da un lato l'introduzione nel linguaggio scritto e parlato di sempre nuovi termini presi pari pari da lingua straniere, dall'altro la graduale omogeneizzazione dei dialetti alla lingua ufficiale, termini stranieri inclusi
Esatto. Domani andremo a fare shopping in una bella location con la nuova city-car e senza strategy e mission, okay?

Che ne pensi di questo video, che è una raccolta di spot che andavano in TV nel 2011, ai tempi dei festeggiamenti per i 150 anni dell'unità d'Italia? Se è per ridere, vanno benissimo. Se sono la realtà, c'è molto da dire e ridire :)

Il Sommo Misantropo

Re: Tutto ciò di cui volete parlare (o lamentarvi) senza distinzioni di argomento

1445
dyskolos ha scritto: Che ne pensi di questo video, che è una raccolta di spot che andavano in TV nel 2011, ai tempi dei festeggiamenti per i 150 anni dell'unità d'Italia? Se è per ridere, vanno benissimo. Se sono la realtà, c'è molto da dire e ridire :)
Non ricordo (potrei andarmelo a cercare, ma non ne vale la pena) se nel 2011 il partito dei camerati avesse già assunto l'attuale denominazione: se così fosse, ci sarebbe effettivamente tantissimo da ridire su questi spot.
Mario Izzi
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(in)giustizia & dintorni (trilogia)
Dea
[/De gustibus non est sputazzellam (Antonio de Curtis, in arte Totò)]

Re: Tutto ciò di cui volete parlare (o lamentarvi) senza distinzioni di argomento

1446
Cheguevara ha scritto: Non ricordo (potrei andarmelo a cercare, ma non ne vale la pena) se nel 2011 il partito dei camerati avesse già assunto l'attuale denominazione: se così fosse, ci sarebbe effettivamente tantissimo da ridire su questi spot.
Non ne vale la pena. Io comunque alcuni li ho capiti, di più l'allenatore di pallacanestro pugliese :D
Quegli spot li prendo come comici/satirici, sennò mi sale il sangue al cervello e mi aumenta la pressione, devo riguardarmi :D
Il Sommo Misantropo

Re: Tutto ciò di cui volete parlare (o lamentarvi) senza distinzioni di argomento

1449
dyskolos ha scritto: "an i pôs pio" (perdonami se l'ho scritto male ;) )
mi sa che pochissimi bolognessi sanno scrivere per davvero in dialetto bolognese (sono tra questi).
Capirlo invece è un'altra questione (e capisco perché sghignazzavano :hihi: ) ; sulla maglietta ci stava bene anche questa scritta

Esistono molti mondi: reali, immaginari. Non importa la loro natura: da ognuno di essi si può apprendere qualcosa.
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