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Re: Tutto ciò di cui volete parlare (o lamentarvi) senza distinzioni di argomento

M.T. ha scritto: Cominciamo a capire che se dal lato femminile si fanno discorsi del tipo "mi trovo l'uomo ricco, mi faccio mettere in cinta e poi se non ci vado d'accordo mi faccio mantenere"
Io sto da più di 40 anni nel settore "femminile" e mai ho sentito qualcosa del genere (a parte mia sorella, che il giorno dopo che è morto il mio compagno mi ha detto: "forse te ne troverai uno meglio, finalmente"). Non mi faccio mantenere, non mi faccio mettere incinta, non mi lascio nemmeno guardare più di qualche secondo da uno che non conosco, senza incazz..mi. Può avere i miliardi, gli yacht, i conti in banca farlocchi, quel che caspita gli pare. E non credo proprio di essere un'eccezione, da quel che sento dalle altre.
M.T. ha scritto: E la direzione che stanno prendendo le istituzioni sta dimostrando che non si è capito dove è il problema: la testa delle persone di ambo i sess
Ah, ecco. Il problema infatti è lì.
dyskolos ha scritto: Probabilmente pensavano di essere sole (ma c'ero io nascosto e loro non sapevano della mia presenza occulta :) ). Subito una delle due spiegò all'altra che alla festa della sera precedente lei c'era andata senza mutande e si lamentava degli uomini moderni, poiché nessuno l'aveva… diciamo…
Quando ci andavamo io e le mie amiche pisciavamo e basta (tu evidentemente conosci donne più strane). Al più ci facevamo una canna (e mi sarei giustamente inca..ata se non la passavano anche a me). Altro che parlare di uomini. Uomini chi  :umh:  ? 
Cheguevara ha scritto: e supportare il fatto che la stragrande maggioranza dei militari sia oggi composta da simpatizzanti fascisti, e dall'altro preferire questo sistema alla leva obbligatoria, che sarebbe una garanzia di democrazia auspicabile, soprattutto di questi tempi in cui destre e ultra-destre imperversano all'interno delle democrazie occidentali.
Io sono per la leva obbligatoria, maschile e femminile, anche solo perché non si sa mai... Sono soprattutto per un esercito europeo, riducendo i costi e cementando la fiducia. L'ho chiesto a un qualche alto generale italiano in una diretta social, e mi ha risposto che il problema erano soprattutto gli standard di produzione delle armi, perché ogni paese ha i suoi (e le sue fabbriche) ed è impossibile mettere tutti d'accordo. Da semplice donna, quale sono, la mia replica spontanea sarebbe stata "ma stai scherzando?". Possiamo imporre standard europei a tutti ma non ai costruttori d'armi? Ma perché caspita l'abbiamo fatta l'Unione Europea? Un esercito europeo ci sarà, magari tra vent'anni, e vedrà donne e uomini al suo interno (spoiler dal futuro: le sue donne non staranno nei bagni a spettegolare di cose inutili tipo gli uomini  :P  ).

Re: Tutto ciò di cui volete parlare (o lamentarvi) senza distinzioni di argomento

dyskolos ha scritto: Non ti dico l'odore di ormoni femminili quando entravo nelle aule
E com'è? Tipo patchuli, Arbre Magic alla vaniglia, muschio bianco, ambi pur per il water...?
dyskolos ha scritto: Cambiò colore diverse volte (dal rosso chiaro, al rosso scuro, al violetto in varie sfumature…) mentre in lacrime mi confessava che si era messa con lo str****, che era sì str**** e violento, ma lei non ne poteva fare a meno. Mentre le sue lacrime mi bagnavano lo spalla destra, i
Cambiare parere è sintomo di intelligenza, diceva qualcuno (mi pare un tizio, uno qualsiasi, di nome Einstein). Ma soprattutto, questo tipo di fragilità femminile (tutti possono essere fragili, anche gli uomini, che gli piaccia ammetterlo o no) che porta a idealizzare o scusare/cercare di cambiare (mai sentito parlare del complesso della crocerossina, tu che con la psicologia hai a che fare per lavoro?) anche gli uomini peggiori, non mi pare da deridere: è una forma di idealismo mal riposto, una causa persa in partenza (perché quegli uomini non cambieranno) ma autodistruttiva, non certo nociva per altri.
dyskolos ha scritto: La teoria è vasta, ma sostanzialmente una donna brutta trova sempre qualcuno che se la tr***a indipendentemente dai soldi che possiede, mentre un uomo brutto per tr*****e necessita di tanti soldi e/o di uno status sociale "dominante".
Scusami, perché spesso sono d'accordo con te su molte cose (e la cosa mi fa piacere, di rado trovo persone che hanno idee simili alle mie) ma questo per me è un manifesto dell'antifemminismo. È una cosa poco gradevole da leggere. Io da giovane (mi sento sempre più vecchia man mano che il mondo peggiora intorno a me) ero una bella ragazza (non una modella, ma carina, o almeno tromb..ile) ma non ho mai guardato lo status, i soldi, o che altro. Cercavo, molto stupidamente (pensandoci ora, e leggendo il punto di vista maschile che emerge qui, forse davvero ho sbagliato tutto: avrei dovuto essere più stronza) qualcuno che mi volesse bene sul serio.
dyskolos ha scritto: l "patriarcato" è un argomento tipico del femminismo, in un mondo in cui le portatrici di vagina sono depositarie di caratteristiche solo positive, mentre quegli str di maschi, poiché hanno introiettato i valori del patriarcato senza accorgersene, sono il peggio del peggio e le vessano. Posso dire che non è così senza vedere libri francesi pubblicati col titolo "odio gli uomini"?
Da portatrice di vagina posso dire che il "patriarcato" per me è una stronzata. Gli uomini che ammazzano le donne non sono afflitti da una visione patriarcale o da chissà che: sono semplicemente molto fragili, deboli, incapaci di affrontare anche il minimo problema o contraddizione nella vita. Succede meno alle donne, perché per loro è considerato normale essere fragili, quindi si ha più facilmente l'effetto contrario. E ora sì sarò unpopular (mi pare sia un po' una gara):  la frase di Giorgia Meloni "non ci vedono arrivare" me la sono incisa nella memoria, perché trasforma uno svantaggio in un punto di forza (e chissene da quale partito venga).
M.T. ha scritto: Da molte, in Italia, l'emancipazione femminile è stata intesa come il poterla dare liberamente a chi volevano. Ma l'emancipazione è altra cosa.
Anche per me l'emancipazione è ben altra cosa, ma non vedo questo tipo di pretesa di emancipazione da nessuna parte, sinceramente. Nessuno sta bruciando reggiseni in piazza (e con quel che costano, vorrei anche vedere).
dyskolos ha scritto: i dieci bellimbusti che reputano più belli, indipendentemente dalla loro condizione personale:
Se i dieci bellimbusti sbagliano anche solo un congiuntivo, o non hanno un'opinione sugli attuali orrori in corso nel mondo, i loro muscoli se li possono mangiare, per quanto mi concerne. Se poi non sanno ridere di se stessi o di altro, allora non esistono. È un cliché sbagliato ( e offensivo) che le donne cerchino i muscoli, il successo o chissà che cosa. Le più cercano qualcuno di affidabile, e che di tanto in tanto le faccia ridere, né più né meno. Le cose sarebbero più semplici se la comunicazione tra i due sessi fosse migliore (non per legge, ma per evidente utilità reciproca). La bellezza è molto relativa: puoi avere i denti storti o rotti (come il mio compagno, che ne aveva rotti gran parte in un frontale con un camion) ed essere comunque il centro del mondo per qualcuno. Forse si proietta sulle donne qualcosa che neanche le tocca...
Cheguevara ha scritto: Se fossi io a decidere, renderei il servizio militare di leva nuovamente obbligatorio per tutti, femmine incluse.
Del tutto d'accordo. Rimpiango di non averlo fatto, di non aver avuto esperienze magari difficili, ma che mi avrebbero aiutata a crescere. Ho invidia delle esperienze di naja che leggo da altri. Se domani (ormai non si sa più cosa aspettarsi) l'Italia entrasse in una guerra, sarei in prima linea armata di molotov (o coltelli da cucina  :lol:  ) solo perché non conosco altro.

Re: Tutto ciò di cui volete parlare (o lamentarvi) senza distinzioni di argomento

M.T. ha scritto: Adesso divento unpopular. Mi spiace per quello che è successo a Giulia, ma se ne sta facendo un caso e gli si sta dando molto risalto
Non è tanto unpopular, infatti sono del tutto d'accordo. Non capisco neanch'io perché delle 80 e passa donne uccise quest'anno se ne sia scelta una sola (l'età, forse) per farne un caso (mettendo in secondo piano perfino le guerre, ma a questo ormai siamo abituati).
M.T. ha scritto: Risalto che non viene dato alle quasi 700 vittime sul lavoro: una notizia veloce e via, si diventa un numero presto dimenticato.
Ho sentito anch'io l'ennesimo morto sul lavoro di oggi, liquidato in un paio di minuti, e ho pensato la stessa cosa.
Non mi stanno bene le scemenze di Salvini, così come le accuse generalizzate della sorella, contro lo stato, i politici, gli uomini in genere, non si sa. Capisco la sofferenza, ma migliaia di persone soffrono ogni giorno senza montare delle crociate generiche contro chiunque. La colpa è solo del ragazzo che l'ha uccisa, punto. Poi possiamo metterci l'educazione nelle scuole, le leggi o quel che si vuole, ma si poteva fare anni fa. La gente ci pensa sempre dopo, è quello il problema.
M.T. ha scritto: Anzi il mea culpa e l'esame di coscienza dovrebbero farlo certe ragazze e certe donne, per come si sono comportate. E poi mi tocca sentire dire che i bravi ragazzi sono noiosi, che i ragazzi seri sono una palla
Qui bisogna distinguere. Esistono brutte persone sia nel genere maschile che femminile, è un fatto. Ma, se parliamo di violenza, le donne sono molto meno inclini (posso contare sulle dita di una mano le donne aggressive, fisicamente o verbalmente, che ho conosciuto). Può essere una questione ormonale (siamo biologicamente diversi, è inutile far finta di niente): il testosterone è biologicamente legato a una maggiore aggressività. Pur non essendo femminista, sono convinta che avere più testosterone in circolo non giustifichi la violenza su qualcun altro (donna o uomo, non importa), devono entrare in gioco i freni inibitori (che ci impediscono di prendere a pugni chiunque non ci vada a genio) e un corretto modo di interagire con gli altri, appreso nell'infanzia. E qui sì, mi viene da fare una proposta molto unpopular: chiunque voglia allevare dei figli, dovrebbe fare un corso di psicologia base, obbligatorio.

Quanto al fatto che i bravi ragazzi siano noiosi, è uno stereotipo (certo, poi uno può anche essere bravo ma noioso, o stro..o e noioso in aggiunta, dipende dalla personalità). Poco fa leggevo i commenti al profilo di Jannik Sinner, e quasi tutti (specie quelli femminili) riportavano l'ammirazione per il suo carattere serio, impegnato, umile, sportivo, ecc.  Poteva eliminare dal torneo l'avversario più pericoloso, solo perdendo una partita, ma non l'ha fatto. E l'ammirazione del pubblico è aumentata a dismisura anche per questa scelta: scendere in campo solo per vincere, o almeno fare del proprio meglio, senza sotterfugi o calcoli. Un commento diceva: vorrei un figlio così, e io ho pensato "cavolo, quasi lo vorrei anch'io". Non per il successo, ma per il senso di concretezza, decisione e fiducia che trasmette: fai le cose bene, pulite, con calma, un punto alla volta, e ce la farai. Per me, che non sono neanche riuscita a vedere le sue partite (tranne per controllare il punteggio ogni pochi minuti) perché mi saliva l'ansia, è una sorta di mito.
Tra l'altro, mi sono resa conto che ormai considero le persone con meno di 25 anni come dei bambini. Sarà un segno di vecchiaia? Mi sa di sì :P 

Re: Tutto ciò di cui volete parlare (o lamentarvi) senza distinzioni di argomento

M.T. ha scritto: Sembrava strano che Salvini non perdesse occasione per dar aria alla bocca: https://www.repubblica.it/politica/2023/11/19/news/elena_cecchettin_salvini_omicidio_stato-420748871/
Salvini non è capace di parlare, non capisco neanche come sia arrivato in politica. Sono certa che l'ambiguità nel suo post non fosse voluta, il che è peggio.
dyskolos ha scritto: In effetti, ognuno di solito tende a pensare che sia più bella una lingua "vicina"
Al contrario, io trovo più attraenti quelle più "lontane", proprio perché sono molto diverse, e rappresentano una sfida mentale. Anni fa leggevo fumetti in francese e spagnolo, pur senza averle mai imparate, perché erano lingue abbastanza facili. Ma le fonti in tedesco o norvegese... eh, un altro paio di maniche (e una soddisfazione doppia nel decifrare anche una singola parola).

