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[CN23] Malaluna

Traccia n. 3: La coltre di nebbia
Genere: Fantasy
Sottogenere: Urban Fantasy

Malaluna



Chiara


Ho freddo.
Dove sono? Che ci faccio qui distesa sopra una panchina di legno? Non ricordo…perché non sono nel mio letto?
Sono immersa nella nebbia, sto gelando, ho i capelli bagnati. 
Non riesco a vedere nulla oltre il muro scalcinato dove è appoggiata la panchina.
Mi tiro su e mi siedo, passo le mani sul viso. Ma ho dormito qui? Che cosa ho fatto ieri? Inspiro un vago odore di dolce, un colpo di tosse mi sconquassa il petto. 
Anche il cappotto è bagnato, devo trovare un posto caldo prima di capire perché sono qui da sola. 
Mi alzo in piedi, il cielo è bianco latte, davanti a me danzano ombre sospese.
La guglia della cattedrale, invece, è screziata d’oro dalle prime luci dell’alba. Ora ricordo, sono nella piazza del paese, sì, stavamo festeggiando la vigilia, ecco cos’è questo odore. Ho mangiato frittelle di mele e bevuto cioccolata, ricordo la musica, le danze, i canti di Natale e il cielo notturno pieno di stelle. La luce della luna illuminava tutta la piazza, Federico stava per baciarmi, l’avrebbe fatto se non lo avessero chiamato. Ma cosa è successo dopo? Dove sono andati tutti?
Qui vicino deve esserci il bar di Tonino, dovrebbe aprire tra poco. Cammino a fatica, dormire all’addiaccio mi ha intorpidito le gambe, I miei passi risuonano ovattati, inquietanti nel silenzio surreale. La luce fioca delle lucine di Natale illumina la vetrina del bar; la porta è aperta.
— Tonino? Ci sei? — Pregusto il profumo del cappuccino, Spero gli abbiano già portato i cornetti, Dio, che fame…
— Tonino? —  Le luci sono ancora spente. Non riesco a vedere nulla, cerco di mettere a fuoco l’immagine nel chiarore intermittente,  c’è un odore terribile, il terrore mi paralizza; Tonino, poggiato su un tavolino, ha la bocca e gli occhi spalancati, il tronco e le gambe sono a due metri da lui sul pavimento. 
 

Federico 


— Da quassù non si riesce a vedere niente. Marco, tu vedi qualcosa? 
—  Ancora niente, troppa nebbia. Che cosa facciamo? Oggi è Natale.
— Stai a pensare al Natale? Ma ti rendi conto? È morta della gente stanotte, quella cosa si è mangiata delle persone davanti ai nostri occhi e tu...
— Beh, cosa vuoi? Dobbiamo pensare ai vivi adesso, cerchiamo di risolvere la cosa al più presto. Sta facendo giorno, io ti avverto, sparo a qualsiasi cosa si muova là sotto. 
Marco non ha capito un cazzo. Prendo il fucile da caccia di mio nonno e mi sdraio sulla piattaforma, sospesa sulla facciata della cattedrale.
 Sono stanco anche io di stare appeso quassù  ma questo posto sarà la nostra salvezza; per fortuna non sono riusciti a terminare i lavori di restauro prima di Natale e abbiamo deciso di fare qui i fuochi d’artificio. 
— Questa non è una battuta di caccia al cinghiale, Marco. La nebbia ci impedisce di vedere cosa succede in piazza quindi non possiamo fare un bel niente, se non aspettare. 
— È stata una fortuna che la bestia avesse avuto tanto da fare con quei poveracci, almeno abbiamo fatto in tempo a chiudergli ogni passaggio. Cavolo, le fucilate non l’hanno nemmeno ferito, i proiettili sembravano svanire nel nulla, che incubo. Se penso che potrebbe entrare in casa di qualcuno, non voglio nemmeno pensarci.
 — La maggioranza si è rifugiata nella cattedrale, saranno ancora lì, tutti quanti, alcuni li ho visti fuggire verso il porto, saranno sulle loro barche al largo. Quando hanno chiuso le strade con i blindati, la bestia era dentro al bar di Tonino, poveraccio. Gli altri si sono salvati tutti, ne sono certo, si saranno barricati dentro le case. 
— Quanti ne avrà uccisi? Non vorrei essere nei panni di qualcuno che sia rimasto nella piazza. 
— Almeno una decina, non li ho contati. Sì, il loro sacrificio ci ha dato il tempo di organizzarci.  Adesso sarà nascosto da qualche parte. I Malaluna, di giorno sono irriconoscibili, sono identici a noi, non c’è pericolo per ora. Povero nonno... non faceva altro che ripeterlo, “prima o poi tornano e allora saranno guai, tieni sempre questo proiettile in canna, non toglierlo mai.” Nessuno gli ha mai creduto.
— Già…Chissà da quanto quella cosa se ne va in giro per il paese. Magari gli ho pure parlato. Riesci a vedere qualcosa? Da lì hai una buona visuale? Quanto ci vorrà perché la nebbia scompaia?
— Come faccio a saperlo? Dipende…
— Guarda! Fede, si vede qualcosa sotto i portici, Vicino al bar, lo vedi?
Stringo le palpebre, siamo quasi all’altezza del campanile, da qui il sole illumina con riflessi strani la nebbia sottostante.
 — Non si distingue nulla, io vedo solo un’ombra, potrebbe essere anche un cane.


