[CE 2025] Akela e il sogno - sequel Vuilnis l'isola che non c'è
Posted: Mon Aug 11, 2025 10:52 pm
Commento: viewtopic.php?f=8&t=368&p=77423#p77423
Vuilnis l'isola che non c'è
Akela e il sogno
Brendan ha impiegato poco tempo per legare con Akela: dopo il tragitto in taxi sa già che avrebbero trascorso parte della vita universitaria insieme. Anche lei è un esule, inviata a studiare all'estero contro la sua volontà, ma proviene da uno stato dalla grande tradizione e dal contatto integrante con la natura. Glielo ha detto quasi con supponenza, come se intuisse che lui venisse da Vuilnis e si sentisse in dovere di difendere un'intima identità rispetto all'altro.
Il ragazzo, comunque, ha seguito quella dichiarazione a testa bassa, con la consapevolezza di non capire nemmeno quanto sia la distanza tra le Hawaii e l'isola artificiale da cui proviene. In fondo, parte di quella sua nazione viene proprio dal resto del mondo, non che gli statunitensi siano meno responsabili di altri dell'inquinamento mondiale. Eppure quando Akela gli parla del proprio paese lo fa con una punta di rispetto inconscio, come se Vuilnis, in fondo, sia inferiore rispetto alle vere terre emerse.
A Brendan non importa dove si ferma l'identità storica e geografica della ragazza; per ora vuole solo trascorrere del tempo con lei, oltre il semplice arrivo al campus. È pur sempre l'unica persona che conosce.
Brendan impiega poco tempo per ambientarsi e imparare a orientarsi nell'enorme area universitaria dell'UCLA. All'inizio gli è sembrata strana quella struttura quasi medievale con torri e volte, ma ha smesso subito di pensarci. Molto più strana è la sensazione di calpestare la terraferma, dopo anni passati a ondeggiare sopra l'oceano. Con lui anche Akela che lo guida attraverso il reticolo di stanze e residenze come abitasse lì da mezza vita.
«Ma perché hai scelto ingegneria?»
Anche la ragazza glielo ha chiesto e Brendan ha esitato. Non ha intenzione di parlarle mezz'ora di come ha litigato con i suoi per restare nei dintorni di Vuilnis e studiare biologia marina, così come non le ha raccontato di sua sorella, felice in quella carriera, come se gli avesse rubato il proprio sogno. Alla fine riesce a trovare il motivo che lo ha spinto a seguire quella scelta e a buttarsi nell'avventura all'UCLA.
«Voglio trovare un sistema per riconvertire la plastica in energia e/o in combustibile.»
I suoi gli parlavano di infrastrutture e palazzi, ma ora gli sembra quella la risposta più scontata.
Tanti compagni di corso sono persone come lui, ragazzi con le tasche vuote e i sogni in mano, desiderosi di spazzare via la nebbia dalla propria strada. Le tante serate trascorse a ripassare teoremi e definizioni matematiche gli fanno dimenticare i desideri pregressi. Akela si pone sempre a tre quarti, parla con gli altri e mette i puntini sulle i dove la matematica richiede il proprio rigore. Brendan si rende conto quasi di sbagliare di proposito, per vederla correggerlo in modo amorevole.
Non impiega troppo tempo prima di iniziare a sognare quel volto sgraziato, i grandi occhi neri, la pelle bruna e i capelli ricci. Cerca di trascorrere molti momenti con lei e gli altri, almeno fino a metà semestre, quando prende il coraggio a due mani.
«Volevo chiederti di uscire...»
Banale, come la sua meraviglia nel trovarsi in equilibrio in un mondo che non si muove. In quel momento è Brendan a stravolgerlo, di fronte all'esile ragazza che ha condizionato ogni respiro da quell'incontro fortuito in aeroporto.
«Non posso...»
Una risposta tagliente, un momento in cui il mondo riprende a ondeggiare e fatica a tenersi in piedi. Si ritrovo a Vuilnis, anche lì doveva stare attento a ogni passo, ma non gli è mai importato troppo di Greetje quando lo ha mollato senza troppi fronzoli, prima di andare a studiare architettura ad Amsterdam.
