La ricerca ha trovato 10 risultati

Torna a “Cosa induce gli editori a scartare il 95% delle proposte?”

Re: Cosa induce gli editori a scartare il 95% delle proposte?

Fabioloneilboia ha scritto: eppure gli autori top si confrontano con editor e casa editrice prima di iniziare a scrivere. Credo sarebbe non utile, ma utilissimo.
Gli autori top (ho in mente Ilaria Tuti, perché ho letto da qualche parte che ha un suo editor in Longanesi, col quale si confronta già a partire dall'idea) sono un caso a parte. Certo che sarebbe utile, il problema è che, tranne in casi eccezionali, non c'è mai la possibilità. L'autore sconosciuto è costretto a mandare ciò che scrive (che può essere più o meno adatto e vendibile, a seconda di quanto ci ha capito). A volte può coincidere con le esigenze dell'editore, molte altre no.
ElleryQ ha scritto: Certo, ognuno è libero di agire come crede, come detto finora. Secondo me, se si vuole pubblicare con un editore più rinomato (non necessariamente big) è indispensabile fidarsi e trovare un giusto compromesso, non dico snaturare del tutto la propria idea, ma negoziare e trovare un valido accordo che soddisfi autore e CE.
A me non è mai capitato che mi si chiedesse di cambiare o snaturare un romanzo. Sarebbe stato un dilemma morale interessante e complicato ( probabilmente ci starei ancora pensando su, senza venircene a capo  :P   ). Mi è capitato di scrivere un romanzo apposta per un certo concorso e un certo genere (che non leggo e non amo) e questo è il massimo di compromesso che sono disposta a fare, solo perché mi era utile in ogni caso come esercizio. L'ultimo romanzo che ho scritto è fermo da tre anni, perché ho messo come condizione di far fare l'editing per conto mio e a mie spese e la CE, con cui già avevo un contratto di opzione, ha rifiutato (o meglio: non ha proprio risposto nei tre mesi previsti da contratto).
Si può negoziare solo con gente seria. Se qualcuno mostra interesse e (possibilmente) cortesia, allora si può discutere e cambiare qualcosa. Spesso è difficile, ma se un editore si mostra competente in ciò che fa, l'autore può fidarsi più facilmente e adeguarsi alle sue necessità. È sempre un rapporto tra persone civili, o dovrebbe esserlo...

Re: Cosa induce gli editori a scartare il 95% delle proposte?

Cheguevara ha scritto: Sono perplesso. Chi paragona il denaro speso in editing a quello speso per gli hobby, chi a quello per andare in vacanza.
Sono solo preferenze personali. Non capisco perché foraggiare l'industria del turismo, quella alimentare, dell'abbigliamento o dello sport lo consideri più accettabile. In qualche modo i soldi che abbiamo faticosamente guadagnato vengono spesi (ultimamente spesso in rincari di bollette, affitti, ecc.). Se qualcuno vuole spenderli per migliorare in ciò che gli piace, dove sta la differenza? Ci sono persone che spendono centinaia di euro in vestiti. Vestiti che si consumeranno e dopo qualche anno verranno buttati. La conoscenza invece dura tutta la vita, così come l'esperienza. L'approccio che ho per la scrittura è lo stesso che ho per i viaggi: cerco di risparmiare, di trovare offerte (sono stata tre giorni a Parigi con 200 euro, vitto, alloggio e treno compresi) ma quel che mi è rimasto è molto più importante che se con quei soldi ci avessi comprato una borsetta. Non so se riesco a spiegarmi.
Va da sé che la spesa per eventuali editing, schede di lettura e quant'altro dev'essere consapevole, non fatta seguendo specchietti per allodole o come mezzo per arrivare ad agenzie o editori (io ho sempre lasciato perdere, in quei casi, anche se a volte a malincuore, proprio perché non trovo etico pagare per un'opportunità)
Fabioloneilboia ha scritto: Come dici capisco che si parli tanto di forma ma, in onestà, non comprendo perché non si discuta di argomenti
Non riesco a citare il tuo intervento nella pagina precedente, quindi riprendo questo. Non si discute di argomenti perché tutti noi, scrittori più o meno validi, siamo convinti di avere qualcosa di bello, utile e originale da dire. Se così non fosse non scriveremmo nemmeno. Ci si può confrontare, anche in modo acceso, sulla grammatica e la forma, ma nessuno è disposto a sentirsi dire "questa tua idea per un romanzo non è un granché", o, al contrario, sentire commenti diplomatici e condiscendenti, quindi nessuno apre discussioni in proposito. Questa è solo la mia idea

Re: Cosa induce gli editori a scartare il 95% delle proposte?