Chiara


Devo chiamare aiuto, l’hanno ammazzato, oh mio Dio, ma che razza di paese è questo! C’è stato un omicidio e nessuno se ne accorge!
Non ho voce, la gola mi fa male, mi fanno male le mani a furia di bussare sui portoni. Giro l’angolo nel primo vicolo che incontro e…
Una specie di barricata mi sbarra il passaggio, non si passa. Ieri non c’era di sicuro, l’avrei vista.
— Altolà, chiunque siate non fate un passo o spariamo. 
Non capisco, la voce sembra arrivare da lontano, la nebbia nel vicolo è così fitta che non riesco a vedere, a capire di cosa…un fascio di luce gialla mi colpisce gli occhi…ce l’hanno con me? 
— C’è stato un omicidio, nel bar c’è un cadavere, aiutatemi vi prego.
—Faccia un passo indietro, torni nella piazza per favore, altrimenti saremo costretti a sparare. Si muova!
Mi allontano in fretta, sotto il porticato il porfido è scivoloso, rischio di cadere a ogni passo. Tra pochi metri dovrebbe esserci la via che porta alla stazione, eccola… 
— Altolà, chiunque siate non fate un passo o spariamo.
Non ci credo, anche questa è bloccata, ma quando? Come hanno potuto farlo! Magari intanto l’assassino è già fuggito e se la stanno prendendo con me? Ho la vista offuscata, mi gira la testa, il muro ruvido mi sostiene. Non riesco a crederci, non posso uscire dalla piazza, sono prigioniera. 
La nebbia è più spessa all’ombra dei palazzi; vicino alla cattedrale, invece, la luce è pallida e sfilacciata dietro la coltre bianca. La cattedrale! Ci sarà qualcuno, oggi è Natale, ci sarà sicuramente qualcuno. Proseguo lungo il portico, poi fino ai piedi della scalinata; l’enorme portale di legno è chiuso. Mi trascino fino all'ultimo gradino, provo a bussare ma i miei colpi non producono quasi nessun rumore. Mi volto, non so cosa fare.
Dalla sommità della scalinata la piazza rotonda adesso mi appare nella sua forma intera, riesco a vedere le ombre dei resti della festa di ieri sera: le sedie scomposte buttate alla rinfusa, le bancarelle distrutte, le luminarie dell’albero di Natale strappate via e gettate a terra; sotto l'abete, devastato, una decina di corpi giacciono a terra: Tonino non è l’unica vittima. 
Sono in pericolo! L’assassino potrebbe essere ancora qui, forse mi sta spiando.
— Aiuto! Grido ma non riesco a sentirmi nemmeno io, la mia voce è un sibilo, colpisco di nuovo il portone della chiesa, anche con i piedi. 
— Aiuto! Vi prego aprite!  
C’è qualcuno, un rumore dietro di me mi paralizza, non voglio guardare, sento dei piccoli passi, non voglio guardare… Invece mi volto, è un cane! Solo un cane, maledizione! Si avvicina, mi annusa e scappa via, guaisce e corre verso i cassonetti di fronte alla pasticceria. 
Il fiato non vuole uscire dai polmoni, non respiro, ho un attacco di panico.  Mi tappo la bocca con i palmi, appoggio la schiena sui bassorilievi scolpiti e scivolo verso il pavimento. Le lacrime sembrano gelare sulle guance, tremo così forte che ho paura che l’assassino possa sentirmi, non riesco a smettere.


