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Re: [N20-3] Il richiamo

Scroscia nelle piazze, striscia a raccogliersi nei vicoli sporchi.

Dietro gli anfratti, nei posti più oscuri dell’animo, la paura si tocca, si testa a colpi di vigliaccheria, di parole e gesti inumani.
Davide tocca con il dito i vetri appannati sopra i tetti di Roma. Alle sei del mattino, la cupola della basilica di San Lorenzo è un tortino di panna dietro ai fumi del suo fiato.
cito l'incipit perché l'ho trovato davvero molto bello.
è alto, e non ha i tratti somatici fuorilegge degli ebrei.
questa invece la cito perché secondo me è ambigua. Anche considerando per buono lo stereotipo di un insieme di "tratti somatici della razza ebrea" non mi pare che la taglia ridotta ne abbia mai fatto parte, sì? Quindi mettere le due frasi insieme unite da una virgola mi sembra fuorviante, come se essere bassi fosse un tratto distintivo dell'essere ebreo.

Trovo l'idea del racconto buona, bella anche l'idea del bambino "veggente" o quasi, che vede il presente orribile, anche quello che si cerca di nascondergli e il proprio futuro d'atleta. Bello il finale, in cui invece di farsi vincere dalla disperazione lotta per vivere. Quello che trovo non del tutto riuscito è la narrazione: ci sono lunghi passaggi che potrebbero essere più snelli perché ripetono cose già dette o comunque deducibili dal contesto; mentre invece ci sono cose fondamentali che avvengono in un paio di frasi sbrigative e lasciano il lettore un po' disorientato. (Il padre che riparte appena arrivato, Antonia che capisce subito, non si sa come, che il bambino ha delle visioni e gli dice di essergli affine; il lattaio che sbuca dal nulla mentre arrivano alla casa "della salvezza", questa casa-approdo di cui non si sa nulla...). Insomma, secondo me ci sono parti da snellire e altre che meriterebbero di essere ampliate e rese più vive e immediate per il lettore.
. Ah, la stella qui non devi metterla, capito? Qui non siamo più quelli che devono distinguersi, siamo come tutti gli altri.
- Meglio, papà! A me non piace portare la stella sul petto, sai, ieri ho sognato delle persone, avevano una stella sulla giacca del pigiama e un numero scritto sui polsi e avevo tanto freddo.
prima che arrivi l’uomo che ritira il latte dalle stalle (lui non deve vedere il ragazzino).
Il padrone, Anacleto, si è raccomandato: “Portalo di sopra e dagli qualcosa da fare, non deve scendere per nessuna ragione; resta in casa con lui fino a che quel disgraziato non se ne va!
Davide, io so delle tue visioni, so che vedi anche cose orribili quando ti portano via. Devi credermi, succede anche a me ogni tanto, non devi preoccuparti; quello che vedi non è reale, ma solo una delle possibili realtà. Cerca di capire bene: c’è sempre qualcosa a cui aggrapparti quando la paura ti gela, c’è sempre un modo perché il peggio non accada. Oggi, noi non dobbiamo farci prendere da quell’uomo, dobbiamo correre e sparire come lampi. Guarda laggiù, vedi dove c’è quella costruzione? Dobbiamo entrare lì dentro; se tutto è andato bene, là troveremo qualcuno con un’auto. Fuggiremo lontano da qui.
Ho citato questi tre passaggi come esempio, ma ce ne sono altri, di quelli che potrebbero essere snelliti per lasciare spazio a situazioni che restano un po' confuse nella storia. In particolare l'ultimo, che è un discorso concitato, mentre sono accucciati nell'erba, in piena fuga per la vita, dovrebbe essere più breve e concitato anche lui. Così non rende come dovrebbe, secondo me.

Tutte queste sono solo mie impressioni, naturalmente, fatene quello che volete :)

Unico appunto di "realismo": non so quanto ricco fosse Anacleto, ma secondo me in quel periodo di "zucchero fino" se ne trovava poco. A meno che non fosse un coltivatore di barbabietole da zucchero mi sembra strano che ne avesse a disposizione a volontà per far dolci, torte o che so io. 5 anche qui, forse sbaglio, vado a reminiscenze).

Un racconto gradevole che secondo me potrebbe ancora migliorare, insomma :)

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