Wanderer ha scritto: Dici che non serve un editing a pagamento (bene) e che tu hai fatto degli editing interni (meglio), ma questo presuppone proprio che il testo sia stato inviato non editato, per poi essere perfezionato dall'editore. Mi sembra che dunque tu ti sia giovata solo degli editing interni, ed è da questi che ne hai tratto un'esperienza formativa, secondo quanto avevi scritto prima. Perché dici che ti sei accorta dei problemi a romanzo pubblicato? Non sono stati editing soddisfacenti? 
Ho specificato che io ho sempre mandato i testi non editati. Non ho però specificato che c'era pochissimo lavoro da fare, almeno su grammatica e refusi, perché li avevo rivisti diverse volte. Dagli editing effettuati ho imparato molto sui miei problemi principali, come le ripetizioni o la tendenza a nominare le emozioni anche dopo averle mostrate. In un caso mi è stato fatto notare un eccesso di similitudini, che io non vedevo, ma fidandomi del consiglio ne ho tolta qualcuna. Rileggendolo dopo anni, mi sono accorta che ne andavano tolte più di metà, il consiglio era fin troppo diplomatico. Nessuno degli editing lo potrei definire soddisfacente, ma a distanza di tempo mi accorgo che tutti (anche il peggiore, perché fatto in fretta e male) mi ha insegnato qualcosa: le ripetizioni sono un mio problema effettivo, l'editor in questione le ha cambiate spesso con sinonimi assurdi e casuali (un'altra editor, migliore, mi ha solo segnalato il problema: "Qui questa parola viene troppo ripetuta, cerca di toglierne o cambiarne qualcuna"), ma il problema c'era davvero, e adesso che lo so lo posso risolvere da me.
Wanderer ha scritto: Il fatto è che molti autori spendono fiumi di soldi in editing solo perché si rivolgono a microeditori che non hanno né le risorse né le competenze per editare le opere, e quindi l'editing esterno finisce per supplire alle carenze dell'editore, oltre che dell'autore.
Ma certo che non dev'essere l'autore a supplire alle mancanze degli editori. Il punto è che se uno si rivolge a una micro, può già mettere in conto che l'editing sarà molto superficiale (non sempre, a me una volta è capitata una brava editor, ma non è la norma), quindi il punto non è pagare o non pagare qualcosa ma che cosa si vuole mettere in commercio col nostro nome. Se già si presume che la CE farà poco, allora sta all'autore (anche se non è affatto giusto, questo spero sia chiaro) assicurarsi di pubblicare qualcosa che lo soddisfa.

Wanderer ha scritto: In definitiva, un buon manoscritto non è un testo già editato e pronto per la pubblicazione (quello va bene solo per il Self), ma un ottimo testo che, pur non essendo ancora perfetto, lascia già intravedere agli occhi dell'editore il bel libro che diventerà.
Tutto giusto. Ma ciò significa, con la situazione editoriale attuale, lasciare al caso ciò che ne verrà fuori.

Cheguevara ha scritto: E non è che chi si propone senza essersi fatto prima editare lo faccia avendo come unico obiettivo una copertina col proprio nome scritto sopra,
Non c'è nessuna correlazione. Uno può anche spendere migliaia di euro per un libro che non ha alcuna prospettiva, per avere il nome in copertina. Il senso di ciò che volevo dire era diverso. Nemmeno io ho mai fatto editing a pagamento. Ma sto rivedendo un romanzo pubblicato tre anni fa, da una CE piccola ma buona, almeno sulla carta, e vorrei poterlo ritirare dal mercato, perché non rispecchia più la conoscenza che ho adesso. Vedo errori ovunque: frasi troppo complesse, similitudini come se piovesse, ripetizioni inutili, ecc. L'editor della CE (probabilmente il cugino del titolare) non ha corretto niente di tutto ciò.
Sì, ho pubblicato senza pagare, ma sono sempre meno contenta del risultato. Quale delle due cose conta di più? Per me la seconda, per altri magari è diverso. Se tre anni fa avessi potuto permettermi un editing come si deve, l'avrei fatto. Non per essere accettata (è successo comunque) ma per imparare qualcosa e per la soddisfazione personale di mettere fuori qualcosa che mi rispecchia e mi rende orgogliosa, non una semplice copertina col mio nome. Probabilmente non avrebbe venduto una singola copia in più, ma io sarei stata più contenta, ed è l'unica cosa che alla fine conta.

massimopud ha scritto: Impostare l'argomento su basi puramente economiche secondo me non ha molto senso
Dovevo dirlo io, invece che perdermi in assurde diatribe sui dettagli :facepalm: 

Re: Cosa induce gli editori a scartare il 95% delle proposte?