Re: Tutto ciò di cui volete parlare (o lamentarvi) senza distinzioni di argomento

M.T. ha scritto: Di certo lo è più del tedesco, che anche se dici "ti amo" sembra che mandi a quel paese l'altro :D
Sono punti di vista. A me "Ich liebe dich" suona più romantico e genuino di "Je t'aime" (tra l'altro abusato nelle canzoni), forse proprio per il carattere tedesco di base, poco incline a mettere le emozioni in parole. Un "je t'aime" può dirlo chiunque. Anche l'asprezza della lingua tedesca è relativa al contesto: una poesia in tedesco ha lo stesso impatto di qualsiasi altra lingua.
dyskolos ha scritto: Non mi ricordo se ne hai parlato tu stessa qualche decina di post addietro, forse sì, io comunque lo ridico. Durante il ventennio di governo, i fascisti entravano nei cimiteri altoatesini e distruggevano le tombe che riportavano nomi o cognomi germanofoni
No, non l'ho scritto io, perché lo scopro ora, ed è sempre una piccola tacca nella mia traballante fiducia nell'umanità quando leggo queste cose. Mi richiama i cimiteri ebraici devastati di recente. Prendersela coi morti è la cosa più meschina che esista, come prendersela coi bambini o gli animali: qualcuno che non ha modo di difendersi.
dyskolos ha scritto: I toponimi sono importanti.
Sono molto importanti, e sono del tutto a favore dei cartelli bi o trilingui dove sono richiesti. Ma non è normale fissarsi su di essi dopo cent'anni.
dyskolos ha scritto: Se non ricordo male, "bella" era riferito al suono
La preferenza sul suono è molto soggettiva, tanto da rendere inutile il concorso. A me piace il suono del farsi, dell'inglese e del tedesco, mentre non amo granché il francese (anche se in Francia ci sono stata) né lo spagnolo (sono stata anche lì).
dyskolos ha scritto: A proposito di farsi (per ridere un po' :) ), l'italiano "paradiso" è un'evoluzione del latino ecclesiastico "paradisus", a sua volta preso in prestito dal greco antico, che a sua volta l'ha preso dal farsi antico pairidaeza, che stava per "giardino"
Sono stata nei giardini iraniani (patrimonio Unesco, fra l'altro) e alcuni sono davvero dei paradisi. Questo perché il concetto cristiano di paradiso deriva da lì, quindi c'è una sorta di risonanza immediata. Molte altre cose derivano dall'iconografia persiana: gli angeli alati così come li concepiamo sono nati dallo zoroastrismo, prima non c'erano (o erano esseri mostruosi).
dyskolos ha scritto: Poco fa ho sentito in TV Aldo Cazzullo che santificava Garibaldi addirittura paragonandolo a san Francesco
Non amo particolarmente Garibaldi, perché è un personaggio pieno di ombre personali, e perché non sono convinta che l'unità d'Italia sia stata un bene per tutti, così come sono sicura che le sue motivazioni fossero molto lontane dall'idealismo. La trasmissione me la sono persa, ma la Tv in generale fa così: riabilita le figure scomode e critica quelle buone. Fare il contrario vorrebbe dire essere banali, e avere poco audience (scusate l'anglicismo, ma un degno corrispondente italiano nessuno l'ha coniato).

Re: Tutto ciò di cui volete parlare (o lamentarvi) senza distinzioni di argomento

dyskolos ha scritto: Mi dispiace che qualcuno tenti di cambiare la lingua a tavolino e in modo pesante, come fece Mussolini con i toponimi siciliani e cognomi nel 1927
O come fece lo stesso governo fascista in Alto Adige, spingendo gli insegnanti di tedesco a creare scuole clandestine, col rischio di essere arrestati ed esiliati (non c'era la pena di morte, per fortuna). Mi ha fatto molta impressione scoprire questa cosa, forse perché è accaduta qui, a pochi chilometri da Trento, senza che nessuno alzasse un dito. Per i toponimi gli altoatesini si lamentano ancora oggi, dopo un secolo...
dyskolos ha scritto: Per me le lingue sono come esseri viventi e, in quanto tali, nascono, vivono, muoiono, si estinguono, si accrescono, sono soggette all'effetto del fondatore, a fenomeni di deriva, a fenomeni evolutivi di vario genere, ecc…
Del tutto d'accordo. È molto bella e appropriata l'immagine delle lingue come esseri viventi
dyskolos ha scritto: Ha vinto l'italiano, con francese e spagnolo.
L'italiano mi piace come mi piace un vecchio maglione molto comodo, ma non credo sia la lingua più bella del mondo. Purtroppo non ne conosco tantissime, quindi non posso dare un giudizio. Tra quelle che conosco, l'inglese prende dei punti perché è la più semplice da imparare: non ha le declinazioni verbali complicate che hanno quasi tutte le altre lingue, e ha come unico articolo "the". Poi dipende da cosa si intende per "bella". Il farsi, ad esempio, è molto musicale e piacevole da ascoltare, il polacco ha il merito della semplicità, il tedesco dà il suo meglio nelle poesie, e ce ne sono di stupende. Ogni lingua è bella a suo modo.
dyskolos ha scritto: Io ho l'atteggiamento, tipico dei linguisti, di colui che sta alla finestra a guardare: posso criticare lo sviluppo della lingua, ma non lo voglio dirigere artificialmente.
Ho lo stesso atteggiamento. Non giudico, a meno che non ci sia una forzatura o un'ingiustizia palese.
dyskolos ha scritto: io non ne farò un caso internazionale. Per me, l'uso vince.
Sono cose che danno molto fastidio anche a me, ma se diventano maggioritarie va bene. Non inizio e non sostengo lotte per questioni di linguaggio. Se un termine o un modo di dire si impone, anche se per me è scorretto, me ne farò una ragione: la maggioranza ha deciso così. Se nessuno ne è danneggiato, allora è poco importante.
dyskolos ha scritto: Quanto alle lingue minoritarie (e stai ponendo una roba discussissima nella comunità linguistica: il confine tra lingua e dialetto: la lingua si evolve, il dialetto no, dici) la situazione è diversa.
Discussissima mi ha fatto ridere, perché non l'ho mai sentito. Non so se esiste o no, ma te lo passo  :lol:  Tornando seri, non ci avevo pensato ma è un fatto che il dialetto non si evolve, perché ormai si è imposto l'italiano (e le varie lingue straniere). Il dialetto locale ha sempre meno motivo di esistere, se non nelle persone anziane, perché oggettivamente non serve più. 
dyskolos ha scritto: dyskolos Penso che dovrebbero essere le comunità ladine a dover rispondere a questa obiezione: io non so che dire
Le comunità ladine difenderanno in modo sempre più fanatico la loro lingua (ne hai riportato un buon esempio più su). Il loro esempio serve perché è indicativo del destino di tutte le lingue locali, che sempre meno persone parlano. Ma è anche un monito su come si possa prendere la cosa come naturale e inevitabile, e non farne una battaglia ideologica. Si parlerà il ladino (o qualunque altra lingua o dialetto minoritari) finché qualcuno vorrà farlo, non si può costringere nessuno, e non avrebbe neanche senso.
dyskolos ha scritto: Comunque secondo me fai un errore madornale quando associ lingue minoritarie a gente che si spacca la schiena a spaccare legna o a gente che lavora a lungo nei campi come muli. A trogloditi del passato, buzzurri, cafoni e senza testa.
L'errore che ho fatto è stato forse generalizzare. In Trentino dialetto e professioni legate all'agricoltura sono molto connessi. Chi vive nelle città sta perdendo un po' alla volta il dialetto, mentre resiste bene nelle valli e nel mondo agricolo (anche se il dialetto cambia da una valle all'altra). Non darei mai del troglodita a nessuno, men che meno perché parla solo il dialetto. Anzi, chi si è spaccato la schiena e si è fatto i calli alle dita per costruire tutto ciò che abbiamo oggi ha tutto il mio rispetto e ammirazione. La mia rimostranza, se c'era, era contro il governo di allora che li ha lasciati fuori dal resto del mondo, non certo verso di loro. Ma è un fatto che quando la gente qui ha iniziato a stare meglio economicamente, ha imparato al contempo l'italiano. Se si sono accettate e assimilate parole diverse, è perché erano utili.

Re: Tutto ciò di cui volete parlare (o lamentarvi) senza distinzioni di argomento

Cheguevara ha scritto: Credo che dopo la fine del secondo conflitto mondiale il fenomeno abbia ampliato la propria dimensione, ma credo anche che i vari dialetti abbiano sempre mutuato termini dalle lingue straniere.
Non quelli trentini, ti assicuro. L'italiano sì aveva molti termini stranieri già prima, per questo Mussolini ha cercato di introdurre a forza termini italianizzati (come "arlecchino" al posto di cocktail) ma nessuno di essi è rimasto. È rimasto "tramezzino" al posto di sandwich, forse perché coniato da D'Annunzio (che di linguaggio ci capiva di più).
Cheguevara ha scritto: La globalizzazione che viviamo oggi accelera - è ovvio - i due processi: da un lato l'introduzione nel linguaggio scritto e parlato di sempre nuovi termini presi pari pari da lingua straniere, dall'altro la graduale omogeneizzazione dei dialetti alla lingua ufficiale, termini stranieri inclusi.
È un processo iniziato già da molto tempo, tanto che anche parlando dialetto, almeno un quarto dei termini sono in italiano o altre lingue. Tutto cambia nel mondo, non vedo perché il linguaggio debba fare eccezione.
dyskolos ha scritto: Questo pezzo tuo mi lascia perplesso perché ti contraddici con ciò che hai detto prima. Forse è un problema mio: mi manca qualcosa.
 Non mi contraddico mai (almeno su questioni importanti) e se gli altri non capiscono la colpa è mia, che non mi so spiegare.
dyskolos ha scritto: Dici che la lingua è scollegata dalla cultura e contemporaneamente che le lingue sono legate alla cultura.
Nella mia testa è semplice, ma è più difficile spiegarlo. Non è vero che una lingua vale l'altra, o che siano scollegate dalla cultura. Io sono contenta di parlare italiano, se domani mi costringessero a parlare un'altra lingua probabilmente farei come altri hanno già fatto: scuole clandestine e resistenza passiva. La lingua è radicata nella cultura da cui nasce, e ha l'importanza che le si dà, ma non la rappresenta in toto. Se cambia nel tempo è un fatto naturale, così come cambia la moda, o la tecnologia e gli strumenti di lavoro (altrimenti io andrei in giro con un grembiale scomodissimo e un qualche attrezzo agricolo in mano di cui non saprei neanche il nome). Niente di tutto ciò è un male in sé, non si può fermare il tempo. Ciò che resta intatto sono solo i valori e un senso di appartenenza, spesso tenuti vivi da tradizioni o simboli, tutto il resto cambia, e per me va bene così.
dyskolos ha scritto: Forse io dovrei smetterla di studiare linguistica e tu hai ragione nel senso che il tuo modello ha già vinto e io perso. Mi sa che hai ragione tu nel dire che le lingue sono solo mezzi di comunicazione quindi l'una vale l'altra.
Come ho detto sopra, no, una non vale l'altra. Ma tutte sono valide, tutte hanno le loro radici. Ho cercato di imparare qualcosa di tutte le lingue con cui sono venuta a contatto, e le ho sempre associate al modo di pensare. La lingua farsi, in particolare, mi ha dato molto da pensare, perché la prima cosa che la guida turistica iraniana ha messo in chiaro è che loro non sono arabi, ma persiani. Il legame tra lingua, cultura e identità era qui molto stretto (gli iraniani hanno ancora di traverso l'invasione araba, dopo secoli).
Le lingue dovrebbero essere un mezzo di comunicazione, ma quasi sempre viene dato loro un significato più ampio, legato all'identità. Quello che probabilmente volevo dire, in origine, è solo che si possono integrare termini stranieri, o lasciar andare quelli locali ormai inutili, senza patemi d'animo.
Noi possiamo solo parlare del presente, il futuro non esiste.
Io personalmente preferisco le lingue che hanno il tempo futuro, forse solo perché mi sembrano più ottimiste  :P 
dyskolos ha scritto: Se una lingua ha bisogno di prestiti linguistici anche per decenni, come dici, questa è la prova che quella lingua è viva.
Prima o poi i prestiti linguistici supereranno quelli originali, rendendola inutile. Penso al dialetto trentino: se metà delle parole devono essere prese a prestito dall'italiano, allora tanto vale parlare italiano (e già è così, per le nuove generazioni: i miei nipoti il dialetto non lo sanno, mentre mia madre inventa parole in simil-dialetto, distorcendo quelle italiane). Ma lo stesso si può applicare ad altre lingue locali e minoritarie.

