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[CDP1] Di genitori e figli

commento
Traccia 3: "Passaggio dall'adolescenza alla maturità"
Di genitori e figli
«Questo, lo prendi?»
«Alfio Alligatore? Certo, che domande.» Le strappa il peluche dalle mani e lo porta al petto con enfasi teatrale.
«Attenta che non ti creino problemi alla dogana per introduzione di specie esotiche.»
«Se lasciano entrare me, figurati!»
Laura non avrebbe mai pensato di sorridere guardando sua figlia fare La valigia. Lei che ancora piange ogni volta che la mano di Meryl Streep esita sulla maniglia della portiera e il furgone di Clint Eastwood s’allontana nella pioggia scrosciante, non pensava di poter affrontare la cosa con animo così sereno. Forse il tifone interiore arriverà dopo, pensa.
«Perché alzi le spalle?»
«Pensavo a come sarà domani entrare nella tua stanza.»
«La troverai svaligiata perché Nicky sarà passato a fare razzia nelle mie cose.»
«La libreria rimarrà intonsa, in ogni caso!»
Ridono di nuovo. Le mancherà, la loro sintonia. In videochiamata non sarà mai la stessa cosa.
«Mamma? Ci sei?»
«Sì, scusa, cercavo di immaginare come sarà la casa senza di te.»
Monia alza gli occhi al cielo.
«Come sei melodrammatica, non è come se avessi passato gli ultimi quattro anni da fuorisede a Milano. Ero già più via che a casa.»
«Certo. Ma tornavi un fine settimana su due, per le vacanze… era provvisorio. Non c’era un oceano e una carriera nel mezzo.»
«Carriera… non esageriamo, vedremo se ci sarà la carriera.»
«Non ho nessun dubbio.»
«Beata te. Io ne ho un milione.»
Laura si alza dal letto e avvolge la figlia tra le braccia.
«Lo spero bene. Saresti un’incosciente se non ne avessi. Ma sono sicura che li affronterai tutti con intelligenza e garbo.»
Monia raccoglie una pila di asciugamani dal tappeto e li posa nella valigia.
«Certo che fa strano pensare che tutta la mia vita entri in un bagaglio da 23 chilogrammi. Non sembra granché.»
«A costo di sembrarti davvero melodrammatica, la tua vita è appena iniziata, la devi ancora costruire, in quei chili ci sta qualche mattone e un po’ di calce per darti una mano, al massimo.»
Restano in silenzio, una intenta a sistemare il contenuto della valigia come pezzi di un puzzle complicato, sfruttando tutti gli spazi, concentrata come ne andasse della vita stessa, l’altra intenta a memorizzare quei momenti, gli ultimi insieme per parecchio tempo. Lustri prima, un amico le chiese cosa si provi diventando genitori. “La consapevolezza che non avrai mai più la priorità, ci sarà sempre un altro essere umano alle cui esigenze penserai prima delle tue” fu la sua risposta. È ancora convinta che sia una definizione corretta, quello cui non aveva riflettuto all’epoca è come, di botto, dopo aver passato vent’anni a preoccuparti ogni giorno che tuo figlio si alzi, si comporti bene, che abbia da mangiare, che rincasi puntuale, che faccia il suo dovere a scuola… devi smettere. Non di preoccuparti, certo, ma ora sta a lui decidere e dirigere la propria vita, mangiare e comportarsi a sua guisa, anche sbagliare. Un essere umano indipendente sulla cui vita non hai più voce in capitolo. È sempre stato l’obiettivo, iniziato a perseguire mandandoli a scuola e a comprare il pane da soli fin dalle elementari, i viaggi linguistici, gli scambi culturali. Ma ora la trasformazione diventa concreta.
«Mamma? Ci sei?»
«Sì, pensavo alla strada percorsa fin qui e a quella che farai.»
«Hai deciso di farmi piangere?  Guarda che basta il fatto di andare a vivere troppo lontano per poter approfittare delle tue lasagne porzionate e messe in freezer.»
«Porzionate? Non credo di poter tollerare un simile linguaggio in questa casa.»
Monia risponde con una linguaccia. Sembra più giovane della sua età, quando fa le smorfie. Una bambina. Ed è ancora così che si sente, in alcuni momenti.
«Non so se sono pronta davvero.»
«Per le linguine Alfredo e la pizza con l’ananas?»
La ragazza scuote la testa.
«Anche, ma pensavo soprattutto al… a tutto. Non so se sono pronta per reggermi sulle mie gambe.»
«Non credo che nessuno lo sappia mai, prima. È una cosa che si impara solo provando.»
«Tu non lo sapevi, quando hai mollato tutto e cambiato vita?»
«No. Ed ero molto meno preparata alla vita reale di quanto lo sia tu. Oltretutto, io lo facevo solo per seguire tuo padre, da pazza incosciente. Tu insegui dei progetti concreti.»