«Scusami.»
«Non è per te,» scuote la testa. «Vengo dalle Hawaii. Dalle mie parti c'è un forte legame con la natura e Vuilnis è tutto ciò che odiamo e ciò che non vogliamo essere. Ogni volta che la corrente ci porta qualcosa di vostro, alimentiamo il nostro odio, in un fuoco eterno. Non posso Brendan...»
Ha ragione Noah, il mondo ha portato a compimento l'idea di repubblica platonica. Lui fa parte di quella categoria che vive in un mondo di rifiuti ed è visto come tale, per sempre. Potrebbe spiegare ad Akela che sono i primi ad avere efficaci dispositivi anti inquinamento e rappresentano il futuro per l'intero pianeta. Lei, però, non capirebbe, chiusa com'è nella propria categoria che vede Vuilnis come il simbolo di tutto quello che non vuole essere.
Forse ha ragione lei.
Un pensiero naturale, dopo che l'anima di Brendan è morta per emorragia interna, quel giorno. Svuotato da quanto poteva dargli la voglia di vivere, decide di gettarsi nello studio, mentre con gli amici si chiude in un rapporto più freddo. Inutile affezionarsi, se per gli altri è solo un indigeno cresciuto in un mondo di scarti.
Glielo fanno notare i figli di papà: invidiosi dei suoi risultati a fine semestre, lo fermano una sera all'angolo e gli versano addosso il contenuto di un bidone d'immondizia.
«Offriamo al re di Vuilnis il suo tipico mantello.»
Lo hanno ripetuto tre volte, in cerchio, prima di andarsene ridendo. Quando non si può attaccare l'idea si attacca l'uomo, anche in questo non ci si scosta dalle categorie e dai retaggi culturali.
Seduto a terra, lordo di sporcizia - tra bucce di banana, residui di cibo su improbabili contenitori di carta e plastica - Brendan si sente più solo di quando è partito. Toglie via roba dai capelli e si accorge di puzzare quanto una discarica; una parte della mente gli dice che è questo per gli altri, un inutile abitante di un mondo costruito sui rifiuti, seppur ecologico, innovativo, ... Gli hanno voluto dire questo gli altri: può ripulirsi quanto vuole, può essere migliore e sognare qualcosa di grande, ma le sue radici sono quelle e Platone aveva ragione. La sentenza dei ragazzi si unisce a quella di Akela, per cui è, forse, un amico, ma niente di più vista la sua origine. È già tanto che hanno atteso metà semestre per farglielo capire.
Cerca di raccogliersi, in qualche modo, meteco in mezzo agli spartiati; doccia e lavatrice lo puliranno fuori, l'anima resterà sporca per sempre.
«Lascia che ti aiuti.»
La voce di Akela, quella notte, in un angolo seminascosto del campus.
«Non preoccuparti.» Brendan scuote la testa e altri residui cadono a terra; realizza di avere uno stomaco di ferro. «Potresti aiutarmi solo se legassi un tubo a un idrante e mi colpissi a getto pieno.»
«Semmai dovresti farlo tu, per togliermi dalla testa le idee con cui sono cresciuta.»
Lui prova a sorridere in quel momento, difficile credere a quello che sente.
«So qual è il tuo sogno,» prosegue, «sei il migliore e di certo riuscirai a realizzarlo. Penso che vorrei farne parte anch'io.»
«Io invece credo che Platone abbia ragione e la società è divisa in categorie nelle quali si nasce e si muore.»
«Siete davvero fissati con le citazioni filosofiche, voi vuilniani.»
«Hai ragione...»
Brendan non può fare a meno di ridere, è tutto così assurdo e si rendo conto che non può mai cadere in basso se c'è qualcuno disposto ad aiutarlo. Sono gli altri a restare incatenati a guardare le ombre - altra citazione platonica, gli direbbe Akela - lui ha trovato chi riesce a rompere le catene e a portarlo alla vista della realtà.
La ragazza gli tende la mano.
«Forse è meglio che mi lavo.»
«I limiti sono fatti per essere superati.»
Lei gli stringe la mano e, insieme, tornano al campus.