Wanderer ha scritto: Che in generale l'editing serva è fuor di dubbio, ma tu qui per "editing" intendi un editing esterno, cioè un servizio editoriale a pagamento spesso erogato da freelance dalle dubbie competenze.
Io certe volte credo di spiegarmi, ma evidentemente non è così. Intendo un editing fatto da professionisti bravi, non da agenzie spenna-polli. Credevo fosse chiaro. E non dev'essere per forza esterno (i tre che ho fatto io erano a carico di una CE). Per dirla terra-terra: no, non serve un editing a pagamento, non servono agenzie farlocche, e neanche corsi di scrittura (spesso altrettanto farlocchi). Si può mandare benissimo ciò che si scrive così com'è. L'ho fatto io, più volte, e sono stata presa. Mi sono accorta dei molti problemi solo dopo, a romanzo pubblicato, e mi dà davvero molto fastidio. Vorrei averli sistemati prima, aver avuto un editor capace e in grado di aiutarmi.
Questo è ciò che intendo quando dico che sta tutto a quel che uno vuole dalla vita. Le CE, specie quelle piccole e micro, pubblicheranno qualunque cosa possa vendere, anche se malmessa a livello formale (buona parte dei lettori non capisce la differenza). Per il 95% degli autori di sicuro non è un problema. Lo è per me, che non voglio niente in giro col mio nome che sia meno che perfetto.
Cheguevara ha scritto: Scusa, ma sei stata tu a dire che un editing preventivo ridurrebbe le schifezze sgrammaticate che arrivano alle CE. Io penso che chi scrive schifezze sgrammaticate tutto debba fare, tranne che pensare di diventare scrittore, e che non è pagandosi un editing che risolverà il problema
Ho anche detto che se uno proprio non sa scrivere neanche un congiuntivo giusto, l'unica alternativa è andare a Lourdes. La scrittura si può migliorare, come tutto il resto, questo è un fatto. Nessuno nasce scrittore. Un editing non fa miracoli, ma può insegnare a un autore inesperto (non necessariamente un cretino, magari solo qualcuno che ha buone idee ma poca esperienza) su cosa deve lavorare (l'autore si accorge di rado dei propri difetti, questo è un altro dato di fatto, che spesso si ignora per comodità). Taggo @Marcello perché credo che sarà d'accordo con me.
Io sono spiantata, quindi non consiglio a nessuno editing a pagamento. Il senso del mio discorso è che un aiuto esterno può aiutare a migliorare e crescere come scrittori. Se ciò non interessa, e si vuole solo pubblicare un oggetto di carta col proprio nome stampato sopra, va benissimo, non fa danno a nessuno, ma non è essere scrittori. E a questo punto diventa strano spiegare quel 5% accettato, piuttosto che il 95% scartato.

Re: Cosa induce gli editori a scartare il 95% delle proposte?

Cheguevara ha scritto: ve schifezze sgrammaticate non è pagando un editor che potrà risolvere il suo problema, e se grazie a un editing integrale e totale cambierà la sua schifezza sgrammaticata in qualcosa di leggibile da inviare alle CE, seguirà la stessa sorte di tanti autori di talento, le cui mail non vengono neanche aperte, come ben sappiamo.
Allora, se uno (adulto) non sa nemmeno la grammatica di base ma vuole scrivere lo stesso, l'unica soluzione è un viaggio a Lourdes, un editor non serve a niente e sono soldi buttati. Su questo siamo d'accordo. Così come siamo d'accordo che tutte le agenzie di servizi puntano solo a guadagnare. Così come fin troppe agenzie "letterarie" e CE guadagnano sugli autori, attraverso schede e editing inutili, promesse campate in aria e "innocue" proposte di acquisto copie o contributi alla pubblicazione.
Detto ciò, sono ancora convinta che un editing serva (non deve essere obbligato, o condizione per qualcos'altro che con ogni probabilità non verrà mai, ma serve). Serve all'autore, prima che all'editore, per migliorare e per capire i suoi punti deboli (i miei non li sapevo finché non me li ha fatti notare qualcun altro). Va da sé che dev'essere un editing serio, fatto da persone serie, e non solo come specchietto per le allodole, per vivacchiare sugli autori inesperti. Questo mi auguro che sia ovvio.
Una schifezza sgrammaticata non si cambia in qualcosa di leggibile, per il semplice fatto che se uno non conosce nemmeno le basi non potrà mai avere competenze più complesse, come il coinvolgimento emotivo del lettore o la capacità di capire cosa vende di più.
Chi vuole pubblicare e basta, qualsiasi cosa gli sia uscita, senza ambizioni di migliorare, può benissimo evitare editor, agenzie e quant'altro, e mandare a tappeto a quegli editori che pubblicano di tutto. Nessun giudizio, è solo questione di cosa si vuole ottenere.