Re: Tutto ciò di cui volete parlare (o lamentarvi) senza distinzioni di argomento

dyskolos ha scritto: Se ti riferisci a tradizione letteraria, sono d'accordo con te perché per me una lingua può non avere tradizione letteraria. Però l'insieme di ciò che dici mi porta a pensare che stai parlando di lingue non culturali, mentre io parlo di lingue romanze culturali.
Non mi riferivo a una tradizione letteraria, ma territoriale. L'inglese, che ho preso ad esempio, non ha una tradizione radicata qui. Ma credo che tutte le lingue siano culturali, almeno nel senso che si legano inevitabilmente a un certo territorio e a una cultura.
dyskolos ha scritto: Allora la domanda sorge spontanea: perché oggi consideriamo lingua internazione l'inglese e non il sardo? Sviluppiamolo come abbiamo fatto con l'inglese! Faccio sommessamente notare che l'inglese è lingua internazionele a partire dalla fine della seconda guerra mondiale: prima era il francese e prima ancora il latino.
La domanda contiene già la risposta. L'inglese è diventato lingua internazionale (e spesso intrusiva) perché gli americani hanno vinto la Seconda guerra mondiale, e ci hanno praticamente invasi (anche se dirlo non sta bene). E anche perché, mentre l'Europa rimetteva pazientemente insieme le sue macerie, loro, con un potere economico poco intaccato dalla guerra, sviluppavano il commercio globale e la tecnologia. Se i sardi avessero fatto tutto ciò, oggi saremmo infastiditi dai termini sardi.
dyskolos ha scritto: Tra le lingue artificiali/pianificate possiamo metterci il silverwillowese ;)
Assolutamente no, non amo le lingue artificiali. Amo le lingue culturali e storiche, ma tutte, non solo la mia. Quel che intendevo è che non importa che lingua si parli, se ci si possono ritrovare gli stessi significati della propria. Mi sa che davvero parliamo di cose diverse.
dyskolos ha scritto: Il prestito linguistico è uno dei meccanismi di cambiamento delle lingue.
Se una lingua (io pensavo soprattutto ai dialetti) ha bisogno di prestiti linguistici per decenni, perché non può creare o diffondere degli equivalenti, allora è morta. Non si sta evolvendo. Se lo fa, sta diventando tutt'altro, che ha ormai poco a che fare con tradizioni, cultura, ecc. L'italiano che parliamo oggi è molto diverso da quello di Dante (per cui servono i sottotitoli) ma non è peggiore, solo diverso. Solo i puristi e i fan dei tempi andati pensano che lingue come il ladino debbano sopravvivere a tutti i costi. Se non servono più, a che scopo accanirsi? L'altra cosa che mi pare di non aver chiarito è che la lingua è spesso usata come pretesto: si lotta per la lingua (perché forse è un argomento più accettabile) e non per i veri motivi di scontento. E non va bene, perché impedisce di capire e risolvere il problema.

Re: Tutto ciò di cui volete parlare (o lamentarvi) senza distinzioni di argomento

dyskolos ha scritto: Posso non essere d'accordo? :)
Puoi e devi. È difficile discutere con chi ha idee identiche.
dyskolos ha scritto: Il problema (si fa per dire :) ) è che la tua lingua materna, cioè solo l'italiano, è in ottima salute e non la minaccia nessuno, ma se un giorno venisse qualcuno dall'esterno e decidesse che l'italiano non debba usarlo più nessuno e che la nuova lingua è (che ne so?) il vietnamita,
La mia lingua materna è il dialetto trentino, che abbiamo sempre parlato in casa (e uso tuttora, anche con mia sorella, che invece col marito e i figli parla italiano). L'italiano l'ho imparato al di fuori, e a scuola. Non la considero la mia lingua madre: è solo quella che serviva per le necessità quotidiane, dal comprare il pane al parlare con estranei (che a loro volta forse parlavano il dialetto a casa). L'ho imparato, e apprezzato, anche e soprattutto leggendo. Così come ho imparato meglio l'inglese leggendo libri e articoli, più che a scuola. A volte ricordo di aver letto di recente un articolo, ma non in che lingua fosse. La parola "casa" mi trasmette la stessa sensazione anche se è scritta "homeland" o "heimat".
Il tuo esempio va un po' oltre la realtà: nessuno ci costringerà mai a parlare il vietnamita da un giorno all'altro, e in tal caso la lingua sarebbe l'ultimo problema, perché significherebbe avere un governo autoritario che calpesta i diritti di base.
L'essere costretti a cambiare lingua è una cosa barbara, il fatto che si disperda un po' alla volta o si mescoli con altre è un processo meno drammatico e spesso inevitabile.
dyskolos ha scritto: Non c'è niente da fare: la tua italianità (cioè la tua cultura) ti starà sempre attaccata addosso come un vestito,
Italianità e lingua italiana non sono per forza la stessa cosa: nell'est dell'Ucraina c'è gente che parla russo ma si sente ucraina per appartenenza culturale. La mia cultura mi rimarrebbe di sicuro attaccata nel pretendere caffè e spaghetti decenti  :P
L'accento sbagliato è normale per ogni emigrante, ma il problema non è un attaccamento culturale, è solo il fatto di dover adeguare l'orecchio a suoni diversi.


dyskolos ha scritto: nessuno ha mai sentito l'esigenza di dire "colonscopia".
ll punto è proprio questo: il mondo avanza, ma i dialetti rimangono fermi. Sfido chiunque a trovare un termine dialettale per "colonscopia". Gli ultimi decenni esulano dalle esperienze di chi parla solo dialetto. Il prestito linguistico, in questo caso, significa che tutto ciò che è stato inventato dal 1950 in poi (probabilmente prima) non ha un corrispondente. Volendo andare oltre, significa che tutto ciò che è moderno non rientra nel linguaggio dialettale. Non perché non sia utile, ma perché è inutile trovare un termine a ciò che lo ha già nella lingua dominante. I dialetti locali sono legati a tradizioni ormai sorpassate nella misura in cui possiedono termini solo per esse.
La settimana scorsa ho visitato un museo etnografico locale con mia madre. C'erano molti oggetti a cui perfino lei faticava a trovare un nome (perché molto specifico di quell'attività e quel luogo), ho dovuto leggerle io le tabelle informative: bastoni per battere il grano, scarponi chiodati (di cui abbiamo discusso lo scopo, ormai incerto). Sono tutti termini dialettali per descrivere oggetti e attività specifiche. Adesso non solo quell'utilità l'hanno persa (i diplomati in agraria usano termini moderni) ma spesso è difficile perfino capire l'utilità di un certo oggetto, senza aiuto. Questo intendevo con tradizioni che non è un dramma perdere: le persone che usavano abitualmente quei termini dialettali, ora in estinzione, lavoravano dodici ore al giorno, e morivano in media a quarant'anni.
dyskolos ha scritto: I cartelli stradali sono particolarmente importanti perché compongono il paesaggio linguistico rendendo chiaro che lì si parla anche un'altra lingua (oltre all'italiano).
Perdonami anche tu, ma per me l'importanza dei cartelli stradali è quella che gli si dà. Se permettono di arrivare a destinazione e non perdersi, per me hanno già fatto il loro dovere. Se sono bi o trilingui, meglio ancora. Quel che volevo dire è che spesso dietro a queste rivendicazioni concrete c'è un risentimento di fondo, che nessun cambio di segnaletica può aggiustare.

Re: Tutto ciò di cui volete parlare (o lamentarvi) senza distinzioni di argomento

dyskolos ha scritto: Spero che non ti sia data anche tu al femminismo :) A posto siamo! :P
È una conseguenza logica che la necessità delle donne di rendersi il meno desiderabili possibile sottintenda un'incapacità maschile di controllo razionale sui propri istinti, rendendoli non diversi dagli animali. Ma non sarò mai femminista. Anzi, mi dà sempre fastidio il "prima le donne e i bambini". I bambini lo capisco, perché sono più indifesi, ma le donne? Perché una donna dovrebbe avere la precedenza su un uomo, in caso di emergenza?
dyskolos ha scritto: Le lingue minoritarie sono importanti, prima di tutto, perché trasportano un patrimonio culturale e non possiamo perderlo. Sono le lingue che i nostri antenati parlavano tempo fa quando l'italiano non esisteva o non era conosciuto. Oggi dovremmo proteggere, oltre alle pietre, le lingue non-ufficiali.
Ho parlato altrove del ladino, e del tentativo di mantenerlo vivo (accanimento terapeutico, per me). Io ho un'idea un po' diversa: la cultura si trasmette tramite valori condivisi, tradizioni, caratteristiche geografiche, gastronomiche, di abbigliamento, ecc. per distinguersi dagli altri e mantenere il senso di comunità. La lingua è importante ma non essenziale. Si possono esprimere benissimo le stesse cose anche in altre lingue. Si possono esprimere anche senza parlare affatto.
dyskolos ha scritto: Poi dovrebbe mettere i cartelli stradali bilingui.
Mi ricorda gli autonomisti altoatesini, e le loro proteste per cambiare i nomi (già bilingui) tradotti male. Per me è evidente che non è il cartello il problema. Se anche li accontentassero, troverebbero qualcos'altro.
Cheguevara ha scritto: Neanche io mi rammarico, solo che è come perdere il passato, e la cosa mi rattrista.
Il passato rimane in altre cose. La lingua è la meno importante (anche se per altri lo è, tanto che ne sono nate guerre). Se il dialetto trentino scomparisse, non avrei nessun rimpianto. La lingua è solo un mezzo per comunicare, se può raggiungere più persone (con l'inglese si riesce a comunicare con gente di quasi tutto il mondo) allora è buona, non importa che non abbia una tradizione. Il passato è troppo spesso idealizzato. Non si stava meglio quando per scaldarsi bisognava rompersi la schiena a spaccare legna, o per mangiare bisognava spendere ore nei campi e in cucina. I dialetti locali sono legati a tutto ciò, così come alla diffidenza verso il tizio della valle o del paese accanto (che c'è ancora, anche se su scala nazionale). Il senso di perdita è quello di quando si butta un giocattolo dell'infanzia, o un cimelio arrugginito del bisnonno: è un caro ricordo, ma a essere realistici non serve a niente.
dyskolos ha scritto: o non dico che la lingua deve rimanere sempre uguale, ma mi dà fastidio che oggi i motori del mutamento lingustico siano Facebook e gli altri social. Ormai si usa un linguaggio sempre più "feisbucchizzato" :) Per esempio oggi le cose non si raccontano più, ma si condividono.
Questo sì dà fastidio anche a me, ma solo perché è un linguaggio inventato lì per lì, senza nessuna base, come se ogni "influencer/blogger/tiktoker" si sentisse in diritto di coniare parole a piacere. Cioè, noi comuni mortali abbiamo impiegato secoli a coniare e dare senso alle parole, ma arrivano questi e tirano fuori parole inesistenti che poi diventano virali. Verrebbe da inventare una parola apposita per mandarli a quel paese in modo creativo. Ma sono fenomeni passeggeri, pochi di quei termini inventati saranno comprensibili tra vent'anni.
M.T. ha scritto: Il nostro governo viene tanto criticato, ma occorre riconoscere che quello che aveva provato a fare con la piccola Indi era una cosa giusta; magari era un modo per farsi pubblicità, magari, vista la malattia, non sarebbe servito, ma si poteva tentare di fare qualcosa. Purtroppo, causa istituzioni inglesi, non è stato possibile.
Al di là del governo o dei motivi, l'offerta italiana si doveva accettare. Se non altro per dare pace ai genitori, che avrebbero potuto almeno dire a se stessi di aver provato proprio tutto, e non lasciarli col dubbio, o con la rabbia verso il governo inglese che gli ha negato anche l'ultima speranza.

Re: Tutto ciò di cui volete parlare (o lamentarvi) senza distinzioni di argomento

Cheguevara ha scritto: e già quando ero ancora giovane mi rendevo conto che quelli della mia generazione non conoscevano il significato di termini e modi di dire a me noti, per via che li avevo appresi
I dialetti stanno scomparendo. Io lo parlavo in casa, ma era già molto italianizzato. Per molti termini non c'era un equivalente, e toccava usare l'italiano, per altri si usava comunque una versione molto diversa dal dialetto stretto dei miei nonni e prozii. Negli ultimi decenni la cosa è peggiorata, con l'introduzione di termini stranieri, o termini tecnici moderni che in dialetto non sono mai stati tradotti. Per molti è un male, ma a me pare invece che parlare la stessa lingua renda più facile la comunicazione e i buoni rapporti, quindi non mi rammarico più di tanto della loro inevitabile scomparsa.