Federico


Ti ricordi di Chiara? Tu l’hai vista? Dopo l’attacco, dico. Non vorrei che fosse tra i morti, mi stava simpatica. Stavamo bevendo cioccolata, parlavamo della luna, stavo per baciarla quando qualcuno mi ha chiamato per aiutare con i fuochi d’artificio, mi sono allontanato un momento, poi è scoppiato il finimondo.
 — Federico, guarda! Sulla scalinata, la nebbia sta svanendo. C’è qualcuno accucciato, lo vedi?
— No, è solo un ombra, in quel punto il sole trapassa la nebbia ma guarda il resto della piazza
— Ti dico che c’è qualcuno, io gli sparo… 
— Fermo! Che fai, ridammi il fucile, potrebbe essere un superstite, qui siamo al sicuro, aspettiamo che sia più chiaro.
— Io ho fame…Voglio ammazzare quell’essere al più presto.
— Smettila di fare lo scemo, lo sai bene che non possiamo sbagliare!
Questo non ha ancora capito che dobbiamo aspettare, che forse dovremo stare qua tutto il giorno. Abbiamo una sola possibilità di farlo fuori, un solo proiettile d’argento e un solo bersaglio. 
— Federico, ci siamo! Guarda, s’è alzato il vento, la nebbia sta sparendo. Forza, facciamo fuori questa bestia che voglio andare a ubriacarmi.
—  Avevi ragione! C’è qualcuno davanti alla chiesa, Ma… è Chiara! L’abbiamo chiusa dentro la piazza con il Malaluna. 
— No! Sei sicuro? 
— È lei, cavolo, ci stavo chiacchierando ieri sera, si muove, è ancora viva. 
— Bene, meglio che stia lì.
— Come? Dobbiamo salvarla, aiutami a rimettere la scala al suo posto, io scendo giù e la faccio entrare in chiesa.
— No, non lo farai, lei deve restare dov’è, ci farà da esca. 
— Che intendi.
— Intendo che se la bestia vede Chiara, uscirà allo scoperto per aggredirla, così noi la ammazzeremo, finalmente.
— No, ti sbagli, è molto peggio di così. Ti ho detto che di giorno non sapresti riconoscere un umano da un Malaluna? Che Chiara sia lì, significa soltanto una cosa, bisognerà aspettare che sorga la luna, per essere certi che non sia lei la bestia.


Chiara.


La nebbia è svanita da un po’. La luce del sole sta svanendo, quando è notte ogni cosa torna al suo posto, le ombre sono sparite e la realtà, senza veli, ora è sotto i miei occhi: non c’è nessun assassino. 
Io sono ancora qui, da sola, ma ecco la luna che sorge e si porta dietro il suo mantello di stelle. Eccoti sorella, adesso siamo io e la tua compagnia. Nel guardarti in viso, è prepotente  la voglia di ululare al tuo splendore. La mia straziante solitudine vibra nell’aria, allora capisco solo per un attimo chi sono, poi capisco soltanto la fame, la sete e che devo andare a caccia.  

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