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Re: [CC23] Nelle stesse tre o quattro strade - Spiderman

Bango Skank ha scritto: mar mar 07, 2023 4:57 pmAd esempio la cicca lanciata dal parapetto va a finire sul parabrezza dell'auto di Anna che, stordita e appena ripresasi dal colpo di sonno, si mette paura e perde il controllo.
Ciao Bango (cavoli, sembra un tufo nel passato, partecipare a un contest e rispondere a un tuo commento :) ), alla cosa della lattina ci avevo pensato, ma l'ho scartata perché volevo davvero che la "colpa" fosse dell'autista. Era proprio la sua colpevolezza, involontaria ma intera perché guida stanca e brilla, che mi interessava.
Di rendere i due testimoni più partecipi ne avevo l'intenzione (per esempio, facendoli andare davvero a guardare l'incidente, commentarlo cinici e poi decidere di tornarsene a casa perché la (loro) vita continua.) ma i caratteri erano finiti e ho dovuto rinunciare a diversi passaggi.
Sono d'accordo che debbano intrecciarsi di più con gli altri, però voglio che restino estranei alla cosa, innocenti diciamo, perché la cosa che mi piaceva (detta così sembro sadica) era proprio che gli unici due per cui nulla di grave succede e la vita va avanti siano i due personaggi meno "meritevoli" e meno felici della propria esistenza. Forse Vlad potrebbe incrociare i due 18enni quando compra le birre, oppure Anna che cerca la macchina mentre lui va all'appuntamento con l'amico. Quando deciderò di estendere e ripensare il tutto, terrò conto della necessità di incastrare i due testimoni con i due attori dell'incidente. Grazie, esimio, sempre ottimi i tuoi appunti.

@@Monica @Almissima @ScimmiaRossa @Silverwillow grazie dei commenti. Avete ragione: sapevo già cominciando a scrivere che la struttura a storie intrecciate sarebbe stata stretta in 10000 caratteri. Infatti, ho dovuto fare meno "capitoli" di quanti avrei voluto per ognuna.
Però, io che in genere applico  la regola del racconto breve = pochi personaggi, situazioni semplici, questa volta ho voluto sperimentare una cosa affatto diversa.
È vero: i personaggi sono troppi. Volevo creare una vera storia per ognuno dei protagonisti, ma non ho pensato che dare un nome a tutte le figure di contorno avrebbe creato colo confusione. Almeno i colleghi di Anna avrei dovuto lasciarli anonimi. Forse anche la compagna incinta di Leo.
Insomma, era un esperimento, e il risultato devo dire che non mi dispiace: devo rifletterci e lavorare ma le storie che si intrecciano e si scontrano sono una struttura che mi ispira assai. Grazie al contest che mi ci ha fatto pensare :)

[CC23] Nelle stesse tre o quattro strade - Spiderman


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Traccia n. 2 -  Luci nella notte
Boa: Deve apparire almeno una maschera
Titolo: Nelle stesse tre o quattro strade

   
Vlad trascina i piedi in salita. Nella busta di plastica che gli ciondola al polso, le lattine di birra tintinnano le une contro le altre. Arrivato in cima al cavalcavia, strizza gli occhi nel buio. Sorride: Leo è già seduto al solito posto, sotto il lampione spento, le gambe a penzoloni nel vuoto tra le sbarre del parapetto. La brace della sigaretta tra le labbra gli rischiara appena la parte inferiore del viso.
«Eccomi» Vlad scuote la busta con le provviste liquide.
Si scambiano un saluto, l’eterno triplo sfregamento di pugni sinistri di cui nessuno dei due ricorda l’origine.
«La tua giornata?»
«Ho visto di meglio, e tu?»
«Lasciamo stare.»
Non ha voglia di spiegare che è uscito di casa inseguito dalle urla di sua madre. Tornare a vivere da lei è stata una pessima idea, ma quali altre opzioni gli restavano?
Si siede accanto all’amico. Accende una sigaretta, il pacchetto è quasi vuoto, deve andarci piano.
Nessuno usa il cavalcavia pedonale, di sera, è il loro posto preferito. Almeno da quando non possono più permettersi le serate al bar. Avvolti nel buio a guardare le luci delle macchine sfilare sotto di loro, lanciare nel vuoto cicche e lattine scolate, a volte sembra quasi di volare. Soprattutto quando hanno bevuto e fumato abbastanza.
«Nadia è incinta.» La voce è neutra, quella con cui avrebbe detto domani pioggia.
Vlad non risponde. Gli allunga una lattina dalla busta e ne prende una per sé.