Re: Tutto ciò di cui volete parlare (o lamentarvi) senza distinzioni di argomento

Cheguevara ha scritto: Quindi, secondo me, il popolo palestinese merita Hamas e le conseguenze del suo comportamento, anche se, sotto il profilo etico, nessun palestinese dovrebbe morire per questo, che sia uomo, donna, bambino o anziano.
Siamo d'accordo: il fatto che una maggioranza abbia sostenuto un regime criminale, non significa che ucciderli in modo indiscriminato sia moralmente giustificabile. Il mondo non è bianco o nero, ma per distinguere le sfumature serve gente competente. I militari israeliani, ad esempio, sanno che ci sono basi di Hamas sotto gli ospedali, ma si fanno problemi a bombardarli (e deve essere normale per un paese "civile"). Questo da solo sottolinea la differenza con Hamas, che invece usa la sua gente come scudo.
Cheguevara ha scritto: Sul fatto che, in una guerra, i motivi economici vengano dopo quelli politici, avrei seri dubbi: per esempio, in Ucraina esistono enormi giacimenti di materie prime, oltre a sterminate distese agricole, su cui i russi mirerebbero, con l'operazione speciale, a mettere le mani.
Mi sono espressa male. I motivi economici sono spesso all'origine dei conflitti, ma quando durano da un anno e mezzo e non si arriva da nessuna parte (con grosse perdite economiche e poche prospettive di vittoria) cosa spinge a insistere, se non la politica?
dyskolos ha scritto: Addirittura in Sicilia, fino a tempi recenti, le donne in età da marito portavano i capelli lunghi sciolti sulle spalle, poi appena si sposavano li raccoglievano dietro la nuca perché ormai l'effetto afrodisiaco non serviva più, avevano già dato :)
Anche qui da me, nei secoli scorsi, le vedove indossavano un velo/fazzoletto, ma solo per mostrare la loro condizione. Se anche le ragazze nubili avevano i capelli sciolti, nessuno le aggrediva per questo (non più della media). Non è una questione di capelli, ma culturale. Sostenere che gli uomini, poveretti, abbiano difficoltà a controllarsi in presenza di una donna coi capelli sciolti vuol dire equipararli ad animali, offendendo così entrambi i sessi. Ma le mentalità più misogine non sembrano neanche accorgersene...
dyskolos ha scritto: Alcune lingue e dialetti parlati in Italia hanno un'origine romanza (neolatina), altri sono fondati sul gallo-italico. Per lo più, le lingue e i dialetti gallo-italici si parlano al Nord, mentre quelli romanzi (evoluzioni del latino) si parlano per lo più al Sud.
Qui in Trentino si parla un dialetto derivato dall'italiano (tranne in alcune valli isolate o confinanti con l'Alto-Adige). Io capisco abbastanza il veneto e gli altri dialetti nordici, meno quelli del sud (anche se con la stessa origine linguistica) di cui mi sfuggono molti termini. Ma è solo questione di abitudine.
Cheguevara ha scritto: Secondo me, per i dialetti ci vuole, dicevo, orecchio, come per la musica: per esempio non conosco note e accordi, ma strimpello la chitarra e suono discretamente l'armonica a bocca. Credo che esista un collegamento.
Sì, è come per la musica. Se uno ha orecchio per i suoni lo ha anche per le diverse lingue e dialetti, e li impara più facilmente (avendone l'occasione).

Re: Tutto ciò di cui volete parlare (o lamentarvi) senza distinzioni di argomento

Cheguevara ha scritto: Tutti i popoli sono responsabili dei governanti cui consentono di esercitare il potere, e i palestinesi non fanno eccezione, come non fanno eccezione gli israeliani che hanno consentito a un fascista corrotto come Netanyahu di governare per decenni.
Fino a un certo punto: ci sono molti oppositori di Netanyahu (abbiamo visto le proteste recenti) così come c'erano nella Germania nazista, e come sono certa ci siano a Gaza. Ritenerli tutti complici, e bersagli legittimi, è sbagliato. Non hanno colpe gli israeliani massacrati (molti erano addirittura attivisti umanitari, e con ogni probabilità non hanno votato Netanyahu) come non ce l'hanno i bambini di Gaza (ancora estranei alla logica dell'odio che governerà le loro vite). 
Cheguevara ha scritto: Credo che il problema principale siano le economie di mercato. Ogni paese ha i suoi interessi economici, che finiscono per condizionare scelte e programmi in ogni ambito, incluso quello militare. Esempio lampante: la Turchia membro della NATO.
Nel momento in cui scoppia una guerra, ci rimettono tutti quelli che hanno rapporti coi paesi coinvolti, quindi sul piano economico non conviene a nessuno. La Russia sta forse guadagnando dall'invasione? No, quindi i motivi economici vengono dopo quelli ideologici e politici.
dyskolos ha scritto: Quasi tutte considerano il velo una forma di protezione verso loro stesse, ma solo dopo una certa età.
La ragazza in questione aveva circa 25 anni, e viveva qui già da un po', ma era convinta dell'inferiorità della donna, e del suo bisogno di proteggersi da uomini musulmani circoncisi sempre pronti al sesso, specie vedendo i capelli di una tizia (non sono un uomo, ma non capisco quale effetto afrodisiaco possano avere i capelli). Farle notare che anche gli ebrei e molti italiani sono circoncisi l'ha mandata per qualche secondo in confusione, e credo mi abbia resa antipatica. È diverso da un orecchino o una fascia, è una convinzione mentale che stravolge la normale esistenza di una persona, portandola a credere cose che non sono vere, o ad accettare cose che la danneggiano. Io sono aperta a tutte le culture, ma non riesco a passare sopra i diritti umani di base.
dyskolos ha scritto: Comunque a me personalmente il niqab e il burkini vanno bene, e così gli anelli al naso o alle orecchie e altre forme di autocostrizione, purché non imposti con la forza.
ll problema è che spesso, in una cultura oppressiva, è difficile stabilire cosa si fa volontariamente o no
M.T. ha scritto: Perché non pensa quanto sarebbe meglio se non portasse il velo, quanto sarebbe più libera, invece di sottostare a una cultura maschilista che sminuisce e schifa la donna?
Quando cresci in una cultura in cui portare il velo è non solo normale ma moralmente buono (il fatto che sia imposto dalla legge è secondario) ti senti buono se lo fai e cattivo se non lo fai. Noi riteniamo cattivo uccidere un cucciolo qualsiasi: per quelle donne non mettere il velo è come ammazzare un cucciolo, è estraneo al loro sistema morale.
M.T. ha scritto: Sarebbe meglio che si muovessero a cominciare a usare la testa.
Sarebbe buono dismettere le ipocrisie, il dire "dobbiamo essere tutti fratelli e tutti in pace". Non è così, ci sono persone, e interi stati, che la pace non la vogliono. Bisogna adeguarsi a questo.

Re: Tutto ciò di cui volete parlare (o lamentarvi) senza distinzioni di argomento

Cheguevara ha scritto: Recentemente ne abbiamo visti migliaia radunarsi nelle piazze dell'Italia e di tutto il mondo occidentale, a manifestare in favore dei macellai di Hamas. Io prenderei a calci non tanto loro, quanto i vari imam venuti anche a dibattere in tv , nessuno dei quali ha ritenuto di dover condannare apertamente Hamas e le altre organizzazioni jiadiste.
Ci ho fatto caso anch'io. A domande dirette, rispondono sempre in modo generico, evitando con cura di condannare chicchessia, ma richiamando vagamente alla pace (un film già visto). Se io fossi un imam, e qualcuno perpetrasse massacri orrendi in nome del mio dio, sarei la prima a inca**armi. Non capisco perché non succede, così come non capisco perché gli abitanti di Gaza sostengano ancora un'organizzazione che li ha messi volontariamente in pericolo e non li aiuta in nessun modo.
Io ho conosciuto diverse persone di fede islamica, e tutte ben integrate. Una ragazza egiziana cercava di convincermi sull'importanza del velo, perché ci credeva. Ho ascoltato volentieri il racconto di alcune tradizioni del suo paese, e anche il suo punto di vista sulla questione femminile nel mondo islamico (lontanissimo dal mio). Ho cercato con diplomazia di farle notare ciò che non mi pareva logico, ma ho trovato un muro, e ho lasciato perdere.
Quando sono andata in Iran, al momento di salire sull'aereo ho esaminato in automatico gli altri passeggeri: per lo più donne o famiglie tranquille. Un uomo da solo mi avrebbe messa in ansia, e mi sono sentita in colpa per questa analisi un po' paranoica.
C'è una guerra di civiltà in corso. Ogni tanto succede qualche strage, o qualche episodio antisemita, ma dopo qualche giorno nessuno ne parla più e ci si scorda. La guerra si disperde tra paesi arabi, Russia e Cina (quelle in Africa hanno forse motivi più locali), ma tutti hanno un interesse comune: cambiare gli equilibri di potere mondiali e, possibilmente, cancellare le democrazie. Prima se ne accorgono ai vertici e prima si potranno prendere le contro-misure giuste, non come le ultime settimane, dove ognuno ha espresso posizioni diverse.

Re: Tutto ciò di cui volete parlare (o lamentarvi) senza distinzioni di argomento

M.T. ha scritto: Forse parlare di attentati adesso non è molto popolare, ma occorrerebbe ricordare che alle volte l'unico modo per agire contro i regimi oppressivi è la ribellione.
Io sono contraria per principio a chi fa esplodere le cose, ma in questo caso è un simbolo, ed è stato ripreso da un film che è entrato tra i miei preferiti: V per vendetta. Una distopia dove il killer indossa la maschera di Guy Fawkes, lottando per la libertà da un regime oppressivo. Il film pone il tema della libertà e i molti dubbi morali che la accompagnano, anche se trasposti in una realtà futura distopica. Vale la pena guardarlo.
dyskolos ha scritto: Anch'io avevo scritto quella cosa sul "qualunque cosa…". Forse non riesco a farmi capire. Mea culpa.
Io l'ho letto, e credo di averlo capito: ci saranno comunque terroristi a fare stragi. Ma non possiamo basarci su quello, così come non possiamo non avere un ombrello nel caso che piova. Il peggio va sempre previsto, ma non deve condizionare le decisioni importanti, questo è quel che intendevo.
dyskolos ha scritto: Solo per dire che il razzismo esiste ovunque. Se vai nei paesi sub-sahariani addirittura i bianchi (minoranza) sono detti scherzosamente (ma non tanto) "mozzarelle".
Esatto, c'è ovunque. I tunisini ad esempio sono razzisti con quelli dei paesi sudafricani. Possiamo farci qualcosa? Non al momento, ma si può lavorare sulle cause (riusciamo a creare intelligenze artificiali e mandare sonde su Marte, dobbiamo riuscire a fare a anche questo).
dyskolos ha scritto: Vedere la bandiera del nuovo stato di Israele/Palestina che sventola insieme alle altre bandiere europee sarebbe un sogno. Utopia? Molto probabilmente sì.
No, perché? È solo un popolo che ha ancora difficoltà politiche locali, e ancora di più internazionali, quindi ha problemi a entrare in certi circuiti (che non sono solo artistici, ma anche economici). Se la situazione si risolvesse una volta per tutte, fra qualche anno vedremo cantanti palestinesi (anche solo per promuovere chi avrà avuto il merito della pace) all'Eurovision. E sarà la canzone che avrò ascoltato più volentieri nella mia vita (anche se facesse schifo).
dyskolos ha scritto: Cioè, non credo che un eventuale figlio tuo diventi un estremista
Un eventuale figlio mio avrebbe forse altri problemi mentali  :P ma non il fanatismo. I bambini si fidano del giudizio di chi li accudisce, quindi se hai dei genitori arrabbiati e fanatici avrai buone probabilità di diventarlo, oppure di essere in totale contrasto con loro (perché, diciamocelo, a volte i genitori rompono) ma senza altre figure (come gli insegnanti) che ti diano visioni alternative è difficile uscirne. Per questo, secondo  me, è molto importante il lavoro dei volontari stranieri che vanno nelle scuole o tengono corsi extra: sportivi, artistici, ecc. Loro possono avere una buona influenza su bambini altrimenti abbandonati a sé stessi, o destinati a seguire una brutta corrente.

