[CE2025] La prima panchina rossa

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Traccia 1. "Le lettere ritrovate"

[CE2025] La prima panchina rossa

Personaggi: Marzio, 40 anni; Antonio (78) appena deceduto (11 settembre 2001; Andreina, sorella di Antonio e madre di Marzio, 65 anni; Silvia, madre di Andreina e Antonio e nonna di Marzio, deceduta nel 1982.

Marzio non aveva più visto né lo zio né il paese natale da un'estate dei primi anni 1980. Ci tornava adesso, a pochi giorni dalla tragedia dell'11 settembre in America, dall'Occidente dilaniato dal fenomeno del terrorismo, per assistere ai funerali dello zio Antonio, morto d'infarto davanti alla TV, mentre scorrevano le immagini delle Torri gemelle sventrate dagli aerei dirottati dai terroristi. Assieme a lui, la madre Andreina, sorella di Antonio, il quale già da anni l'aveva avvisata del deposito del testamento a suo favore presso il Notaio del paese.

I due si sono sistemati in casa del defunto, dopo le esequie, con l'intenzione di mettere in ordine tra le sue cose;
in un secondo tempo, avrebbero deciso cosa farne. Da casa loro, dai loro interessi, l'abitazione di Antonio dista un centinaio di chilometri.
Spesso, tengono la televisione accesa: in tutti i canali non si parla quasi d'altro. Il mondo ha assistito attonito alla dimostrazione di  un male che segna e segnerà la storia di tutti. Persino la morte per infarto dello zio è quasi certamente dovuta a quel momento.

Andreina e Marzio hanno cominciato a radunare vestiti ed effetti personali del padrone di casa. Intanto, parlano tra di loro del defunto, del suo carattere, una volta gioviale, degli aneddoti della sorella sulla loro infanzia.
Sono passati vent'anni dall'ultima volta che Marzio ha visto lo zio, e da allora provava uno spiacevole ricordo che, come diceva ogni volta alla madre, non riusciva ad afferrare per intero. Andreina l'aveva visto ogni anno a Natale, mentre Marzio declinava per altri impegni. D'altronde, lo zio non l'aveva mai cercato da allora. La madre non capiva le ragioni di questo distacco, perché Antonio era stato affettuoso con il nipote piccolo. Per lei, due parenti così non interrompono i loro rapporti di punto in bianco. Ma Marzio aveva sempre glissato. Cosa voleva dire con quella frase sibillina che concludeva sempre la questione?

Casualmente, spostando un mobile, adesso Andreina si accorge, nella parete con mattoni a vista, di un'intercapedine. Esplorando la fessura, sente subito la presenza di un plico plasticato. Lo estrae e lo mostra subito al figlio.
Questi si siede al tavolo e lo apre: si tratta di alcune lettere, che cominciano tutte con "Caro Antonio" scritte dalla nonna Silvia. 
Una scorsa veloce e Marzio fa segno alla madre di prendere caraffa e bicchieri e di sedersi accanto a lui per leggere insieme.

3 settembre 1981

Caro Antonio,
Non ci posso credere! Non può essere stato lui! L'ho cresciuto io, so di cosa parlo. Figurati se ha compiuto quell'azione mos malvagia. Guarda, non ripeto neppure le tue accuse perché non resti nulla scritto da me che parli delle tue assurde calunnie. Perché non possono che chiamarsi così. E baf bada bene di non parlarne con nessun altro che con me, non dire niente neanche a tua sorella. Di certo non prese penserai di denunciarlo per questo assurdo pensiero che ti è mot montato in testa. Ma pensa a un'altra spiegazione di quella frase. Non riesco a scrivere bene dal nervoso che ho... Rifletti.
Aspetto una risposta sensata da te, figlio mio caro.
Mamma