Re: Cosa induce gli editori a scartare il 95% delle proposte?

Cheguevara ha scritto: essendo scritto da chi (editor o agenzia, non fa differenza) punta a sostenere l'assoluta necessità che uno scrittore, prima di proporre un'opera alle case editrici, debba categoricamente pagare per un editing.
Sì, certo, bisogna sempre considerare chi è che dice qualcosa. Però a me pare un articolo abbastanza imparziale. Anzi, il fatto che la bontà della scrittura non sia tra i punti principali (viene detto che gli editori possono accettare anche uno scritto non perfetto, se è vendibile, perché poi tanto hanno i loro editor), rema un po' contro la necessità di un editing preventivo.
In ogni caso, è la pura verità che tutti i libri avrebbero necessità di un editing, anche i migliori. Gli autori più famosi, che hanno già una buona agenzia/editore possono contare su un buon editing gratuito. Tutti gli altri quando va bene devono accontentarsi di una correzione di bozze, quando va male di editor improvvisati che possono peggiorare il romanzo anziché migliorarlo. Per questo farlo prima, se uno se lo può permettere, non è per forza una brutta idea o il voler spennare qualcuno. Non è ovviamente un obbligo (io non ne ho mai fatto nessuno), ma ridurrebbe le schifezze sgrammaticate che arrivano alle CE, intasandone le caselle di posta.

Re: Cosa induce gli editori a scartare il 95% delle proposte?

Ho ritrovato un articolo salvato tempo fa, dove si fa un po' il contrario del titolo della discussione, cioè spiegare perché un manoscritto viene accettato (che forse è più utile, perché lo scartare è quasi la norma). Non conosco l'autore (il blog è anche agenzia di servizi, quindi immagino sia un editor). Mi ha colpita soprattutto perché non mette la qualità della scrittura e la trama tra i cinque criteri principali, come mi sarei aspettata.
https://pennarigata.it/5-parametri-con-cui-viene-scelto-un-romanzo/

Re: Cosa induce gli editori a scartare il 95% delle proposte?

Ben Lo Svelto ha scritto: quando ti ritrovi a leggere i 10 incipit che hanno avuto la malagrazia di capitarti tra le mani.
Scrivere però non è una maratona, dove se non hai i muscoli e la salute te la puoi scordare: è una cosa che si impara un po' alla volta, anche dagli errori, dalla fretta e dalle stupidaggini. Non tutti, ovviamente, conta molto la motivazione. Se uno è ignorante e pensa di scrivere un libro solo per sentirsi gratificato, meglio che vada su TikTok  a far vedere che sa bere il latte dal naso (e ricevere decine di like) o a mostrare il bikini (dopo aver corretto la foto coi dovuti filtri). Io per principio non scoraggio mai nessuno, perché tra i tanti manoscritti terribili potrebbe nascondersi il nuovo Kafka, che magari ha solo bisogno di un incoraggiamento a migliorarsi. È molto improbabile, ma non impossibile.
Non ho mai partecipato a IOscrittore forse proprio perché non mi piace questo scannarsi tra simili, oltre che per i tempi lunghi (ho poca pazienza)
Ben Lo Svelto ha scritto: Un torneo illuminante nel fornirti una certa prospettiva che normalmente solo gli addetti ai lavori hanno il (dubbio) piacere di provare
Non è sempre vero. Molti che scrivono leggono anche testi altrui, quindi hanno modo di farsi un'idea. Facendo la lettrice beta ne ho trovati di tremendi, ma ne ho trovati molti di più di buoni, almeno come trama e idee (un editing sarebbe stato necessario, ma è la norma). Non serve essere addetti ai lavori per capire se uno scritto è valido o no, basta essere buoni lettori. Quel che fanno gli addetti è filtrare gli arrivi (sempre se e quando li guardano) in base alle prospettive di vendita. Molti libri buoni verranno scartati, mentre nel caso di una CE poco seria o EAP molte schifezze verranno accettate.