Re: Tutto ciò di cui volete parlare (o lamentarvi) senza distinzioni di argomento

Cheguevara ha scritto: Il martire si fa saltare in aria perché l'hanno convinto che così finirà dritto fra le braccia di Allah, con una dotazione di settanta vergini.
Io non ho ancora capito se le donne martiri avranno settanta Brad Pitt, o se l'opzione non è neanche contemplata. Mi piacerebbe molto chiederlo a un Imam, se ne avessi occasione, ma temo che mi manderà a quel paese  :lol:

Cheguevara ha scritto: Scarsa intelligenza, cultura prossima a zero, facile manipolabilità, sono caratteristiche fondamentali del perfetto terrorista.
Infatti è soprattutto l'ambiente in cui si cresce che entra in gioco. Allevare bambini manipolandoli, mantenendoli in una voluta ignoranza e infarcendoli di nozioni distorte, o addirittura suicide, dovrebbe essere un reato perseguito, come crimine contro l'umanità. Ma non si riesce a punire neanche quelli più gravi e lampanti, quindi dubito che succederà mai.


dyskolos ha scritto: Così l'odio cresce.
L'odio sta crescendo lo stesso, a livelli mai visti (almeno da me), quindi qualunque cosa si faccia non verrà sradicato. Ma si può forse sperare di eliminarlo in un futuro prossimo, con le azioni giuste.
dyskolos ha scritto: Mi viene in mente anche il modello finlandese, dove in un singolo stato (la Finlandia) convivono pacificamente due popoli: i Finlandesi e i Sami. Anche qui (non solo in NZ) siamo in presenza di un paese che da decenni è in cima alle classifiche di qualità della vita.
La Finlandia francamente rompe un po', perché è sempre migliore di noi in tutto  :rolleyes:  Ma, riguardo al popolo Sami, in Svezia (altrettanto antipatica nelle classifiche) ci sono stati invece episodi di razzismo mascherato, con donne di etnia Sami sterilizzate a forza (o quantomeno senza che fossero davvero consapevoli delle conseguenze). Il razzismo non è estraneo da nessuna parte, alcuni riescono solo a mascherarlo meglio. Che poi siano migliori in altre cose, come l'ambiente, la qualità della vita o l'efficienza li rende di sicuro meglio di noi italiani (che non possiamo vantare neanche quello).
dyskolos ha scritto: Gli adulti hanno fallito e dovrebbero smettere di proporre nelle scuole ai bambini palestinesi cose come "Se in un posto ci sono venti ebrei israeliani e ne uccido cinque, quanti ne rimangono vivi?"
Anche senza cose così esplicite, i bambini assorbono l'atmosfera famigliare: se d'abitudine si parla male di qualcuno o di un gruppo di persone, i bambini forse non capiranno il perché, ma tenderanno a fare proprio il giudizio di quelli di cui si fidano e ad adeguarsi. 
dyskolos ha scritto: Anche all'Eurovision Song Contest partecipa essendo considerato uno stato europeo. Mi fa piacere, okay, ma al prossimo ESC, come segno di distensione, presenti un cantante arabo-palestinese.
A me fa piacere che partecipino anche stati extraeuropei, e non ho niente in contrario con la partecipazione arabo-palestinese. Ma non la vedrei come una questione politica. Hanno dei festival per selezionare i cantanti, come il nostro Sanremo? Il governo palestinese ha dei fondi stanziati per la cultura, per mandarceli? Non è sempre questione di idee, spesso in queste cose entrano le incombenze pratiche e finanziarie.
dyskolos ha scritto: concludendo al terzo posto e scalzando ingiustamente (almeno secondo me) l'Italia con Marco Mengoni nella bellissima "due vite", classificata al quarto posto.
Risulterò antipatriottica, ma la canzone di Mengoni a me non piaceva. Per compensare, quella israeliana neanche l'ho ascoltata  :P 

Re: Tutto ciò di cui volete parlare (o lamentarvi) senza distinzioni di argomento

dyskolos ha scritto: Quello che mi chiedo io è come mai le cose in passato si riusciva a farle e oggi non più.
Perché in passato la mancanza di diritti era normale. Le questioni si risolvevano facilmente, ma perlopiù con la forza. Oggi non è più accettabile (e per fortuna, direi).
dyskolos ha scritto: Per come la vedo io, nel mondo moderno non si può fare più perché oggi è diventato più complesso di una volta. Cerco di spiegarmi con qualche esempio.
Tutte queste persone potrebbero essere risarcite: al negozio possono essere tolte le tasse e l'affitto per un tot di anni, finché non ingrana. La studentessa può benissimo studiare altrove (se la stessa facoltà non c'è, si può creare). Il pescatore pescherà qualcos'altro, anche lì con finanziamenti per il cambio di attività o per fare un corso apposito su nuove tecniche. Non puoi risarcire la perdita dei luoghi familiari o delle amicizie, ma puoi sottolineare il vantaggio collettivo e personale: quel negozio, quella scuola e quel peschereccio nessuno li bombarderà. Potranno vivere in un appartamento privo di bunker o camere di sicurezza. Non aumenterebbe l'odio, nella misura in cui il governo (non quello di Netanyahu o di Abu Mazen, ne servono di nuovi) saprà convincere tutti che si è raggiunta una pace storica e una grande occasione per il futuro, che vale più di ogni preoccupazione personale.
Ma la mia idea dei due stati non esclude che chi si verrà a trovare in territorio straniero possa restarci (a suo rischio, finché la situazione non si stabilizza). Una volta trovata una soluzione che vada bene a tutti, non vedo motivo per cui i due popoli non possano convivere anche parzialmente mescolati, secondo il modello neozalendese che riporti, o altri.
dyskolos ha scritto: Metti che c'è un bambino che frequenta la scuola elementare a Eilat. Gli dici che deve abbandonare gli amichetti d'infanzia? Ottima idea per una buona integrazione! Non c'è male :-)
Io ho cambiato più scuole, e mi sono integrata sempre. I bambini sono molto più intelligenti e adattabili di noi. Basta spiegargli con chiarezza cosa succede, e l'accetteranno meglio degli adulti.
dyskolos ha scritto: Non santificherei gli Inglesi di allora. Tutti capiscono il linguaggio dei soldini, persino i fondamentalisti islamici… Prova solo a mettere qualche miliarduccio nelle mani di un estremista islamico e a chiedergli qualcosa in cambio (anche poco), poi torni da me e mi racconti.
Non santifico gli inglesi, per carità. Ma quando gli imperi coloniali hanno iniziato a dissolversi si sono resi conto che comunque erano troppo complicati e dispendiosi da mantenere, non ci si sono attaccati con le unghie. Gli estremisti sono un sistema più complicato: ci sono quelli che sfruttano le situazioni scomode e il fanatismo altrui per starsene comodi in hotel a 5 stelle, e ci sono quelli che in certe idee credono davvero. Questi ultimi purtroppo sono la maggioranza, e sono più pericolosi: la loro massima aspirazione è diventare martiri, ammazzando il nemico di turno (e mi pare che tutto il resto del mondo sia un potenziale nemico).
No, gli estremisti veri non si fanno corrompere, hanno un'assoluta certezza nelle idee di morte che affermano. È paradossale, ma mi fa meno paura uno che puoi corrompere col semplice denaro: almeno risulta umano, e comprensibile, anche se condannabile.
dyskolos ha scritto: Non si sapeva nulla dei nuovi arrivati. L'ostilità verso lo straniero era massima e giustificata, eppure Siciliani, Arabi ed Ebrei convivevano in una sostanziale pace tutti insieme
Secondo me i problemi e i saltuari scontri c'erano anche allora. Forse non ne è rimasta memoria solo perché non sono stati ritenuti abbastanza importanti da essere tramandati.
Non voglio essere pessimista, ma alcune situazioni il pessimismo te lo tirano fuori...

Re: Tutto ciò di cui volete parlare (o lamentarvi) senza distinzioni di argomento

dyskolos ha scritto: Io proporrei una mega-conferenza di pace a cui parteciperebbero tutti i paesi arabi attorno e altri. In questa conferenza ognuno dovrebbe mettere un masso sul passato e ricominciare da capo, con opportune compensazioni ed equilibri. Per esempio e per semplificare le cose, Israele potrebbe rinunciare alle alture del Golan e la Giordania potrebbe rinunciare definitivamente alla Cisgiordania e cederla al nuovo stato rifondato di Israele/Palestina, ma (ripeto) tutto dipenderà dagli accordi di questa mega-conferenza di pace.
Se c'è la volontà, le cose si fanno facilmente. Un pezzo di terra in più o in meno non cambia la vita. Quella dei due stati mi pare comunque l'opzione più realistica, e più sicura per tutti, al momento. Qualche israeliano e qualche palestinese dovrà spostarsi, ma si è già fatto in passato senza drammi, e si possono prevedere compensazioni monetarie e aiuti con la casa e il lavoro (riducendo magari le spese per le armi, che servirebbero meno). Il problema principale è che non vedo una volontà: i palestinesi intervistati non rivendicano mai un loro stato, ma la cacciata/distruzione degli occupanti israeliani. Che abbiano ragione o no, non si può iniziare nessuna trattativa su queste basi.
dyskolos ha scritto: Eh, no, caro mio signore della guerra, c'è sempre un diritto internazionale da rispettare e diritti umani da garantire.
Mi pare che si stia facendo poco, non dico per risolvere la situazione (che oggettivamente è complicata), ma anche per i diritti. Israele ha bisogno degli USA, quindi Biden dovrebbe alzare la voce, non solo per permettere gli aiuti (cosa che mi pare stia facendo decentemente) ma per limitare i bombardamenti israeliani (non si può ammazzare cinquanta civili per far fuori un solo terrorista, è una follia, come bruciare un'intera casa solo perché ci è entrato uno scarafaggio...).
dyskolos ha scritto: Oggi la NZ è un paese multietnico sostanzialmente in pace e le statistiche ci dicono che è uno dei luoghi del mondo con la migliore qualità della vita. Le culture, quando si mescolano, producono ottimi frutti.
Sì, ma ci vuole un minimo di apertura da entrambe le parti. Gli inglesi, con tutte le loro colpe di colonialisti, sono gente che ragiona e con cui si può parlare. I fondamentalisti islamici no. A meno che per miracolo non esca fuori un leader palestinese carismatico e davvero interessato al benessere della sua gente, non ci sono interlocutori.
dyskolos ha scritto: Considera che allora l'ignoranza si tagliava col coltello e l'analfabetismo raggiungeva il 98% della popolazione. Com'è che oggi, che siamo tutti allittrati, non riusciamo a fare nulla del genere?
L'ignoranza non è sinonimo di intolleranza. Facevo più su l'esempio di mia madre (che vale per tutte le valli trentine degli scorsi secoli): si convive benissimo anche con lingue, religioni e tradizioni diverse, perché siamo tutti umani, e abbiamo tutti più o meno gli stessi problemi.
Se israeliani e palestinesi, dopo settant'anni, non ci sono riusciti, evidentemente il problema va al di là. Poi non vale per tutti: molti israeliani (specie quelli dei kibbutz, che per ironia del destino sono stati quelli presi di mira) sono per la pace e l'integrazione. E molti palestinesi in Israele si trovano bene e vivono le loro vite tranquillamente. È il fanatismo, e la violenza che ne deriva, a rendere impossibile l'integrazione. Per questo il fanatismo è una delle cose che proprio non sopporto, avvelena per sempre tutto ciò che tocca.

Re: Tutto ciò di cui volete parlare (o lamentarvi) senza distinzioni di argomento

dyskolos ha scritto: So che sono entrambe utopie, ma ritengo che, se ragioniamo nell'ottica della pace, la diplomazia deve intervenire (se ha ancora un senso) e rifondare lo stato di Israele/Palestina (poi sceglieremo un nome) come avvenne malamente alla fine della seconda guerra mondiale. Uno stato multietnico, laico, con libere elezioni a cui parteciperebbero tutti i cittadini di tutte le culture, un solo parlamento, una legge comune e due lingue ufficiali (arabo ed ebraico). Parlo di un solo stato e non di due perché "due stati" implicherebbe un trasferimento (deportazione?) di popoli, invece un solo stato permetterebbe a tutti di vivere nella propria terra.
Dopo la seconda guerra mondiale, sono stati ridisegnati molti confini con la forza: milioni di tedeschi, slovacchi, ungheresi, polacchi, ecc. hanno dovuto lasciare le loro case e migrare. Si sono adattati, non hanno iniziato una lotta armata, sebbene fosse una palese ingiustizia.
Il problema secondo me non è la terra: meglio ricominciare da zero altrove che dover vivere costantemente nella paura. La storia è piena di popoli costretti a spostarsi, non capisco davvero perché in questo caso non si riesca a mollare l'osso, e preferiscano tutti mantenere uno stato di cose che non permette una vita normale a nessuno.
La soluzione dei due stati è stata sempre respinta. Quella di uno stato solo era irrealistica dal principio, perché gli scontri tra arabi e israeliani sono iniziati molto prima del '48 e della proposta Onu dei due stati. Non c'è mai stata un'ottica della pace, e in questi giorni vedo riemergere un odio che non pensavo neanche potesse esistere, e che personalmente non capisco. Senza contare che la questione dipende molto anche dai paesi attorno, e che l'unico spiraglio di speranza raggiunto con tanta fatica (gli accordi di Abramo) è stato fatto naufragare, apposta, dai terroristi. I paesi arabi attorno non vogliono la pace, ma l'annientamento, e non c'è un'autorità palestinese forte e riconosciuta che possa imporsi e mediare. La diplomazia internazionale può (e deve) intervenire sulle conseguenze, come gli ostaggi israeliani, i civili di Gaza massacrati, o gli aiuti umanitari, ma non può fare altro.
L'Alto Adige, se potesse, voterebbe per un'annessione all'Austria, ma nessuno, nemmeno durante l'oppressione fascista, ha preso in mano le armi. E l'Austria non ha mai mandato armi, né soldati o agitatori. La guerra ha costi altissimi per tutti, anche i vincitori, solo i fanatici la prendono in considerazione come mezzo politico. E questi ultimi non si possono indurre a trattare secondo la ragione e il vantaggio per i loro popoli, perché hanno un sistema di valori diverso dal nostro.
dyskolos ha scritto: Addirittura quella legge prevedeva l'ufficializzazione della lingua dei Maori e oggi la NZ ha due lingue ufficiali: inglese e maori; e i Maori vivono dove hanno sempre vissuto. A livello internazionale, la NZ presenta squadre nazionali di rugby formate quasi solo da Maori, sia in campo maschile (All Blacks) sia in campo femminile (Black Ferns). Nel breve video di una haka al femminile che ti metto sotto, la bandiera che all'inizio la giocatrice Maori depone con cura per terra non è la bandiera dello stato della NZ, ma quella del popolo maori
Mi pare che la cosa dimostri solo che l'identità locale, se libera di esprimersi, prevale sull'imposizione coloniale. Ma ogni situazione di questo tipo (il colonialismo ha fatto un sacco di danni) è diversa. Nel caso di Israele non c'è stato un colonialismo, a parte la breve parentesi del mandato britannico. È una situazione molto più complicata.
dyskolos ha scritto: Appunto! Se, come dicevo sopra, la diplomazia internazionale ha ancora un senso, allora dovrebbe andare nella direzione del "due popoli, uno stato".
Io non vorrei essere catastrofista, ma gli assalti agli aerei israeliani, le stelle di Davide e le svastiche comparse in giro per l'Europa, nonché le molotov contro le sinagoghe mi fanno dubitare che ci potrà essere una soluzione diplomatica e basata sulla razionalità.
M.T. ha scritto: Non c'è mai fine all'imbecillità umana?
Mi sa di no (Einstein diceva: due cose sono infinite, l'universo e la stupidità umana, ma sull'universo ho ancora dei dubbi). La vita è difficile, e fa sempre comodo un nemico a cui addossare tutte le colpe, chiunque sia.
M.T. ha scritto: Per protesta, Zerocalcare, vista la situazione attuale e visto chi patrocina il festival, diserterà Lucca Comics. E tocca accettare che quelli che ragionano di più sulla questione non sono i politici.
Non sono una sua fan (più che altro perché non leggo fumetti) ma conosco le sue idee, e mi pare che questa sua decisione sia in contrasto con esse, e che alimenti inutili divisioni più che esprimere solidarietà (verso cosa poi? i due artisti israeliani a cui è dovuto lo sponsor non sono responsabili di niente)
M.T. ha scritto: Nel 2034, se ci saremo ancora, i Mondiali di calcio si terranno, come già detto, in Arabia Saudita. Infantino asservito ai soldi arabi. Vergogna.
2034? Di questo passo, chi ci arriva?  :D 