Brendan non sa cosa può sognare stanotte, ma è certo dei propri sogni da stasera in poi.
Vuilnis l'isola che non c'è
Akela e il sogno
Brendan ha impiegato poco tempo per legare con Akela: dopo il tragitto in taxi sa già che avrebbero trascorso parte della vita universitaria insieme. Anche lei è un esule, inviata a studiare all'estero contro la sua volontà, ma proviene da uno stato dalla grande tradizione e dal contatto integrante con la natura. Glielo ha detto quasi con supponenza, come se intuisse che lui venisse da Vuilnis e si sentisse in dovere di difendere un'intima identità rispetto all'altro.
Il ragazzo, comunque, ha seguito quella dichiarazione a testa bassa, con la consapevolezza di non capire nemmeno quanto sia la distanza tra le Hawaii e l'isola artificiale da cui proviene. In fondo, parte di quella sua nazione viene proprio dal resto del mondo, non che gli statunitensi siano meno responsabili di altri dell'inquinamento mondiale. Eppure quando Akela gli parla del proprio paese lo fa con una punta di rispetto inconscio, come se Vuilnis, in fondo, sia inferiore rispetto alle vere terre emerse.
A Brendan non importa dove si ferma l'identità storica e geografica della ragazza; per ora vuole solo trascorrere del tempo con lei, oltre il semplice arrivo al campus. È pur sempre l'unica persona che conosce.
Brendan impiega poco tempo per ambientarsi e imparare a orientarsi nell'enorme area universitaria dell'UCLA. All'inizio gli è sembrata strana quella struttura quasi medievale con torri e volte, ma ha smesso subito di pensarci. Molto più strana è la sensazione di calpestare la terraferma, dopo anni passati a ondeggiare sopra l'oceano. Con lui anche Akela che lo guida attraverso il reticolo di stanze e residenze come abitasse lì da mezza vita.
«Ma perché hai scelto ingegneria?»
Anche la ragazza glielo ha chiesto e Brendan ha esitato. Non ha intenzione di parlarle mezz'ora di come ha litigato con i suoi per restare nei dintorni di Vuilnis e studiare biologia marina, così come non le ha raccontato di sua sorella, felice in quella carriera, come se gli avesse rubato il proprio sogno. Alla fine riesce a trovare il motivo che lo ha spinto a seguire quella scelta e a buttarsi nell'avventura all'UCLA.
«Voglio trovare un sistema per riconvertire la plastica in energia e/o in combustibile.»
I suoi gli parlavano di infrastrutture e palazzi, ma ora gli sembra quella la risposta più scontata.
Tanti compagni di corso sono persone come lui, ragazzi con le tasche vuote e i sogni in mano, desiderosi di spazzare via la nebbia dalla propria strada. Le tante serate trascorse a ripassare teoremi e definizioni matematiche gli fanno dimenticare i desideri pregressi. Akela si pone sempre a tre quarti, parla con gli altri e mette i puntini sulle i dove la matematica richiede il proprio rigore. Brendan si rende conto quasi di sbagliare di proposito, per vederla correggerlo in modo amorevole.
Non impiega troppo tempo prima di iniziare a sognare quel volto sgraziato, i grandi occhi neri, la pelle bruna e i capelli ricci. Cerca di trascorrere molti momenti con lei e gli altri, almeno fino a metà semestre, quando prende il coraggio a due mani.
«Volevo chiederti di uscire...»
Banale, come la sua meraviglia nel trovarsi in equilibrio in un mondo che non si muove. In quel momento è Brendan a stravolgerlo, di fronte all'esile ragazza che ha condizionato ogni respiro da quell'incontro fortuito in aeroporto.
«Non posso...»
Una risposta tagliente, un momento in cui il mondo riprende a ondeggiare e fatica a tenersi in piedi. Si ritrovo a Vuilnis, anche lì doveva stare attento a ogni passo, ma non gli è mai importato troppo di Greetje quando lo ha mollato senza troppi fronzoli, prima di andare a studiare architettura ad Amsterdam.
«Scusami.»
