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Re: Terza persona onnisciente e limitata

massimopud ha scritto: Tra le cose che mi sono sempre piaciute di questo e del vecchio forum c'è la deriva imprevedibile di alcune discussioni: da un tema apparentemente innocuo come la terza persona onnisciente e limitata si arriva in pochi rapidi passaggi alla resurrezione di massa di centinaia di miliardi di defunti di tutte le epoche
Io è un paio di giorni che volevo intervenire, ma mi sono ritrovata un po' in crisi: scrivere qualcosa di simpatetico o cercare una battuta per alleggerire l'atmosfera?  :P  Menomale che ci sei tu.
Siamo anche OT (ma questo ovviamente è l'ultimo dei pensieri, mentre immagino miliardi di morti che tornano in vita).
Il contributo di quel compagnone di Pascal è senz'altro utile, ma mi pare che la sua visione non tenga conto del vantaggio che piccolezze come il libero arbitrio o il sapere di avere una data di scadenza danno agli umani.
Immaginiamo per un attimo di avere un tempo infinito. Sapremmo davvero inventarci uno scopo che riesca a sostenere una vita infinita? Credo di no. Potremmo cambiare anche scopo, o perfino personalità, ogni tot anni, ma dopo un po' diventerebbe monotono e insostenibile. Una vita lunga secoli o millenni diventerebbe facilmente una malattia (l'ho capito non da testi di filosofia, ma dai romanzi sui vampiri di Anne Rice)

Re: Terza persona onnisciente e limitata

Marcello ha scritto: Però bisogna iniziare da giovani... Io, che ho cominciato dopo i cinquanta, a quest'ora sarei ancora alle prese con il secondo  :aka:
Io ho iniziato poco prima dei quaranta, ma credo che l'età non faccia troppa differenza. Di recente ho fatto caso alle interviste di autori famosi o premiati (perché mi interessa sempre capire come si sono mossi, cosa hanno fatto in più rispetto a me), e spesso salta fuori che quel libro, magari di duecento pagine, ha richiesto anni di studio, ricerche e ripensamenti. E altrettanti ne ha richiesti il percorso verso un'agenzia o una buona CE.
A quel punto guardo me, che ho rivisto i miei primi libri giusto per eliminare i refusi o qualche ripetizione, e poi li ho mandati a mezzo mondo, e mi accorgo della discrepanza: non li ho lasciati riposare, continuando a rifletterci con calma e a migliorarli. Sono partita subito con l'idea di pubblicarli. Se invidio chi ha impiegato anni a scrivere un libro (con un sicuro guadagno per la qualità di quest'ultimo), è proprio perché io non ho tutta quella pazienza. Posso avere quarant'anni come sessanta o ottanta, ma nessuno mi garantisce che sarò ancora qui domani, quindi quella di mettere fuori le storie che ho scritto è più un'urgenza che una cosa pensata e ben programmata.
Tutto ciò per dire che capisco benissimo chi scrive e mette in giro i suoi libri subito, ma anche che possedere un po' di pazienza, riflettere su ogni singolo capitolo, passaggio, punto di vista, ecc. non è mai un esercizio inutile, anzi, è tanto di guadagnato

Re: Terza persona onnisciente e limitata

Fraudolente ha scritto: Così, obtorto collo, ho preso una decisione drastica: riscrivere tutto in terza persona limitata. Sono dieci capitoli, e sembra un esercizio estenuante di scrittura creativa.
Mi sembra una decisione drastica, anche se sensata, perché rende omogeneo ciò che poteva risultare distaccato dal resto (il parere di lettori esterni poteva essere utile in tal senso).
Per quella poca esperienza che ho, i romanzi che richiedono uno sforzo maggiore, o un lavoro più mirato su cose tecniche come il POV, il tempo o la voce, sono quelli migliori, proprio perché si è raggiunta una maturità di scrittori tale da tenere conto non solo del desiderio spontaneo di raccontare ma anche di fattori non immediati, così come dell'interesse altrui.
Purtroppo di solito esce col tempo: i romanzi che ho scritto tre o quattro anni fa adesso li riscriverei da capo. Invidio chi impiega dieci anni a scrivere un libro, perché avrà il tempo non solo di perfezionarlo, ma di farlo evolvere insieme al suo autore.

Re: Terza persona onnisciente e limitata

Fraudolente ha scritto: Sempre nel mio caso, passo da terza onnisciente a terza limitata, e senza mai calarmi nel punto di vista di altri personaggi. 
Io ho sempre scritto a braccio. I manuali di scrittura li ho letti dopo, solo perché mi piace l'argomento. Mi baso (senza nemmeno farci caso) sui libri che ho letto in passato. Ad ogni modo, questa frase mi chiarisce meglio il contesto. Non ricordo romanzi in cui accadesse qualcosa del genere, ma ciò non significa che sia vietato. La cosa più sensata è scrivere la scena come vuoi tu e poi sottoporre il testo a dei lettori per capire se questo cambio di POV crea problemi o no. Se non lo fa, non vedo motivo di preoccuparsi di regole varie.
Però non è impossibile anche far rientrare il punto di vista "particolare" di un ubriaco nella terza persona. Anzi, il contrasto tra la visione annebbiata del personaggio e quella obiettiva del narratore potrebbe servire a creare un'atmosfera comica (se tu volessi). Insomma, io non sono certo per le regole a tutti i costi, il bello della scrittura è proprio avere la libertà di sperimentare.

Re: Terza persona onnisciente e limitata

Fraudolente ha scritto: Che ne penserà l'editor del cambiamento di impostazione del punto di vista? Disturberà i lettori, e forse anche l'editore?
La parola chiave qui è "può anche". Il narratore onnisciente ha dei poteri potenzialmente illimitati, quindi può rivelare cose che i personaggi non sanno oppure calarsi di tanto in tanto nel punto di vista di uno di loro, e riportare il suo modo di vedere gli avvenimenti. Il punto è che non è obbligato, può benissimo immergersi per un paragrafo o un capitolo nel punto di vista di un singolo personaggio, e riportare la sua visione limitata e i suoi giudizi sulla situazione. Sarebbe però meglio, secondo me, che lo facesse anche in altri casi (evitando quindi di far risaltare quel capitolo come un'eccezione).
Il fatto che riesca ad amalgamarsi con il resto sta nel modo più o meno naturale in cui questo passaggio viene fatto. Se ad esempio il narratore è onnisciente ma partecipe della storia (come se la guardasse svolgersi dall'esterno) sarebbe più facile farlo intervenire o eclissarsi a seconda della necessità (così ho fatto io in un mio romanzo). Se invece è un narratore onnisciente distaccato e invisibile (senza una sua voce) il cambio di prospettiva potrebbe spiazzare il lettore. Dipende quindi molto dal tipo di narratore.
In disaccordo con la Levin (che ho letto anch'io) direi che il narratore onnisciente è il più difficile di tutti da gestire.
Fraudolente ha scritto: Jane si mise le sue sopracciglia finte da due pollici. Non aveva idea di quanto sembrasse ridicola.
Jane non sa quanto sembri ridicola, quindi è un punto di vista onnisciente. Se avessimo scelto un punto di vista limitato, avremmo scritto:
Jane si mise le sue sopracciglia finte da due pollici. "Mamma dice che sono ridicola... ma è solo gelosa".

Questa frase (come la precedente) per me può rientrare benissimo anche nella terza persona onnisciente, perché il narratore è consapevole di ciò tutto ciò che il personaggio pensa, fa o dice.

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