Re: Tutto ciò di cui volete parlare (o lamentarvi) senza distinzioni di argomento

dyskolos ha scritto: Straordinaria! Fossero tutti come lei, avremmo risolto almeno l'80% dei guai del mondo. Quando verrò a Trento, le porterò un vassoio di cannoli stracolmi di ricotta così anche lei prenderà qualche chilo e sarà felice. Se poi ti farai viva (come spero), ci sarà un vassoio anche per te :-)
Avremmo risolto i guai derivati dall'egoismo, dalla maleducazione e dalla mancanza di buon senso, ma poco altro.
Questa è la mentalità in questione: nessuno morirà di fame, a nessuno mancheranno cure essenziali, una casa e degli abiti presentabili, puliti e stirati, nessun vicino sarà disturbato da rumori molesti, nessun impiegato resterà senza un "per favore" e un "grazie" (anche se fosse un cafone), tutto il resto può benissimo non esistere.
Lei comunque i suoi chili in più li ha già (perché la stessa filosofia vuole che non si butti mai il cibo) ma io i cannoli li accetto volentieri (ne ho mangiati di buonissimi a Messina, niente a che vedere con le imitazioni delle nostre pasticcerie). Se passi dalle mie parti, contattami :lol: 
dyskolos ha scritto: Se nei secoli scorsi e poi col sionismo gli Israeliani non avessero invaso la Palestina
La situazione è molto, ma molto più complicata. La Palestina non è mai esistita. C'era l'impero ottomano, sotto cui vivevano arabi ed ebrei (e forse era meglio tenercelo l'impero ottomano, a questo punto). Questi ultimi si erano trasferiti lì soprattutto all'inizio del Novecento, non solo (come credevo) spinti dai progrom in giro per l'Europa prima, e dalle leggi naziste poi, ma perché cacciati o tormentati anche in molti paesi arabi, come la Libia. Metto sotto spoiler un post facebook  (non sono riuscita a trovare l'articolo originale, né a mettere un link al post) che riporta le impressioni di un'italiana ebrea nata in Libia e con un cognome arabo (a me interessano sempre questi punti di vista misti e spesso più ampi): 
| di Claudia Hassan | Sono ebrea e Il mio cognome è arabo perché mio nonno veniva da Tripoli, Libia. È anche morto a Tripoli, per un infarto, quando dopo tanti anni è tornato per vedere cosa fosse rimasto di ciò che aveva avuto un tempo. Era partito prima che gli ebrei scappassero in massa. Gli ebrei tripolini hanno un’identità piuttosto netta. Fanno una strana gara per chi cucina l’ahraimi più piccante e dicono una marea di parolacce rigorosamente in arabo. Chi si sposa un tripolino sa che avrà una suocera ingombrante, il mix con l’Italia diventa definitivo. Le comunità ebraiche sono animate anche dai Libanesi che mischiano arabo e francese, parlano mediamente 5 lingue, sono innamorati della bella vita ma con un tocco di tamarindo. È il turno degli ebrei iraniani. Anzi no, persiani. Quando ero piccola la loro appartenenza alla terra d’origine era talmente forte che hanno cercato di ricreare un piccolo angolo di Teheran o Mashhad in ogni città in cui formavano una comunità. mangiavano cibo persiano, vendevano tappeti persiani, parlavano ai propri figli in persiano, si sposavano tra persiani. Qualcuno li definiva “chiusi” ma forse erano solo innamorati di una cultura millenaria dalla quale erano stati brutalmente allontanati. Queste persone sono quasi tutte figlie di fughe da paesi arabi o a maggioranza musulmana dai quali sono stati cacciati o dove non si sono sentiti più sicuri. Hanno cambiato paese e ciascuno con le proprie possibilità, spesso partendo da zero, hanno creato un presente molto diverso ma ancora animato dai profumi di infanzia. Nessuno di loro ha cercato di vendicarsi Nessuno di loro ha deciso di diventare terrorista per tornare nella propria città natale. Anche dopo la shoà, Gli ebrei hanno creato lo stato di Israele, non per vendicarsi dei tedeschi ma per difendersi da future aggressioni. I nazisti dopo la guerra sono stati fronteggiati nei tribunali e solo per uno di questi è arrivata la condanna a morte (unica nella storia di Israele). Nessuno applica occhio per occhio. Quando qualcuno scrive “perché tu cosa avresti fatto se ti avessero portato via la casa?” Potrei provare a rispondere alla prima parte della domanda con argomentazioni storiche (presenza in Israele degli ebrei da ben prima del 48, acquisto legale di terreni etc) che per lo più sono un buco nell’acqua su chi pensa che io abbia letto solo la parte della storia che mi interessa. Ma quello che vorrei provare a fare è rispondere alla seconda parte della domanda (che però è posta in modo sbagliato). La domanda non è cosa fareste, ma cosa avete fatto e cosa facciamo. C’è chi cucina Ahraimi, chi dice “Zebb” se batte il mignolino contro lo spigolo del letto, chi crea tappeti bellissimi, chi approfitta del tirocinio nei suk per strappare un bell’affare e chi prova a generare una musica nuova. Questo è quello che hanno fatto migliaia di ebrei, ma non solo ebrei. Chiunque abbia nella propria storia, personale o familiare, passati di sofferenza e immigrazione sa bene che il terrorismo non è l’unica alternativa. Anzi non è proprio un’alternativa. E allora perché in così tanti giustificano l’intento di Hamas? Il mondo sta andando avanti. Tutto sta cambiando in fretta. I giorni scorrono svelti verso derive terrificanti, ma la mia mente e le mie emozioni sono rimaste bloccate al 7 ottobre. Conosco le storture di Israele. Non voglio santificare nessuno ma credo che molte persone non abbiano capito cosa sia realmente successo quel giorno. Tutti l’hanno sentito ma pochi hanno ascoltato. Quando il messaggio è troppo terrificante è meglio non ascoltare. Lo capisco bene. A me il messaggio è arrivato forte e chiaro e non ci dormo la notte. Hamas ha agito ciò che ha dichiarato senza alcuna vergogna per moltissimo tempo. Hamas desidera lo sterminio del popolo ebraico dentro e fuori Israele. Non è una mia esagerazione. C’è scritto nel suo statuto di morte e devastazione nero su bianco. C’è scritto così esplicitamente che già prima del 7 ottobre era difficile non comprendere il messaggio ma da poche settimane è anche chiara la modalità e la determinazione con la quale lo vuole agire. Il 7 ottobre nemmeno i cani sono sopravvissuti all’incursione dell’odio. Eppure gli animalisti non si sono sentiti di accusare Hamas. D’altronde.. il 48.. Hamas vuole annientare lo stato di Israele “from the river to the sea” e le sue urla giungono in piazza nella mia amata Milano “a morte gli ebrei” in cortei che si dichiarano pacifisti. Eppure le persone pensano ancora che sia solo un modo di dire. Nessun gioco di parole. La questione è da prendere alla lettera. Israele è un pezzo di terra più piccolo della Lombardia. Il 7 ottobre avesse avuto Hamas un arsenale più potente avremmo assistito ad una devastazione su scala ancora più immensa. Avesse potuto eliminare israele dalla faccia della terra lo avrebbe fatto. L’intento è lo sterminio. Lo dice e lo ripete ma in tanti non vogliono credere alle proprie orecchie. L’odio è tale che Hamas, per uccidere qualche israeliano con i razzi, è disposto a farsene letteralmente cadere in testa una percentuale altissima. Il razzo arrivato sull’ospedale di Al Ahli era di Hamas. Ma quando si è capito che i morti non fossero imputabili ad Israele la notizia ha smesso di fare rumore. I morti che Hamas genera nei Territori palestinesi non interessano quasi a nessuno. Sono a migliaia ma nessuno piange per loro. Nessun difensore dei diritti piange per le infanzie rubate dall’odio e dalla propaganda. Bambini indottrinati ad imparare le sottrazioni ragionando su “se ho 20 ebrei quanti rimangono se ne ammazzo 5?” Non è forse questa una violazione dell’infanzia? Ieri il Leader di Hamas dalla comoda Doha Invita pubblicamente donne e bambini al sacrificio, dice “abbiamo bisogno del sangue di donne bambini e anziani” Lo sta dichiarando in un video, apertamente, senza nascondersi. Eppure nessuno scende in piazza. Non sarà mica lui il cattivo se così tante persone scendono in piazza a manifestare contro Israele. Il popolo palestinese ha gli ospedali che affrontano una crisi umanitaria. C’è scarsità di acqua a Gaza. Vediamo le migliaia di razzi lanciati da Hamas e non vogliamo credere ai nostri occhi. Non vogliamo fare uno più uno. Se i razzi partono, qualcosa gli alimenta. Hamas preferisce usare le risorse energetiche che ha per lanciare razzi piuttosto che alimentare i propri ospedali. Meglio uccidere qualche israeliano che garantire il funzionamento dei desalinizzatori che rendono l’acqua del mare potabile per la gente di Gaza. Perché nessuno crede ai propri occhi? Concludo con un aneddoto personale. Un giorno assisto ad un pestaggio. Una ragazza viene massacrata dal fidanzato. Mi metto in mezzo. Porto lei in bagno e lui viene allontanato da alcuni presenti. Chiamo la Polizia. Spiego la situazione. Mi prendono seriamente e stanno per mandare una volante “Mi dica il suo cognome” lo dico. Un lungo silenzio.. “Signora capisce quando parlo?” “Si abbiamo parlato fino ad ora. Sono italiana e le dico che se non venite subito ci saranno dei titoli drammatici sul giornale i prossimi giorni”. Nulla. Il mio cognome Arabo ha annullato le conoscenze che aveva il poliziotto in favore dei suoi pregiudizi. Il pregiudizio annulla il giudizio dunque sentiamo ma non ascoltiamo, guardiamo ma non vogliamo vedere ciò che gli occhi ci mostrano, le orecchie sentono ma non ascoltano.| di Claudia Hassan | Sono ebrea e Il mio cognome è arabo perché mio nonno veniva da Tripoli, Libia. È anche morto a Tripoli, per un infarto, quando dopo tanti anni è tornato per vedere cosa fosse rimasto di ciò che aveva avuto un tempo. Era partito prima che gli ebrei scappassero in massa. Gli ebrei tripolini hanno un’identità piuttosto netta. Fanno una strana gara per chi cucina l’ahraimi più piccante e dicono una marea di parolacce rigorosamente in arabo. Chi si sposa un tripolino sa che avrà una suocera ingombrante, il mix con l’Italia diventa definitivo. Le comunità ebraiche sono animate anche dai Libanesi che mischiano arabo e francese, parlano mediamente 5 lingue, sono innamorati della bella vita ma con un tocco di tamarindo. È il turno degli ebrei iraniani. Anzi no, persiani. Quando ero piccola la loro appartenenza alla terra d’origine era talmente forte che hanno cercato di ricreare un piccolo angolo di Teheran o Mashhad in ogni città in cui formavano una comunità. mangiavano cibo persiano, vendevano tappeti persiani, parlavano ai propri figli in persiano, si sposavano tra persiani. Qualcuno li definiva “chiusi” ma forse erano solo innamorati di una cultura millenaria dalla quale erano stati brutalmente allontanati. Queste persone sono quasi tutte figlie di fughe da paesi arabi o a maggioranza musulmana dai quali sono stati cacciati o dove non si sono sentiti più sicuri. Hanno cambiato paese e ciascuno con le proprie possibilità, spesso partendo da zero, hanno creato un presente molto diverso ma ancora animato dai profumi di infanzia. Nessuno di loro ha cercato di vendicarsi Nessuno di loro ha deciso di diventare terrorista per tornare nella propria città natale. Anche dopo la shoà, Gli ebrei hanno creato lo stato di Israele, non per vendicarsi dei tedeschi ma per difendersi da future aggressioni. I nazisti dopo la guerra sono stati fronteggiati nei tribunali e solo per uno di questi è arrivata la condanna a morte (unica nella storia di Israele). Nessuno applica occhio per occhio. Quando qualcuno scrive “perché tu cosa avresti fatto se ti avessero portato via la casa?” Potrei provare a rispondere alla prima parte della domanda con argomentazioni storiche (presenza in Israele degli ebrei da ben prima del 48, acquisto legale di terreni etc) che per lo più sono un buco nell’acqua su chi pensa che io abbia letto solo la parte della storia che mi interessa. Ma quello che vorrei provare a fare è rispondere alla seconda parte della domanda (che però è posta in modo sbagliato). La domanda non è cosa fareste, ma cosa avete fatto e cosa facciamo. C’è chi cucina Ahraimi, chi dice “Zebb” se batte il mignolino contro lo spigolo del letto, chi crea tappeti bellissimi, chi approfitta del tirocinio nei suk per strappare un bell’affare e chi prova a generare una musica nuova. Questo è quello che hanno fatto migliaia di ebrei, ma non solo ebrei. Chiunque abbia nella propria storia, personale o familiare, passati di sofferenza e immigrazione sa bene che il terrorismo non è l’unica alternativa. Anzi non è proprio un’alternativa. E allora perché in così tanti giustificano l’intento di Hamas? Il mondo sta andando avanti. Tutto sta cambiando in fretta. I giorni scorrono svelti verso derive terrificanti, ma la mia mente e le mie emozioni sono rimaste bloccate al 7 ottobre. Conosco le storture di Israele. Non voglio santificare nessuno ma credo che molte persone non abbiano capito cosa sia realmente successo quel giorno. Tutti l’hanno sentito ma pochi hanno ascoltato. Quando il messaggio è troppo terrificante è meglio non ascoltare. Lo capisco bene. A me il messaggio è arrivato forte e chiaro e non ci dormo la notte. Hamas ha agito ciò che ha dichiarato senza alcuna vergogna per moltissimo tempo. Hamas desidera lo sterminio del popolo ebraico dentro e fuori Israele. Non è una mia esagerazione. C’è scritto nel suo statuto di morte e devastazione nero su bianco. C’è scritto così esplicitamente che già prima del 7 ottobre era difficile non comprendere il messaggio ma da poche settimane è anche chiara la modalità e la determinazione con la quale lo vuole agire. Il 7 ottobre nemmeno i cani sono sopravvissuti all’incursione dell’odio. Eppure gli animalisti non si sono sentiti di accusare Hamas. D’altronde.. il 48.. Hamas vuole annientare lo stato di Israele “from the river to the sea” e le sue urla giungono in piazza nella mia amata Milano “a morte gli ebrei” in cortei che si dichiarano pacifisti. Eppure le persone pensano ancora che sia solo un modo di dire. Nessun gioco di parole. La questione è da prendere alla lettera. Israele è un pezzo di terra più piccolo della Lombardia. Il 7 ottobre avesse avuto Hamas un arsenale più potente avremmo assistito ad una devastazione su scala ancora più immensa. Avesse potuto eliminare israele dalla faccia della terra lo avrebbe fatto. L’intento è lo sterminio. Lo dice e lo ripete ma in tanti non vogliono credere alle proprie orecchie. L’odio è tale che Hamas, per uccidere qualche israeliano con i razzi, è disposto a farsene letteralmente cadere in testa una percentuale altissima. Il razzo arrivato sull’ospedale di Al Ahli era di Hamas. Ma quando si è capito che i morti non fossero imputabili ad Israele la notizia ha smesso di fare rumore. I morti che Hamas genera nei Territori palestinesi non interessano quasi a nessuno. Sono a migliaia ma nessuno piange per loro. Nessun difensore dei diritti piange per le infanzie rubate dall’odio e dalla propaganda. Bambini indottrinati ad imparare le sottrazioni ragionando su “se ho 20 ebrei quanti rimangono se ne ammazzo 5?” Non è forse questa una violazione dell’infanzia? Ieri il Leader di Hamas dalla comoda Doha Invita pubblicamente donne e bambini al sacrificio, dice “abbiamo bisogno del sangue di donne bambini e anziani” Lo sta dichiarando in un video, apertamente, senza nascondersi. Eppure nessuno scende in piazza. Non sarà mica lui il cattivo se così tante persone scendono in piazza a manifestare contro Israele. Il popolo palestinese ha gli ospedali che affrontano una crisi umanitaria. C’è scarsità di acqua a Gaza. Vediamo le migliaia di razzi lanciati da Hamas e non vogliamo credere ai nostri occhi. Non vogliamo fare uno più uno. Se i razzi partono, qualcosa gli alimenta. Hamas preferisce usare le risorse energetiche che ha per lanciare razzi piuttosto che alimentare i propri ospedali. Meglio uccidere qualche israeliano che garantire il funzionamento dei desalinizzatori che rendono l’acqua del mare potabile per la gente di Gaza. Perché nessuno crede ai propri occhi? Concludo con un aneddoto personale. Un giorno assisto ad un pestaggio. Una ragazza viene massacrata dal fidanzato. Mi metto in mezzo. Porto lei in bagno e lui viene allontanato da alcuni presenti. Chiamo la Polizia. Spiego la situazione. Mi prendono seriamente e stanno per mandare una volante “Mi dica il suo cognome” lo dico. Un lungo silenzio.. “Signora capisce quando parlo?” “Si abbiamo parlato fino ad ora. Sono italiana e le dico che se non venite subito ci saranno dei titoli drammatici sul giornale i prossimi giorni”. Nulla. Il mio cognome Arabo ha annullato le conoscenze che aveva il poliziotto in favore dei suoi pregiudizi. Il pregiudizio annulla il giudizio dunque sentiamo ma non ascoltiamo, guardiamo ma non vogliamo vedere ciò che gli occhi ci mostrano, le orecchie sentono ma non ascoltano.
L'antisemitismo c'era ovunque, e io il perché francamente non lo capisco. È vero che gli ebrei ultraortodossi sono molto chiusi (i primi ghetti si sono creati non tanto per volontà degli ospitanti, ma perché una legge della Torah pare proibisca di mescolarsi ai "gentili") quindi potevano avere difficoltà a integrarsi con regimi altrettanto chiusi come quelli musulmani o l'impero zarista. Ma non mi tolgo dalla mente la risposta secca, a suo modo sia ingenua che cinica, di Stangl (comandante di Treblinka) alla giornalista che gli chiedeva "Perché, secondo lei, si volevano uccidere gli ebrei?": "Per mettere le mani sui loro soldi, che altro?". Nemmeno lui, ufficiale di polizia austriaco finito per caso a dirigere un campo di sterminio, sapeva di preciso il perché.
Cheguevara ha scritto: Appena costituito, dalle grandi potenze vincitrici del secondo conflitto mondiale, il nuovo stato di Israele, sono iniziati gli attacchi di tutto il circostante mondo arabo.
Non è affatto facile stabilire chi abbia iniziato. Gli inglesi che amministravano la zona se ne sono sostanzialmente fregati: si è deciso per le due nazioni e bon, il resto affari vostri. E forse si poteva anche fare, ma è subito scoppiata una guerra. Se Israele non avesse vinto, sarebbe stata cancellata, e noi non saremmo qui a farci menate su chi ha più torti, a calcolare percentuali di vittime o a risalire fino ai tempi di Salomone per trovare giustificazioni per chissà cosa (come succede su social e talk-show).

