Almissima ha scritto: Ci trovo un dialogo interiore, una scelta:Sono molto contenta, il tuo commento, @Almissima , mi ha dato soddisfazione.
Sì, è proprio di un dialogo interiore che si tratta. L'odio, e io non l'ho mai provato, l'ho immaginato come una voragine oscura che ti attira e ti trattiene, una massa vischiosa che ti imprigiona.
Ora, la donna nella mia poesia, sulle prime non riconosce cos'è che la spaventa, che la fa stare male. Sente che il sentimento che sta provando non fa parte di lei
Buio.
Assenza e presenza.
Riparo e turbamento.
Che cosa vuoi?
Rapita dalla terra,
sospetto la verità.
ma un sospetto ce l'ha, anche se sente che quella cosa è sia riparo, consolazione che turbamento, spavento.
È chiaro che è lei stessa la causa di tutto, Almeno io l'ho pensato.
Pegola.
Utero gravido,
sei guscio e io creatura?
Mi darai alla luce?
Sará nuova vita?
O infine la morte ?
Una persona che prova un odio così forte non ritornerà alla vita normale, e lei lo chiede: quando cesserà? Verrò partorita e tutto sarà come prima? Nuova vita, oppure quella che ero non esisterà mai più? La morte. È facile pensare che no, qualunque sia il motivo di tale gigantesco risentimento, non potrà mai tornare indietro.
La parte di lei che è odio puro prende il sopravvento, tratta l'altra parte come una bambina, la chiama con piccoli nomignoli: spicchio di luna, piccola goccia. Lo fa perché in realtà sta davvero nascendo una nuova persona. Dopo il processo della metabolizzazione del rancore nascerà una nuova persona determinata dalla sete di vendetta.
Quindi si rivela, Il suo spirito buono è la cura, il rimedio, deve lasciarsi andare alla rabbia, al risentimento, all'astio, devono diventare una e, infine, la parte oscura cita l'immane ingiustizia ricevuta dietro diverse metafore: tu sei il ceppo e il metallo, ossia la scure con cui è stata giustiziata, le urla vane di quando si dichiarava innocente, lo strazio provato sul patibolo e il sangue versato... tu, le dice, sei il boia clemente che mi ha dato la quiete. Tu, sei tutto questo perché, adesso è chiaro nella mia parafrasi e capisco che nei versi non si riesce a comprenderlo, erano una sola persona quando l'ingiustizia è stata compiuta.
Tu pelle gentile, ossa d'acciaio,
sarai la mia forma, la mia carne.
Sarai denti e lingua,
occhi, arti,
fegato e stomaco.
Tu!
Sarai la coscienza più nera
che accoglierà la prossima vittima.
Perciò, finisce decisamente male, La parte che ha sete di vendetta vince, la parte di lei che non vorrebbe riconoscersi in quel sentimento soccombe:
Sarai la mia forma, la mia carne. Ho immaginato come l'odio deve trasformare anche le fattezze di un corpo. Ho visto svanire la dolcezza dei lineamenti lasciando al suo posto una maschera raccapricciante.
Mi sono dilungata parecchio, spero di avervi dato spunti per fare un po' di chiarezza. Ora ho il dubbio di essere stata ancora più criptica.
Per finirla qui, vi racconto da dove è nata l'ispirazione:
Stavo leggendo un articolo che riguardava l'infibulazione. L'orrore che ho provato mi ha fatto riflettere: mi sono chiesta come sia possibile che una donna che ha subito una tale atrocità, sia capace da adulta di condannare sua figlia allo stesso destino.
E non una, non solo alcune ma, centinaia di donne!
Cos'è questo loop che imprigiona le menti di queste persone? Che da grandi infliggono ad altri le pene subite da piccoli? Quand'è che va a farsi benedire la compassione, l'amore, la pace?
Boh.
Ora ho davvero scritto troppo, cito @Poeta Zaza @Aurelio Mandraffino @Ippolita @bestseller2020 @Almissima
Vi ringrazio moltissimo per aver avuto la pazienza di leggere e di cercare di capici qualcosa.
Grazie mazzolini profumati per tutti!