«Non è per te,» scuote la testa. «Vengo dalle Hawaii. Dalle mie parti c'è un forte legame con la natura e Vuilnis è tutto ciò che odiamo e ciò che non vogliamo essere. Ogni volta che la corrente ci porta qualcosa di vostro, alimentiamo il nostro odio, in un fuoco eterno. Non posso Brendan...»
Ha ragione Noah, il mondo ha portato a compimento l'idea di repubblica platonica. Lui fa parte di quella categoria che vive in un mondo di rifiuti ed è visto come tale, per sempre. Potrebbe spiegare ad Akela che sono i primi ad avere efficaci dispositivi anti inquinamento e rappresentano il futuro per l'intero pianeta. Lei, però, non capirebbe, chiusa com'è nella propria categoria che vede Vuilnis come il simbolo di tutto quello che non vuole essere.
Forse ha ragione lei.
Un pensiero naturale, dopo che l'anima di Brendan è morta per emorragia interna, quel giorno. Svuotato da quanto poteva dargli la voglia di vivere, decide di gettarsi nello studio, mentre con gli amici si chiude in un rapporto più freddo. Inutile affezionarsi, se per gli altri è solo un indigeno cresciuto in un mondo di scarti.
Glielo fanno notare i figli di papà: invidiosi dei suoi risultati a fine semestre, lo fermano una sera all'angolo e gli versano addosso il contenuto di un bidone d'immondizia.
«Offriamo al re di Vuilnis il suo tipico mantello.»
Lo hanno ripetuto tre volte, in cerchio, prima di andarsene ridendo. Quando non si può attaccare l'idea si attacca l'uomo, anche in questo non ci si scosta dalle categorie e dai retaggi culturali.
Seduto a terra, lordo di sporcizia - tra bucce di banana, residui di cibo su improbabili contenitori di carta e plastica - Brendan si sente più solo di quando è partito. Toglie via roba dai capelli e si accorge di puzzare quanto una discarica; una parte della mente gli dice che è questo per gli altri, un inutile abitante di un mondo costruito sui rifiuti, seppur ecologico, innovativo, ... Gli hanno voluto dire questo gli altri: può ripulirsi quanto vuole, può essere migliore e sognare qualcosa di grande, ma le sue radici sono quelle e Platone aveva ragione. La sentenza dei ragazzi si unisce a quella di Akela, per cui è, forse, un amico, ma niente di più vista la sua origine. È già tanto che hanno atteso metà semestre per farglielo capire.
Cerca di raccogliersi, in qualche modo, meteco in mezzo agli spartiati; doccia e lavatrice lo puliranno fuori, l'anima resterà sporca per sempre.
«Lascia che ti aiuti.»
La voce di Akela, quella notte, in un angolo seminascosto del campus.
«Non preoccuparti.» Brendan scuote la testa e altri residui cadono a terra; realizza di avere uno stomaco di ferro. «Potresti aiutarmi solo se legassi un tubo a un idrante e mi colpissi a getto pieno.»
«Semmai dovresti farlo tu, per togliermi dalla testa le idee con cui sono cresciuta.»
Lui prova a sorridere in quel momento, difficile credere a quello che sente.
«So qual è il tuo sogno,» prosegue, «sei il migliore e di certo riuscirai a realizzarlo. Penso che vorrei farne parte anch'io.»
«Io invece credo che Platone abbia ragione e la società è divisa in categorie nelle quali si nasce e si muore.»
«Siete davvero fissati con le citazioni filosofiche, voi vuilniani.»
«Hai ragione...»
Brendan non può fare a meno di ridere, è tutto così assurdo e si rendo conto che non può mai cadere in basso se c'è qualcuno disposto ad aiutarlo. Sono gli altri a restare incatenati a guardare le ombre - altra citazione platonica, gli direbbe Akela - lui ha trovato chi riesce a rompere le catene e a portarlo alla vista della realtà.
La ragazza gli tende la mano.
«Forse è meglio che mi lavo.»
«I limiti sono fatti per essere superati.»
Lei gli stringe la mano e, insieme, tornano al campus.
Brendan non sa cosa può sognare stanotte, ma è certo dei propri sogni da stasera in poi.