Creare uno stato ebraico nel bel mezzo di popoli che li odiavano già in principio, per me non è stata un'idea brillante (io non lo sapevo, ma all'epoca si era parlato di creare uno stato ebraico in America o altrove, e forse erano idee più sensate). Ma fino ad allora nella regione non c'erano gli stati nazionali moderni. Quando hanno iniziato a formarsi, ebrei e palestinesi hanno voluto il loro, come i giordani o altri, ma non c'era davvero la necessità. Si poteva fare uno stato che comprendesse entrambi, con uguali rappresentanze al governo, e tutele per tutti. Invece no, bisognava farne per forza una questione "o loro o noi". Il risultato è che, dopo quasi ottant'anni di sangue versato inutilmente, siamo arrivati qui: al punto di partenza.
Cheguevara ha scritto: Credo che dopo l'ultima guerra mondiale non sia esistito un altro periodo altrettanto pericoloso di quello che il mondo sta vivendo.
Sono d'accordo, e mi spaventa molto più della guerra in Ucraina e delle minacce nucleari campate in aria. Si rischia di arrivare allo scontro di civiltà, il che significa che non avrà più importanza di che nazionalità si è: quello dall'altra parte è il nemico, e basta, non importa se o cosa abbia fatto. Non sarebbe una guerra per le terre e le risorse (brutta ma già vista) ma per le semplici idee, quindi senza alcun confine.

dyskolos ha scritto: L'esperienza di più popoli in uno stato oggi è molto frequente nel mondo, che è pieno di "stati plurinazionali" (come li chiamo io). Mi pare più facile questa soluzione che quella di "due popoli due stati".
Sarebbe una soluzione ottimale, ma vista la profondità dell'odio che ormai si è instaurato (e che si diffonde perfino al di fuori) io non solo propendo per i due Stati, ma alzerei un muro alto dieci metri tra l'uno e l'altro. Passeranno secoli prima che questo tipo di odio reciproco si possa estinguere.

Re: Tutto ciò di cui volete parlare (o lamentarvi) senza distinzioni di argomento

Cheguevara ha scritto: Io sono visceralmente portato a schierarmi:
Anch'io, e in genere mi schiero subito verso chi è aggredito, o è più debole. Ma in questo caso diventa complicato, per il motivo che chi ha aggredito, quel 7 ottobre, ha causato vittime innocenti da entrambe le parti, tirandosene poi fuori. Usano i civili come scudi umani, mescolandosi a loro, i fondi internazionali che dovevano servire alla popolazione sono andati in armi e per costruire bunker e tunnel. La situazione umanitaria drammatica che vediamo a Gaza è in buona parte colpa di chi pretende di governare la striscia, ma non fornisce cibo, ospedali da campo, mezzi per l'evacuazione dalle zone a rischio, rifugio nei tunnel sotterranei. L'energia manca agli ospedali, ma non a chi lancia i razzi. Gli aiuti che arrivano dall'Egitto vengono dall'odiato occidente, non dal Qatar o dall'Iran: a nessuno dei due interessa dei palestinesi, anzi, la mia impressione è che siano perfino felici dei civili morti (il cui numero reale forse non sapremo mai), perché possono usarli come miccia per scatenare ulteriore odio e morte. Non so se avete visto la notizia dell'aggressione a un aereo israeliano in una repubblica russa a maggioranza musulmana, di cui Putin (con una faccia di bronzo che meriterebbe un Oscar) ha cercato in modo contorto di dare la colpa agli ucraini. A questa gente non importa di scatenare una guerra totale, o di quante vite ci andranno di mezzo. Israele ha il diritto di difendersi, ma deve tenere conto che tutto intorno ha dei regimi fanatici, e che perfino la legittima difesa può peggiorare la sua situazione. In questo caso sì, l'unica via possibile è quella diplomatica, ma la quantità inusitata di odio che si è vista, e che si sta diffondendo, rende quasi impossibile trovare qualsiasi accordo. Se lo era prima, ora lo è di più, grazie ai "combattenti per la libertà palestinese" di Hamas...
dyskolos ha scritto: Tua madre fa parte di quel tipo di gente che adoro. Le direi "grazie di esistere". Nel mio viaggio a Predoi, in valle Aurina, passerò a trovarla, tanto mi viene pure sulla strada :-)
Sembrerò di parte, ma è la donna più buona che abbia mai conosciuto. Ha la quinta elementare, e una mentalità un po' ristretta su certe cose, ma una generosità e un'attenzione verso gli altri spontanea. Chiunque sia stato a casa sua per un po', ne è uscito più grasso di qualche chilo, e più felice. A volte vorrei avere la sua stessa visione del mondo, dove tutto sembra semplice: le persone devono solo mangiare, dormire, lavorare, mettere da parte qualcosa per le emergenze, e tutto andrà benissimo.
Cheguevara ha scritto: Io sono anti-Netanyahu e pro Israele, così come contro Hamas e pro Palestina.
Sottoscrivo, e potrei aggiungere che sono anti-Khamenei, ma pro iraniani. Così come sono anti-Xi Jinping ma pro cinesi (molti dei quali vengono sfruttati per vendere a noi prodotti a basso costo). La sinistra si dovrebbe unire per difendere i diritti delle persone, al di là dei governi che hanno o dei loro scopi. Il fatto che anche in Italia la sinistra, invece, si divida e metta dei distinguo (come per la guerra contro l'Ucraina, un film già visto) è desolante. Sui social (tra le sgrammaticature varie) ritrovo gli stessi identici argomenti che ci hanno avvelenati e divisi per mesi da un anno e mezzo in qua, senza portare a niente se non qualche aumento di share in tv.