Cheguevara ha scritto: Immagino che la stessa cosa, su scala maggiore, avvenga nella mole degli invii spontanei che pervengono ogni giorno alle case editrici, grandi, medie o piccole che siano.
Certo, magari metà degli autori che si propongono sono semi-analfabeti. L'andazzo è questo, e riguarda la società più che l'editoria. Questo però non spiega né giustifica il fatto che anche autori in gamba (alcuni li conosco di persona) impieghino spesso anni e debbano provare più strade per riuscire a farsi notare, e a volte non riescano proprio.
E la scarsa qualità media delle proposte (anche fossero la maggioranza) non giustifica certo la prassi di non dare nemmeno un'occhiata, nel momento in cui i manoscritti vengono accettati (spesso anche con istruzioni precise e complicate per l'invio)

Re: Cosa induce gli editori a scartare il 95% delle proposte?

Wanderer ha scritto: In realtà non sappiamo nulla su chi legge, chi non legge, come legge. Sappiamo che rarissimamente arriva una risposta dai medio-grossi
Per vedere se una mail viene aperta ci sono estensioni apposite. Solo così ho visto che molti neanche l'aprivano. Per quanto riguarda quelle aperte, nessuno garantisce che leggano il testo o gli allegati. Sarebbe molto interessante sapere ciò che eventualmente guardano, prima di passare oltre, ma nessun editore importante ha mai spiegato il suo modo di procedere (almeno che abbia trovato io).
Se non arriva una risposta, e la cosa è più o meno standardizzata ("se non ricevete risposta in tot mesi...") non è il massimo, ma uno se ne fa (perché non ha alternative) una ragione. Se però usi la stessa formula e non apri nemmeno le email, è una presa in giro.
Poi sono d'accordo con chi ha detto che il 95% (di più, secondo me) viene scartato per una questione matematica: se pubblichi 30 libri all'anno e te ne arrivano 3000 è ovvio che 2970 verranno scartati, anche se fossero buoni, perché non c'è la capacità realistica di pubblicarli, stamparli e promuoverli, neanche volendo.

Re: Cosa induce gli editori a scartare il 95% delle proposte?

Wanderer ha scritto: Che ne pensate?
Tutto ciò che hai detto è giusto, ma io semplificherei ulteriormente la questione: un terzo o più degli editori non apre nemmeno le email. L'email, la sinossi e tutto il resto potrebbero essere anche perfetti (non è mai così, ma facciamo finta) però se nessuno le legge non farà nessuna differenza.
È fin troppo ottimistico aspettarsi che un editore (specie medio-grande) legga l'email di un aspirante, figurarsi il resto. Ci sono delle eccezioni, ma sono degne di nota proprio per questo.
Ci sono altri fattori da considerare: se l'editore fosse davvero interessato a possibili libri buoni che gli arrivano spontaneamente, darebbe almeno un'occhio alle email (e alla sinossi, se risultasse buona e in linea col catalogo). Se non succede è per il semplice motivo che non vuole pagare qualcuno per esaminare gli invii, preferisce puntare su "prodotti" già sicuri e valutati da altri: libri presentati da agenti, o provenienti da concorsi, scuole di scrittura, ecc. Certo, può capitare che perfino Mondadori legga per caso un invio spontaneo, per le ragioni che qualcuno ha addotto più su: tempo vuoto da occupare. Ma non è la norma.
I quattro punti che hai elencato sono reali e diffusi, e un buon motivo per scartare manoscritti, ma valgono solo per CE micro, che ricevono "solo" qualche decina di proposte al giorno e riescono almeno ad aprirle (e si sforzano di farlo, perché è il loro unico canale per poter trovare autori vendibili).
Il problema non è come si scrive l'email e la sinossi (a meno che non ci siano grossolani errori di grammatica) ma che gli arrivi sono decisamente troppi, e il tempo di chi dovrebbe esaminarli costa. La proposta di un agente, un concorso o altre vie sono molto più economiche, oltre che più sicure.

Torna a “Cosa induce gli editori a scartare il 95% delle proposte?”