@Silverwillow ha scritto:
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Ok, gli unici nomi che ho riconosciuto sono Castrogiovanni e Agrigento...
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Bravissima
Non mi aspettavo che riconoscessi Castrogiovanni, che è distantissimo dal corrispondente italiano odierno, che è Enna. Solo per dire che il siciliano non è comprensibile da parlanti l'italiano: [SCN]Castruggiuvanni ---> [ITA]Enna. Parole molto diverse
@Silverwillow ha scritto:
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E i cartelli in arabo o ebraico non so davvero quale scopo possano avere
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Hanno un valore storico per me. Una volta si poteva, oggi non si può più
Ma vorrei che si potesse.
@Silverwillow ha scritto:
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È vero che è legato anche alla cultura e alle tradizioni, ma non è stata la lingua a crearle, e possono sopravvivere anche senza.
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Qui la pensiamo diversamente. Io credo che la lingua sia essa stessa cultura, infatti il bambino italofono che apprende l'italiano poi può apprendere altre lingue, ma le parlerà sempre con l'accento italiano. La sua origine, cioè la sua cultura, rimane presente.
Essa non deve creare nulla. Anzi, è l'elemento maggiore della cultura. Invadere una lingua significa invadere la cultura di un popolo, cioè la radice del popolo stesso.
@Silverwillow ha scritto:
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L'uso della lingua dovrebbe, secondo me, avere un'utilità pratica.
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Esatto! È così in tutto il mondo
Nessuna lingua viene trasmessa se non serve. La trasmissione è l'unico modo per tenerla in vita. E allora come la trasmettiamo? Rendendola lingua ufficiale
Io fino a due settimane fa non volevo il siciliano come lingua co-ufficiale insieme all'italiano in Sicilia, ma un linguista italo-gallese (di origine milanese) mi ha fatto cambiare idea. Così ci togliamo di mezzo il genitore che non insegna il siciliano al figlio "perché non serve a niente". L'unico modo per farlo servire a qualcosa è renderlo ufficiale.
Io stesso, qualche giorno fa, compilavo un modulo per l'ASP (Azienda Sanitaria Provinciale). Siccome dovevo indicare a chi era diretta la prestazione, senza pensarci ho scritto: "Pi me mugghieri" (="per mia moglie"), ma all'ufficio mi hanno fatto notare la scritta e me l'hanno fatta cambiare, dicendo "Il siciliano purtroppo non è ancora lingua ufficiale e questo è un documento ufficiale". Così io ho dovuto ricompilare un altro modulo uguale (che dolore alle mani
) e alla fine ho scritto "Per mia moglie". Mica mi pare una bella cosa.
@Silverwillow ha scritto:
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Il dialetto trentino comunque, molto simile a quello veneto, è derivato dall'italiano, non è una lingua a sé
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Esatto!
Se infatti consulti la carta linguistica dell'Italia, vedi che non esiste una lingua trentina, e che la grande lingua più vicina è il veneto. La lingua veneta non è derivata dall'italiano (come il siciliano, il sardo e altre, che sono lingue autonome); il dialetto veneto-trentino sì, deriva dalla lingua italiana. C'è lo zampino anche del lombardo, per essere precisi.
@Silverwillow ha scritto:
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Uno stato deve avere una lingua comune, che parlano tutti. Se poi all'italiano si vogliono affiancare altre lingue o dialetti (che per me non è affatto una brutta parola) nessuno lo vieta. Ma, che vengano riconosciute come lingue o no, nella pratica non fa poi molta differenza.
"
Certo. La lingua comune è l'italiano e non c'è dubbio. Chiedo che, a livello regionale, sia affiancato dal siciliano. La differenza purtroppo c'è e sopra te ne ho dato un esempio. Fino a due settimane fa, la pensavo come te. Se vuoi ti faccio altri esempi pratici.
"Dialetto" non è una brutta parola nemmeno per me. È solo che in Italia si usa in senso dispregiativo. Tra il 2000 e il 2003, a scuola si insegnava anche il siciliano: iniziativa che ha avuto un successo enorme, sia tra gli studenti, sia tra i genitori, sia tra i docenti. Il problema è che i prof di siciliano non avevamo diritto a uno stipendio (perché insegnavano un "dialetto"), mentre i prof di italiano, che insegnavano una "lingua", giustamente prendevano lo stipendio completo.
In Italia si fanno queste disparità tra ciò che è considerato "lingua" e ciò che è considerato "dialetto".
In linguistica non c'è differenza alcuna (e anche per me è così), tuttavia, se proprio si vuole differenziare, io (e alcuni linguisti) seguo il criterio della scomponibilità: una lingua è scomponibile, un dialetto no. Nel momento in cui si accerta che un dialetto è scomponibile (ha dato vita a un altro dialetto) esso passa nella categoria "lingua". Niente di spregiativo, ma purtroppo la vulgata comune è questa.
Alcuni incompetenti dicono che il siciliano è un dialetto. Impossibile: un dialetto non può dare origine a circa cento dialetti: dialetti del siciliano, non dell'italiano.
@Silverwillow ha scritto:
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Il siciliano probabilmente è una questione diversa, e scopro solo grazie a te che è una lingua a sé stante. Mi pare giusto mantenerla e difenderla, ma non ne farei una questione politica
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Ti ringrazio tantissimo per il tuo atteggiamento non giudicante e aperto, piuttosto raro: di solito, non succede così. Il 99% di coloro che parlano del siciliano non ne sanno niente e hanno il tipico atteggiamento dell'ignorante-arrogante. Tu gli spieghi le cose e loro ti mandano a quel paese, perché sei tu che non capisci una cippa-lippa, mica loro, che per di più hanno la verità in tasca: ma in realtà non hanno la più pallida idea della questione.
Sulla questione politica, la penso come te. Forse non mi sono spiegato bene. Io non vorrei che fosse una cosa politica, ma la vogliono fare diventare così: io ne prendo atto, ma non mi piace.