Re: Tutto ciò di cui volete parlare (o lamentarvi) senza distinzioni di argomento

dyskolos ha scritto: Comunque mi chiedevo, visto che parlavi di mentalità chiusa in quelle zone, se già fanno i "dispettucci" agli italiani, se uno di pelle nera, ma proprio nera, come un ghanese, decidesse di farsi una passeggiata a Badia o in val Gardena parlando in italiano, i locali come reagirebbero?
Non posso dire per le valli altoatesine, ma posso dire com'è qui (e credo sia molto simile): non si viene discriminati per il colore della pelle (sì, di sicuro c'è una certa diffidenza all'inizio, ma non una vera ostilità) ma per quello che si fa. Specie nelle valli, dove c'è una cultura antica del lavoro duro, quindi chi viene per lavorare, e farsi una vita con serietà e sacrificio, è accolto come uno di loro. Dei turisti non parliamo: potrebbero avere la pelle viola e gli albergatori si farebbero comunque in quattro. La lingua è meno importante dei principi: cent'anni fa ogni valle parlava il suo dialetto, ma ci si capiva benissimo su altre basi.
Per quanto riguarda le città, ti riporto un aneddoto personale: mia madre spesso è critica verso gli stranieri, che sembrano rubarci il lavoro o le case popolari senza nessuno sforzo, ma anni fa c'era un venditore nordafricano che girava spesso dalle nostre parti. I più non gli aprivano la porta, ma lei gli comprava ogni volta qualcosa (calzini, tappeti, tutte cose che poteva considerare utili, anche se non ne aveva davvero bisogno). Andava anche più in là e gli offriva sempre qualcosa da bere o da mangiare. Qualche anno fa mio padre è stato in ospedale, e nella stanza c'era un ragazzo straniero che non aveva nessuno, quindi mia madre si occupava anche di lui, per aiutarlo a mangiare o altro. Non c'è una contraddizione: chiusura mentale su questioni astratte ma aiuto concreto a chi ne ha bisogno sono un tratto normale delle società isolate di stampo prettamente contadino (com'erano i miei nonni materni), dove sostenersi a vicenda era una necessità. Erano tempi peggiori, che personalmente non rimpiango. Rimpiango però quei valori spontanei che pian piano vanno persi, in favore di un'omologazione nazionalista e di un egoismo sempre più diffuso.
M.T. ha scritto: è morta Armita, l'ennesima ragazza massacrata dal regime iraniano; è grottesco che in Italia c'è gente che dice "eh, ma le regole le sanno, quindi se vengono uccise se la sono andate a cercare."
Qualcuno ha detto davvero una cosa del genere? Il fatto, comunque, è grave in sé: il governo iraniano già ha dovuto reprimere proteste per la morte di un'altra ragazza per mano della polizia morale (oltre alle centinaia di morti nelle proteste seguenti). Il fatto che, dopo tutto ciò, nessuno al governo abbia almeno detto alla polizia "Ragazzi, state un attimo più calmi, non ammazzate nessuno se non è indispensabile" lascia intendere un totale menefreghismo dei vertici iraniani, che si credono forti e superiori a qualunque protesta interna. Se le cose vanno come dovrebbero, si pentiranno di questo disinteresse. La rivolta generale non è lontana, secondo me.
Cheguevara ha scritto: Sono sempre stato filo-palestinese, ma che tanti intellettuali oggi si schierino contro Israele, dimenticando Hamas e i suoi foraggiatori (Iran e Russia in primis) mi sorprende non poco. 
La questione è davvero ingestibile sul piano morale. I terroristi fanno cose che vanno al di là della comprensione umana, mentre i palestinesi che muoiono sotto le bombe sono innocenti, ma in qualche modo ne hanno permesso l'esistenza (per non parlare di chi li sostiene apertamente). Non si può schierarsi contro Israele, che le sue colpe le ha, ma il cui unico scopo è sopravvivere in un territorio ostile fin da subito. Ma non si può neanche non schierarsi coi civili di Gaza, che a loro volta hanno bisogno di aiuto.
Insomma, i terroristi di Hamas sono riusciti a creare un dilemma politico e umanitario tanto complicato da mettere potenzialmente in crisi tutte le alleanze esistenti. Tutto ciò non è frutto del caso, c'è un disegno serio dietro, a cui molti nemici di Israele (e dell'occidente) hanno partecipato. Non sono certa che chi governa Israele si renda conto della trappola (più politica che militare) in cui potrebbero cadere decidendo di invadere. D'altra parte, non si può neanche passarci sopra e lasciar prosperare i terroristi, in attesa del prossimo attacco. In casi del genere evito di schierarmi, se non in solidarietà alle vittime, tutte, ma sono felice di non essere io a dover prendere le decisioni...

Re: Tutto ciò di cui volete parlare (o lamentarvi) senza distinzioni di argomento

dyskolos ha scritto: Quindi nei contesti informali non si parla né l'italiano né il tedesco, ma qualcosa che sta in mezzo: una sorta di italiano germanizzato o di tedesco italianizzato, e i ladini parlano un italiano ladinizzato o un ladino italianizzato.
Francamente non lo so, perché da quelle parti ci sono stata solo in visita. So che è obbligatorio l'italiano nei documenti ufficiali, e il bilinguismo per chi ci lavora, ma per il resto... È una lacuna che prima o poi vorrei colmare.
Non credo però che si parlino lingue miste. Si usa la lingua che serve in quel preciso frangente (amministrativo, giornalistico, ecc.)
dyskolos ha scritto: Pensa che a Milano gli avvocati hanno fatto invalidare un documento perché la firma riportava "la magistrata" e dicevano che non era italiano e quindi anche una donna deve scrivere "il magistrato".
Questo conferma un po' che tutto il mondo è paese, quando si tratta di burocrazia anteposta alla legalità
dyskolos ha scritto: Prima. C'è una legge italiana (la 482/1999) che all'articolo 2 dice che la Repubblica tutela le popolazioni che parlano il ladino. Lo sanno?
Certo che lo sanno, ormai tenere fuori le notizie è più difficile che tenere fuori le formiche. La tutela non garantisce niente in concreto. È un pro-forma vuoto: ti tuteliamo sulla carta, ma se ti estingui sono cavoli tuoi.
dyskolos ha scritto: Seconda. Quando c'era la leva militare obbligatoria, a Badia (per fare un esempio) come si regolavano?
Anche qui, non lo so per certo. Ma se erano stati inclusi, volenti o nolenti, nell'Italia, la leva era per forza obbligatoria.
dyskolos ha scritto: Terza. Siccome rifiutano la cultura italiana e considerano l'italiano una lingua straniera, quale rapporto hanno i Ladini con la polizia e i Carabinieri? Li considerano parte di un esercito di invasione o che altro?
Separerei la questione linguistica e culturale da quella prettamente esecutiva. ll ladino è una lingua e una cultura, non ha niente a che fare con strutture politiche o militari.
dyskolos ha scritto: Quarta. La costituzione italiana dice che difendere la patria è dovere sacro del cittadino. La loro patria è l'Italia o l'insieme di val Badia, val Gardena e qualche altra valle? Visto che dicono di non essere né italiani né tedeschi e nemmeno südtirolesi/altoatesini…
Non so nemmeno se la questione si sia mai posta. È una popolazione talmente piccola e sperduta che forse non sono arrivate nemmeno le cartoline di precetto... Avranno cercato in ogni modo di tenersi fuori da qualunque controversia che non li riguardava. Spero per loro che ci siano riusciti.

Re: Tutto ciò di cui volete parlare (o lamentarvi) senza distinzioni di argomento

dyskolos ha scritto: Il tuo amico è una specie di emblema; di più, un idolo :-) Scommetto che si apre un canale sul Tubo in due giorni diventa un famoso influencer e magari vende più libri del Vannacci :-)
Sarebbe di sicuro un personaggio folkloristico, tipo Mauro Corona. Ma i libri dovrebbe scriverglieli qualcun altro.
dyskolos ha scritto: Una delle curiosità linguistiche che ho (e che forse risolverò solo quando mi trasferirò per dieci anni in Alto Adige) è se italiano, ladino e tedesco vengono parlati in diglossia o come lingue, diciamo così, "pure".
La diglossia è inevitabile. La lingua dei documenti pubblici e dell'amministrazione è l'italiano (ricordo una diatriba, anni fa, sul fatto che si fosse usato il termine Sudtirol in un documento ufficiale, rendendolo nullo). Dev'essere un gran casino vivere in posti di confine.
Per questo mi sento sempre in colpa quando un turista tedesco mi chiede indicazioni e mi tocca ricorrere all'inglese (perché quello ho imparato a scuola). Se tornassi indietro, studierei anche il tedesco (e magari il francese, visto che quando sono stata in Francia ho avuto serie difficoltà, perché molti l'inglese non lo capivano).
dyskolos ha scritto: Se mi segui, magari diventi la pizzaiola di Whittier :-)
Io verrei ovunque, specie negli angoli di mondo meno conosciuti. In Alaska però no, fa troppo freddo. E vedere sempre le stesse 270 persone dopo un po' mi manderebbe fuori di testa  :lol:

Re: Tutto ciò di cui volete parlare (o lamentarvi) senza distinzioni di argomento

dyskolos ha scritto: La titolare del negozio gli ha indicato un cartello con la scritta "qui siamo ladini" e "qui si parla solo in ladino" e si è girata dall'altra parte senza servirli.
Quella ladina è una lingua e una cultura a parte, e si sta estinguendo, nonostante i tentativi di tenerla in vita (di nuovo, entra in gioco la modalità difensiva). È davvero molto maleducato, e assurdo, pretendere che chi va in visita lo parli (probabilmente anche i ragazzini che vivono lì non lo parlano più) ma sono casi isolati. Chi ha un'attività di solito è ben felice che entrino clienti e che tornino, qualunque lingua parlino (ci si capisce anche a gesti).
Ma, riguardo ai Ladini, mi viene in mente una frase di un romanzo letto tempo fa, ambientato a Saint-Malo: "Siamo per prima cosa malouins, dicono i suoi abitanti. Poi bretoni. Francesi se avanza qualcosa." Si potrebbe benissimo traslare in: "Siamo per prima cosa ladini. Poi sudtirolesi. Italiani se avanza qualcosa".
dyskolos ha scritto: Probabilmente a Bolzano, Merano, Brunico e Bressanone è diverso.
Sì, nelle città è tutto diverso. Il Trentino-Alto Adige è fatto di molte valli, dove si parlano lingue o dialetti diversi uno dall'altro (a distanza di pochi chilometri), e ognuna tiene molto alla sua storia e identità specifica. In Val di Fassa (Trentino) hanno un dialetto che richiama più il tedesco. Ho un amico lì che parla l'italiano, ma non riesce a scrivere poche righe corrette in un post. Hanno fatto anche una lista politica locale (votata ovviamente solo dai locali). Sono i comuni dove più si è votato la destra o i partiti autonomisti. Il mio amico non viaggia, legge poco, scende poco nelle città. Gli abitanti di queste valli hanno una mentalità molto chiusa e diffidente verso il mondo esterno e i cambiamenti. Il governo centrale è molto lontano, il resto del mondo potrebbe essere Marte, per quel che li riguarda...
dyskolos ha scritto: Io ho lavorato in un albergo in Sicilia e ho avuto diverso clienti altoatesini che parlavano malissimo l'italiano. Tutta gente simpatica e amichevole, magari bevevano un po' troppo, però pieni di pregiudizi assurdi.
Credo che i pregiudizi sulla Sicilia siano molto peggiori da parte dei turisti stranieri...
Ma è vero che l'Alto Adige è già per certi versi straniero. Quando si attraversa il "confine" non lo si capisce tanto dai cartelli bilingui, ma dal fatto che ogni cosa di colpo funziona: la segnaletica è chiara e le strade sono ordinate, ben tenute e pulite, i luoghi turistici ben gestiti, gli impiegati cortesi (almeno quel minimo) ed efficienti. Nessuna meraviglia che fatichino a riconoscersi come italiani  :rolleyes:

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