18 settembre 1981

Caro Antonio,
sono contenta che ti posso spiegare io l'equivoco che tu non sei ancora riuscito a chiarire, visto quello che mi scrivi...
Oggi Marzio è passato a trovarmi. Io non ho dovuto aprire bocca per "indagare", quando lui, sempre molto aperto con me, e visto che non ci vedevamo da un po', ha cominciato un lungo discorso parlando di sé, del suo futuro, delle sue aspettative. Vuole fare il concorso in Comune per entrare all'Ufficio Tecnico. Dato il suo diploma di geometra, e il buon punteggio avuto alla maturità, conta e spera di riuscirci.
Poi, a mia precisa domanda se ti aveva visto di recente, si è un po' incupito, dicendomi: "
Sì, ma non è stato bello.
Nonna, ti spiego cosa è successo. Mi sono fermato qualche giorno da lui e ho frequentato per caso un Centro Sociale rinomato del paese. Erano i giorni dell'assassinio di Denise, la ragazza della panchina della stazione, te la ricorderai."
Ho detto di sì e lui ha continuato:
"Tra le iniziative che proponeva Andrea, il capo del Centro, ce n'era una innovativa, d'impatto, Dipingere di rosso la panchina dove aveva trovato la morte la sventurata ragazza, farla spiccare come sangue in mezzo al grigiore delle altre, e far pensare e ricordare. Avevano subito ottenuto i permessi che ci volevano. 
Io mi sono offerto subito per dipingere. Qualcuno aveva già fornito una latta di vernice rossa. C'era chi aveva fatto una targhetta da applicare dopo, in memoria. 
Per fartela breve, mi sono recato alla stazione con Andrea, ci siamo presentati con il nullaosta e abbiamo cominciato e concluso il lavoro in due ore.
Sono tornato dal nonno con la maglia sporca di vernice rossa. Non sapendo come lavarla, l'ho lasciata in camera ad asciugare, pensando poi di farla lavare a mia madre, a casa.
Casualmente, lo zio l'ha vista. Io gli avevo parlato il giorno prima che al Centro sociale volevano fare qualcosa in ricordo di Denise ma forse non gli avevo detto cosa. 
Quando l'ha vista, ha fatto una faccia inorridita e ha strabuzzato gli occhi come mai l'avevo visto fare. Mi è scappata una risata e gli ho detto: "Che hai? Ti sembra sangue? Denise lo meritava!"
Lo zio ha frainteso e ha pensato che l'avessi uccisa io! E io, secondo te, dovevo frequentare ancora un caro parente che adesso mi crede capace di uccidere? E una donna indifesa, poi?
No, il solo fatto che l'avesse pensato lo escludeva di colpo dai miei affetti. Me ne sono andato, lasciandomi dietro parole velenose."

Per quanto mi ricordo, e sono stata molto attenta, queste sono state più o meno le sue parole, il senso della sua lunga condivisione. Ecco la spiegazione del tuo tremendo sospetto, caro figlio mio!
Adesso chiamalo, scrivigli, scusati. Mi raccomando Antonio.
Mamma


29 settembre 1981

Caro Antonio,
mi scrivi che Marzio ti ha detto le peggiori cose prima di andarsene e non vuoi essere tu, che sei più vecchio, 
a essere il primo a scusarsi. Dici che dev'essere lui e che io non devo dirgli che ci siamo scritti e che io ti ho svelato la verità.
Antonio, tu lo hai accusato di omicidio. Ti rendi conto?
A proposito di chi è più vecchio, io vado per gli ottanta e ogni mese mi sembra di contare un nuovo acciacco alle mie ossa. Se mi metto a farti l'inventario dei miei malanni, mi deprimo e non mi ci metto.

Ma ci sono! E tu hai vent'anni meno di me, ma vedrai che passeranno in un lampo. Se tu rimandi la riconciliazione con Marzio di giorno in giorno, poi la rimanderai di anno in anno. Poi non ci sarà più un domani in cui farla perché mancherai tu. 
Pensaci!
Ti abbraccio, Antonio
Mamma



Le lettere le ha lette Andreina a voce alta, a tratti con affanno, o concitata, con pause intense in cui i due si guardano, in tralice. Marzio è sull'orlo del pianto ma anche coi pugni stretti che chiudono la rabbia dentro. 
Finita la lettura, Marzio afferra i fogli e li scorre ancora... e ancora, come per essere sicuro che la nonna abbia scritto e descritto la  realtà dei fatti. Nel mentre, le rivolge un commosso pensiero di gratitudine.
Prova una fitta di rimorso al ricordo dello zio Antonio che gli faceva fare la capriola all'indietro e la mossa dei due anelli, e sente l'affetto che si erano scambiati entrambi tornare senza invito.
Toccava a lui tornare a trovarlo? Ma se lo zio aveva capito il grave equivoco commesso e, soprattutto, l'ingiustizia di averlo pensato un criminale, perché non venire lui a trovarlo, magari con la scusa di fare visita alla sorella?
Andreina, intanto, abbraccia il figlio piangendo e chiedendogli scusa. Anche senza sapere nulla dell'accaduto, avrebbe potuto tante volte invitare il fratello a casa sua, invece di andare sempre lei da lui a Natale. La donna è comunque sorpresa di tutto, anche e soprattutto del silenzio di sua madre con lei. Si trattava di Marzio, di suo figlio, diamine! Sente un parallelo con l'infanzia del bambino, che le veniva volentieri sottratto da sua madre, che ne voleva come monopolizzare l'educazione.
Dice che cercherà in soffitta, quando tornerà a casa sua, nel baule di nonna Silvia, se ci fossero le lettere di Antonio.
Marzio sente la sua coscienza che lo graffia dentro mentre gli ricorda che bastava poco per portare lo zio, all'epoca, a vedere la panchina rossa alla Stazione...


Lui sa. Sebbene stabile
la rimembranza tutta
si stagli sullo sfondo,
ma senza il movimento,
così sovviene il tempo
di quel "com’eravamo",
mesto perché un eguale
tempo di sensazioni,
mai più e inverosimile
luce di quel ricordo,
la sua sfocata immagine
a ricalcar verrà.


 
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

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