Il braccio sulla spalla dell’amico, Nico non smette di parlare.
«Ti rendi conto? Tra un mese avrò la patente. Basta autobus, bici, passaggi a destra e sinistra.»
«E la macchina?»
«Il nonno ha detto che me la regala per il diploma. Sarà finalmente l’estate del nostro giro d’Italia con lo zaino e la chitarra. Da quanto ne parliamo?»
«I tuoi sono okay?»
Nico alza le spalle.
«Ho 18 anni, decido io. E poi, è da quando sono nato che li sento raccontare della loro giovinezza on the road, come la chiamano, di come li abbia fatti crescere, scoprire, bla bla bla. Già li vedo con gli occhi lucidi, quando spiegherò il progetto.»
Alessio fa una smorfia.
«Che culo! Mio padre ha deciso che anche quest’estate la passerò a lavorare nel campeggio di suo cugino. Non prevede obiezioni.»
Nico si ferma, fissa l’amico e agita le braccia, come volesse scuoterlo.
«Alle, sei maggiorenne! La vita è tua, devi dirlo a tuo padre.»
Alessio distoglie lo sguardo.
«Che ne sai tu. Lui non ascolta, ha sempre ragione. Quando c’era mamma sapeva come prenderlo, ma adesso…»
L’altro non ribatte. È vero: lui che ne sa?
«Andiamo, che se arrivo in ritardo chi lo sente.»
Si rimette in marcia a passo spedito, Nico lo segue.
«Dai, tra un po’ potrò riaccompagnarti in macchina.»

Anna freme dalla voglia di urlare. Dopo tutta la merda ingoiata negli ultimi anni, la ruota s’è infine decisa a girare. Sapeva di meritare la promozione, ma ha temuto di vedersela ancora passare sotto il naso. Invece è il suo turno, finalmente. È così eccitata che le scappa la pipì. O forse sono i due o tre bicchieri di troppo bevuti con i colleghi per festeggiare. Tutti sorrisi e congratulazioni, i colleghi. Ipocriti. Si vede benissimo che sono morti di invidia, soprattutto Liguori. Di certo, pensava che toccasse a lui, che è stato fregato. Anna è sicura che lo stronzo si vendicherà. Mettere in giro voci schifose è una sua specialità.
«Dirà che mi scopo il capo, figuriamoci. E non si faranno pregare per crederci.»
Una manica di stronzi, tranne Lisa, forse. Lei sembra una persona per bene, Anna non l’ha mai sentita parlare male di nessuno, né schivare il lavoro o rubare le idee di un collega. Per questo continuerà a farsi mettere i piedi in testa e non andrà mai da nessuna parte.
«Non come me. Caposettore, cazzo! E non ho ancora trent’anni. Questa volta mamma dovrà essere fiera per forza.» Non ci spera davvero, già sa che, come al solito, finirà per rinfacciarle una delle sue infinite colpe: la laurea fuori corso, la rottura con Andrea che era il genero ideale… «Mi ha regalato più corna che mazzi di rose, bel campione, il tuo genero ideale!»
Ecco la macchina: era così presa dall’euforia che non ricordava più dove l’avesse parcheggiata. Per fortuna, la lascia sempre nelle stesse tre o quattro strade intorno all’ufficio. Ora, da caposettore, avrà diritto a un posto auto nel garage riservato ai dirigenti.
Ha la vescica così piena che potrebbe chinarsi a urinare lì, dietro la macchina. La trattiene il pensiero che uno dei colleghi sia ancora nei paraggi e la veda.
«Finisce che oltre a scoparmi il boss sarei anche la barbona che piscia sui marciapiedi.»
Si siede al posto di guida e stringe le cosce. Per fortuna, a quest’ora non c’è traffico e sarà a casa tra mezz’ora.

Alessio digita il codice del portone.
«Ci sentiamo domani.»
«Accennagli per quest’estate… se ti butta fuori di casa, potrai sempre dormire nella mia macchina.»
Alessio gli mostra il dito medio, ride e s’infila dentro il palazzo.
Nico s’incammina saltellando. Pensa che deve sembrare scemo, o un po’ fatto, con quel sorriso stampato in faccia mentre cammina come se non toccasse terra. Ma è così eccitante sapersi adulto, una vita da creare, il mondo a portata di mano.
«A portata di ruote. Ancora qualche mese.»
Fa una corsetta, mima un passo di danza, poi si lancia in un canestro virtuale. Il futuro che lo aspetta è una serie di lanci da tre punti, non ha dubbi. Si accorge di stare in mezzo alla strada. Il traffico è poco, a quest’ora, ma meglio evitare rischi inutili. Soprattutto se «vesti sempre di nero come un becchino o un ladro d’appartamenti» come dice sua madre. Risale sul marciapiedi con un saltello. Tra un po’ non dovrà più porsi il problema: basta camminate, solo quattro ruote.