La osserva. La sua bambina così intelligente, piena di fantasia e di strane passioni, come la collezione di conchiglie rotte. Quelle intere no, troppo facile, mai amata la perfezione, solo scheggiate o sbriciolate, a volte nulla più di minuscoli frammenti. Laura ci diventava pazza, a ritrovarle ovunque, sotto il divano, nella lavatrice, fuoriuscite dalle tasche di pantaloni o giubbetti. Non sa nemmeno se abbiano finito per buttarle o siano ancora stipate in qualche angolo del garage.
«Lo sai, tu, dove stanno le tue conchiglie smozzicate?»
Monia scuote la testa e ride.
«Oddio, ma come ti sono venute in mente… da quanto non ci pensavo più. E le piume di piccione? Come le sopportavate le mie manie d’accumulazione?»
«Vuoi che ti ricordi la scenata che facesti quando decidemmo che non potevi più raccogliere e conservare pezzi di legno a ogni passeggiata nei boschi? Minacciasti di andartene da casa.»
«È vero! Volevo cercare un avvocato per emanciparmi prima della maggiore età, come avevo visto in qualche serie americana. Ma come facevate a reggermi?»
«Ringrazia che tuo fratello è peggio e nel confronto facevi bella figura!»
«Se ti sente…»
«Approfitto che sta a scuola. A lui dico che lo sopportiamo perché sei peggio tu, non credere.»
Monia ride.
«Finito. Direzione bilancia.»
Chiude la valigia e la trascina verso la stanza da bagno. Sulla porta, si ferma e si volta verso la madre.
«Non ne so nulla, io, della vita da adulti: le bollette da pagare, la dichiarazione dei redditi, i rapporti di buon vicinato, l’assicurazione della macchina… Avete sempre fatto tutto voi, mi sento già persa adesso, prima di partire.»
«Per fortuna, la macchina a New York non ti servirà, almeno per la RCA non devi preoccuparti. No, non fare quella faccia, non sminuisco il problema. È così per tutti all’inizio, e anche dopo. È una palla diventare adulti, non c’è più nessuno a gestirti i problemi e te li devi sbrogliare da solo, ma ce la si fa. E al massimo, se hai bisogno, ci trovi qui.»
La guarda uscire dalla stanza, con la sua grossa valigia al traino. Vorrebbe dirle di non preoccuparsi, che anche lei, prima, credeva fosse quello diventare grandi: nessuno che ti prepari la cena quando rientri stanco dal lavoro, la casa da sistemare, le tasse da pagare, l’assicurazione che scade, le riunioni di condominio. Si sentiva adulta, solida, con lo studio ben avviato, un matrimonio ancora in piedi, due figli educati e amanti della scuola. Eppure, anche a quarant’anni suonati, sapeva di poter chiedere aiuto a mamma e papà, quando si sentiva sopraffatta: posso pranzare qui? Ho la caldaia bloccata, il tecnico non risponde, potresti venire tu a darci un’occhiata? Anche solo un’ora di calma, per sentirsi coccolata, di nuovo figlia, una parentesi dalla vita adulta. Si è resa conto da poco che ancora non lo era diventata del tutto. Ora che le è caduto addosso davvero il peso della maturità: ora che sono i suoi genitori ad avere bisogno. Che deve confortarli, raccomandarsi di mangiare, di chiudere bene il gas, di non dimenticare la visita dal dottore. Che deve convincerli ad assumere qualcuno per aiutarli in casa, che da soli non ce la fanno più. Ora che ha dovuto ricominciare a dire loro delle bugie, non più per fare cose proibite come quando era ragazzina, ma per non farli preoccupare. Eccolo, il momento per cui non si sentiva pronta: vedere i propri genitori passare da rocce a esseri fragili, bisognosi di protezione. Doverli rassicurare: vedrai che andrà tutto bene, spiegare loro come fare questa o quella cosa, accompagnarli a fare la spesa. Genitore dei propri genitori, è il ruolo che incombe, prima o poi, a chiunque abbia la fortuna di non perderli giovani, lo sa, è felice di poterlo fare, ma non riesce a placare del tutto il senso di smarrimento di non avere più quelle boe di salvataggio a cui aggrapparsi. Sua figlia le ha, le avrà per molti anni ancora, forse è per questo che può guardarla partire lontano senza sentirsi troppo spaventata. Entra nel circo della vita adulta con una rete di sicurezza, proprio come lo fece lei molti anni fa. Le cadute saranno morbide.
«Nemmeno 22 chili, sono stata bravissima.»
Laura alza la testa a osservare la figlia.
«E perché quella smorfia arrabbiata, allora?»
«Non sono arrabbiata, solo che mi sono messa a pensare... E se non dovessi farcela? Se mi rendessi conto che ho sbagliato tutto, che non è quello che voglio? Posso tornare qui nella mia cameretta e farmi coccolare ancora un po’?»
«Sempre.»






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