Leo guarda l’ora: dovrebbe rincasare, Nadia lo sta aspettando di sicuro.
Sbuffa. Non ha voglia di altri rimproveri e minacce. «Dove pensi che andiamo, così? Guardati, guarda come vivi. Come lo vuoi crescere un bambino se il primo a non voler crescere sei tu?»
Neanche l’avesse deciso lui di fare un figlio. È stanco di sentirsi sempre rinfacciare tutto, rimpiange i primi tempi, quando ridevano e facevano l’amore senza parlare di futuro, di responsabilità.
Fruga nella giacca: l’ultimo tocchetto di fumo. L’ultimo per parecchio tempo, ormai Nadia gli conta i soldi in tasca. Lo tiene delicatamente tra indice e pollice e lo mostra a Vlad: «Hai le cartine?»
L’altro sorride, gli passa una rizla ed estrae uno dei filtri riposti con cura nel pacchetto di sigarette quasi vuoto.
Che pace, quelle serate sotto il lampione spento. Le ore passate con Leo sono sempre le migliori della giornata, per Vlad. Anche quando non fanno nulla, non parlano di nulla, come adesso. Non ne hanno bisogno. Leo è il suo migliore amico, forse di più. Ciò che prova per lui va oltre l’amicizia, ma non glielo dirà mai, non lo confessa fino in fondo neanche a sé stesso. Guarda le sue dita scure che rollano la canna e sorride.

Anna ha le palpebre pesanti. Non avrebbe dovuto bere così tanto, è in piedi dalle 6 e a pranzo ha mangiato solo un pacchetto di crackers a causa di una call troppo lunga. Per fortuna conosce la strada a memoria. Tra dieci minuti sarà a casa, e potrà buttarsi sul letto vestita. Non vede l’ora. Gli occhi le bruciano. Sbatte le palpebre ancora e ancora per inumidirli. Accende la radio, che la svegli un po’.
Il bip della macchina le urla che ha attraversato la striscia bianca. Non s’era accorta d’aver chiuso gli occhi. Cazzo! Li riapre mentre il terrapieno centrale della rotonda le viene addosso a tutta velocità. Frena e sterza, ma la gomma impatta il cordolo e la macchina devia quasi ad angolo retto. Anna cerca di riprendere il controllo, ma va tutto troppo veloce. Il lampione, oddio vado a sbattere nel lampione.

Nico si ferma. Sta a meno di un chilometro a casa, ma non ha voglia di rientrare: ha troppa energia addosso. La schiena appoggiata a un lampione, prende il telefono e manda un whatsapp a Gaia:
Che fai?
Dormo, risponde lei con un’emoji che fa l’occhiolino.
E mi rispondi dormendo?
Forse è un sogno. Lo so che sogni di me.
Ride. Gli piace Gaia, gli piace un sacco. Però non vuole che diventi una storia seria, non ha tempo adesso: l’unica priorità è il viaggio in macchina, lui, Alessio e le chitarre. Rifiuta di farsi distrarre. Anche se Gaia è da sturbo.
E cos’hai addosso?
Spera che risponda con una foto. È il rumore a fargli rialzare la testa: un motore troppo veloce, la frenata, l’urto, le ruote che slittano. Si volta e dell’auto che gli si butta addosso nota solo i due fari. Enormi. Merda! È un istante, nemmeno il tempo d’avere paura.

Anna urla, mentre l’airbag la schiaccia contro il sedile. Il muso della macchina si accartoccia nel muro. C’era qualcuno appoggiato al lampione. Cazzo, ho stirato qualcuno! Sente l’umidità avvinghiarle le cosce. Si è fatta pipì addosso.

Leo aspira a lungo l’ultima boccata dalla sigaretta e lancia il mozzicone dal parapetto. La brace brilla come una minuscola stella cadente, prima di sparire nel buio.
«Un’altra birra?» propone Vlad.
Gli stridii violenti delle sirene coprono la risposta. I due amici guardano sfilare tra i loro piedi i lampeggianti di due ambulanze e una macchina della polizia.
«Sicuro è per il botto di prima. Te l’avevo detto che era qualcosa di grosso. Andiamo a vedere?»
Leo scuote la testa. «Sai che roba, un incidente. Una rarità! Vado a casa che poi Nadia si preoccupa e non le fa bene, nel suo stato. Facciamo un tratto insieme?»
Vlad raccoglie la busta con le birre rimaste e lo segue, anche se non ha voglia di rientrare. Sua madre di sicuro aspetta sveglia per ricominciare a urlare. Deve riuscire a rabbonirla, almeno per un po’. Un regalino? Al bazar dove ha preso le birre, c’era una di quelle maschere veneziane per cui va matta, una cinesata scadente, mica una vera, forse non è neanche vetro, ma a lei farà piacere. Domani andrà a comprarla. Gli restano ancora venti euro, può ben usarne tre per sua madre. Tanto più che, in origine, li ha rubati dal suo borsellino.
«E se quella birra la bevessimo in cammino?»
«Mi leggi nel pensiero.»
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